Traccia di mezzanotte 2 - "Cambiamento"
Gastone, brutto e coglione, conosciuto anche come Bruco in tutte le sezioni della scuola media statale Natalie Ginzburg non sapeva che quel giorno di maggio avrebbe cambiato tutta la sua vita.
Non lo sapeva mentre andava dalla dentista tutto preso dai suoi pensieri. Lo preoccupava il saggio di fine anno. Era il migliore batterista della scuola, lo sapeva, e quindi non era la sua esibizione a pesargli. Quello che lo seguiva come una macchia scura era il fatto che pur essendo un piccolo dio con le sue bacchette, non aveva amici. Di quelli veri, s’intende, quelli che fanno cerchio attorno a te quando arrivava il bullo di turno a rubarti la merenda oppure svuotarti la cartella in cortile, giusto così tanto per fare. Finora non era mai stato picchiato, forse perché era troppo insignificante oppure perché se nei saloon non si sparava al pianista, alle medie non si picchiava il batterista.
Oggi, in un colpo solo, gli avrebbero levato il maledetto apparecchio per i denti e sostituito gli occhiali spessi con lenti a contatto.
“Vedrai come torni a casa felice oggi!” gli aveva detto la mamma sulla soglia prima di salutarlo.
Ma che ne sapeva lei. Domani mica avrebbe dovuto attraversare il cortile con l’aspetto tutto nuovo accompagnato dal solito coro di “Bruco Gastone, brutto e coglione!”
La prima volta aveva risposto tutto impettito che essere bruchi vale la pena che poi si diventa farfalle. Quante risate si era fatto il gruppo dei bulli, quelli che fumavano di nascosto al parco. “Sei proprio stupido” aveva risposto il capetto, piccolo e tarchiato come un toro, che di nome faceva Braian, scritto proprio come si pronuncia “BRU come brutto e CO come coglione!”
Tutti avevano sentito la spiegazione, anche Fiorenza, la sua compagna preferita che profumava sempre di ammorbidente.
Al solo pensiero gli venivano le lacrime per l’umiliazione.
“Ho quasi finito, resisti!” gli aveva detta la dentista pensando che quegli occhi lucidi fossero dovuti a lei e a ciò che stava facendo. Invece Gastone pensava solo alla furia con cui suonava la batteria, come si sentiva svuotato e soddisfatto ogni volta che finiva un assolo di quelli difficili.
Sulla via verso l’ottico continuava a passarsi la lingua sui denti lisci, nessun ostacolo, nemmeno un gradino gli impediva di fare il giro della bocca. Non riusciva a capacitarsi della sensazione delle labbra appoggiate sui denti.
“Vieni, andiamo a mettere le lenti.” Nello sgabuzzino dove misuravano la vista, Gastone ripose gli occhiali e con molta cautela inserì prima una e poi l’altra lente. L’ottico gli consegnò gli occhiali in una custodia rigida nuova di zecca. “Non buttarli, che magari alla sera a casa con questi ci guardi la tv”.
Ci vedeva benissimo con le lenti. Veloce corse verso le bancarelle ai bordi del parco. Aveva visto un paio di occhiali da sole con la montatura di metallo. Quanto li aveva desiderati e adesso poteva anche metterseli, ci avrebbe visto pure con quelli.
“Ahmed, ce li hai ancora i miei occhiali?”
“Bien sûre, eccoli. Non vuoi anche una maglietta nuova? Questa ti sta stretta sulle spalle.”
“No, no, va bene così e la mamma non mi ha dato i soldi per quella.”
Ed era scappato via inforcando gli occhiali nuovi.
Il mondo color ambra lo faceva sentire felice, s’infilò nel parco e gli venne da correre e saltare sul prato fino alla fontana. Quasi quasi per festeggiare tutta questa leggerezza avrebbe voluto infilarsi sotto alla cascatella, ma non ci stava più col suo metro quasi e ottanta. Così si fermò lì davanti a quell’acqua scrosciante e dorata. A guardare bene sembrava che ci fosse un ragazzo proprio lì. Un ragazzo con i suoi stessi occhiali da sole, ma quello era un figo. Quello aveva le braccia muscolose, un torso ben delineato, era alto anche se pareva giovane come lui. Avevano lo stesso taglio di capelli, ma lui, a differenza di come si sentiva Gastone, era bello e vincente con un sorriso smagliante. Nell’istante in cui riconobbe quel ragazzo che tanto gli piaceva, si sentì mancare forse per un istante, forse qualche minuto.
Mentre tornava a casa tutto era cambiato. Era stufo e lo pensava con le spalle dritte.
Aveva dodici anni ed era stufo marcio. Alla fine della seconda media non ce la faceva più, era un pensiero rabbioso, privo di rassegnazione, quasi eroico.
Nella notte si inseguirono sogni di vendetta e battaglia, cavalieri dall’armatura splendente che senza un graffio fendevano eserciti di nemici.
