[MI187] L'Olmo della discordia

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Traccia n.2: Incipit

L'Olmo della discordia

Quello che aveva davanti agli occhi non era logico, era senza senso. Il vecchio aveva scavalcato il recinto che separava il suo giardino da quello di Matteo e stava annaffiando la siepe, la sua siepe, con tutta la tranquillità del mondo. 
Doveva aver scavalcato, perché il cancelletto era ancora chiuso come l’aveva lasciato, nessun segno di effrazione. Non pensava che il vecchio fosse capace di forzare una serratura, ma se è per questo, non lo faceva neanche così fisicamente agile da scavalcare. 
“Scusi.” Avrebbe voluto sembrare più calmo, ma la voce gli si incrinò. Pensò che, se l’avesse sentito lo psichiatra con cui era stato costretto a incontrarsi per le ultime tre settimane, sarebbe rimasto sorpreso: non gliel’aveva detto esplicitamente — non gli cavi nulla, a quelli lì – ma era chiaro che fosse l’apatia di Matteo a preoccuparlo. E invece eccolo lì a provare un’emozione, anche facilmente identificabile. Rabbia. 
Per quanto spiacevole, era qualcosa. Sentire le orecchie andare a fuoco quando Olmo — che nome ridicolo, lo pensava ogni volta che lo vedeva e lo pensò di nuovo — si girò, un sorriso serafico stampato in faccia, fu quasi simpatico. “Mi spiega che cazzo sta facendo?” 
“Non si vede?”
Matteo si frugò nelle tasche in cerca delle chiavi. Per un attimo temette di averle lasciate in ospedale, ma erano solo seppellite da un mucchio di scontrini, che non poteva buttare a terra in quel momento: Olmo gli avrebbe attaccato un pippone sull’ambiente, la raccolta differenziata, le tartarughe morte. Per i suoi anni — sicuramente sessanta, forse addirittura settanta — era sorprendentemente al passo coi tempi. 
Aprì, entrò, e constatò con orrore che il problema andava oltre la siepe. Il vecchio gli aveva rivoluzionato il giardino. Non c’era traccia di erbacce, il prato era paro-paro che quasi pareva finto, e negli angoli erano comparsi dei fiori — piantati da poco, si capiva dalla terra pulita e umida tutto intorno. 
Il limone non gli era mai sembrato così felice, se una pianta si può definire tale. Come se in assenza di Matteo avesse finalmente abbracciato il suo ruolo nel mondo, aveva persino prodotto un frutto. Pendeva, piccolo ma tondo e lucido, piegandone un ramo sottile. Guarda che ho fatto, sembrava dire l’alberello. E infatti Matteo si fermò a guardare.
“Pensavo fossi morto,” gli arrivò la voce lapidaria del vecchio, alle sue spalle. 
Magari. “È violazione di proprietà privata,” mugugnò Matteo, senza convinzione, adesso abbattuto davanti all’evidenza che perfino le sue stupide piante potessero sostituirlo da un giorno all’altro. 
L’altro lo ignorò, spense l’acqua e si mise placidamente a riavvolgere il tubo. “Per un paio di giorni non serve annaffiare.” 
“Lo vedo questo. Ma poteva anche non scomodarsi.” 
“Non volevo questo povero giardino sulla coscienza.” Fece un cenno col mento a indicare il trolley di Matteo. C’erano i vestiti che gli aveva portato sua sorella in ospedale, e infatti era un’ironica coincidenza che il vecchio non si fosse accorto di quel passaggio, lui che vedeva tutto. Mara doveva aver fatto di fretta. Era anche riuscita a pescare proprio le poche cose nell’armadio che gli stavano strette, e che non aveva ancora buttato per pigrizia. Non l’aveva rimandata indietro, comunque, e aveva sofferto in silenzio. “Ovviamente non tutti ne hanno una. Bella vacanza?”
“È stata improvvisa.” Un modo come un altro per dire: mi hanno impedito di buttarmi da un ponte, e la settimana obbligatoria di TSO s’è trasformata in tre. Ma se ti impegni tanto tanto, forse ci riprovo e stavolta ci riesco. 
“La prossima volta lasciami la chiave. Io evito le acrobazie e tu le effrazioni.”  
“Lo terrò a mente.” 
La conversazione poteva finire lì, ma Olmo doveva insistere, come suo solito: “Un amico da chiamare non ce l’avevi?”
Adesso era veramente troppo. Matteo scoppiò a ridere. “Sono stato in ospedale. Mi hanno tolto il telefono e, anche se ce l’avessi avuto, non avrei chiamato qualcuno per farmi curare le piante. Contento adesso?” 
Nessuna reazione. “In ospedale non tolgono il telefono.”
Si fissarono senza dire niente. Matteo dibatté con sé stesso se dire la verità o lasciare che pensasse che era un bugiardo, o qualunque altra cosa volesse pensare. “Sì. In psichiatria.”
Una reazione, adesso. Piccola. Olmo alzò le sopracciglia. Sembrò voler dire qualcosa, ma si limitò ad un “ah”.
“Ah,” gli fece il verso Matteo. Si guardò di nuovo intorno. Notò solo allora la gatta del vecchio che pisciava indisturbata dietro al cassonetto dell’immondizia. Aveva scavalcato anche lei, nonostante fosse vecchia almeno quanto lui. “Ma grazie per avermi sistemato il giardino e avermi tolto anche l’ultima scusa per uscire di casa. Siccome amici non ne ho, dico.” 
Era una provocazione. Olmo avrebbe potuto rispondergli che usciva solo perché glielo chiedeva lui. Anzi, non chiedeva, martellava: ogni volta che beccava Matteo sull’uscio, o anche solo alla finestra, si lamentava dell’incuria, della mancanza di decoro, del fatto che faceva sembrare la schiera di villette in cui vivevano un campo profughi. Senza offesa per i profughi, specificava sempre, perché loro sono costretti a vivere così e mancano di mezzi, mentre Matteo aveva l’acqua corrente, gli attrezzi che Olmo avrebbe potuto prestargli, e perfino un tosaerba.
Per inciso, il tosaerba gliel’avevano dato insieme alla casa.
Matteo quindi alla fine usciva, toglieva le erbacce a mani nude e spesso in pigiama, staccava le foglie gialle e dava l’acqua a sentimento, o fin quando non sentiva il grugnito di approvazione di Olmo dall’altro lato del recinto. 
Odiava che il sole, l’aria e l’odore dell’erba bagnata lo facessero sentire meglio. Odiava che avessero tutti ragione, che la depressione si alleviava stando all’aria aperta, ma soprattutto odiava che quel vecchio pazzo fosse l’origine del suo sollievo. 
Olmo non gli rinfacciò niente di tutto questo, però. E per la prima volta da quando lo conosceva, non sembrava irritato dalla sua stessa esistenza. “Non sapevo che fiori ti piacevano, quindi li ho presi uguali ai miei,” borbottò. 
Matteo lanciò un occhio al giardino di Olmo. L’erba del vicino è sempre più verde, nel suo caso in particolare, ma c’erano anche altri colori. I fiori non li riconosceva, ne capiva molto poco di botanica. “Gerani?” Tentò, ma solo perché ricordava di averli visti sul carretto fuori dal cimitero, l’ultima volta che era andato a trovare sua madre. Gerani a tre euro, c’era scritto, e quelli nel giardino di Olmo parevano simili. Li aveva presi? Non ricordava. Aveva preso dei fiori, ma non era sicuro di quali.
“E ortensie.”
Matteo annuì. “Grazie. Ora sono stanco.” 
Annuì pure lui. Chiamò la gatta con due schiocchi di lingua, e quella gli andò incontro a coda alzata e si lasciò prendere in braccio. A Matteo soffiava sempre. “Scusa per la pipì.”
Stanco lo era davvero, perché quando cercò la forza di lamentarsi anche di quello non la trovò, nemmeno sotto tutti gli scontrini. “Non fa niente.”
 
