[CE24-2] Piazza Grande 1- Tobia

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Rimane davanti al vetro forse un quarto d’ora, spostando la sguardo dal fratello immobile nel letto ai molti macchinari cui è collegato. Michele, testa fasciata e occhi chiusi, è irto di tubicini: naso, bocca e braccia stese sul lenzuolo.
Tobia non ha mai visto una camera di rianimazione: il monitor è intuitivo, non quali parametri stia tracciando, riconosce un ventilatore artificiale e, crede, una serie di pompe. Nulla sa delle altre macchine.
Gli spiace  sia così malconcio, ma prova per lui scarsa empatia: dal retro pensiero si affaccia l’inevitabile “prima o poi un guaio gli toccava”. Sospira e si sposta nella saletta adiacente dove, gli hanno detto, il medico lo raggiungerà appena possibile.

Un uomo bruno e robusto, di spalle davanti alla finestra, si gira e gli va incontro.
«Professor Venturi? - Tobia annuisce – Sono stato io a chiamarla. Vice ispettore Loffredo. Un amico ricordava che Michelaccio ha un fratello al Politecnico di Milano. Meno male: i Venturi sono tanti.»
«Ha accennato a una rissa, cosa è successo di preciso?» Prendono posto sulle sedie di plastica.
«Non proprio. Un tentato stupro, di notte: suo fratello è intervenuto per difendere la donna, ma erano in tre e prima che altri si svegliassero è stato colpito alla testa, forse con un sasso. Due li abbiamo già presi, l’altro sappiamo chi è.»
Ha capito, ma chiede del luogo.
«Sì, è come pensa. Michelaccio -così si presenta lui stesso- fa parte degli “stanziali” di Piazza Grande -conferma Loffredo e, ironico: sarebbe piazza Cavour, grazie a Dalla ormai nota così a mezzo mondo!»
Era già lì quando il vice ispettore è arrivato a Bologna, cinque anni prima. Da un bel po’, e aveva dato problemi, ma ora, considerata la situazione, non se la passa malissimo. In genere è sobrio, o quasi, e quando gli va guadagna qualche euro facendo ritratti lampo ai turisti.
«Pare sia una sorta di “guru” della piazza, cui i barboni spesso si rivolgono per le loro faccende. Capisce i vaneggiamenti dei fuori di testa, risolve baruffe, aiuta se può chi sta peggio. La zona è migliorata grazie a varie iniziative, ma va tenuta d’occhio: suo fratello, vediamola in positivo, dà una mano» conclude Loffredo nel congedarsi.
«Ritratti ai turisti! La vena artistica non gli manca... Venticinque anni fa chi prevedeva che l’avrebbe sperperata così? Mamma, meglio per lei, è morta prima» borbotta Tobia tra sé.
Intanto è entrato il medico,  si presenta e va subito al punto: «Per fortuna il paziente ha la testa dura, il cranio non presenta fratture, però c’è un edema che stiamo curando e pensiamo possa riassorbirsi senza intervento chirurgico.»
Lui chiede se il coma è effetto del colpo e in cosa consista la terapia.
«No, indotto, per mettere a riposo il cervello; il paziente riceve ossigeno e farmaci appropriati» spiega alla svelta il dottore, che comunque chiarisce la funzione dei macchinari e aggiunge qualche rassicurazione prima di andarsene.

Tobia rimane seduto, cercando di riordinare pensieri e sentimenti, ma gli si presentano, come nei flashback dei film, scene del passato.
Episodi dell’infanzia, giochi con Michele che, fratello maggiore, proteggeva dal bullismo. La telefonata dell’incidente in cui è morto il padre; aveva risposto lui, sperando fosse Francesca. Studiava al Dams, come Michele che gliela aveva presentata. Erano usciti per un po’, ma alla fine si era messa col fratello. Tobia non se l’era presa granché, aveva altri pensieri. La madre insisteva perché studiasse a Parigi, come voleva il padre, e si era deciso a partire.
Uno degli ultimi incontri con Michele, finito al solito in litigio. Aveva lasciato i corsi, per motivi rimasti fumosi, e il consumo di droghe era ormai evidente. Pochi mesi dopo aveva preso ad assentarsi da casa per periodi sempre più lunghi. E infine era sparito, anche per la madre.
Tobia si alza dalla scomoda sedia, torna dal fratello dormiente. Rimprovera se stesso per il distacco emotivo, ma continua a non provare nulla. Così esce dall’ospedale e si dirige a Piazza Maggiore.
A Bologna, tranne certi cugini del ramo paterno, ben poco frequentati, non ha più nessuno. La madre, perso anche Michele, era tornata a Venezia, sua città d’origine, dove aveva una sorella e altri parenti. E quando lui, già con moglie e figli, era rientrato in Italia, aveva preferito rimanervi.

