Traccia 3 - Il fratello
Alfredo non si capacita di non avere versato una lacrima.
Non prova senso di colpa, cerca di ricordare quando sia l’ultima volta che ha pianto, è concentratissimo, sente l’esigenza e l’urgenza di una risposta, pur nella consapevolezza di non doverne dare conto a nessuno.
Sua moglie ha rinunciato a dargli una mano nella liberazione della s di nonna Ada.
Inizialmente voleva stargli vicino, fargli sentire una presenza confortante, ma l’esasperante lentezza del marito nel soffermarsi su ogni singolo oggetto di cui avrebbe dovuto disfarsi e invece con tutta probabilità sarebbe finito nella loro soffitta, oltre alla totale mancanza di segnali che le dimostrassero un vago interesse alla sua presenza, l’avevano spinta ad impiegare diversamente il suo tempo.
“Alfredino Rampi! Caspita se ho pianto seguendo quel caso.”
Una tragedia alle porte di Roma avvenuta nel 1981, un bimbo di soli sei anni era caduto in un ponte artesiano coperto da una lamiera.
Un baratro di ottanta metri e largo solo trenta centimetri aveva inghiottito il bimbo a pochi metri da casa, lasciandolo bloccato a trentasei metri di profondità.
Alfredo come tutti gli italiani aveva seguito la cronaca dei tentativi di salvataggio, aveva sentito le viscere chiuse in un pugno sentendo la voce del piccolo, aveva incoraggiato i soccorritori che si affannavano nello schermo di una televisione che nessuno aveva cuore di spegnere, nel timore che il gesto potesse sminuire la sentita partecipazione all’evento.
Dopo tre giorni di speranze infrante, Alfredino era deceduto. Lo stivale era unito da un pianto incredulo. Un’esondazione di sgomento, rabbia, dolore.
Quel pianto dirompente è l’unico di cui Alfredo ha memoria ad esclusione di qualche aneddoto dell’infanzia, per i quali dubitava fossero piuttosto i racconti più volte ascoltati, a dargli l’illusione di una memoria che, a cinquant’anni, aveva iniziato a fare le bizze.
Riprende quella che doveva essere semplice manovalanza per liberare la soffitta di un appartamento da vendere, poi evoluta in minuziosa catalogazione che gli permette di lasciarsi andare ai ricordi e a stupirsi per piccole scoperte.
“-Puoi anche piangere se ti va, ti liberi, butti fuori le tossine, ma di sicuro non devi farlo per me, che nella vita non mi è mancato nulla e son morta quando l’ho deciso io.
-Lo so bene nonna, volevi festeggiare l’avvento del nuovo millennio con me, i tuoi cento e i miei cinquanta anni lo stesso giorno, arzilla come sempre, la schiena migliore della mia e poi prima che scattasse la mezzanotte, omega 1 gennaio 2000, come mi avevi detto di voler scrivere sul santino, come avevi sul nome di una via di non so quale paese su un lago. Ti sei fatta spiegare il significato di quella lettera greca e ti sei raccomandata che fosse inserita su santino e lapide. A sinistra alfa 1 gennaio 1900, però lo sapevi che avevano barato, per non farti perdere un anno per un paio di giorni.”
Nessuna risposta in questo dei tanti dialoghi immaginati da Alfredo come da abitudine, con i più vari interlocutori, generalmente vivi, con i quali non sconta discussioni, facendo a volte sorridere, altre preoccupare, Carmela, la moglie, che lo vede in continuazione parlare senza emettere suoni, cambiare espressioni, a volte gesticolare.
Carmela era certa che suo marito non sarebbe mai arrivato in orario per la cena, d’abitudine era solito divagare e non prestare attenzione alle lancette, ora, impegnato tra i ricordi, malinconico per l’imminente vendita dell’ appartamento della sua amatissima nonna scomparsa da nemmeno due anni, era già scritto che dovesse lasciare l’arrosto a caldo nel forno per i quindici minuti necessari a raggiungerlo, riportarlo al presente e ricondurlo a casa.
“Hai trovato delle foto! Che bello, chissà perché queste la nonna le aveva messe in soffitta, era così orgogliosa dei suoi album…”
Alfredo non distoglie lo sguardo da una foto formato A4 che tiene tra le mani.
“Sono foto antiche di gruppo di persone che non riconosco, non ho proprio idea di chi siano.”
