L'eccidio di Piazza Tasso

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Ciao, solo una piccola avvertenza. Questo racconto è inteso più come una scena di qualcosa di più grande, che però ancora nemmeno esiste. Quindi se vi sembra che forse manchi un po' di una trama solida tenete conto di questo.



Qualcosa gratta l'asfalto. Mi volto. È un vecchio cerchione di bicicletta, tutto ammaccato. Un bambino lo spingeva facendolo rotolare, ma ora è caduto e il bimbo, immobile, mi guarda mentre il cerchio s’accascia a terra con un suono sferzante.
Devo essere strana, ai suoi occhi, seduta qui, sola e zitta, mentre la piazza attorno gorgheggia di chiacchiere, rincorse fra bambini, pettegolezzi.
Mi accorgo che non sta guardando me, ma qualcuno alle mie spalle. Mi volto, lo vedo. I capelli neri sembrano intrisi di colla, la camicia è più grande di almeno due taglie, è pallido, sfinito. Tiene le mani strette l'una nell'altra per nascondere il tremore, ma si vede benissimo lo stesso.
Mio Dio, ma come abbiamo fatto ad arrivare comunque fin qui. È stato un miracolo. Si siede all'altra estremità della panchina. Il vento caldo mi spinge il suo tanfo nelle narici. Sudore e polvere. Paura. Il mio non dev’essere diverso. Il bambino afferra il cerchio, lo rimette in equilibrio e lo spinge via. Lui tamburella le mani, se le passa sui baffi.
«C'è da organizzarsi ancora» dice.
Lo guardo senza sbattere le palpebre.
«Sai resuscitare i morti, Luciano?» gli chiedo. Per un attimo il cranio gli vibra come se cercasse di scappare dal corpo. Chissà che fatica sta facendo per continuare a esistere, per mettere un piede dopo l'altro senza sfasciarsi, sbranato dalla consapevolezza che siamo tutti morti.
«Siamo ancora abbastanza - si affretta a dire - e ci hanno chiesto»
«Ci hanno chiesto? Chi è che ci chiede ancora qualcosa?». Prima che possa rispondermi il grido di una madre esplode nella piazza.
«Tornate qui, babbo ha detto di stare in casa». Tre bambini, senza ascoltarla, schizzan fuori da una porta, e si uniscono agli altri che scorrazzano per i giardini. Il vento alza una folata di polvere. Flemmatica, una vecchia seduta sull'uscio di casa solleva una mano per pararsi gli occhi.
«Il CLN, e a loro lo han chiesto gli alleati» dice Luciano. Ha gli occhi bagnati, le guance che d'improvviso si sono accese. Credo abbia la febbre.
«Gli alleati stanno arrivando. Quello che potevamo l'abbiamo fatto. Ora basta, aspettiamo che vengano a liberarci». Luciano batte i denti.
«Dobbiamo occupare la tipografia del Valecchi, in Viale dei Mille». Come se non mi avesse sentito, e forse non mi ha sentito davvero. Rido.
«Una bella trappola per topi» dico. Solo ora sembra accorgersi che ci sono davvero, che non sono un fantasma anch'io. Solleva la testa e mi guarda, le labbra spalancate che inspirano a fatica.
«Quanti saremo rimasti in tutto, Luciano, venti?» gli chiedo.
«A - balbetta - a venti non ci arriviamo». China la testa. Toglie un fazzoletto sudicio di tasca e se lo passa sul collo mizzo di sudore.
Mi volto dall'altra parte, butto lo sguardo giù per Via della Chiesa. I bambini di poco fa m’attraversano la vista. Uno si ferma, s'inginocchia, si toglie le scarpe.
«Avremo sì e no dieci fucili e qualche pistola, e il laboratorio è andato, niente bombe o granate»
«Hanno detto che ci riforniscono» insiste. Afferro fra le dita l'orlo del vestito, lo stiro. Appena ho passato la mano le pieghe tornano, ormai sono impresse nel tessuto.
«È di là della ferrovia, comunque»
«E allora?»
