[MI 131] Il mare - 1/12/2019

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[align]Ogni giorno, nella chiesa di San Giovanni, le vecchie del rosario recitano cinquanta volte la stessa preghiera. I pensionati, nel parchetto in riva al fiume, alzano e abbassano le braccia, inspirano e soffiano, in dieci serie da dieci. Il fiume, ogni giorno, manda a infrangersi sulla rena dodicimilatrecentoquarantatré piccole onde. Ogni sera Mario Stanic apre il quaderno, compila tredici pagine, non una di più né una di meno, e lo richiude. Poi mette a letto Andrea, e gli rimbocca le coperte.

Per la città di Al Madina, quel cognome, “Stanic”, è sinonimo di scandalo. Mario accetta la diffidenza dei concittadini e vive da eremita in mezzo alla folla. È il prezzo dell’essere rimasto dopo aver tentato di andare.
Tutto iniziò con i sogni di Sara, col suo pallore, con il mutismo che le prendeva nei pomeriggi domenicali, gli unici trascorsi insieme. Sembrava che il suo sguardo trapassasse il corpo del marito, per andarsi a posare su mondi che non esistono, o che solo lei riusciva a vedere.
«Cosa c’è?», si era deciso a chiederle Mario, finalmente, una di quelle domeniche. «Niente», aveva risposto lei, sulle prime. Ma era la peggiore delle risposte possibili, Mario non poteva certo accontentarsene.
Sara sapeva che, una volta rotta la finzione, non ci sarebbe stato ritorno. Ma ormai il passo era compiuto. «Cosa c’è?», era tornato a chiederle. E lei dovette vincere mille resistenze per riuscire a rispondere: «Sono i sogni…».
Così glieli aveva raccontati: la decisione più pericolosa che potesse prendere. Seguivano più o meno tutti la stessa falsariga: Sara era davanti al mare.
Si dice che i sogni siano costruiti da pezzi di esperienze diurne. Dunque quello era un mistero: da Al Madina, la “città perfetta”, nessuno, esce mai. Ed Al Madina non ha mare: è cinta dal fiume Sole, che in quel punto della cartina geografica si biforca per poi ricongiungersi, formando un isolotto sul cui suolo, da millenni, la città prospera. Come aveva fatto a sognare il mare, Sara, se non l’aveva mai visto?
Non era un mare calmo, quello del sogno, ma un mare arrabbiato. Un mare che sembrava aver perso l’imperturbabilità che hanno solo le cose inanimate. Urlava, si agitava, non era in pace. Cosa le stava venendo a dire? Perché batteva sulle pietre i pugni di schiuma? Qual era il rimprovero? Sara non voleva saperlo. Ma se a parlare è il mare è difficile tapparsi le orecchie, non sentire il messaggio, fare finta che il tutto possa ridursi a un aprirsi e chiudersi di braccia e susseguirsi di Ave Maria. “Guarda quant’è la forza che mi muove”, le veniva a dire, “e tu mi vorresti un eterno specchio che ribolle, come mosso da un fornello inabissato?”.
Nel sogno, Sara si poggiava una mano sulla pancia. Una mano pallida, mano di fantasma. Il mare era anche lì, che urlava. Le urlava nella pancia. Era un bambino. Urlava più di quanto Andrea non avesse mai fatto. Copriva la voce di suo figlio. Lo sovrastava. Lo annegava. Come poteva accettarlo, Sara, come mai poteva rimanersene ad ascoltare? Ma quello continuava: si gettava con la testa di spuma a spaccarsela sulle rocce, reclamava, le imponeva: “guardami”.
Mario aveva ascoltato in silenzio. Ne riparlarono solo dopo giorni. «Non è possibile uscire da Al Madina», le disse.
«Perché?».
«Nessuno lo ha mai fatto».
«Eppure, non vige nessun divieto del genere».
«Perché ognuno sa che è una follia».
«Allora devo essermi ammalata. Vedo ombre nel paese del Sole, e chiarore oltre le sue sponde».
«Non possiamo... C’è Andrea».
Trascorse forse un anno: diciottomila Ave Maria, trentaseimila alzarsi e abbassarsi di braccia, quattro milioni e rotti di piccole onde del fiume Sole sulla rena, quattromilasettecentoquarantacinque pagine del quaderno di Mario. “Sara è una stella spenta”, scriveva Mario. “Chi mi dorme accanto è il suo involucro, la sua pelle svuotata del suo sangue. E lei è lì, su quel pianeta dove vede il mare”.
L’amore porta anche frutti avvelenati: «Andiamo», si decise a dirle Mario, tradendo l’interesse di suo figlio per la felicità di sua moglie.
Portare un figlio al di fuori di Al Madina è davvero una follia. Farlo crescere altrove irresponsabilità pura. Tutto, ad Al Madina, è armonia: non vi è conflitto, non vi è peccato, non vi è incertezza. E la città di Al Madina non pone divieti, né impone alcunché; difatti, l’unica sanzione, per gli Stanic, fu lo scandalo e l’esecrazione. E se il nome di Mario può ancora pronunciarsi, quello di Sara è bandito.
«Torna indietro», disse lei, approdati al di là del Sole, «non è il tuo desiderio, è il mio. E porta Andra con te».
Mario insistette, pianse, protestò.
Sara lo accarezzò. «Davvero, non hai compreso?». Il suo pallore era rotto dalla rossa virgola di un sorriso. «Tu appartieni alla città. Non incontrerò alcun mare, finché mi sarai accanto».
Ogni giorno, nella chiesa di San Giovanni, le vecchie del rosario recitano la stessa preghiera, cinquanta volte. I pensionati, nel parchetto in riva al fiume, alzano e abbassano le braccia, inspirano e soffiano, in dieci serie da dieci. Il fiume Sole, ogni giorno, manda a infrangersi sulla rena dodicimilatrecentoquarantatré piccole onde. Ogni sera, Mario Stanic apre il quaderno, compila tredici pagine, non una di più né una di meno, e lo richiude. Poi mette a letto Andrea, e gli rimbocca le coperte.
Cosa scrive, adesso? Qualche goccia di pioggia è caduta nell’azzurro dei suoi occhi. Mario sembra accorgersi solo ora che è acqua che proviene dal mare. Dunque scrive di posti che non sono la città di Al Madina, e che sono bagnati dal mare. Un mare stanco di rompersi la testa sulle pietre e schiumare, ancora e ancora, come un cane alla catena. Un mare che salta, si alza dal suo letto, supera la banchina, e se ne va via.[/align]
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI 131] Il mare - 1/12/2019