Facendo capolino dietro la spalla Carmela vede la foto che ha calamitato lo sguardo del marito.
“Ma quello sei tu alla prima comunione! Ma che bella, una foto colorata, sai che credo venissero dipinte a mano? Ma non avevi il saio? Questa l’hai fatta in abiti normali per la festa, ma ti eri cambiato già in chiesa? È bellissima, sarà finita qui in soffitta per errore.”
Alfredo è incupito, labbra arricciate, solco verticale in mezzo alle sopracciglia, classica espressione di quando si cimenta nei cruciverba più complicato, eppure ha lo sguardo vacuo.
“Senti, rimettiamo nella scatola le foto di chissà chi, poi a cena decidiamo che farne, la tua portiamola a casa, la voglio incorniciare!” Lascia nuovamente scivolare lo sguardo sulla foto tra le mani del marito. Un tassello fuori posto.
“Perché ti hanno colorato gli occhi di verde? Tu li hai marrone scuri…”
“Se è per questo io sono rimasto col saio, questi non avrebbero mai potuto essere i miei vestiti e non è la mia chiesa.”
“Ma cosa vuoi ricordarti quel che indossavi quarant’anni fa! Però è buffo che ti abbiano fatto gli occhi di un altro colore. Forse questa è una copia sbagliata e per questo tua nonna l’ha conservata in soffitta.”
“Questo è chiaramente un ritratto nel giorno della prima comunione di questo ragazzino, la data sul retro della foto è 1962, io l’ho fatta nel 1960.”
“Senti, andiamo a cena ora. Sarà un tuo cugino.”
“Lo sai che sono l’unico nipote maschio, l’ho trovata in quella cartellina, nascosta in una scatola sotto santini, rosari, madonnine. Guarda nella cartellina.”
Il tono non ammette repliche, con buona pace dell’ arrosto.
Pochi secondi di respiro trattenuto dirompono in un singulto di fame d’aria.
“Tua mamma ha perso un figlio! Avevi un fratello, morto dopo poche ore dalla nascita. Non ne sapevo nulla. Ma tu… Tu lo sapevi? Vi passavate due anni. 3 marzo 1952… la foto… la comunione de quel ragazzo, due anni dopo la tua… ma che significa?”
Alfredo accenna un sorriso solo dal lato sinistro della bocca.
“Non è strano che entrambi colleghiamo la foto di quel ragazzo ad un certificato di morte praticamente contestuale alla nascita? Hai letto il biglietto senza firma, che chiede perdono per tutto scrivendo che ogni azione era dettata dal desiderio di fare del bene?”
“Alfredo ti prego, andiamo a casa. Stiamo sragionando.”
“Domani parlo con mia madre.”
“Tua madre ha l’alzheimer.”
“Parlerò con mio padre.”
“Ti prego Alfredo, andiamo.”
Alfredo è tirato quando apparecchia sul tavolo del soggiorno la foto, l’atto di nascita e morte, la lettera anonima.
Il padre stava seguendo i suoi gesti. Inforca gli occhiali e Alfredo sente pietrificarsi nell’ intimo vedendo quell’uomo invecchiare all’istante. Il tempo di capire cosa stava affrontando e gli occhi gli si erano infossati, velato. Sembrava essersi rimpicciolito, era diventato d’improvviso fragile, eppure la risposta era stata inizialmente imperiosa: “Lascia stare questa storia”, già incrinandosi nell’aggiungere un angosciato “ti prego“.
Alfredo lo squadra con un misto di pena, rabbia, paura.
“Ho il diritto di sapere. Non c’è possibilità che questa storia si chiuda così.”
Franco, il padre, soffre visibilmente, lo sguardo è supplichevole, non proferisce parola. È chiaro che vorrebbe trovarsi altrove. Alfredo è inclemente, lo sollecita. Franco si ritrae incassando colpi invisibili. Alla fine, non ha alternative.
“C’è stato uno scambio in culla. Vi sareste passati appena due anni. Dopo un paio d’ore dalla nascita hanno detto che il piccolo era morto. Anni dopo abbiamo scoperto che tuo fratello era finito nella famiglia che aveva perso il bimbo, senza mai averne cognizione.”
“Come faceva nonna ad avere la foto della comunione? Quando avete saputo che vostro figlio, mio fratello, era vivo? Perché non aveva fatto nulla? Mi sembra di impazzire.”
