[MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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Traccia di mezzanotte: Rinascita
Le donne del paese sparsero la voce che don Emanuele aveva portato in chiesa un vestito da battesimo trovato in una cassapanca, sepolta dentro una casa del villaggio abbandonato di Eltili.
La notizia giunse a Pilimu mentre in cantina stava travasando il vino nuovo da botti grandi a botti più piccole. Pilimu lasciò il lavoro e andò a sedersi in cortile, appoggiato alla ruota del suo carro. Annedda, sua moglie, era stata in chiesa con le altre donne per vedere la novità di questo vestito e che il prete voleva darlo a un museo, visto che Eltili era abbandonato da secoli.  Tornando a casa e vedendo il marito con la faccia persa, e lei sapeva cosa vedeva, si preoccupò, ma non osava avvicinarsi; intuiva che aveva saputo di quel vestito, non sapeva come.
—Vuoi andare a vederlo? — gli disse.
—Non servirà— rispose lui senza guardarla.
—Giurami che non servirà. Giurami che non mi lascerai!— implorò lei fra le lacrime.
—Non ho mai giurato Annedda. Non lo farò adesso.
—Pensa ai nostri figli!
Pilimu si alzò a fatica. —Ci penso. Ma te l’avevo sempre detto che poteva succedere.
—Non è colpa mia se don Emanuele è andato a Eltili…
—I preti devono stare in chiesa. Non devono andare a cercare nei paesi abbandonati. Non sarebbe successo. Ma andrò a vedere il vestito, anche se so che è quello.
Pilimu entrò in casa a cambiarsi. Indossò l’abito delle feste di velluto nero, camicia bianca, gambali lucidi e borchiati, berretta nera. Annedda lo guardava affranta, i loro tre figli non proferivano parola, ammutoliti. Pilimu baciò sulla fronte sua moglie e i suoi figli e uscì. I paesani lo guardavano incuriositi per il suo abito, visto che non era domenica. Qualcuno gli parlò, ma lui non rispose a nessuno. Nell’aria si sentiva l’odore del vino delle cantine e per un attimo Pilimu rallentò il passo, chiuse gli occhi per respirarne il profumo, ricordando la sua umile felice vita con Annedda. Entrò in chiesa che doveva cominciare l’ultima messa, i suoi passi riecheggiarono fino alla balaustra davanti all’altare, dove si levò il berretto segnandosi davanti al Santissimo. Le donne che lo guardavano videro la luce dei suoi occhi e si segnarono a loro volta.
Il prete era in sagrestia, due chierichetti lo aiutavano a vestirsi.
—Cosa vuoi?— chiese a Pilimu guardandolo di traverso.
—Voglio vedere il vestito che siete andato a togliere a Eltili.
—L’ho trovato mentre andavo a caccia. E adesso non è ora di vedere niente.
—Io voglio vederlo. Adesso.
—Stai bene attento…
Pilimu si rimise il berretto. —Non ho paura delle vostre maledizioni. E sapete bene perché. State attento voi. Fatemi vedere il vestito.
Il prete fece cenno ai chierichetti di uscire, andò verso un grande armadio, lo aprì e tirò fuori un lungo abito bianco impreziosito da sottili trine ricamate che lo avvolgevano come una nuvola. Pilimu appoggiò con grande delicatezza un dito sulla cuffietta, lo levò subito, socchiuse gli occhi.
—Sei sempre stato un bravo cristiano…— disse il prete.
—Altrimenti vi avrei già ucciso. Ma non vi perdonerò mai. Un giorno ne renderete conto.
—Non sai quello che dici. Affidati…
—No! Ho il mio destino. Voi lo sapevate bene. Devo andarmene. Lo avete fatto di proposito, lo so. Ma vi dico una cosa: So che avete messo gli occhi su Annedda e sui miei figli. Verrò a sapere se entrerete nella loro vita!
—Come ti permetti…
—È stabilito che quelli come me non andranno all’inferno e nemmeno al purgatorio. Voi lo sapete, avete paura e siete geloso. Indegno di un prete. Ma se toccherete la mia famiglia io rinuncerò a questo privilegio e tornerò. Non vi serviranno le vostre malie a fermarmi. Andremo assieme all’inferno, per l’eternità.
 
