[MI156] La discesa rossa

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Commento
Traccia di mezzanotte

Stavamo risalendo verso la superficie dopo una lunga giornata di campionamenti: il prof in testa, io in mezzo e la sua dottoranda in coda. Le torce illuminavano le pareti della caverna, lungo cui gocciolava lenta l'acqua. Ragni e ditteri penzolavano dal soffitto, qualcuno mezzo ammuffito. Dopo ore a misurare e pesare salamandre, il freddo e l'umidità mi erano penetrate nelle ossa. La speleologia, seppur a livelli amatoriali, mi divertiva, ed ero contento di aver scelto di fare la tesi di laura con quel gruppo di ricerca.
Il prof si fermò in cima alla galleria di risalita. «Questo è un problema», disse.
«Che succede?» Chiese la dottoranda.
«Abbiamo sbagliato strada».
«Com'è possibile?» La mia domanda rimbombò stupida. «Voglio dire, mi ricordo la via: le pozze d'acqua, il bivio. Non possiamo esserci sbagliati.»
«Lo so», rispose lui, secco, «ma è un vicolo cieco». Non avevamo una mappa e i cellulari non prendevano. Avevamo veramente sbagliato strada, o un qualche evento singolare aveva eretto quella parete liscia e regolare?
Tornammo indietro fino al bivio. «La strada è questa», constatò il prof, «non abbiamo sbagliato».
«C'è un'altra uscita?» Chiesi.
La dottoranda scosse la testa. «Conosciamo a fondo questa grotta, e l'ingresso è uno. Scendendo, torniamo ai siti con le salamandre e poco oltre il soffitto si abbassa fino a non poter avanzare neanche da sdraiati. La strada qui a destra invece si interrompe tra una ventina di metri.» Intercettai un'occhiata preoccupata tra lei e il prof e per la prima volta mi sentii in pericolo: non sapevano cosa fare.
«Dobbiamo cercare un'altra uscita, non abbiamo scelta», disse il prof. «Magari per qualche... qualche movimento geologico silenzioso» - si capiva che neanche lui credeva a quello che stava dicendo - «così come si è chiuso l'ingresso, può essersene aperto un altro».
Lasciammo le torce sulla luce rossa, a consumo minimo. Le pareti vermiglie e umide giocarono un brutto tiro alla mia mente stanca e mi sembrò che fossero ricoperte di sangue. Prendemmo la strada a destra, ma si interrompeva normalmente. Riprendemmo allora a scendere e tornammo alle pozze con le salamandre.
«Okay, dritti di qui dovremo avanzare a carponi», disse la dottoranda. «Anche se si scende, quindi non so quanto senso abbia».
Imboccai la strettoia. «Forza», esclamai, «usciamo da qui». Avanzai in testa. La luce rossa illuminava in modo spettrale il pertugio. Presto dovetti mettermi a strisciare sdraiato nel fango, tanto il soffitto era basso. Non credo avrei avuto le forze se avessimo dovuto risalire, ma avevo una fiducia inspiegata che mi spingeva ad andare avanti.
Sobbalzammo dal terrore quando sentimmo un urlo rimbombare davanti a noi. Era un verso anomalo e blasfemo, appartenente a chissà quale animale senza nome. Restammo immobili finché gli echi non si estinsero.
«Cosa cazzo era?» Bisbigliò la dottoranda.
«Non ho mai sentito niente del genere», rispose il prof.
«Forse un orso?» Provai a razionalizzare.
«Gli orsi non fanno così».
«Almeno vuol dire che c'è qualcosa, qui avanti». Tagliai corto, e ripresi a muovermi. La stanchezza mi aveva anestetizzato alla paura: volevo solo tornare a casa e fare una doccia calda.
Finalmente sbucammo in un'ampia sala. Dopo un paio di metri, uno strapiombo si apriva davanti a noi. Accendemmo le torce alla massima intensità e ci guardammo attorno: dalla piattaforma su cui eravamo non si vedeva l'altro lato. Raccolsi un ciottolo e lo lasciai cadere nell'abisso. Qualche secondo dopo, lo sentii toccare il fondo. Subito rispose un altro di quegli urli folli e bestiali, da sotto. Indietreggiai e dovetti reggermi a una parete per non svenire. Riabbassammo le torce alla minima intensità.
«Cosa facciamo?» Domandò la dottoranda, la voce incrinata.
«C'è una sola via», disse mesto il prof, «giù».
«No, no, no», implorò lei.