«Cosa credi, che Firenze la conquistano in un giorno? Prima arrivan qui, e dovranno passare l'Arno. E se i tedeschi fan saltare i ponti li voglio vedere. Poi si attesteranno un po’ più indietro. La città andrà strappata casa per cosa, vicolo per vicolo. E intanto noi, di là dalle linee nemiche, chiusi nella tipografia, a farci ammazzare uno via l'altro».
I bambini han fatto il giro della piazza. Quello che s’è tolto le scarpe se l’è legate al collo, gli ballonzolano sul petto mentre insegue gli altri. Ride.
«No Luciano - dico -. A cosa serve che muoia anch'io». Lo guardo. Acqua gli cala giù per le guance. Non sono lacrime, piuttosto un velo. Sollevo una mano dal grembo, e, mentre l'altra ancora arriccia l'orlo del vestito, gliela poggio fra le scapole. I singulti la fanno sbattere contro il palmo come un pugno che di notte bussi disperato implorando accoglienza.
«Non possiamo non fare niente – singhiozza – rimanere fermi ad aspettare. Io non voglio». Si ferma. Non può dire che non vuole portare il dolore per tutta la vita, non vuole ammettere che preferisce morire anche lui, e che Bruno, il Babbo, Pilade e tutti gli altri son stati quasi più fortunati, perché non dovranno preoccuparsi di ricordare, di trascinarsi la pena mentre tutti, attorno, dimenticano.
I bambini si son messi a giocare nella rena d’un cantiere. Quello senza scarpe lo riconosco, è Ivo, il figlio dei Poli. La madre, sulla soglia, li guarda preoccupata, poi alza lo sguardo su viale Petrarca. La mano mi cade nel vuoto. Luciano s'è alzato.
«Davvero non vieni?» mi chiede. «Noi andremo lo stesso. O anche io da»
Un rumore lo interrompe, un grido.
«Ritorneremo!», bercia un tale vestito di nero, in piedi sul cassone d'un camion che s’è appena fermato nella piazza.
Dovrei alzarmi e scappare come stan già facendo tutti. E invece resto qui e penso che non ha senso, ancora non se ne sono neanche andati. Anche loro, però, si sentono già morti. Vedo il cranio lucido del loro capo luccicare al sole. Sembra che stia per scoppiare a ridere, ma rimane serio, digrigna i denti. Scappo. Alle mie spalle iniziano gli spari. Supero un signore, troppo grasso e lento. Lo crivellano alla schiena.
Luciano è già distante, sparisce dietro l'angolo di via del Leone. Io sento crepitare i colpi sempre più vicini, il fiato sempre più rovente. Laggiù, dove ora Luciano mi chiama affacciato all'angolo della strada, non c'arrivo.
Si spalanca una porta, mi ci butto dentro. Il muro si frantuma in un fischiare di schegge. Urto qualcuno, cado, batto la testa.
Una voce ansiosa dice «Uno, due, e tre», passi affrettati giù per il corridoio. Qualcuno piange «Mamma». Mi tocco la nuca. Fuori ancora colpi di fucile. Le dita si bagnano, sgusciano l'una sull'altra. Distendo le gambe, il sangue che sgorga allenta la tensione. Starei qui distesa finché non arrivano gli alleati. Chiudo gli occhi.
Mi scuote un lamento. Le palpebre faticano a sollevarsi, incollate dalle lacrime. Mi alzo. Di nuovo il lamento, in fondo al buio del corridoio. Quando arrivo nella cucina sento lo sgocciolio e penso che morirò, sto perdendo troppo sangue dalla testa. No, che stupida, non cola dal mio cranio, ma dal bordo del tavolo. Lo risalgo, e vedo un laccio polveroso, la punta di una scarpa ingrugnita, un nodo, un altro laccio, un'altra scarpa. È il piccolo Ivo, se le era tolte e le teneva al collo. Forse per questo ha corso più piano, forse per questo è rimasto ultimo, forse per questo si è preso una pallottola alla schiena e sta morendo sul tavolo, i fratelli che lo guardano attoniti, la madre che si accascia sul pavimento col gemito di un ferro piegato. Mentre gli sfioro il piede, e sento l'ultima pulsazione affannarglisi nelle vene, penso che domani andrò a cercare i GAP rimasti, e ci organizzeranno per l'azione alla tipografia.

