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Nico stava seduto al tavolino di un caffè dei Navigli quando i tre uomini in giacca e cravatta con occhiali da sole vennero verso di lui. Non si mostrò sorpreso nel vederseli davanti. Sollevò appena la testa e guardò l’uomo che stava in mezzo, un tipo robusto, abito gessato, capelli lungi bianchi, mentre gli altri erano giovani, magri, rasati e in abiti di serie.
—C’è solo un’altra sedia ed è per lei— gli disse Nico con un sorriso stanco, atteggiamento dimesso e di scarso interesse.
—Va bene. Non c’è problema— disse il gessato sedendosi e facendo un cenno ai suoi accompagnatori che si discostarono appena.
Nico sorrise. —Scommetto che ce ne sono un’altra dozzina tra qui e l’altra sponda.
—Può darsi, ma non siamo qui per parlare di questo.
—Ma certo. Solo per dirle che sono individuabili.
—La scorta è un mio diritto.
—Ma certo. Anche i miei uomini sono tutti qui intorno. Armati come i suoi. E anche di più. È inutile che guardi. Non li vedrà e nemmeno i suoi li vedranno.
Il gessato sembrava nervoso. Ostentando calma disse
—Si è stabilito questo incontro da ambo le parti.
—Naturalmente. Scusi la mia sgarbatezza se non le offro un caffè.
—Doveva mostrarmi il suo progetto.
—Lo vedrà. Dobbiamo incontrarci davanti al Duomo.
—Avevate detto qui.
—Esatto. Da qui si parte. Non ci vuole molto in macchina, le strade sono mezzo deserte. Sa, senza corrente non c’è neanche benzina. Ma voi non avete problemi con le vostre auto blu.
Nico si alzò facendo un cenno al cameriere e cominciò a incamminarsi dicendo al gessato, che nel frattempo si era alzato pure lui —Ah! Vediamoci davanti alle palme. Le vedrà subito. Ci tengo.
Si trovarono in piazza Duomo. Il gessato e la sua scorta, aumentata di altri due uomini in giacca e cravatta, barbuti e rasati, videro Nico appoggiato alla balaustra di ferro davanti alle palme, dietro la statua di Vittorio Emanuele.
—Non sono qui per giocare a nascondino— disse il gessato— nervoso, guardandosi attorno. C’era poca gente.
—Ma certo. Volevo solo farle notare queste piante del deserto, queste palme di diverse razze, quanto sono belle e intonate nel clima nordico davanti al Duomo. Tipiche del paesaggio.
—Cosa vuol dire?
—Che sono state messe dai suoi amici di governo, come altre belle cose, fra cui l’ultima, la mancanza di corrente.
—Sa bene che la colpa…
—Ohh! La colpa! Già! Siamo tutti figli della colpa!
—Senta: io sto eseguendo ordini. O ha qualcosa da mostrarmi, o me ne vado.
—Ma no, non se ne vada. Mi scusi se non le ho chiesto il nome: non lo voglio sapere. Poi le dirò il motivo. Per vedere il progetto dobbiamo entrare in Duomo.
Nico cominciò a incamminarsi verso la cattedrale.
—Cosa significa?— chiese il gessato.
—Intanto lo ammiri. Guardi le guglie, tutte quelle punte rivolte al cielo, guardi quei ricami intorno, guardi le finestre gotiche, il dipanarsi… il discendere…
—Adesso basta!
Nico si fermò. —Lei, il suo governo, vuol sapere come sia possibile produrre una forma di corrente elettrica gratuitamente e in abbondanza…
—Adesso mi citerà Tesla…
—Non ci penso nemmeno. Tesla sapeva già le cose che so io e che presto saprà anche lei, in modo approssimativo naturalmente. Devo darle la prova che il progetto funziona.
Entrarono in Duomo. Era deserto. Una foresta di colonne andava verso l’altare, i banchi erano stati spostati e lo spazio appariva più grande. Cumuli di tubi in ferro stavano da ambo i lati, dietro le colonne.
L’atmosfera era quasi grigia, a tratti plumbea.
—Non le parlavo di guardare le guglie per provocarla. Non mi permetterei di provocare un affamatore di popolo…
—Non mi offenda, ho il potere…
—Lo so, lo so. Ha il potere.
Si sentì un tonfo. Le porte del Duomo venivano chiuse. Il gessato e i suo quattro uomini si guardarono intorno. Da dietro le colonne erano comparsi una cinquantina di uomini, tutti vestiti in giacca e maglia nera. Capelli rasi, barbe scure di due settimana, atteggiamento tranquillo. Silenziosamente letale.
