Correva l'anno 2018 ed era il MI119. Scrissi questo racconto fuori concorso, prima o poi lo allungherò.
Noi, ragazzi di via Kidričeva, amavamo giocare all'aperto dalla mattina alla sera: i fanciulli a rincorrere il pallone, le fanciulle a pettinare le bambole.
Noi, ragazzi di via Kidričeva, avevamo un'immaginazione fervida, che ci portava a inventare sempre giochi nuovi. Come quell'estate, quando disegnare mappe per terra divenne il nostro passatempo preferito, Formavamo due gruppi, uno cacciava e l'altro si nascondeva. A disposizione, un solo indizio. Per decifrarlo gridavamo all'unisono, gesticolando.
Noi, ragazzi di via Kidričeva, non eravamo mai zitti; parlavamo anche a bocca piena, quando le mamme ci portavano la merenda giù in cortile. Troppo chiassosi, dicevano i vicini. Non rispettavamo nemmeno l'orario della pennichella pomeridiana. Chi dormiva dopo pranzo quando era in vacanza?
Noi, ragazzi di via Kidričeva, eravamo buoni ma solo un po' vivaci (se non è consentito esserlo a quell'età, allora quand'è?). Purtroppo non tutti la pensavano così. Qualcuno ci odiava e non vedeva l'ora di metterci il bastone fra le ruote.
Velimir, Velibor, Veroljub. Nel vicinato tutti lo chiamavano Velja: un diminutivo che potrebbe essere collegato a una moltitudine di nomi maschili delle nostre parti. Per noi era semplicemente Pido. Da pidocchioso. Si grattava la testa di continuo.
Pido odiava il calcio. Una volta Goran aveva lanciato per sbaglio la palla sulla sua terrazza a piano terra. Lui, per vendetta, l'aveva fatta a pezzi con un coltello, un ghigno malefico sul volto dal naso adunco. Sembrava Gargamella quando faceva dispetti ai puffi. E visto lo sgomento sulle nostre facce, pure noi eravamo diventati blu dalla rabbia.
Noi, ragazzi di via Kidričeva, non tenevamo il broncio a lungo. Per ripicca ci mettevamo seduti per terra, proprio lì sotto la finestra di Pido, a cantare a squarciagola con la racchetta in mano a mo' di chitarra. Allora, puntuale, arrivava lui, a zittirci con una secchiata d'acqua gelida.
«Maleducati — gridava infuriato — andate a zappare!» E poi, sottovoce, li manderei tutti a Goli Otok, maledetti. Entrava poi dentro, per rientrare subito dopo con un grosso volume in mano. Josip Broz Tito. Prilozi za biografiju. Non perdeva l'occasione per farci la filippica sul maresciallo Tito che nessuno di noi aveva mai conosciuto, essendo lui morto prima che nascessimo.
Noi, ragazzi di via Kidričeva, dopocena giocavamo a nascondino. Qualcuno, i più coraggiosi, si rifugiava sotto il terrazzo di Pido. A debita distanza, con una mano sul cuore e il fiato sospeso, noialtri attendevamo a bocca spalancata l'uscita del nostro temutissimo Gargamella.
A volte non arrivava, e allora tiravamo un sospiro di sollievo. Ma una sera, dopo che nessuno lo aveva visto per giorni a causa di una lunga influenza, proprio mentre lì sotto ci nascondevamo Goga e io, sentimmo la sua voce burbera.
«Venite fuori con le mani alzate!»
Tremavamo entrambe, non tanto dal freddo quanto dalla paura per aver osato sfidare il leone. Goga accennò ad affacciarsi fuori, la trattenni tirandola per la manica della giacca. La voce ripeté ancora più forte.
«Venite fuori con le mani alzate!»
«Io vado, — mi sussurrò Goga — tu rimani qui se vuoi.»
Uscimmo, con le braccia all'insù, come nei film. Trascinavamo un piede dietro l'altro, titubanti.
«Giratevi, voglio vedere le vostre facce!»
Mi voltai lentamente. Una luce bianca, puntata contro di noi, mi infastidì così tanto che dovetti abbassare le palpebre per qualche istante. Quando riuscii a mettere l'immagine a fuoco, vidi dapprima la vestaglia cachi dell'uomo, poi la sua faccia infuriata. Tra le mani teneva un fucile.
«Quante volte vi ho detto di non aggirarvi qui sotto? Ma niente da fare! Avete le teste vuote come una zucca! Via di qui!»
Prima che rientrasse, udimmo il solito manderei questi mocciosi a Goli Otok, a faticare! Corremmo alla nostra entrata e salimmo le scale senza dire una parola, Goga al secondo io al terzo piano.
Invece di stargli alla larga, diventammo ancora più presenti. Non tanto per dispetto, quanto per difendere il nostro sacrosanto diritto di essere giovani.
Noi, ragazzi di via Kidričeva, eravamo puffi coraggiosi e non temevamo Gargamella. Liberi a scorrazzare dalla mattina alla sera, i maschietti a rincorrere il pallone, le feminucce a pettinare le bambole.