Il Voltone è sempre là, robusto, con la sua Torre dell’Arengo addosso. Tobia ricorda quando, aveva una decina d’anni, suo padre si era dilungato a spiegargli che si trattava di una costruzione audacissima, unica al mondo; a cinque si era spaventato, mentre sua madre - indicando l’arco-  gli raccontava come un tempo là impiccassero i condannati a morte.
Fa il giro della piazza assolata, si ferma davanti alla statua di Nettuno, entra  in San Petronio a riguardare l’antichissimo organo; nota ovunque particolari di cui ha perso o modificato il ricordo. La città della sua nascita e giovinezza, che evita da anni pur continuando ad amarla, è in parte perduta per la sua memoria. E si accorge di provare, improvviso, un dolente affetto per Michele, ora Michelaccio, che è tornato a viverla da barbone.

Piazza Grande invece la rammenta abbastanza, l’ha vista in TV quale sfondo alla statua di Dalla, che ora viaggia per l’Italia con il suo scultore. 
Procede, gira un cantone o due e, sorpresa, trova un Lucio molto diverso: veleggia leggero, un’ombra di profilo, alto sulla facciata di un palazzo suonando il sassofono, mentre i gabbiani gli volano intorno.
Sotto i portici, avvoltolati in panni raccogliticci, testa compresa malgrado il caldo, dormono alcuni senza tetto; due uomini fissano il vuoto all’ombra di un albero, una donna canticchia camminando a piccoli passi. Chissà se ripete a se stessa: Quella che sono l’ho voluto io...
Nessuno cui chiedere di Michele, ammesso sia il caso. E, nel rimpianto della città perduta, gli viene in mente che neppure da ragazzo si è soffermato a contemplare i meravigliosi affreschi sotto il portico della Banca d’Italia.
Così ci va e sta per iniziare il suo giro a naso per aria, ma nota l’insegna Galleria d’arte sopra un portone socchiuso.

“Magari il gestore conosce Michele…” Nessun pulsante, spinge l’anta e si ritrova in una grande sala: poltrone e divani, scatoloni al centro, pareti vuote.
Due porte in fondo, bussa a caso. «Entri pure» risponde una voce femminile.
Rimane sulla soglia, alla scrivania è seduta una bionda che alza la testa: «Ciao Tobia, immaginavo che l’avessi saputo. Michele dipinge e così sei venuto qui.» Il suo sbalordimento è palese.
«Non mi riconosci. Dimentico spesso di avere un’altra faccia...» e rimane in silenzio.
Lui osserva il viso liscio, la bocca con gli angoli un po’ sollevati. Non è giovane come sembra. Lo aiutano infine il colore degli occhi e la tardiva reminiscenza della voce: «Francesca!»
«Ora sono Zisca, Zisca Wagner. »
E la mia casa è Piazza Grande...Trovarla proprio lì, la ragazza che gli preferì Michele!
Finché sua madre era a Bologna qualcosa aveva saputo della loro storia burrascosa, e poi delle nozze di lei con un olandese. Memorie sepolte da decenni.
«Sei andato da Michele? Come sta?»
Le riferisce del coma indotto e le parole del medico. Chiede della sua vita all’estero, del rientro e se lavora per un gallerista. Francesca/Zisca dà risposte brevi, quasi risentite. È lei il mercante d’arte.

«Hai avuto dei contatti con Michele? Potresti aiutarlo: è stato un grande amore, dopotutto.»
«Lo faccio senza che lo sappia. Neanche lui mi riconosce, meglio così, ha la sua vita, ormai.»
Il tono, più che le parole, gli suggeriscono la proposta.
«Però ti andrebbe di vederlo? Vieni con me in ospedale.»
Esita un attimo, e accetta. Ci arrivano in silenzio. E Tobia rinuncia in fretta alle spiegazioni che lei non ascolta. Zisca rimane a guardare Michele con espressione poco decifrabile, forse per via del lifting, pensa lui, che intanto riflette su cosa può fare in concreto per aiutare il fratello.
Quando escono dal reparto prova a domandarlo, ma lei, certo immersa nei ricordi, non risponde.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
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Re: [CE24-2] Piazza Grande 1- Tobia