Pilimu uscì dalla chiesa. Percorreva la via principale  fra due ali di gente, come in trionfo, mentre tutti lo guardavano in silenzio. Era scesa una leggera nebbia, il cielo diventato colore del piombo incombeva sopra le montagne di granito bianco che cingevano il paese.
Nell’aria odore dei primi fuochi dei camini, odore forte di vino pervadeva l’aria, erano tutti contadini e tutti avevano fatto un buon vino quell’anno. Peccato.
Alle sue spalle Pilimu sentiva brusio di gente e poi un urlo disperato: Annedda urlava il suo nome, tenuta da altre donne vestite di nero, con gli scialli che si alzavano in aria..
Pilimu aveva il volto rigato di lacrime, ma non si voltò.  Alcuni vecchi intonarono un canto per accompagnarlo. All’uscita del paese un ragazzo stava vicino a un cavallo sellato. Si tolse il berretto al suo arrivo, porgendogli le redini. Pilimu montò in sella agilmente.
—Lo ritroverai legato al carrubo di funtana Raminosa.
—Lo so zio Pilimu. Andate con Dio.
—Dio ama così i suoi figli prediletti. Dillo in paese.
Spronò e si allontanò.
 
Dopo un’ora di cavalcata Pilimu arrivò alla fontana,  legò il cavallo al carrubo e si allontanò di poco. Chiuse gli occhi e aspettò. Il cavallo sbuffò nervoso e impaurito. Pilimu sentì un piede che si metteva delicatamente sopra il suo. Aprì gli occhi e la vide.
Maria Eltiledda era una donna senza età che pure un giorno aveva vissuto anche lei. Il suo viso era pieno di tatuaggi, i suoi occhi neri di cerbiatta scrutavano a fondo dalla cornice del fazzoletto nero avvolto di monetine e monili d’oro. Una catenella  le attraversava il viso,  i capi legati ai lati del fazzoletto.
—Sapevo che saresti tornato.
—Doveva succedere.
—Ma non sei contento.
Pilimu chinò il suo sguardo su di lei, non potendo fare a meno di vedere la sua bellezza.
—Sono solo un uomo Maria Eltiledda. Non capisco tutto.
—Ma è cosi che deve essere. Dobbiamo tornare a Eltili.
—In quel mondo di rovine? Dicono che sono morti di peste tempo fa. Solo tu sei rimasta viva. Non mi hai mai detto se hai fatto l’accabbadora(**) con i morenti. Lo hai fatto?
Maria Eltiledda guardò i monti oltre i quali c’era il mare infinito.
—I pirati che sbarcarono qui vicino mi rapirono da bambina e mi portarono nel loro regno. Ci rimasi tanti anni. Lo sai. Quando mi riscattarono e tornai io non parlavo più la lingua di Eltili e pregavo Dio in modo diverso. Nessuno mi voleva.
—Perché sei sopravvissuta alla peste di allora?
—Perché l’avevo già presa quando ero in prigionia.
—Ma non è semplice che vivi da secoli.
—Poi sono diventata una jana. (***) Le janas vivono secoli.
—E sono cristiane?
—Possono, si. Come avrebbe fatto il prete a battezzare nostro figlio?
—È morto subito dopo. Segno che era maledetto. Mi avevi ingannato.
—No. Ma noi non conosciamo tutto, Pilimu. Non possiamo. Dobbiamo obbedire.
—Per me è difficile. Ho lasciato una moglie, dei figli…
Maria Eltiledda si adombrò. —Prima di loro ero stata io tua moglie e un figlio lo avevi avuto da me… Ti avevo detto che potevi andare via se volevi. Ma se un giorno qualcuno avesse trovato il vestito del battesimo di nostro figlio tu dovevi tornare o saresti morto con coloro che amavi.
—Forse era meglio.
—No. Resterai con me solo cento anni.  Poi tornerai alla tua famiglia.
 —E chi troverò dopo cento anni? Rovine anche lì?
—Per i tuoi sarà solo passato un giorno. Un giorno che sarai stato fuori a lavorare nelle tancas (****) vicino al mare.
—Me lo giuri?
—Ti ho mentito quando ti ho detto che potevi andare via? Non l’ho fatto allora e non lo faccio adesso.
Maria Eltiledda gli tese la mano e Pilimu, tremante, la prese. Si addentrarono nella boscaglia profonda oltre la quale c’erano le rovine di Eltili. Ci passavano talvolta cacciatori e viandanti, ma nessuno aveva mai visto  o sentito niente in mezzo a quelle pietre.
 