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Questo racconto è stato scritto per il Mezzogiorno di Inchiostro 131 sulla seguente traccia:

"Al Madina è una metropoli circondata da un immenso fiume, oltre il quale si intravede una riva sconosciuta. Gli uomini hanno tutto in quella città per essere felici. Ma nessuno può uscire da Al Madina, nessuno può entrarvi. Un uomo e una donna decidono di oltrepassare il fiume per vedere cosa c’è oltre. Rappresentate le difficoltà, dubbi, paure, nostalgie. La fuga. Mostrate la sua riuscita o il fallimento; se valeva la pena oppure no tentare, se il mondo oltre è migliore oppure no; o al limite, se non si potrà mai sapere".

Non ho modificato di una virgola il testo postato sul momento.
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI 131] Il mare - 1/12/2019

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@Edu , il tuo racconto è bellissimo. Mi ha emizionato. Sottolinerei il punto in cui Sara dice: se mi rimani accsnto non vedrò mai il mare. Bellissimo.
Il doloroso malessere: il sogno immenso e solitario. La perfezione che diventa inaccettabile monotonia.
Potrei parlare a lungo del tuo racconto, che per argomento assimilo al mio "Ti prego non sognare".
Complimenti, non riesco a quotare le singole frasi, ma sono davvero tante quelle che mi sono piaciute, molte le immagini che ho apprezzato. Come il mare che si rompe la testa, o i pugni ancora del mare. Bravo, bravo, bravo. 👍👍👍

Re: [MI 131] Il mare - 1/12/2019

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Adel J. Pellitteri ha scritto: mar gen 26, 2021 9:13 am @Edu , il tuo racconto è bellissimo. Mi ha emizionato. Sottolinerei il punto in cui Sara dice: se mi rimani accsnto non vedrò mai il mare. Bellissimo.
Il doloroso malessere: il sogno immenso e solitario. La perfezione che diventa inaccettabile monotonia.
Potrei parlare a lungo del tuo racconto, che per argomento assimilo al mio "Ti prego non sognare".
Complimenti, non riesco a quotare le singole frasi, ma sono davvero tante quelle che mi sono piaciute, molte le immagini che ho apprezzato. Come il mare che si rompe la testa, o i pugni ancora del mare. Bravo, bravo, bravo. 👍👍👍
Grazie mille @Adel J. Pellitteri , mi fai arrossire. Beh, l'ho traghettato per postare la versione rivista.
Certo, ci dobbiamo abituare al nuovo forum, commentare è difficile. Andrò a leggere il tuo "Ti prego non sognare". Lo trovo qui? Lo trovo sul wd?
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI 131] Il mare - 1/12/2019

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Bello questo racconto fra sogno e realtà. Ci ho letto la voglia di evasione, di cambiare, di uscire dalle cose perfette e strette. Ci ho letto la consapevolezza che non é per tutti fare scelte così decise, di seguire le proprie irrequietezze. Una storia triste di chi non riesce a resistere alla propria sete di libertà e di chi rimane al sicuro e isolato perché altro non sa fare, forse proprio perché non sa sognare.
Bello.
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