“Ti prego, chiudiamola qui."
“Non si può chiudere qualcosa che non si è mai aperto!”
“Nulla sarà come prima.”
“Siamo già in questa situazione.”
“Non sapevamo nulla finché l’ostetrica non si è confessata con tua nonna. Avrai avuto 12 anni quando questa tipa si è presentata alla nostra porta. Abbiamo scoperto in quel momento, non senza il dovuto scetticismo, che il bimbo considerato ormai morto, per un errore, era stato affidato alla famiglia sbagliate.
Puoi immaginare lo shock?”
“Perché non ne ho saputo nulla? Perché non abbiamo mai avuto contatti?”
“L’ostetrica aveva contattato la nuova famiglia di tuo fratello, si era fatta dare una foto recente dicendo che le occorreva per una sua collezione, di tutti i bimbi che aveva fatto nascere.
In un secondo momento ha provato a spiegare all'altra famiglia l’accaduto, ma ci ha riferimento di non esserci mai riuscita. La situazione era delicata.”
“Come si chiama?”
“Lo hanno chiamato Antonio. Credimi, lascia stare, io questa storia la conosco grazie a tua nonna, mi ha detto che era il diavolo.”
“Non è possibile che nonna non abbia fatto nulla, che voi non abbiate fatto nulla. Vostro figlio, mio fratello… non contava nulla? Scoprite che è vivo e la cosa vi scivola addosso?”
Un’ombra passa veloce sullo sguardo di Alfredo:
“Cosa voleva dire l’ostetrica scrivendo che aveva fatto tutto a fin di bene? Cosa mi stai nascondendo?”
Senza rendersene conto è addosso al padre, aggressivo, in fiamme.
“Tua madre non voleva quel figlio. Era frutto di una violenza. Era annichilita in ospedale. Piangeva, divorata dalla depressione. Olga, l’ostetrica, l’aveva presa a cuore. Quella notte un’altra donna aveva partorito, una coppia che desiderava un bambino da anni. Il loro bambino è morto dopo poche ore. Olga ha pensato di fare bene per tutti.”
“Ma quel ragazzo è identico a me. Come è possibile che fosse il figlio di una violenza? Io somiglio a te.”
Franco crolla, le gambe non gli reggono, crolla a terra.
“Tu sei mio figlio perché ti ho cresciuto, ti ho amato sopra ogni cosa. Ma il tuo padre naturale pochi mesi dopo la tua nascita ha perso il lavoro, ha iniziato a bere, era diventato violento, più volte nei tuoi primi due anni di vita tu e tua madre avete rischiato la vita per i suoi attacchi d’ira. Tuo padre ha violentato tua madre. È rimasto ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia mentre tua madre stava partorendo il bimbo che pensavamo fosse morto appena nato. Ci siamo conosciuti in ospedale.”
Alfredo è trasfigurato.
“Io somiglio a te...”
Re: [MI183] occhi verdi
2Modea72 wrote: della s di nonna Ada.ti è scappata la soffitta
Modea72 wrote: un ponte artesianoAlfredino cadde in un pozzo artesiano
Ciao @Modea72
apprezzo moltissimo il fatto tu sia riuscita a postare il racconto. La storia c’è tutta anche se è chiaro che avrebbe avuto bisogno di più tempo per affinarla. In particolare la parte dedicata ad Alfredino Rampi (che fa parte pure dei miei ricordi più dolorosi) andrebbe sfoltita perché nell’elequilibrio della storia occupa (secondo me) troppo spazio e non è funzionale al resto del racconto.
Mi ha fatto piacere leggerti.
Re: [MI183] occhi verdi
3@@Monica grazie per avermi dedicato del tempo e per le segnalazioni.
La seconda parte l'ho troncata credo a metà, quindi hai perfettamente ragione scrivendo che la parte su Alfredino è troppo lunga, ma non me la sono sentita di sintetizzarla ulteriormente; ero una bambina, ma ne ho un ricordo vivido e doloroso.
Grazie ancora.
La seconda parte l'ho troncata credo a metà, quindi hai perfettamente ragione scrivendo che la parte su Alfredino è troppo lunga, ma non me la sono sentita di sintetizzarla ulteriormente; ero una bambina, ma ne ho un ricordo vivido e doloroso.
Grazie ancora.