Passarono due giorni. Al lavoro gli avevano detto che poteva lavorare da casa per tutto il tempo che riteneva necessario. Ci tenevano alla salute mentale dei dipendenti. Matteo la vedeva come una punizione. Si chiese se lo stessero esiliando perché non sapevano più come interagire con lui, o magari perché la sua situazione — la sua salute mentale — era una macchia sul manuale immacolato delle policy aziendali, un’inconfutabile prova che sparavano cazzate. 
Non era stato il lavoro a farlo ammalare, ma sicuramente non si sentiva supportato, e loro di supporto si riempivano la bocca. 
Suonò il campanello. Matteo pensò subito che Olmo non potesse essere — aveva detto due giorni. E di certo non era sua sorella, che se n’era tornata a Bologna a metà della sua seconda settimana in ospedale. Non poteva lasciare da soli i bambini per troppo tempo. C’era suo marito, avrebbe voluto dire Matteo, e lei avrebbe potuto trattenersi. Ma non le aveva detto niente. Colpa dell’apatia.
Quando aprì la porta, però, era proprio il vecchio. Aspettava in silenzio dietro al cancelletto, e a Matteo fece strano, sia visto il loro ultimo incontro, sia perché di solito non si disturbava a bussare e gli urlava appresso e basta. Aveva ritrovato l’educazione, tutt’a un tratto? Forse si era impressionato a scoprirlo mentalmente instabile, e avrebbe cominciato pure lui a trattarlo coi guanti. Un po’ gli sarebbe dispiaciuto. Gli piaceva litigare con lui.
Aprì e scese le scale per andargli incontro. Aveva una pianta tra le braccia, anche se chiamarla pianta era fin troppo generoso: poco più di un paio di bastoncini secchi, che sbucavano dal terriccio come se qualcuno ce li avesse infilzati dentro a forza. L’unica traccia di vita era un rametto verde, con un germoglio ancora chiuso: forse una foglia, forse un fiore, ancora non era dato sapere.
“Che è successo?” 
“A lei qualcosa di brutto, senza dubbio,” fece lui, con un cenno alla pianta.
E quindi? “Cos’è, è per me? Sta cercando di fare una metafora?” 
“Non faccio metafore.” Come se fosse un’accusa. Olmo si impettì. “Ti ho tolto un passatempo, adesso te lo ridò.”
Era un gesto inaspettatamente carino. Quasi dolce. “Non so cosa farci, con quella. Non sono abbastanza bravo da riportare in vita le piante morte.”
“Non è morta, non vedi? Vuole vivere.” Olmo indicò il rametto, poi sospirò di frustrazione e gli sbatté il vaso in petto, forzandolo a prenderlo. “Va bene, forse sto facendo una metafora.”
Bisognava porre fine all’imbarazzo. Matteo guardò la pianta, poi Olmo, e a una metafora rispose con un’altra: “questa devo annaffiarla tutti i giorni?”