Il mattino dopo rivide il ragazzo nello specchio mentre si lavava i denti: uno così mica si faceva mettere i piedi in testa. Per tutta risposta al suo pensiero quello nello specchio gli strizzò l’occhio, come a dire “Lascia fare a me.”
Gastone era perplesso, lo vedeva uguale a sé stesso, il pigiama uguale per esempio, ma lo sentiva più determinato e deciso.
Con le bacchette infilate nella tasca posteriore, attraversò il cortile della scuola dritto verso il solito gruppo di bulli. Senza quasi fermarsi lanciò loro la sua cartella: “Dai, divertitevi! Svuotatela e riempitela tutte le volte che volte! Adesso non ho tempo da perdere!” Il suo era un tono perentorio, da uomo impegnato che aveva dato di che divertirsi ai bimbetti.
Il vecchio Gastone si era ingobbito dentro al nuovo e si aspettava di venire aggredito.
“Ma sentilo il Gastone, brutto e coglione, che sfacciato che è oggi!”
A queste parole il Gastone con gli occhiali non sapeva più dove nascondersi, ma prese il sopravvento quello dello specchio. Quello, molto tranquillo, osservò dal suo quasi metro ottanta. “Non so se te ne sei accorto, ma ti posso sputare in testa quando voglio, nano. Quindi porta rispetto, per te sono e sarò per sempre IL Bruco, perché i brutti e coglioni è meglio evitarli quando sono più grossi e molto incazzati.” Con una spallata si fece strada per andare in classe.
Durante le prime tre ore si svolse un frenetico dialogo interiore fra Gastone-apparecchio-per -i-denti e quell’altro. La prof di matematica riprese l’unico Gastone visibile, quello con la media del nove, stupita dalla sua aria distratta. Lo salvò la campanella della ricreazione.
All’uscita dall’aula c’erano diversi compagni delle altre classi che volevano solo guardare Gastone che aveva risposto a Braian. Erano quasi tutti di prima e sembrava dovessero scegliere il nuovo eroe.
Il Gastone di ieri si sentiva a disagio, l’altro invece si faceva pompare da questo bagno di folla e come una piccola rockstar si avviò verso il cortile, panino alla mano. Vide subito Fiorenza che lo aspettava. Le si affiancò come al solito. “Ma che sei impazzito oggi?” invece del solito “Ciao, come va?” Il vecchio Gastone quasi voleva genuflettersi per giustificare il suo comportamento, l’altro invece lanció un “Perché? Che c’è?”.
Fiorenza, delicata di aspetto, nascondeva un certo caratterino e di peli sulla lingua non ne aveva: “Ma pensi che non ti abbia visto? Cosa credi di fare? Di metterti al loro livello?”
L’altro ormai nemmeno interpella più il vecchio Gastone, prende l’iniziativa e basta “Guarda che non è successo niente, mi sono solo rotto i coglioni.” E, senza degnarla di un altro sguardo, si avvia deciso verso Braian.
“Allora? La mia cartella?”
“Vaffanculo!” è la risposta.
Mentre gli saltella intorno come un giocatore di pallacanestro, la mano di Gastone plana sulla testa di Braian fingendo di palleggiarla. “Ma lo avete sentito o devo farglielo ripetere?”
Lo spilungone che saltellava attorno al tracagnotto era talmente ridicolo che tutti i compagni presenti erano piegati in due dalle risate. Ridevano anche gli insegnanti che non coglievano la tragica caduta dal trono di capobullo di Braian. Anche gli altri bulletti si tenevano la pancia asciugandosi le lacrime.
Gastone non riusciva a fermarsi, sembrava posseduto. Ad ogni giro attorno alla sua vittima incontrava lo sguardo contrariato di Fiorenza. Voleva essere ammirato, non giudicato. Ma lei rigida e dignitosa gli volse le spalle per andarsene.
Appena la figurina di lei sparì dietro l’angolo dell’edificio Gastone si fermò. Aveva vinto.
Quello che si sfogava con la batteria sparse l’amaro nei pensieri dell’altro.
Cartella in spalla se ne andò fra pacche e complimenti, era il nuovo re del cortile e sentiva che al saggio nessuno lo avrebbe infastidito.
Gli sarebbe piaciuto essere nato in America, dove c’era il ballo di fine anno e invitare la più bella della scuola. Invece si fermò dal fioraio e investì le sue mancette in un mazzo di margherite gialle.
Bussò alla porta di Fiorenza. Avrebbe voluto dirle del cuore che gli batteva all’impazzata, del caldo che saliva e scendeva lungo tutto il suo corpo, della voglia di abbracciarla, del vago desiderio di baciarla, di come si sentisse solo in cortile senza di lei.
Invece “Ti devo dire una cosa importante: voglio tatuarmi un bruco sul collo.”
[font="Aptos", sans-serif]Non una parola di più accompagnò le margherite fra le mani di Fiorenza.[/font]
Re: [MI188] Gastone
2Bravaaaa, che stile, hai il tocco
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo
Sì, certo
In un ristorante, intendo