Re: [MI183] occhi verdi
4Ciao @Modea72 .
Anche io e mia nonna abbiamo festeggiato i 100 e i 50 lo stesso anno. Non lo stesso giorno, non il primo gennaio, ma noi ce l'abbiamo fatta! Mia nonna ha poi vissuto ancora in perfetta salute fino ai 104. Comunque, mi ha colpito particolarmente il dettaglio, che mi ha fatto un effetto un po' strano.
Bando alle divagazioni: qui si vive (ed è rappresentato bene, al netto magari della necessità di rivedere qualcosa, causa fretta di postare) un dramma di quelli per cui davvero più niente potrà essere come prima.
Condivido il parere che, su questa lunghezza di racconto, il ricordo del povero Alfredino Rampi è parecchio dispersivo e sbilancia la narrazione senza particolare utilità; per inquadrare il tuo Alfredo come personaggio forse basterebbe citarlo, l'episodio di Vermicino (anche solo con il nome del bambino), mostrando in Alfredo il brivido del ricordo, senza ricapitolare la triste storia. Chi l'ha vissuta davanti alla tv la consoce e non la può dimenticare; chi non la conosce avrà la bontà d'informarsi (al giorno d'oggi è semplice come andarsi a cercare un termine sul vocabolario, una citazione o la storia di un qualsiasi personaggio storico su Wikipedia).
Su uno sviluppo più lungo, eventualmente riprendendo in mano la storia con tempo e caratteri a disposizione, il frammento potrebbe anche andare bene così com'è (anch'io ti raccomando: occhio al "pozzo" e non al "ponte"
). Logicamente ampliando un po' la caratterizzazione di Alfredo, magari facendogli trovare altri ricordi in soffitta, prima di quello "critico".
Per il resto la storia c'è e ha la potenzialità per appassionare. Forse manca un po' di tensione, che potrebbe essere data meglio nell'accumulo "in diretta" dei dettagli scoperti da Alfredo. Il problema, in questo senso (anche se tutto sommato si tratta di una buona trovata) è giocare sull'equivoco: Carmela vede e fraintende con domande che non contemplano altre possibilità che il bambino sia suo marito, e ancora alla fine del dialogo sostiene che i dubbi non hanno senso, che lei e Alfredo stanno sragionando. Questo, per me, sminuisce un po' le sensazioni di Alfredo, allontana da lui il lettore, come se Alfredo fosse comunque un uomo sciocco che non merita attenzione. Non deve essere la rivincita di Alfredo, che alla fine aveva ragione, bensì un avvicinare sempre di più il lettore al suo turbamento, alla sua ansia di sapere. In questo modo, secondo me, terresti maggiormente avvinghiato il lettore e il racconto ne gioverebbe.
Qualche nota:
Consiglierei: "...ad esclusione di alcuni aneddoti dell’infanzia, per i quali dubitava..."
oppure:
in questo, come in altri dialoghi
A rileggerti.
Anche io e mia nonna abbiamo festeggiato i 100 e i 50 lo stesso anno. Non lo stesso giorno, non il primo gennaio, ma noi ce l'abbiamo fatta! Mia nonna ha poi vissuto ancora in perfetta salute fino ai 104. Comunque, mi ha colpito particolarmente il dettaglio, che mi ha fatto un effetto un po' strano.
Bando alle divagazioni: qui si vive (ed è rappresentato bene, al netto magari della necessità di rivedere qualcosa, causa fretta di postare) un dramma di quelli per cui davvero più niente potrà essere come prima.
Condivido il parere che, su questa lunghezza di racconto, il ricordo del povero Alfredino Rampi è parecchio dispersivo e sbilancia la narrazione senza particolare utilità; per inquadrare il tuo Alfredo come personaggio forse basterebbe citarlo, l'episodio di Vermicino (anche solo con il nome del bambino), mostrando in Alfredo il brivido del ricordo, senza ricapitolare la triste storia. Chi l'ha vissuta davanti alla tv la consoce e non la può dimenticare; chi non la conosce avrà la bontà d'informarsi (al giorno d'oggi è semplice come andarsi a cercare un termine sul vocabolario, una citazione o la storia di un qualsiasi personaggio storico su Wikipedia).