Re: L'eccidio di Piazza Tasso

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Come scriveva Manzoni, abbiamo troppa storia dietro le spalle cui attingere per perdere tempo a inventarne di nuove. 
La prima impressione che ho avuto è che tu sia molto documentato, e che su una tragedia abbia saputo costruire una storia bella da leggere.
Immagino che il particolare delle scarpe al collo del piccolo Ivo sia di tua invenzione. Complimenti, perché è perfetto. Anche per come lo hai distribuito nel testo.
Ritengo sempre molto utile soffermarsi sul dolore e il coraggio degli uomini: i nostri fratelli che ci hanno preceduto su questa terra. 
Ora non posso commentare il testo in modo puntuale, ma avevo piacere di farti sapere che ho letto e molto apprezzato. 
Ciao, @Tracker
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Re: L'eccidio di Piazza Tasso

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Ippolita ha scritto: Come scriveva Manzoni, abbiamo troppa storia dietro le spalle cui attingere per perdere tempo a inventarne di nuove. 
La prima impressione che ho avuto è che tu sia molto documentato, e che su una tragedia abbia saputo costruire una storia bella da leggere.
Immagino che il particolare delle scarpe al collo del piccolo Ivo sia di tua invenzione. Complimenti, perché è perfetto. Anche per come lo hai distribuito nel testo.
Ritengo sempre molto utile soffermarsi sul dolore e il coraggio degli uomini: i nostri fratelli che ci hanno preceduto su questa terra. 
Ora non posso commentare il testo in modo puntuale, ma avevo piacere di farti sapere che ho letto e molto apprezzato. 
Ciao, @Tracker
Grazie mille. La storia delle scarpe no, non l'ho inventata io, l'ho trovata in un video online che racconta l'eccidio. Non so, questo si, se il piccolo Ivo, il cui nome si può, purtroppo, trovare inciso sulla lapide in Piazza Tasso a Firenze che commemora l'eccidio, le avesse ancora al collo quando spirò sul tavolo della cucina. 
Ti ringrazio comunque dell'apprezzamento, e se vorrai fare un commento più puntuale al testo ne sarò immensamente felice. 

Questo il video a cui faccio riferimento (peraltro mi rendo conto di aver sbagliato, Ivo non morì sul tavolo di cucina, ma su un tavolino non meglio specificato): 

Re: L'eccidio di Piazza Tasso

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Ciao @Tracker 
Mi piacciono i racconti ambientati nellultima guerra, io stesso ne ho scritti parecchi nellaltra piattaforma, il Writers Dream, prima di transitare qui.
Ho sentito anche il filmato con le testimonianze, molto interessante e così son stato facilitato nel vedere i collegamenti e riferimenti che hai fatto nel tuo testo.
Presumo, se male non ho capito dalle righe iniziali, che dovrai lavorarci ulteriormente, farne una storia più lungaHai una scrittura nitida, chiara ed essenziale, priva di aggettivi inutili, non ho notato refusi. È il modo migliore quando si scrive di fatti di guerra, in certi punti e per certi modi mi son venute in mente pagine di Calvino, di Pavese, di Fenoglio, che descrissero in maniera asciutta, sia nelle rappresentazioni che nei dialoghi e introspezioni dei personaggi ed episodi di quella triste epoca.
Per i miei gusti, diciamo così, ma non prendere alla lettera le mie parole, anche in base al filmato io mi soffermerei a descrivere ulteriormente alcune scene dimpatto, come il camion dei fascisti con i militi che sparano sia da sopra il camion che appena messo piede a terra. È una scena molto crudele, cattiva, indica tutto lodio e il fanatismo di quegli uomini ormai sconfitti che volevano farla pagare a civili innocenti che non centravano niente.
Metterei anche qualche parola per il bambino che giocava assieme a Ivo e che riesce a salvarsi appena in tempo infilandosi in un portone. Poche righe scarne che servirebbero a far conoscere ulteriormente, aumentare la drammaticità, già di per alta.
Quel sangue del bambino che poi cola dallalto sulla testa della ragazza è davvero commovente.
Nella tua scrittura hai usato bene i sensi, gli odori, i rumori; il tutto contribuisce allimmersione nella scena, alla sua visualizzazione realistica. Ho apprezzato molto sia il racconto che la tua scrittura.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: L'eccidio di Piazza Tasso