 
Glossario.
(*) Paristoria: intraducibile. All’incirca evocazione mitica e leggendaria, racconto di miti arcaici.
 
(**) Accabadora: “colei che finisce”. È antichissima figura di donna che aveva il compito di portare la morte, con modi diversi, a malati terminali, su richiesta dei parenti o dei malati stessi.
 
(***) Jana – pl. Janas: antichissime figure di fate e di streghe.
 
(****) Tanca – pl. Tancas: appezzamenti vasti di terreno di proprietà, spesso vicino al mare, coltivabili.
 
 
 
 
 
 
 
 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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ciao @Alberto Tosciri ... bella questa leggenda della nostra terra... (y)

Ci sono tutti gli elementi: terra, granito, preti, donne,( persino l'accabadora) e poi il vino, le tradizioni antiche, le tombe delle streghe. 
La storia è raccontata con un ritmo molto regolare e senza ostacoli. Un percorso narrativo semplice e diretto.
Forse la storia è molto provinciale, per definirla collegata a un contesto territoriale. Storie di promesse e giuramenti che sono più solidi di qualsiasi catena e che sono portate a termine a costo della morte. La nostra terra e la nostra gente, specialmente quella del secolo scorso, quella che stringeva un patto secolare con una semplice stretta di mano: la nostra gente d'onore. Questo mondo che non esiste più, ma che vive ancora nei ricordi della gente che ha avuto l'onere di conoscere e il dispiacere di vederlo morire. Forse le rovine di Eltini sono tutto questo ammasso di ruderi del nostro mondo attuale. ciao @Alberto Tosciri , come al solito, elegante raccontastorie... :D
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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Ciao mio esimio conterraneo @Alberto Tosciri 

C'è qualcosa di "classico", di "mitico" nel tuo modo di narrare le storie.
Questa storia ha tutto il sapore della nostra terra, così "antica" e densa di miti che affondano nella pietra arsa e bianca, nella macchia mediterranea dell coste, nel mare limpido e ventoso, nel profumo del mirto e del sughero.
Il racconto è un compendio del fascino remoto della nostra terra, se ne respira lo spirito più profondo e originario.
Una fiaba ruvida e magica, appartenente a un mondo che ormai vive solo nella tradizione orale dei nostri vecchi e nelle leggende che ancora narrano.

Complimenti amico mio.

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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m.q.s. ha scritto: Ciao @Alberto Tosciri ,
ho apprezzato molto il tuo racconto, così come il modo in cui l'hai scritto. Bella l'ambientazione, ha un che di magico.
P-s. Se non sbaglio, la Murgia ci ha scritto un libro, sulla figura dell'Accabadora; non conoscevo questa figura, prima. Molto interessante
Piaciuto
alla prossima
Ciao
L'accabadora è un must della tradizione sarda. Ogni sardo ne prenota una di fiducia per il proprio estremo momento terminale.

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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Grazie @Poeta Zaza  mi fa piacere che abbia apprezzato  :)

Grazie @bestseller2020 le tue parole mi lusingano...
È una leggenda sarda che io in alcuni punti ho ampliato e liberamente interpretato, ma non troppo a dire il vero... vi ho unito altre interpretazioni e mie particolari. Tra l'altro Eltili è  un antico villaggio esistito veramente, oggi rimane solo una piccola chiesa e rovine sparse, dove si va per la festa di S.Lucia. Si trova a pochi chilometri dal mio paese...
Maria di Eltili, Maria Eltiledda... la sento nominare fin da bambino e vi sono anche per lei molteplici interpretazioni. Fu rapita dai saraceni sulle nostre coste, mentre faceva legna e fu tenuta prigioniera a Tunisi per molti anni. Poi, riscattata forse da missionari cristiani ritornò al suo paese dove nessuno la riconosceva più: era diventata musulmana e  aveva dimenticato la sua lingua, tanto è vero che pregava Allah cinque volte al giorno inchinandosi a oriente... Poi a Eltili ci fu la peste e solo lei rimase viva... non si capì mai come fu possibile, si credette anche che avesse fatto l'accabadora dei morenti... si usava così allora...
Poi, secondo le leggende, stanca di rimanere sola venne al mio paese dove cedette Eltili al majore di allora in cambio di una casetta, un orto e una capra e si sistemò in un rione...
Mi ha sempre affascinato questa figura leggendaria.
Ma il prete è esistito veramente (i miei bisnonni lo conobbero) e davvero trovò un abito da battesimo a Eltili, mentre andava a caccia, tanto è vero che quest'abito esiste in un museo a Cagliari. Da quello che ho letto era confezionato in uno stile antico, che non si usava già più alla fine dell'Ottocento, quando lo trovò. 
Mi piace immaginare qualcosa come la storia che ho scritto. Forse avrei voluto trovarmi al posto di Pilimu... andare in un altra dimensione, dove il tempo non significa niente, vivere un'altra vita, ritornare...