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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Bello, rude nella scrittura e delicato nel finale: il risultato è il perfetto equilibrio di una penna allenata, mi è piaciuto.  
Forse do troppa importanza al processo creativo, però la risposta all'incipit è ottima: ritrovarsi un vecchio che ti annaffia il giardino è una genialata. Questo mi ha influenzato positivamente sin dall'inizio. Simpatici anche i pingpong tra il pensato e il detto. Questo modo di scrivere mi piace, soprattutto per un racconto breve che, per come la vedo io, dovrebbe scorrere tutto d'un fiato senza mai far sbattere le ciglia al lettore.  
Mi chiedo come i classicomani del forum giudichino questo stile: se troppo giovanile o piacevole e interessante come l'ho trovato io. 
Mi siedo all'ombra dell'Olmo della discordia in attesa di altri commenti.  
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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sbatti wrote: il prato era paro-paro che quasi pareva
troppo ravvicinati, rendono la frase cacofonica, meglio sostituire pareva con sembrava.
sbatti wrote: Ovviamente non tutti ne hanno una
cosa, vacanza? Non tutti possono farne una.

Il testo mette a confronto due personalità diverse: il vecchio iperattivo e il giovane depresso e apatico.
Il racconto si sviluppa senza troppe spiegazioni, eppure la faccenda emerge nella sua interezza. Il disagio mentale, la sorella che si è limitata allo stretto necessario, il rapporto con il vicino, tenuto a distanza, il lavoro che lo lascia a casa. Ogni aspetto è appena accennato ma risulta ben chiaro al lettore.
Bella la metafora dell'uomo, riportando l'armonia nel giardino, conta di riportarla anche nella vita del ragazzo.
Ma la terapia che gli offre funzionerà?

Un bel testo!

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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Ciao @sbatti 

Non avevo ancora mai letto qualcosa di tuo.
Il racconto mi è piaciuto e mi ha invogliato a leggere altre tue cose.
Ti lascio il mio commento a questo buon lavoro.

