Smonto uno ad uno tutti i pannelli della sua parete e controllo l'intrico di cavi e tubi che collegano il retro di ogni pannello alla centralina. Stringo gli ultimi morsetti e riaccendo l'impianto. 'Click!' la spia di allarme si spegne e finalmente la rinoparete torna a respirare, ora funziona.
Mi affretto per correre dall'ultimo cliente della giornata.
Sto per suonare il campanello quando un ragazzino apre d'improvviso la porta per uscire, quasi mi travolge.
«Ciao ma'!» Dice ad alta voce girato verso l'interno.
Giunge a ruota la madre che, ignorandomi, strepita: «E dove pensi d'andare, conciato così?»
«Ma ma', ce l'hanno tutti i miei amici...» Frigna il figlio.
«La moda di questi... Di questi gadget, di questi nasi posticci d'animali è così oscena! ‒ Storce il naso in una smorfia di ribrezzo ‒ e da cosa sarebbe, poi, quello che hai incollato sulla tua cuffia nasale?» Chiede rassegnata al ragazzino.
«Cane, mamma, da cane. La madre di Luca gli permette di metterlo da maiale, dai...»
«Vabbè, vabbè ‒ concede la donna ‒ ora ho da fare» scuote la testa guardando in direzione del figlio che fugge via veloce, mentre mi fa' cenno d'entrare.
«Come vede si tratta di vecchie pareti, non riescono a leggere i files registrati dalla mia cuffia.»
«Servirebbe l'update, signora. Verifico se nella centralina c'è lo spazio per le nuove cartucce. Le versioni recenti necessitano di un numero maggiore di molecole-base per ricomporre gli odori registrati.»
«E se lo spazio non c'è?»
«Nel caso, va sostituita l'intera centralina.»
«Beh, proceda!» Mi autorizza.
Lavoro da oltre trent'anni per la RinTEC, cioè da quand'ero appena un ragazzo. In fondo il mio lavoro non mi dispiacerebbe poi molto, se non fosse che devo saltellare tra gli umori vari dei clienti. Prima di essere assegnato al reparto domotica mi occupavo dei dispositivi mobili, all'epoca le tecnologie olfattive erano giusto all'inizio e RinTEC aveva lanciato da poco la sua prima cuffia nasale. “Nasi sempre connessi!” Prometteva. Ormai nessuno si sognerebbe di farne senza.
Rincasando, accendo la parete olfattiva del soggiorno programmandola in modalità Ketty e mi abbandono sul divano...
Nel rettilineo Ketty accelerò. Socchiuse gli occhi per la velocità del vento mentre i capelli fuori dal casco scalciavano come impazziti. Joe seduto dietro tentava di tenerli a bada, ma neanche troppo convinto. Alla fine li arrotolò e ci appoggiò il viso contro, a mo' di fermaglio. Sapevano di un odore inebriante. Per fissare l'adrenalina di quel momento Joe scattò una rinoistantanea.
Suona il timer del forno. Mi alzo per prendere la cena e mi risistemo sul divano.
L'aereo vibrava e sobbalzava, sembrava un autobus che arrancava su per una strada sconnessa. Il rassicurante profumo di caffè si diffondeva dal carrello che l'hostess spingeva lungo il corridoio, mescolato all'odore di plastiche e suppellettili nuove.
Ad un certo punto un vuoto d'aria abbassò d'improvviso l'aereo e ogni passeggero fiutò attraverso la propria cuffia nasale l'inequivocabile odore del panico emanato da chi sedeva a fianco. Solo i passeggeri attorno a Joe aspirarono però anche un languido sentore, come di dolce struggimento... Joe stava ammirando incredulo Ketty, che si era addormentata adagiata mollemente sul sedile. Era così bella! Al solo pensiero di poterla toccare, provava quasi dolore.
“Driin!” Mi trovo disteso placido sul divano, quando ricevo la chiamata dalla RinTEC per un intervento urgente presso il vicino Comando di Polizia, in tilt per un guasto. Succede spesso, soprattutto da quando le tecnologie olfattive si sono consolidate a tal punto che rientrano ormai tra quelle normalmente utilizzate dalla polizia per gli accertamenti, anche perché le prove olfattive vengono sempre più spesso ammesse nei tribunali.
Esco di casa in piena notte per raggiungere il Comando di Polizia. Ritorno che fuori già albeggia. Ora potrò dormire, finalmente. Cullato dai rinofiles.
I pesci guizzavano tra i piedi nudi di Ketty e di Joe, che avanzavano nell'acqua guardandoseli sprofondare in quella sabbia così sorprendentemente chiara; Ketty si accucciò per prenderne una manciata e aprì il palmo delle mani guardando i granelli brillare al sole. Le loro cuffie nasali fotografarono l'odore della salsedine di quell'istante. Peccato fosse già tempo di ripartire.
«Troveremo un posto ancora meglio di questo!» Esclamò Ketty.
Joe rimase in silenzio, non ne era troppo convinto.
Mi alzo dal letto per andare in bagno. Scosto la tenda della finestra, fuori c'è un bel sole. Torno a letto.
Ketty e Joe erano in continuo movimento, mai sostavano più di qualche giorno nello stesso luogo. I soldi di Ketty bastavano ad ogni voglia del momento.
Un giorno, a Joe uscì: «Difficile credere che possa esistere un posto migliore di quest'angolo di mondo! Perché non rimaniamo ancora qualche giorno?»