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@Tracker purtroppo non so perché ma non riesco a usare le citazioni, perciò procedo al commento con il vecchio copia e incolla.[/font]

il cerchio s’accascia a terra[/font]
direi piuttosto finisce a terra, le persone si accasciano, non gli oggetti.[/font]
Tracker ha scritto: Per un attimo il cranio gli vibra

Meglio Per un attimo la testa[/font] gli vibra[/font] più semplice e immediato a mio avviso. (mi ha preso solo questa)

I bambini di poco fa m’attraversano la vista.
[/font]
Molto bella questa immagine dà proprio il senso di presenza/assenza.

E intanto noi, di là dalle linee nemiche,
anche qui userei piuttosto E intanto noi, oltre le linee nemiche,

«Noi andremo lo stesso. O anche io da»
Un refuso? o un modo di dire toscano che non conosco?

Una voce ansiosa dice «Uno, due, e tre», passi affrettati giù per il corridoio. Qualcuno piange «Mamma». Mi tocco la nuca. Fuori ancora colpi di fucile. Le dita si bagnano, sgusciano l'una sull'altra. Distendo le gambe, il sangue che sgorga allenta la tensione. Starei qui distesa finché non arrivano gli alleati. Chiudo gli occhi.
Qui c'è un poca di confusione, non si capisce bene cosa succede. Comprendo la voglia di enfatizzare il momento con azioni frammentarie ma perdi in chiarezza. Non credo che Qualcuno piange «Mamma». sia corretta come frase, meglio Qualcuno piange e urla «Mamma».

Per il resto un bel testo secco secco e senza fronzoli come si conviene al tema trattato. Riesci a trasmettere il clima di tensione e rassegnazione al tempo stesso, principalmente grazie alla figura di Luciano, che rimane centrale nonostante tutto. In alcuni punti perdi in equilibrio usando termini poco efficaci pur di arricchire il lessico, ma si tratta di minuzie da affinare col bilancino.
Bel lavoro, complimenti!

Re: L'eccidio di Piazza Tasso

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@Tracker ciao, mi permetto di iniziare il mio percorso su CdM commentando il tuo racconto perché mi è piaciuto ed è ovviamente più facile. Lo faccio per MI, perdonerai la mia imperizia.

Come dicevo il racconto nel suo insieme mi è piaciuto, funziona bene, creando una scena emotivamente impattante che, come spieghi bene tu. pare essere lo spunto per una narrazione più ampia.
Mi piace la tua scrittura a frasi brevi e sincopate anche se devo ammettere che per i miei gusti, a volte alcune forme [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif] mi sembrano forzate, quasi più alla ricerca di effetto che di efficacia:[/font]
Tracker ha scritto: il cerchio s’accascia a terra con un suono sferzante
Tracker ha scritto: la punta di una scarpa ingrugnita,
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif] [/font] o, apparentemente, non funzionali al racconto: 
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][/font][/font]
Tracker ha scritto: Per un attimo il cranio gli vibra come se cercasse di scappare dal corpo
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][/font][/font]
ammetto anche che alcuni passaggi li sento un po' involuti (è il vincolo delle 8.000 battute, lo so!), ma se mai servisse, mi riferisco  ad esempio a questi:
Tracker ha scritto: Chissà che fatica sta facendo per continuare a esistere, per mettere un piede dopo l'altro senza sfasciarsi, sbranato dalla consapevolezza che siamo tutti morti.
Molto [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]efficaci altri passaggi:[/font]
Tracker ha scritto: una vecchia seduta sull'uscio di casa solleva una mano per pararsi gli occhi.
Non so se qualcosa di quel che ho scritto ti suonerà sensato, ma ti rinnovo i complimenti per il tuo scritto!