Il racconto che hai scritto è un pezzo di narrativa breve ma denso, che affronta temi complessi come la depressione, l’isolamento e il bisogno di connessione umana attraverso un’interazione apparentemente banale tra due personaggi.



Punti di forza


1) Tono e atmosfera:

Il racconto riesce a creare un’atmosfera di tensione emotiva sottile ma palpabile, che riflette lo stato mentale del protagonista, Matteo. La narrazione alterna momenti di ironia leggera (come il commento sul nome “ridicolo” di Olmo) a un sottofondo di profonda malinconia, che emerge soprattutto quando Matteo riflette sulla sua condizione psicologica. Questo equilibrio tra umorismo e dramma è efficace nel rendere il testo coinvolgente e realistico.


2) Personaggi ben definiti:

Matteo e Olmo sono caratterizzati in modo vivido, pur con pochi dettagli. Matteo è un personaggio complesso, segnato dall’apatia e dalla depressione, ma il suo sarcasmo e la sua rabbia lo rendono tridimensionale, evitando il rischio di renderlo un cliché di “vittima”. Olmo, d’altra parte, è un’ottima figura di contrasto: il suo atteggiamento pratico, la sua invadenza bonaria e il suo legame con la natura (il giardino, la gatta) lo rendono un personaggio eccentrico ma credibile, che agisce come catalizzatore per il conflitto e il cambiamento di Matteo.


3) Uso dei dettagli e simbolismo:

Il giardino, con il suo limone “felice” e i fiori piantati da Olmo, funziona come un potente simbolo della vita che persiste nonostante l’incuria, parallelo alla lotta interiore di Matteo. La pianta secca donata da Olmo alla fine è un’immagine particolarmente efficace: non è solo una metafora (come Olmo stesso ammette), ma un invito concreto a prendersi cura di qualcosa, e per estensione di sé stesso. Questi elementi visivi arricchiscono il testo senza appesantirlo.


4) Dialoghi realistici:

I dialoghi sono uno dei punti di forza del racconto. Sono secchi, taglienti e credibili, con un ritmo che riflette le personalità dei personaggi. Ad esempio, la risposta di Olmo “Non si vede?” è perfettamente in linea con il suo carattere diretto e pragmatico, mentre le battute sarcastiche di Matteo (come “Grazie per avermi tolto anche l’ultima scusa per uscire di casa”) trasmettono il suo conflitto interno con una certa dose di autoironia.


5) Tematiche profonde affrontate con leggerezza:

Il racconto tocca temi pesanti come la salute mentale, il suicidio e l’isolamento, ma lo fa senza cadere in toni melodrammatici. La scelta di ambientare la storia in un contesto quotidiano, come un giardino, e di usare un evento apparentemente banale (un vicino che annaffia la siepe) per innescare il conflitto, rende il testo accessibile e universale.


Punti di debolezza


1) Chiarezza su alcuni dettagli:

Alcuni elementi della storia rimangono vaghi e potrebbero beneficiare di maggiore approfondimento.
Ad esempio, il rapporto tra Matteo e sua sorella è accennato ma non esplorato, lasciando il lettore con domande su come questo legame influenzi la sua vita. Allo stesso modo, il riferimento al TSO (trattamento sanitario obbligatorio) è importante ma trattato in modo rapido, senza chiarire del tutto il contesto emotivo o pratico della vicenda.


2) Rischio di stereotipi:

Sebbene Olmo sia un personaggio interessante, il suo ruolo di “vecchio saggio” che interviene per “salvare” il protagonista depresso potrebbe sfiorare il cliché. Il racconto evita per un soffio questa trappola grazie alla sua eccentricità e al suo approccio non convenzionale (scavalcare il recinto, ad esempio), ma un maggiore approfondimento del suo passato o delle sue motivazioni potrebbe renderlo ancora più originale.


3) Finale aperto ma non del tutto soddisfacente:

La conclusione, con il dono della pianta e la metafora implicita, è poetica e significativa, ma lascia alcune questioni irrisolte. Ad esempio, non è chiaro se Matteo accetterà il gesto di Olmo come un punto di svolta o se tornerà alla sua apatia. Un accenno più marcato al suo stato d’animo finale potrebbe dare maggiore chiusura emotiva, senza necessariamente eliminare l’ambiguità.