Su uno sviluppo più lungo, eventualmente riprendendo in mano la storia con tempo e caratteri a disposizione, il frammento potrebbe anche andare bene così com'è (anch'io ti raccomando: occhio al "pozzo" e non al "ponte"

Per il resto la storia c'è e ha la potenzialità per appassionare. Forse manca un po' di tensione, che potrebbe essere data meglio nell'accumulo "in diretta" dei dettagli scoperti da Alfredo. Il problema, in questo senso (anche se tutto sommato si tratta di una buona trovata) è giocare sull'equivoco: Carmela vede e fraintende con domande che non contemplano altre possibilità che il bambino sia suo marito, e ancora alla fine del dialogo sostiene che i dubbi non hanno senso, che lei e Alfredo stanno sragionando. Questo, per me, sminuisce un po' le sensazioni di Alfredo, allontana da lui il lettore, come se Alfredo fosse comunque un uomo sciocco che non merita attenzione. Non deve essere la rivincita di Alfredo, che alla fine aveva ragione, bensì un avvicinare sempre di più il lettore al suo turbamento, alla sua ansia di sapere. In questo modo, secondo me, terresti maggiormente avvinghiato il lettore e il racconto ne gioverebbe.
Qualche nota:
Modea72 wrote: Quel pianto dirompente è l’unico di cui Alfredo ha memoria ad esclusione di qualche aneddoto dell’infanzia, per i quali dubitava fossero piuttosto i racconti più volte ascoltati, a dargli l’illusione di una memoria cheOcchio alla concordanza plurale/singolare.
Consiglierei: "...ad esclusione di alcuni aneddoti dell’infanzia, per i quali dubitava..."
Modea72 wrote: non devi farlo per me, che nella vita non mi è mancato nullaQui ci sta un ché, piuttosto "che". Anche se sostanzialmente si tratta della battuta di un personaggio (seppur immaginaria), quindi gergo, regitreo ed eventuali "errori" sono del personaggio. Tuttavia, proprio perche si tratta di un dialogo che si svolge nella mente di Alfredo, che è una persona non caratterizzata da scarsa cultura, io la scriverei in modo ineccepibile.
Modea72 wrote: Nessuna risposta in questo dei tanti dialoghi immaginati da Alfredoin questo, come nei tanti dialoghi
oppure:
in questo, come in altri dialoghi
Modea72 wrote: lasciare l’arrosto a caldo nel fornodirei che la preposizione per questa locuzione dev'essere articolata: al caldo
Modea72 wrote: Alfredo non distoglie lo sguardo da una foto formato A4 che tiene tra le mani.Permettimi una pignoleria: anche se lo standard che definisce il formato dei fogli in questo modo è pittosto "antico" (nel 2000 aveva già più di settant'anni), ci sono due motivi che secondo me rendono questo dettaglio superfluo. Il primo è che negli anni '60 non era diffuso come nel 2000, di certo non per le stampe fotografiche; il secondo è che le fotografie di grande formato, negli anni '60, non erano così comuni, perché ancora molto costose. Io eviterei questo dettaglio.
Modea72 wrote: si cimenta nei cruciverba più complicatoAnche qui: occhio al plurale.
Modea72 wrote: era stato affidato alla famiglia sbagliateRefuso
A rileggerti.
Re: [MI183] occhi verdi
5Grazie @queffe, commento utile e apprezzatissimo.
È evidente che non sono riuscita a rileggere il racconto prima di postare e ci sono tantissimi errori, oltre a sintesi e troncature di una trama più ampia che è rimasta nella mia testa.
Preso nota che devo sistemare anche il dialogo con la moglie, hai ragione.
Decisamente devo anche usare gli occhiali mentre scrivo
Grazie mille e buon contest.
È evidente che non sono riuscita a rileggere il racconto prima di postare e ci sono tantissimi errori, oltre a sintesi e troncature di una trama più ampia che è rimasta nella mia testa.
Preso nota che devo sistemare anche il dialogo con la moglie, hai ragione.
Decisamente devo anche usare gli occhiali mentre scrivo

Grazie mille e buon contest.

Re: [MI183] occhi verdi
6Modea72 wrote: Thu Sep 26, 2024 12:20 amnella liberazione della sPiù che 'liberazione', il cui significato è diverso, direi 'sgombero' o 'svuotamento'. S per soffitta ha un suo fascino, come V per vendetta.