Grazie caro @Nightafter anche tu mi lusinghi;  in un certo senso alcune nostre storie che mi affascinano amo riadattarle in una terra ulteriore, immaginaria, parallela e molteplice che avrei voluto continuasse per sempre, immaginando ulteriori sviluppi. 

Ciao @m.q.s.  e grazie per aver gradito.
Si hai ragione, la Murgia ha proprio scritto un libro sull'Accabadora, ci hanno anche fatto un film.
Questa figura, della quale non tutti amano parlare e non tutti ne conoscono o confermano che sia mai esistita, è invece esistita e in certi luoghi arcaici è rimasta fino ai primi del Novecento.
Per gli uomini moderni è una barbarie ma, come dice nel commento dopo il tuo @Nightafter 
Nightafter ha scritto: L'accabadora è un must della tradizione sarda. Ogni sardo ne prenota una di fiducia per il proprio estremo momento terminale.
Inconsciamente è così per alcuni, propendo per questa soluzione.
Anche perché c'è da dire una cosa: l'Accabadora non agiva mai di sua iniziativa ma solo se chiamata dai parenti di un morente o dal moribondo stesso. La sua non era crudeltà. Sapeva porre fine alla vita senza far soffrire. Era il suo compito. Ed è accaduto, non ho le prove perché l'ho solo sentito, che qualche moribondo nel vedere dalla porta aperta della sua camera da letto, dove giaceva, l'Accabadora seduta che aspettava di entrare dopo che i parenti gli avessero reso l'ultimo saluto, è accaduto ti dico, che tanto era lo spavento e il rimescolamento del sangue che alcuni moribondi improvvisamente guarivano.  E l'Accabadora se ne andava.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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Ciao @Alberto Tosciri,
Caspita! Che bel racconto! Ho percepito leggendo una tensione narrativa molto forte che mi ha ricordato alcuni racconti di Henry James, uno dei miei autori preferiti. Non so quali siano gli ingredienti di un racconto del genere, sicuramente l'ambientazione, una Sardegna mitica ma al contempo reale, la capacità di inserire l'elemento magico o sovrannaturale in maniera armoniosa, la cura dei dettagli. Forse però è una specie di alchimia che si crea nella combinazione di questi elementi. Bellissima la descrizione della donna.
Davvero molto bello, complimenti!

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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Molto affascinante questa storia @Alberto Tosciri. grazie per avermi fatto conoscere qualcosa di nuovo della tradizione sarda, una terra per me quasi sconosciuta. Sono stato solo una volta a trovare un'amica di Alghero e fatto qualche piccolo giretto: incantevole.
Mi è piaciuta molto l'atmosfera fiabesca, quasi senza tempo, come mi è già parso di leggere altre volte dalla tua penna. Molto interessante e scritta in modo semplice ma con un'attenzione ai particolari. Piaciuta.
Ciao, alla prossima.

Dimenticavo una curiosità:
Alberto Tosciri ha scritto: Maria Eltiledda era una donna senza età che pure un giorno aveva vissuto anche lei. Il suo viso era pieno di tatuaggi, i suoi occhi neri di cerbiatta scrutavano
Mi ha colpito, mi stavo immaginando come potesse essere il suo volto. C'è un motivo?