Re: L'eccidio di Piazza Tasso

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@Brutus , grazie della tua recensione. 

Sul cerchio che si accascia: non convince troppo neanche a me. Cercavo qualcosa che trasmettesse l'idea del movimento oscillatorio che fa un oggetto circolare quando cade a terra ma non ho trovato la parola giusta. 

Fra cranio e testa forse preferisco ancora cranio, mi sembra più specifico, però boh, non so, potresti avere ragione tu. Lo stesso va per "di là" vs "oltre". In questo caso "di là" mi sembra più colloquiale, una frase che si userebbe nel parlato. Però valuterò.

"o anche io da" non è un modo di dire, è solo che la frase viene troncata dall'arrivo del camion. Potrei usare i puntini di sospensione ma, a parte che li detesto, danno l'idea di un'interruzione lieve e graduale, mentre qui è brusca. 

La scena successiva hai ragione, è confusa. E va anche bene che un po' lo sia, ma hai ragione tu lo è troppo. Ti segnalo solo che scrivere "piange Mamma" era proprio mia intenzione. Lo so che si dovrebbe dire "piange e urla" ma preferivo riassumere tutto in un'unica parola. "Piange Mamma" vuole dire che le sue parole sono in realtà un pianto. Comunque devo rivedere questa scena. 

Re: L'eccidio di Piazza Tasso

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@L'illusoillusore grazie della recensione. Hai ragione, si sente che alcune frasi sono frasi troppo ricercate, è un difetto che ancora ho e che sto cercando di limare. 
Hai ragione anche quando definisci "involuto" quel passaggio, però appunto, come dicevo questa scena potrebbe, dovrebbe, finire parte di qualcosa di più grande, e quindi questi due personaggi dovrebbero avere un pregresso per cui quella frase ha molto più senso. Cercherò comunque di migliorarla, grazie mille ancora. 

Re: L'eccidio di Piazza Tasso

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@Tracker è la prima volta che ti leggo, la tua scrittura mi piace, il testo ha la sua intensità. Non vedo il motivo per tante parole tronche "arrivan" han" "son"... Forse nel linguaggio toscano sono la norma (in riferimento anche al periodo, come del resto la parola mizzo, accettabile sebbene arcaica), se è così non tenere conto della mia sottolineatura.
La frase che riporto sotto mi piace molto. 
Tracker ha scritto:  I singulti la fanno sbattere contro il palmo come un pugno che di notte bussi disperato implorando accoglienza.
Tracker ha scritto: mi guarda mentre il cerchio s’accascia a terra con un suono sferzante.
potresti sostituire "s'accascia..." con "sobbalzando finisce per terra (nemmeno il rumore "sferzante" trovo adattissimo, si percepirebbe meglio se parlassi dello stridio dell'alluminio). 

Tracker ha scritto: non c'arrivo.
 non mi sembra corretto, "non ci arrivo" non suona meglio? 


Tracker ha scritto: Per un attimo il cranio gli vibra come se cercasse di scappare dal corpo
Anche in questa frase faccio fatica a immaginare il cranio che vuole scappare dal corpo, non mi convince. 


Nel complesso il testo ha una buona carica di tensione, ovvio che faccia parte di qualcosa più corposo, manca la parte che precede tutto questo, ma è godibile. 
Qualche asciugatura e aggettivi più precisi migliorerebbero il testo. 
Buon lavoro.
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