Ketty non sentì, oppure non volle sentire; continuò a raccogliere le sue cose per infilarle in valigia.
Viaggiarono verso la meta successiva in un silenzio inedito.
«Beep! Beep!» zittisco la sveglia mentre sta andando in onda il file di Ketty che litiga con Joe. Non mi piace quel litigio, non mi piace sentirla litigare.
«E adesso? Ma perché me lo dici solo ora?» Mormorò con un filo di voce Joe.
«Forse per proteggerti?»
Mi alzo stordito dalla lunga sessione di rinofiles.
Di fronte alla porta dell'ennesimo cliente mi sistemo il cartellino sulla tuta e suono il campanello. La porta si apre e il cliente mi fa un rapido cenno di entrare con la mano.
Alcune molecole partite dal corpo dell'uomo migrano fino ad essere captate dai fori della mia cuffia, che le analizza per poi passare i dati al cervello. Quell'odore l'ho già sentito. Attacco ad ansimare, trasudo angoscia. Lui non indossa cuffie, perciò non mi ha riconosciuto. Non posso più aspettare, desterei sospetto. Entro. Svolgo l'intervento controllando con la coda dell'occhio ogni movimento dell'uomo e appena posso esco. Tocco la tasca dei pantaloni: il campione olfattivo c'è, ce l'ho fatta, l'ho preso! La provetta è intatta e al sicuro. Mi butto sul furgone. Afferro il PC e prenoto una stanza in un hotel fuori città. Un tempo era una locanda alla buona...
... Ketty e Joe arrivarono alla locanda all'imbrunire. Lei lo precedeva, saltellava all'indietro esortandolo a darsi una mossa. Rideva, rideva, con una mano si teneva il cappello che il vento voleva portarle via e con l'altra lo chiamava a se', lanciando gridolini striduli che cadevano nel vuoto. Svoltarono e apparì un edificio scalcinato. L'insegna lampeggiava incerta sul fronte comunicando stancamente: 'Locanda Il Sole'. Quella sera lei si ubriacò, lui la accompagnò in camera e scese a prendere un po' d'aria fresca.
L'albergo dista più di tre ore e lo raggiungo solo in tarda serata. Entro nella camera e scarto impaziente il pacchetto con dentro l'apparecchio appena noleggiato. Sorprendente come un congegno di così ridotte dimensioni racchiuda un tale prodigio tecnologico. Rinoscanner 3D. Categoria: Rilevatore di molecole olfattive solide. Tempi medi di scansione: 74 cmc al secondo. Accendo l'apparecchio e lo posiziono a terra. Lo strumento valuta le superfici della stanza e restituisce la previsione: circa sei ore per scansionare una profondità di due centimetri. Bene, per domattina avrà terminato. Gli dò il via e mi sdraio comodo a pancia in su. Il rinoscanner inizia a muoversi sulle pareti alla ricerca di possibili tasche d'aria intrappolate nel corso degli anni nei materiali dei rivestimenti. Ad ogni tasca individuata, buca, aspira e ne analizza i dati. L'ho programmato per ricercare corrispondenze con un particolare tipo di dato olfattivo di riferimento ‒ la provetta tirata fuori dalla tasca dei pantaloni ‒ e come un segugio annusa alla ricerca di tracce.
Mi addormento e sogno. Senza condizionamenti, libero dagli effluvi delle rinopareti di casa...
Come talvolta accade che si preferisca confondere la speranza con il possibile, così Ketty, dopo due interi anni in fuga, finì col pensare che l'avrebbero lasciata stare, che addirittura potevano averla dimenticata, che sarebbe potuta ritornare.
Insomma, Ketty e Joe rimpatriarono. Magari per qualche tempo si sarebbero mossi con cautela mantenendo un profilo basso, lontano dai grossi centri – decisero – evitando i luoghi già precedentemente frequentati da Ketty.
Il viottolo che portava alla locanda era sterrato, Joe vi camminava su e giù con le mani in tasca nel buio della notte, calciando qua e là un sasso. Chissà se ritornare è stata la decisione giusta, rimuginava.
Alla fine, infreddolito da un vento insistente, tornò sui suoi passi verso la locanda. Aprì la porta della camera attento a non far rumore avanzando a tastoni nel buio. Notte miserabile. Ancor prima di poter recepire il tanfo d'orrore e violenza che saturava l'aria della stanza, sentì all'improvviso qualcuno afferrarlo da dietro e tappargli con forza la bocca. Joe si dimenò, inutilmente. Cercò con tutto se stesso di urlare, inutilmente.
«Su questa faccenda tu non dirai niente. Non provarci. Ti terremo d'occhio» intimò l'aggressore a Joe scaraventandolo poi a terra. Lui, libero e ancora in ginocchio, allungò in alto il braccio per raggiungere l'interruttore della luce più vicino. E fu allora che, a pochi centimetri da se', vide Ketty riversa sul letto, gli occhi spalancati tremendamente fissi. In quell'istante sentì agganciare le proprie membra a un treno in corsa. In una manciata di secondi mangiò paesi, città, lande intere, per andarsi a schiantare dritto dritto sulla realtà, sbattendoci sopra il muso. Joe ne sentì quasi il rumore: stunck! E di colpo Joe tornò dolorosamente Giuseppe.
Alle ore 3.45' il rinoscanner ha trovato una prima corrispondenza. Mi sveglio al rumore dell'apparecchio che fa stunck, stunck per processare i dati. “Campione compatibile al 99.9%” leggo sul display. Ecco l'assassino di Ketty.