4) Ritmo leggermente disomogeneo:

In alcune parti, il racconto rallenta a causa di riflessioni interne di Matteo che, sebbene ben scritte, possono risultare un po’ ridondanti. Ad esempio, il passaggio sugli scontrini e la raccolta differenziata, pur divertente, distoglie momentaneamente l’attenzione dal conflitto principale. Una revisione per snellire questi momenti potrebbe rendere la narrazione più fluida.


Stile e linguaggio


Il linguaggio è colloquiale, diretto e ben adattato al contesto italiano, con espressioni come “pippone” o “cazzo” che aggiungono autenticità al tono. La narrazione in terza persona, ma fortemente focalizzata sul punto di vista di Matteo, permette al lettore di entrare nella sua testa senza perdere la distanza necessaria per osservare il suo comportamento con occhio critico. L’uso di immagini concrete (il limone, la gatta, il tubo dell’acqua) bilancia le riflessioni più astratte, creando un testo visivamente ricco.


Temi principali
  1. Depressione e isolamento: Matteo incarna il peso dell’apatia e della mancanza di scopo, ma il racconto suggerisce che anche i gesti più semplici (come prendersi cura di un giardino) possono rappresentare un punto di contatto con la vita.
  2. Connessione umana: Il rapporto tra Matteo e Olmo, pur conflittuale, è un esempio di come le interazioni, anche quelle fastidiose, possano spezzare la solitudine.
  3. Natura e rinascita: Il giardino e la pianta sono simboli di resilienza e possibilità di rinascita, anche per chi si sente “secco” come Matteo.
  4. Suggerimenti per migliorare
  5. Approfondire i personaggi secondari: Dare più spazio a figure come la sorella di Matteo o fornire un accenno al passato di Olmo potrebbe arricchire il contesto emotivo.
  6. Bilanciare il ritmo: Eliminare o condensare alcune digressioni (es. gli scontrini) per mantenere il focus sul conflitto principale.
  7. Chiarire il finale: Senza perdere l’ambiguità, un piccolo dettaglio sul cambiamento (o sulla resistenza al cambiamento) di Matteo potrebbe rendere la conclusione più d’impatto.
Conclusione


Il racconto è un piccolo gioiello di narrativa psicologica, che usa un contesto quotidiano per esplorare temi complessi con sensibilità e ironia. La forza dei personaggi e l’uso del simbolismo naturale lo rendono memorabile, anche se alcuni dettagli potrebbero essere affinati per migliorare la coesione e l’impatto emotivo. È un testo che lascia il lettore con una sensazione di speranza cauta, suggerendo che anche nei momenti più bui, un gesto semplice può accendere una scintilla di vita.

Mi complimento e ti do appuntamento a future letture (y)

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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Ciao @sbatti, benvenuto al forum e buon divertimento con quest'occasione di metterci alla prova. Non posso non dirti, al di là di ogni possibile commento, che il titolo di questo racconto è davvero stupendo, anche per via del nome Olmo e olmo come pianta.
Apprezzabile il contrasto tra l'anziano criticone e voglioso di fare di più di quello che deve fare, forse per via del tempo libero (direi io), e il protagonista che se lo ritrova, suo malgrado, dopo un periodo difficile. Interessante, comunque, come sia proprio il primo a offrirgli qualcosa che può cambiargli la vita, nonostante ci sia del disagio consolidato, per lo meno da parte del protagonista.
Bella comunque la caratterizzazione emotiva del personaggio, resa bene anche da questo narratore in prima persona dal tono colloquiale e diretto in molti punti. Il tutto in un'atmosfera quotidiana, di fatti realistici in cui ci si può anche riconoscere - es. l'anziano iperattivo e invadente (in senso buono) di cui sopra.
Alla prossima lettura.  :libro:
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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@Nightafter le tue analisi sono la cosa più bella del contest, complimenti
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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 NanoVetricida@Nightafter le tue analisi sono la cosa più bella del contest, complimenti
Grazie @NanoVetricida,

in questo lungo tempo d'assenza da questo nostro forum, ho cercato per dirla col Manzoni "di sciacquare i panni in Arno".
Ovvero cercare di colmare le mie gravi lacune d'ortografia e posizionamento delle virgole.
Inoltre, di documentarmi sul come organizzare un testo di commento critico utile  :D

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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Grazie a tutti dei commenti! Fa tanto piacere che abbiate gradito, ma anche ricevere del feedback in generale, cosa che non mi capita spesso.