Gli uomini del gessato misero mano alle pistole.
—Non ve lo consiglio. Non perché sia un posto sacro. Non lo è mai stato in effetti e anche se lo fosse non capireste. Mettete giù le pistole e basta. Sono tutti armati.
Misero le pistole a terra. Alcuni uomini vennero e le raccolsero.
—Ora vi mostrerò come si può avere la corrente elettrica senza carbone, senza centrali nucleari, senza niente. Gratis. Per tutti. Mettetevi al centro. No lei stia al mio fianco— disse Nico al gessato.
—Tutte le cattedrali del mondo, ma non solo, anche la maggior parte dei castelli, templi, palazzi e quant’altro, presenti in tutto il mondo da sempre, con innumerevoli guglie scambiate per ornamenti, in realtà sono ricevitori di energia. L’energia presente naturalmente, da sempre, nell’aria. Basta raccoglierla, convogliarla, utilizzarla. Innumerevoli punte protese al cielo convogliavano l’energia dentro bolle di mercurio. Che erano state tolte e distrutte e stiamo ripristinando. Da qui scendeva attraverso guglie, finestre ad arcata, colonne, balaustre. Apparenti disegni intricati, decorativi, presenti anche sotto tutti gli archi di trionfo del mondo. In realtà bellissimi convogliatori di energia. Tutti avevano l’energia, i ricchi e i poveri. Città del XVII secolo erano illuminate elettricamente con questa energia. Ma anche prima. Da sempre. Tutto è stato occultato. Era più conveniente far pagare la corrente alla povera gente, arricchendo enormemente i pochi che la producevano con mezzi primitivi come avviene oggi.
Prima non ha ammirato l’intrico delle finestre gotiche, i reticoli di balaustre ricamate che convogliavano l’energia. Dovremo abbattere i vetri istoriati, messi in seguito per spezzare il flusso di energia. Hanno messo con cattiveria la bellezza nei secoli per spezzare il flusso energetico, nascondere, ridurre alla miseria gli uomini. Voi siete la parte finale di questa cattiveria, per quanto non siate in grado di comprenderlo.
—Voi siete pazzi…
—Ci sono foto satellitari che mandano immagini notturne della foresta amazzonica inesplorata, al centro della quale brillano luci di città ignote. Anche i conquistadores trovarono città illuminate e templi e cattedrali. Tutto distrutto, occultato. Nelle città del selvaggio West c’erano templi e cattedrali come le nostre. E intorno baracche di legno. Come hanno fatto a costruirle, con quale tecnica, con i carretti, i cavalli e i badili? Nemmeno oggi saprebbero costruire templi come il Partenone. Nelle Americhe ce ne sono svariati fin da prima dei conquistadores e, tenete presente, tutte queste costruzioni, in tutto il mondo erano connesse assieme con l’energia. Quella poteva chiamarsi connessione. Ma questo discorso non vi serve. Volete le prove.
Nico fece un cenno. I suoi uomini presero quelli della scorta del gessato e li diressero verso un intrico di tubi metallici dietro i colonnati. Li ammanettarono.
—Stia a guardare. Naturalmente, poiché la corrente manca da due settimane, quello che succederà non sarebbe possibile, se non ci fosse. Dico bien?
Nico fece un cenno verso l’alto, da dove qualcuno rispose con un suono ovattato. Subito dopo i tubi metallici divennero incandescenti come stufette elettriche, gli uomini si agitarono impazziti, folli di terrore e crollarono a terra semi bruciacchiati. Fulminati. Morti.
—Adesso tocca a lei— disse Nico
Il gessato impallidì e si accasciò al suolo.
—No, vi prego, no! Ho famiglia! Credo a tutto! Riferirò quello che volete! Vi prego! No!
—Prima le ho detto che non volevo sapere chi fosse. Perché siete tutti uguali. Affamatori di popolo, occultatori. Vigliacchi. Non c’è niente da riferire. Vada incontro alla morte perché è il suo dovere verso il mondo, come ordinate a noi di morire di fame per il bene della collettività. Dia l’esempio lei, con la pancia piena.
Lo legarono ai tubi dove giacevano i morti, dai quali si levava un odore di carne bruciata. I tubi divennero incandescenti e l’uomo, si, aveva apparenza di uomo, esplose.
—Peccato— disse Nico accendendosi una sigaretta.
—Aveva un bel gessato. Pulite bene e rimettete i banchi.