Il racconto mi è sembrato disordinato e in alcuni punti faticoso da seguire. Sarebbe stata necessaria una revisione minuziosa, volta anche a eliminare i refusi. Non mi è del tutto chiara la finalità della digressione sul terribile caso di cronaca, che anch'io non ho mai potuto dimenticare. Inizialmente ho pensato che l'accenno fosse dovuto all'omonimia. La trama è contorta, ma non inverosimile.
Mi fa piacere in ogni caso che sei riuscita a partecipare, @Modea72. Grazie e un saluto.
Re: [MI183] occhi verdi
7@Modea72 ciao!
Il racconto, apprezzabile nel suo complessivo crescendo narrativo, con l’apice nella rivelazione finale, zoppica però un po’ qua e un po’ là nella scrittura.
Come segnalato da altri, penso anch’io che la parte su Alfredino sia sovradimensionata e anzi, vado oltre: dal punto di vista narrativo è in realtà inutile. Bella, evocativa di tristi ricordi (per chi li ha vissuti), ma in fondo non aggiunge valore alla tua storia.
Questa funziona ma potrebbe andare decisamente meglio se ti prendessi il tempo di una revisione approfondita. Al di là di correggere gli errori di battitura e i refusi, si tratta proprio di capire quel che serve e quel che no, e il primo farlo sbocciare con l’ampiezza degna di una scoperta così sconvolgente come quella del protagonista.
A rileggerti!
Il racconto, apprezzabile nel suo complessivo crescendo narrativo, con l’apice nella rivelazione finale, zoppica però un po’ qua e un po’ là nella scrittura.
Come segnalato da altri, penso anch’io che la parte su Alfredino sia sovradimensionata e anzi, vado oltre: dal punto di vista narrativo è in realtà inutile. Bella, evocativa di tristi ricordi (per chi li ha vissuti), ma in fondo non aggiunge valore alla tua storia.
Questa funziona ma potrebbe andare decisamente meglio se ti prendessi il tempo di una revisione approfondita. Al di là di correggere gli errori di battitura e i refusi, si tratta proprio di capire quel che serve e quel che no, e il primo farlo sbocciare con l’ampiezza degna di una scoperta così sconvolgente come quella del protagonista.
A rileggerti!
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Re: [MI183] occhi verdi
8Ciao @Modea72 ho apprezzato l'intrigo che hai messo a punto e lo sviscerarsi lento fino a culminare nel ricordo tragico. Un compito difficile da affrontare. Ti faccio i miei complimenti per la scelta che hai fatto. Anche la scrittura mi piace, scorrevole, spontanea, trasmette sensazioni senza troppi giri di parole, d'impatto.
Il finale sembra un po' troncato e l'ultima parte è ricca di eventi che avrebbero meritato un più profondo sviluppo.
Comunque l'ho letto d'un fiato e con piacere.
Ciao, alla prossima.
Il finale sembra un po' troncato e l'ultima parte è ricca di eventi che avrebbero meritato un più profondo sviluppo.
Comunque l'ho letto d'un fiato e con piacere.
Ciao, alla prossima.
Re: [MI183] occhi verdi
9Grazie per il.passaggio e per le note @Ippolita, @L'illusoillusore, @Kasimiro
Ero davvero indecisa se pubblicare all' ultimissimo secondo senza revisione e senza nemmeno avere completato il racconto, alla fine ho pensato che sarebbe comunque stato utile e avevo davvero voglia di partecipare.
Avevo in testa tante altre cose da spiegare, c'era stato un tentativo della nonna di avvicinare il nipote nell'altra famiglia, il ragazzo aveva male interpretato la situazione pensando ad uno scambio e temendo per l'eredità aveva svelato un'indole meschina e avida, volevo scrivere molto di più sulla trasformazione del padre naturale, sulla nuova vita, sulle sensazioni di Alfredo alla scoperta, al suo sentirsi soffocare, intrappolato, nuovamente il ricordo al suo piccolo omonimo e il senso di vergogna, perché solo alla morte non c'è rimedio.
Grazie a tutti perché siete stati fin troppo buoni.
Ero davvero indecisa se pubblicare all' ultimissimo secondo senza revisione e senza nemmeno avere completato il racconto, alla fine ho pensato che sarebbe comunque stato utile e avevo davvero voglia di partecipare.
