Re: [MI148] Cane da guarda

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Eh, @Garrula , tu sei un'autrice vera...
allora, credo che a questo giro il rispetto pedissequo della traccia rischiava di risultare penalizzante, perché in effetti si chiedeva di diventare disturbanti. Ragionando sul racconto in un contesto fuori MI, ti lancio una provocazione che in realtà non è tale. C'è una parte del racconto che è perfetta. Ho provato a vedere se funzionasse da sola, e credo funzioni

[highlight defaultattr=][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][highlight defaultattr=][highlight defaultattr=]Ora è solo, è un po' stanco. Le cose non si limitano a starsene lì, no, vogliono esistere. Lo fanno tutte insieme, sgomitando per farsi vedere, notare. Si sovrappongono, si richiamano tra loro, vieni, vieni! C'è Guglielmo che ci guarda, finalmente!
E si fa avanti l'idea del coltello: vasca, rubinetto, acqua calda, un timer uno due tre quattro cinque sei sette otto giri di lancetta prima di ridestarsi ancora in salotto, senza aver mosso un dito, poi un’altra idea, quella della corda che è giù in cantina, ma per prenderla dovrebbe scendere i gradini e guardare l’intrico dei mattoni, le muffe, i ragni-
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[highlight defaultattr=][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][highlight defaultattr=][highlight defaultattr=]Il vento ha fatto sbattere la finestra della terrazza. Sarebbero pochi passi, da fare a occhi chiusi, per vedere se le idee hanno il coraggio di inseguirlo fino in fondo, fino alla strada, e di mischiarsi alle cervella sfracellate, rosse sul grigio dell’asfalto mentre i denti se ne volano fino alle aiuole e rimbalzano contro il ferro della panchina. [/highlight][/highlight][/font][/highlight]
[highlight defaultattr=]Già il primo passo viene fermato dal poggiolo. Il profumo dei fiori gli ha sbarrato la strada, fiori rosa, bianchi, con foglie carnose, che hanno bisogno di quindici giorni senza acqua e solo se il terreno è perfettamente secco, e forse se aprisse gli occhi vedrebbe le radici uscire dal vaso, andrebbe cambiato, e se non volesse morire - bara marrone lucida con fodero rosso e fiori bianchi e rosa e opere di bene e [/highlight]

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[highlight defaultattr=]Un lampo, un microracconto di 1374 caratteri da prendere e mandare a una di quelle riviste che accettano fino a 2500 battute- Questo quello che farei ;-) (ne ho in mente alcune ma ho il timore di fare una cosa non consentita dal regolamento se la cito. se ti interessa davvero ti scrivo in priv)[/highlight]
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI148] Cane da guarda

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Ciao @Garrula

Bello e insolito questo racconto scritto
Intanto diciamo che per i miei (modesti) gusti di incompetente lettore, il racconto è scritto bene, quindi un primo complimento è alla stesura e la forma.

Insolito poiché piacevolmente spiazzante per un lettore abituato a narrazioni dal contenuto per come dire più “semplice” e lineare ( es: A che ama B, che a sua volta ama C, ma C è pazzo di A, mentre B sconsolato si sucida) dove la complessità è presente ma solo nel seguire le dinamiche dei personaggi, senza confondersi.

Nel tuo racconto ci muoviamo su un territorio malsicuro e insidioso.
Il personaggio sembra soffrire di una insolita patologia, che muove da un problema fisico legata alla vista, per evolvere nella grave nevrosi psichica, ma anche nella dimensione surreale e filosofica.

La patologia che lo affligge è legata alla visione delle cose e all’ incapacità di percepirne l’essenza in una modalità epidermica e superficiale.
Ma anche altri sensi come l’udito sono compromessi da un simile disturbo.
Se guarda una cosa è costretto inevitabilmente, suo malgrado, a leggerne tutti i significati e gli attributi enciclopedicamente correlati.
La sua percezione della realtà è necessariamente analitica fino all’estremo e lui è costretto a leggerne ogni più minuto dettaglio.
Ogni cosa veduta possiede un’identità e una storia: dalla forma, al materiale, al colore, all’odore, al nome e alle accezioni di significato o di sinonimo.

La condanna del tuo protagonista è nella grande quantità di informazioni e conoscenza che possiede. La sua cultura e coscienza del mondo e di ciò che lo riempie e alimenta, gli si rivoltano contro annientandone la capacità stessa di decidere e agire.

La tua è una favola o storia morale distropica, sul potere delle conoscenza e dell’eccesso di informazione che finisce con lo schiacciare l‘uomo, per l’ incapacità della sua mente di contenere e gestire tutto questo enorme bagaglio intellettuale.
L’uomo annichilito del tuo racconto vive un condizione infernale, nella quale non è più in grado neppure di scegliere di togliersi la vita.

La tua storia mi ha ricordato il concetto di un filosofo che ho molto amato; il filosofo Jean-Paul Sartre, cosa fosse l’inferno lo sapeva benissimo: l’inferno sono gli altri.

“Svegliarsi al mattino e uscire dalle calde e rassicurati coperte per gettarsi tra la gente, guardarsi allo specchio e non riconoscersi in questo corpo, ma con questo corpo uscire, mostrarsi, parlare e agire. Essere spinto a destra e a manca da persone sconosciute sull’ autobus, dover incontrare persone con le quali non si ha voglia di parlare, sentirsi continuamente giudicato e desiderare di essere solo. Ogni giorno della nostra esistenza sembra un inferno.
E se l’inferno non fosse il regno ultraterreno della dannazione eterna? Se fosse la nostra vita qui sulla terra?”

Grazie per questo ottimo racconto così denso di spunti di riflessione.

A presto rileggerti e un saluto. :)

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