@NanoVetricida, ho spesso dubbi sul mio stile di scrittura, soprattutto quando leggo prosa forbita ed "esteticamente" bella, ma nonostante cerchi di sperimentare torno sempre alla semplicità e al realismo - è proprio quello che mi viene naturale. Bello sentire che risulta scorrevole/piacevole da leggere!

Grazie @Adel J. Pellitteri per gli spunti! "Hanno" si riferiva a "coscienza", ma forse il riferimento è troppo distante nel passaggio e non è chiaro - anche a questo servono i lettori :)

@Nightafter , grazie per questa analisi dettagliata! Per quanto riguarda i dettagli non approfonditi, in parte la scelta è stata dettata dalla lunghezza limitata del testo, e in parte dal fatto che il narratore è limitato e Matteo non necessariamente si soffermerebbe a riflettere su questi aspetti della sua vita. Però il fatto stesso che il lettore ne voglia sapere di più mi pare un buon segno! :) Il finale invece è volutamente aperto - difficile non sacrificare l'ambiguità, inserendo la risposta di Matteo.

@bwv582  , che dire, ti ringrazio! Il titolo l'ho pensato a posteriori, dopo aver dato il nome al personaggio, che non poteva che chiamarsi come un albero. Comunque, sì - decisamente si comporta così per eccesso di tempo libero, per fortuna o sfortuna di Matteo.

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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sbatti wrote: ho spesso dubbi sul mio stile di scrittura, soprattutto quando leggo prosa forbita ed "esteticamente" bella, ma nonostante cerchi di sperimentare torno sempre alla semplicità e al realismo - è proprio quello che mi viene naturale
È quello che mi ha maggiormente colpito, oltre alla storia in sé, per niente banale. Pochissime frasi brevi, solo quando servono, e la lettura scivola via senza l'effetto singhiozzo.
Complimenti,  a rileggerti
Già.

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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@Ilaris grazie mille, mi rassicuri molto! diciamo che cerco di attenermi a quello che realisticamente penserebbe o meno il personaggio che seguo, bilanciandolo con le minime info contestuali necessarie. felice che funzioni  :)

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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sbatti wrote: forzare una serratura, ma virgola se è per questo, non lo faceva neanche così fisicamente agile da scavalcare. 
per aprire l'inciso
sbatti wrote: Non volevo questo povero giardino sulla coscienza.” Fece un cenno col mento a indicare il trolley di Matteo. C’erano i vestiti che gli aveva portato sua sorella in ospedale, e infatti era un’ironica coincidenza che il vecchio non si fosse accorto di quel passaggio, lui che vedeva tutto. Mara doveva aver fatto di fretta. Era anche riuscita a pescare proprio le poche cose nell’armadio che gli stavano strette, e che non aveva ancora buttato per pigrizia. Non l’aveva rimandata indietro, comunque, e aveva sofferto in silenzio. “Ovviamente non tutti ne hanno una
Ho fatto un po' di fatica, devo dirti, a collegare l'ultima frase con la prima: non mi ricordavo più della coscienza (troppe righe prima).
sbatti wrote: mi hanno impedito di buttarmi da un ponte, e la settimana obbligatoria di TSO s’è trasformata in tre. Ma se ti impegni mi impegno tanto tanto, forse ci riprovo e stavolta ci riesco. 
distrazione sul soggetto
sbatti wrote: E virgola per la prima volta da quando lo conosceva, non sembrava irritato dalla sua stessa esistenza.
sbatti wrote: “Non sapevo che fiori ti piacevano piacessero , quindi li ho presi uguali ai miei,” borbottò. 
forse è preferibile il tuo imperfetto colloquiale che ci sta tutto, comunque tecnicamente il verbo lì andrebbe va al congiuntivo, lo sai di certo
sbatti wrote: Stanco lo era davvero, perché quando cercò la forza di lamentarsi anche di quello non la trovò, nemmeno sotto tutti gli scontrini. “Non fa niente.”
Questo è l'esempio di una bella immagine, che fotografa il protagonista e la sua interiorità: bravo!
sbatti wrote: “A lei qualcosa di brutto, senza dubbio,” fece lui, con un cenno alla pianta.
E quindi? “Cos’è, è per me? Sta cercando di fare una metafora?” 
“Non faccio metafore.” Come se fosse un’accusa. Olmo si impettì. “Ti ho tolto un passatempo, adesso te lo ridò.”
Era un gesto inaspettatamente carino. Quasi dolce. “Non so cosa farci, con quella. Non sono abbastanza bravo da riportare in vita le piante morte.”
“Non è morta, non vedi? Vuole vivere.” Olmo indicò il rametto, poi sospirò di frustrazione e gli sbatté il vaso in petto, forzandolo a prenderlo. “Va bene, forse sto facendo una metafora.”
Bisognava porre fine all’imbarazzo. Matteo guardò la pianta, poi Olmo, e a una metafora rispose con un’altra: “questa devo annaffiarla tutti i giorni?”
Un finale semplice e realistico, come lo è stato tutto il tuo racconto, e come dal tuo stile personale, che spieghi qui: 
sbatti wrote: Thu May 29, 2025 6:52 pmHo spesso dubbi sul mio stile di scrittura, soprattutto quando leggo prosa forbita ed "esteticamente" bella, ma nonostante cerchi di sperimentare torno sempre alla semplicità e al realismo - è proprio quello che mi viene naturale. Bello sentire che risulta scorrevole/piacevole da leggere!
Sì, è stato così anche per me, mi è piaciuto!  :)