«Ha sufficiente corda, prof?» Alzai lo sguardo, disperato. Era l'unico che sembrava aver mantenuto la calma e l'avrei seguito fino al cuore della Terra se mi avesse portato a casa.
«Lo spero», rispose.
La corda bastò. Ci vollero trenta minuti, ma alla fine riuscimmo ad arrivare sul fondo del pozzo. Cinque gallerie ad arco si aprivano a intervalli regolari lungo l’immensa parete. Si intuiva una qualche trama intricata sul muro illuminato di rosso. Mi avvicinai e quello che vidi per poco non mi fece impazzire. Si trattava di un complesso sistema di segni che sembravano proto-alfabetici, in gruppi di punti e linee che seguivano una geometria triangolare e che mi dettero la sensazione di non appartenere al mondo naturale. L’istinto mi suggeriva di un terrore antico e blasfemo che col tempo l’uomo aveva dimenticato, e la memoria non poté non ricordarmi delle terribili descrizioni lette in un antico e maledetto tomo conservato nella biblioteca universitaria.
«Professore, che cosa sono questi segni?» Mi voltai, ma era rimasta solo la dottoranda. Ricambiò l’occhiata interrogativa, poi si voltò e anche lei si accorse dell’assenza. Del prof c’era solo il casco a terra, la luce ancora accesa, con una striscia di qualcosa di rosso sopra – lo era veramente, o erano le nostre torce?
Lei gridò, e di nuovo l’urlo inumano rispose, e questa volta era sopra di noi, ed era vicino. «Corri!» Le dissi, imboccando una delle gallerie. Lei mi seguì. Qualcosa di enorme si schiantò al suolo, producendo un suono odioso e viscido, e quando mi accorsi che ci stava seguendo rischiai di precipitare nella follia più nera. Invece, non so ancora come, riuscii a mettere un passo dietro l’altro e percorrere quei cunicoli piene di segni e bassorilievi indescrivibili. La strada seguiva una curva anormale, muovendosi prima leggermente in salita, poi leggermente in discesa, lungo piani di fuga impossibili che appartenevano a geometrie che Euclide e Fibonacci non avrebbero mai potuto concepire.
Rallentammo solo quando i suoni alle nostre spalle cessarono, ma non ci concedemmo di fermarci. Le pareti ora sembravano essere tornate quelle naturali, rugose e umide. Ero così stanco che la vista mi andava assieme e mi sembrava che i muri si muovessero da sé.
«Che cos’era quella cosa?» Chiesi, guardando la dottoranda, ma nei suoi occhi illuminati di rosso vidi che anche lei come me era a un passo dalla follia.
Non mi rispose. «C’è del vento», disse invece, indicando avanti a noi. L’uscita non doveva essere troppo lontana. Mi permisi di fare una piccola sosta per bere un sorso d’acqua, e nel farlo poggiai una mano alla parete. La ritrassi subito: invece della roccia, avevo toccato qualcosa di caldo e molliccio. Misi la torcia alla massima potenza, e con orrore vidi che la luce bianca illuminava pareti scarlatte e pulsanti, come fatte di un gigantesco ammasso di carne.
Trattenni un conato e ripresi a correre, mentre un lamento misto a pianto mi saliva dal fondo della gola. Era stato il colpo di grazia per la mia mente stremata: non pensai neanche a richiudere lo zaino e corsi a perdifiato, corsi nonostante i piedi e le gambe doloranti, corsi finché il cuore in petto quasi non mi esplose. La dottoranda tenne il passo, e solo qualche minuto dopo che ci fermammo fui abbastanza lucido da guardarmi attorno e rendermi conto che conoscevo il luogo in cui ci trovavamo.
Era la linea rossa della metropolitana della mia città. Non aveva alcun senso, la grotta si trovava diverse decine di chilometri più a nord, non potevamo aver fatto tutta quella strada.
«Forza», disse lei, sorreggendomi con un braccio, «usciamo da qui».
Un treno mezzo distrutto e arrugginito stava sdraiato sui binari polverosi. Non avevo mai visto quel luogo senza persone. Salimmo le scale, passammo i tornelli divelti e finalmente l’aria aperta riempì i miei polmoni. Il cielo era grigio, il sole brillava rosso pallido, e l’aria puzzava di cenere. Il vento fischiava forte tra le strade deserte, spirava tra le auto abbandonate, faceva roteare la polvere nella piazza vuota e soffiava tra le vetrate rotte e le guglie del duomo.