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Storia intensa, scritta benissimo,  @sefora.  Lasciami fare una piccola digressione: questo contest ha dato la possibilità di scrivere racconti di spessore e qualità. Tutto è molto curato anche nella formattazione, nella scelta dei vocaboli, nel mantenere dritta la barra sul punto di vista.  Anche il vostro due ha scelto un argomento tosto, emozionale ed entrambe avete dato vita a personaggi che colpiscono duro. Sempre molto accurate le descrizioni dell’ambiente. Ho visto e respirato l’atmosfera della piazza resa immortale dalla canzone da voi scelta. Piuttosto, se proprio devo trovare un neo, è che il racconto pare un episodio estratto da  un lavoro molto più ampio che sarei felice di leggere. Ma, anche questo, è un pregio. 

Re: [CE24-2] Piazza Grande 1- Tobia

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@@Monica Grazie del tuo apprezzamento!
Vero, ho dato solo una scorsa e trovo che i temi trattati nel contest siano di un lodevole impegno.
Considerazione (neo) interessante, ma il racconto non è un estratto. L'impressione credo nasca dalla mia maggiore consuetudine con romanzi e racconti lunghi, per cui "parto" comunque  alla larga (e magari fatico a "stringere").
@
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Re: [CE24-2] Piazza Grande 1- Tobia

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Ciao @sefora 

Il punto di vista di Tobia è intenso, introspettivo. Si sente che ha una vita alle spalle, un vissuto che traspare dal suo modo di porsi, di pensare. Con pochi tratti hai reso l’idea di questa vita, frutto della tua capacità e consuetudine con romanzi e racconti lunghi che qui hai sapientemente condensato. Risalta anche il carattere, la personalità del fratello Michele, i rapporti fra loro due negli anni, l’apparente conflittualità, le loro diverse concezioni di vita. Efficace anche la rapida eppure dettagliata descrizione dei luoghi, “pittorica” direi, per usare un termine ampiamente svalutato e poco originale ma che rende. Pur non essendo mai stato in quei luoghi li ho potuti vedere. Una bella visione.
sefora wrote: Sun Sep 01, 2024 9:40 pm«Hai avuto dei contatti con Michele? Potresti aiutarlo: è stato un grande amore, dopotutto.»
Mi pare di avvertire una sorta di sarcasmo nelle parole di Tobia con questo riferirsi al grande amore di Zisca con Michele. Che poi così grande non doveva  essere visto com’è finito. Intuisco questa freddezza fra Tobia e Zisca anche
sefora wrote: Sun Sep 01, 2024 9:40 pmE Tobia rinuncia in fretta alle spiegazioni che lei non ascolta. Zisca rimane a guardare Michele con espressione poco decifrabile, forse per via del lifting, pensa lui,
E dal finale tutto sommato abbastanza mesto scandito dall’incomunicabilità fra i due. O forse più che incomunicabilità si tratta di incomprensione reciproca, nonostante le illusorie fiamme di gioventù. Incomunicabilità dovuta oltre che a caratteri diversi al passare degli anni. Mi è piaciuto questo spaccato di vita. Non ho qualifiche per dirlo ma per me hai reso molto bene i sentimenti e hai scritto ottimamente.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [CE24-2] Piazza Grande 1- Tobia

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@sefora , quante cose in poche righe. Lasci che il pensiero prenda il volo. Sappiamo nei fatti poco di tutti i personaggi ma accenni alle loro intense vite lasciando spazio all'immaginazione. Sembra che apri la porta a una storia che sta per cominciare. Lasci tanta curiosità sulle vite dei protagonisti. Una piacevole lettura.
Noto tanta sensibilità per la città di Bologna che mi ha adottato un po' di anni fa.
sefora wrote: Sun Sep 01, 2024 9:40 pmProcede, gira un cantone o due e, sorpresa, trova un Lucio molto diverso: veleggia leggero, un’ombra di profilo, alto sulla facciata di un palazzo suonando il sassofono, mentre i gabbiani gli volano intorno.
Era la casa in cui viveva Dalla, oggi diventata un museo.
Ciao, alla prossima.

Re: [CE24-2] Piazza Grande 1- Tobia

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Grazie a voi per la lettura e i commenti positivi!
Non sono più intervenuta a causa di un impegno imprevisto, ma conto di commentare i racconti nella prossima settimana.
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