Inoltre, sei stato bravo ad agganciare così bene il mio Incipit: hai proprio azzeccato la situazione-tipo che occorreva.  (y)

Bravo, @sbatti : conto di rileggerti presto.  :libro:




Innanzitutto, benvenuto al mondo dei Contest del CdM! 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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@Poeta Zaza ciao, grazie mille per i complimenti, per il benvenuto e anche solo per aver commentato. devo ammettere che appena ho letto la traccia ho pensato proprio che dovesse essere qualcosa di ridicolo, borderline comico, a suscitare quel pensiero. avevo già in mente questa cosa dei due vicini che bisticciavano per il decoro generale delle villette, ma non l'avevo mai sviluppata perché non sapevo come. quindi grazie per avermi fatto accendere la lampadina!   :P


farò tesoro dei commenti, e ci tengo a rassicurarti che l'imperfetto colloquiale era voluto, come è voluto questo:
Poeta Zaza wrote:
distrazione sul soggetto
forse non è chiaro, e devo migliorare su questo aspetto, ma matteo sta parlando con olmo (nella sua testa): se ti impegni (a continuare a rompermi) forse ci riprovo e magari ti faccio contento. è un pensiero un po' assurdo anche perché non si conoscono, ma a matteo piace prenderla sul personale.  :grat:

ps: sono una ragazza, scusate la confusione della pfp  :sorrisoidiota:

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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sbatti wrote: @Poeta Zaza ciao, grazie mille per i complimenti e anche solo per aver commentato. devo ammettere che appena ho letto la traccia ho pensato proprio che dovesse essere qualcosa di ridicolo, borderline comico, a suscitare quel pensiero. avevo già in mente questa cosa dei due vicini che bisticciavano per il decoro generale delle villette, ma non l'avevo mai sviluppata perché non sapevo come. quindi grazie per avermi fatto accendere la lampadina!   :P


farò tesoro dei commenti, e ci tengo a rassicurarti che l'imperfetto colloquiale era voluto, come è voluto questo: forse non è chiaro, e devo migliorare su questo aspetto, ma matteo sta parlando con olmo (nella sua testa): se ti impegni (a continuare a rompermi) forse ci riprovo e magari ti faccio contento. è un pensiero un po' assurdo anche perché non si conoscono, ma a matteo piace prenderla sul personale.  :grat:

ps: sono una ragazza, scusate la confusione della pfp  :sorrisoidiota:
Grazie delle precisazioni: allora è tutto ok, sei stata brava! Benvenuta! :flower:  @sbatti 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI187] L'Olmo della discordia

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@sbatti ciao. fa sempre piacere trovare negli scritti coraggio e voglia di mettersi in gioco con qualcosa di difficile da mettere su.. Ciao
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

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