Re: [MI156] La discesa rossa

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Mina ha scritto: ero contento di aver scelto di fare la tesi di laura con quel gruppo di ricerca.
laurea.
Mina ha scritto: «Questo è un problema», disse.
«Che succede?» Chiese la dottoranda.
«Questo è un problema» disse.
«Che succede?» chiese la dottoranda.

Mina ha scritto: «Lo so», rispose lui, secco, «ma è un vicolo cieco»
«Lo so» rispose lui, secco. «Ma è un vicolo cieco»

Mina ha scritto: «La strada è questa», constatò il prof, «non abbiamo sbagliato».
«La strada è questa» constatò il prof. «Non abbiamo sbagliato».
Vedo che la " , " la metti sempre dopo " » " ma non va fatto.

Mina ha scritto: «C'è un'altra uscita?» Chiesi.
Quando si chiude il discorso diretto e si è usato il "?" e c'è "chiesi", "domandò" si usa sempre la minuscola nella prima lettera.
Mina ha scritto: Non credo avrei avuto le forze se avessimo dovuto risalire, ma avevo una fiducia inspiegata che mi spingeva ad andare avanti.
Non credevo che avrei avuto le forze se avessimo dovuto risalire, ma avevo una fiducia inspiegata che mi spingeva ad andare avanti.

Mina ha scritto: lungo piani di fuga impossibili che appartenevano a geometrie che Euclide e Fibonacci non avrebbero mai potuto concepire.
La frase mi piace, ma chi non conosce questi elementi difficilmente riuscirà a immaginare quello che stai descrivendo.

Mina ha scritto: Ero così stanco che la vista mi andava assieme
che vuol dire?
Mina ha scritto: Il vento fischiava forte tra le strade deserte, spirava tra le auto abbandonate, faceva roteare la polvere nella piazza vuota e soffiava tra le vetrate rotte e le guglie del duomo.
Il vento fischiava forte tra le strade deserte, spirava tra le auto abbandonate, facendo roteare la polvere nella piazza vuota e soffiando tra le vetrate rotte e le guglie del duomo.


Un racconto dell'orrore, surreale, dove non bisogna cercare un senso logico alle vicende, ma soffermarsi sull'atmosfera e sulle sensazioni che dà: in questo il brano riesce nel suo intento facendo percepire il terrore, l'angoscia dei protagonista. Il finale mi ha un po' ricordato quello di L'armata delle tenebre, ma non ufficiale, quello alternativo, dove Ash sbaglia a bere le gocce dategli e si risveglia in un tempo futuro dove tutto è distrutto.
Un buon testo, dove sono da mettere a posto solo dei piccoli dettagli.
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
https://www.lestradedeimondi.com/

Re: [MI156] La discesa rossa

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ciao @Mina. Ti faccio un commento per postare il mio piccolo racconto...

Mi avevi confessato che ti piace cimentarti nell'horror e io ti avevo risposto che io l'horror lo odiavo. Mi assale una specie di nervosismo quando cerco di leggere il genere, però, in questo tuo pezzo, non ho provato questo fastidio.

Inizialmente, infatti, la trama appare condotta sotto un percorso scientifico e appare interessante.