Avevo in testa tante altre cose da spiegare, c'era stato un tentativo della nonna di avvicinare il nipote nell'altra famiglia, il ragazzo aveva male interpretato la situazione pensando ad uno scambio e temendo per l'eredità aveva svelato un'indole meschina e avida, volevo scrivere molto di più sulla trasformazione del padre naturale, sulla nuova vita, sulle sensazioni di Alfredo alla scoperta, al suo sentirsi soffocare, intrappolato, nuovamente il ricordo al suo piccolo omonimo e il senso di vergogna, perché solo alla morte non c'è rimedio.
Grazie a tutti perché siete stati fin troppo buoni.

Re: [MI183] occhi verdi
10@Modea72 Brava che hai postato!
Certo, hai scritto in modo frettoloso. Non hai collegato, magari con un vecchio ritaglio di giornale, la tragedia di Alfredino Rampi che prende spazio qui senza un apparente motivo. Io ben ricordo quei giorni di lacrime e di apprensione per quel bambino che era di tutti... Il giorno dopo, la gente che incontravo, tutta, aveva lo sguardo lucido di lacrime: si parlava solo di questo: una ferita collettiva come mai prima. E mai dopo.
Però la trama c'è, e ben articolata. Ma non capisco il finale:
Grazie della lettura, cara!

Certo, hai scritto in modo frettoloso. Non hai collegato, magari con un vecchio ritaglio di giornale, la tragedia di Alfredino Rampi che prende spazio qui senza un apparente motivo. Io ben ricordo quei giorni di lacrime e di apprensione per quel bambino che era di tutti... Il giorno dopo, la gente che incontravo, tutta, aveva lo sguardo lucido di lacrime: si parlava solo di questo: una ferita collettiva come mai prima. E mai dopo.
Però la trama c'è, e ben articolata. Ma non capisco il finale:
Modea72 wrote: “Tu sei mio figlio perché ti ho cresciuto, ti ho amato sopra ogni cosa. Ma il tuo padre naturale pochi mesi dopo la tua nascita ha perso il lavoro, ha iniziato a bere, era diventato violento, più volte nei tuoi primi due anni di vita tu e tua madre avete rischiato la vita per i suoi attacchi d’ira. Tuo padre ha violentato tua madre. È rimasto ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia mentre tua madre stava partorendo il bimbo che pensavamo fosse morto appena nato. Ci siamo conosciuti in ospedale.”Se il fratello ha i suoi lineamenti, come fa Alfredo a somigliare al padre adottivo?
Alfredo è trasfigurato.
“Io somiglio a te...”
Grazie della lettura, cara!

Re: [MI183] occhi verdi
11Grazie a te cara @Poeta Zaza.
In realtà il padre adottivo avrebbe dovuto fargli notare che gli somigliava negli atteggiamenti, nelle pose, nella postura.
Sembravano somigliarsi ma in realtà, a parte tratti che in tanti possiamo avere in comune, la vera somiglianza era data dalla vita trascorsa insieme.
Ovviamente, però, non l'ho scritto, quindi capisco le tue perplessità.
Grazie ancora
In realtà il padre adottivo avrebbe dovuto fargli notare che gli somigliava negli atteggiamenti, nelle pose, nella postura.
Sembravano somigliarsi ma in realtà, a parte tratti che in tanti possiamo avere in comune, la vera somiglianza era data dalla vita trascorsa insieme.
Ovviamente, però, non l'ho scritto, quindi capisco le tue perplessità.
Grazie ancora

Re: [MI183] occhi verdi
13ciao @Modea72 brutta cosa non avere il tempo giusto a disposizione per scrivere. Anch'io, prediligo l'idea da riversare piuttosto della forma, e così refusi e frasi non tanto corrette. L'importante è partecipare, e per noi, è stato duro, questa volta.
Per quanto riguarda il racconto, e premesso che la traccia indirizzava la trama verso un cammino prestabilito, hai tentato di scrivere la tua storia. Gli ingredienti erano lo stesso prestabiliti. Inventarsi qualcosa di originale, molto difficile. la traccia era chiusa e rilegata all'incipit. Va bene così! ciao
Per quanto riguarda il racconto, e premesso che la traccia indirizzava la trama verso un cammino prestabilito, hai tentato di scrivere la tua storia. Gli ingredienti erano lo stesso prestabiliti. Inventarsi qualcosa di originale, molto difficile. la traccia era chiusa e rilegata all'incipit. Va bene così! ciao

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