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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Ciao @Alberto Tosciri, sto imparando a conoscere il tuo modo di scrivere, e ormai mi sembra di poterlo associare a una grande qualità nella scrittura e a storie mai banali. Questa volta ci ho trovato un misto fra mistero, leggenda, nostalgia e rimpianto, oltre che gli odori e i sapori delle campagne, che contribuiscono molto bene a rendere l'atmosfera del paese. Mi piacciono le ambientazioni in cui i protagonisti si spostano da un mondo all'altro, vivono le loro avventure e poi fanno ritorno alla vita quotidiana e scoprono che nel loro tempo sono trascorsi solo pochi minuti. La storia in realtà sembra triste, soprattutto nella prima parte, ma appunto, si parla di rinascita, quindi i due personaggi che vanno via insieme mi sembra lo facciano con quel misto di paura ed emozione che ci accompagna quando facciamo qualcosa di nuovo e sconosciuto. Comunque, è una paura bella, soprattutto perchè si sa che poi ci sarà un ritorno a casa e, in mezzo, si spera, una grande felicità. 
m.q.s. ha scritto: P-s. Se non sbaglio, la Murgia ci ha scritto un libro, sulla figura dell'Accabadora; non conoscevo questa figura, prima. Molto interessante
Me lo ha regalato una mia amica dopo che le ho annaffiato le piante mentre lei era via in agosto!  :D Però devo ancora leggerlo. 
Tanto la notte capirà: http://www.argentovivoedizioni.it/scheda.aspx?k=capira
"Anna, non fare come quelle band che mi parlano del loro secondo disco quando devono ancora pubblicare il primo!" (cit.)

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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Grazie @Loscrittoreincolore . Molto contento che il racconto ti sia piaciuto  :)

Grazie @ivalibri per aver apprezzato il racconto e l'atmosfera e per avermi equiparato a Henry James  che confesso non conoscevo, sono andato a vedere e mi ha interessato il suo modo di interpretare le cose, lo approfondirò e ti ringrazio per avermelo segnalato.

Grazie @Kasimiro  per le tue belle parole.
Il racconto è una tradizione sarda che io ho rivisitato, vi sono diverse versioni della stessa leggenda.
Kasimiro ha scritto: Mi è piaciuta molto l'atmosfera fiabesca, quasi senza tempo, come mi è già parso di leggere altre volte dalla tua penna.
Hai letto bene  :)  Prediligo le atmosfere senza tempo o meglio: un eterno presente, talvolta consapevole e doloroso.

Kasimiro ha scritto:
Mi ha colpito, mi stavo immaginando come potesse essere il suo volto. C'è un motivo?
La leggenda racconta che Maria di Eltili, vissuta tanti anni come schiava in Tunisia ne avesse assunto usi e costumi. Quando fu riscattata da una missione religiosa e tornò in patria parlava arabo, era diventata musulmana, tanto che si ritirava cinque volte al giorno a pregare  con il volto in direzione dell'Oriente, la gente provava timore per il suono di quella lingua sconosciuta, ed era tatuata in viso come lo sono ancora oggi molte donne di tribù interne del Nord Africa, che hanno mantenuto più di tutti gli usi e costumi arcaici.


Grazie @pale star,  mi fa piacere il tuo apprezzamento  :) e poi anche il fatto che hai letto altre mie cose e ti sono piaciute... fa sempre piacere... un sincero grazie  :)
Ambiento molte storie in una Sardegna arcaica, senza tempo, basandomi sui ricordi dei vecchi, sulle storie e leggende, sulla mia fantasia, sul mio ideale di vita...  Potrebbe essere anche un altro luogo, un luogo di un altra dimensione, dove realtà e mito convivono ancora assieme...
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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@Alberto Tosciri ciao!

Bel racconto, sospeso tra la concretezza di un mondo antico, contadino, fatto di fatica e ribollir di tini, e l'oniricità delle sue leggende. Stile come sempre impeccabile e al tratto riconoscibile.
Da lieto fine l'escamotage dei cento anni in un giorno anche se cento anni da solo con la ex moglie sono una condanna un po' eccessiva!

Grazie del racconto e scusa la brevità di questo mio, ma i questo giro non posso far altro!
A rileggerti!

Re: [MI 158] (*) Paristoria de Pilimu

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Grazie @L'illusoillusore, contento del tuo commento  :) :)
L ha scritto: Da lieto fine l'escamotage dei cento anni in un giorno anche se cento anni da solo con la ex moglie sono una condanna un po' eccessiva!
Più che una condanna era un debito... Per spiegare tutto dovrei scrivere persino un racconto lungo come minimo, almeno...  :)
Certi uomini hanno questo debito, che può anche essere una sofferenza, o uno sbigottimento, più che altro perché si ha a che fare con forze ed esseri soprannaturali che non ragionano secondo il nostro metro... Ma penso che passare cento anni con una Jana (sorta di fata) come quella che ho descritto, non sia una condanna eccessiva, forse un anticipo di paradiso passando per un  comprensivo purgatorio...  :) :)
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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