Stavamo risalendo verso la superficie dopo una lunga giornata di campionamenti: il prof in testa, io in mezzo e la sua dottoranda in coda.
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Un trio perfetto, peccato che non ci dici niente di lui, se è un tipo alla Indiana Jones o altro
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 Le torce illuminavano le pareti della caverna, lungo cui gocciolava lenta l'acqua. Ragni e ditteri penzolavano dal soffitto, qualcuno mezzo ammuffito. Dopo ore a misurare e pesare salamandre, 
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ho qualche dubbio per le salamandre: queste abitano nelle zone umide dei boschi e non all'interno delle grotte... comunque va bene lo stesso...
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 contento di aver scelto di fare la tesi di laura 
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piccolo refuso...
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«Abbiamo sbagliato strada».
«Com'è possibile?» La mia domanda rimbombò stupida. «Voglio dire, mi ricordo la via: le pozze d'acqua, il bivio. Non possiamo esserci sbagliati.»
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qui la storia comincia a intrigarsi: si preannuncia l'iter che potrà avere l'avventura dei tre personaggi... ma con quale colpo di scena?
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Era la linea rossa della metropolitana della mia città. Non aveva alcun senso, la grotta si trovava diverse decine di chilometri più a nord, non potevamo aver fatto tutta quella strada.
«Forza», disse lei, sorreggendomi con un braccio, «usciamo da qui».
Un treno mezzo distrutto e arrugginito stava sdraiato sui binari polverosi. Non avevo mai visto quel luogo senza persone. Salimmo le scale, passammo i tornelli divelti e finalmente l’aria aperta riempì i miei polmoni. Il cielo era grigio, il sole brillava rosso pallido, e l’aria puzzava di cenere. Il vento fischiava forte tra le strade deserte, spirava tra le auto abbandonate, faceva roteare la polvere nella piazza vuota e soffiava tra le vetrate rotte e le guglie del duomo.

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insomma.. sembrerebbe che i tre siano passati per un viaggio temporale all'interno della terra, mentre in superfice avveniva un evento distruttivo. L'aria sinistra che si respira è post apocalittica ed è un finale a sorpresa.
Il tuo finale è buono nel complesso ma non tanto attinente a quanto avviene nella caverna. I tre che si perdono e che cercano la via di uscita- il prof che decide di scendere con le corde sull'abisso- La finale fuga dalla presenza oscura. Alla fine la creatura mostruosa non identificata non mi appare l'artefice della distruzione. Per non  apprezzare il genere dico che il racconto piace, anche se mancante di qualcosa. Ma credo che un certo genere, come il tuo, sia naturale che abbia questi strappi inspiegabili, ma rilegabili al mistero che può chiudere un racconto... cioa ciao   :love:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI156] La discesa rossa

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Ciao! Un racconto tutto atmosfere e sensazioni che, a mio avviso, riesce perfettamente negli obiettivi che si pone. E dico questo in virtù del finale che è quanto di più aperto si possa leggere e fa presagire terribili avvenimenti. Ovviamente una fuga sottoterra, con i cunicoli claustrofobici è già stata affrontata in letteratura, come molte altre cose e in questi casi entra quindi in gioco più il come che il cosa. 
E trovo che questo tuo "come" sia assolutamente funzionale e renda il racconto molto molto interessante. Belle le sensazioni del protagonista, ottima la frase sulla doccia calda. Da Oscar! Ho visto film e letto libri in cui succede qualunque roba schifosa ai protagonisti e nessuno pensa mai a quando potrà lavarsi e tornare pulito :D Che comunque il bisogno fisiologico esiste ed è forte, voglio dire :D 
Scherzi a parte, questo è un testo che a mio avviso deve avere un seguito, perché ci hai preso per mano e ci hai portato sottoterra, mostrandoci "qualcosa". Poi ci hai riportato su, ma ora noi sappiamo che c'è "qualcosa" che ancora si muove nei cunicoli. Non si fa così :D 
Può essere davvero interessante un qualcosa del genere con una tua visione, perché scrivi bene e lo leggerei con piacere! Alla prossima, caro <3 

Re: [MI156] La discesa rossa

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Ciao @Mina è sempre un piacere leggerti. Provo a darti la mia opinione e vedere se riesco a combinare qualcosa anch'io.
Mina ha scritto: Stavamo risalendo verso la superficie dopo una lunga giornata di campionamenti: il prof in testa, io in mezzo e la sua dottoranda in coda. Le torce illuminavano le pareti della caverna, lungo cui gocciolava lenta l'acqua. Ragni e ditteri penzolavano dal soffitto, qualcuno mezzo ammuffito. Dopo ore a misurare e pesare salamandre, il freddo e l'umidità mi erano penetrate nelle ossa. La speleologia, seppur a livelli amatoriali, mi divertiva, ed ero contento di aver scelto di fare la tesi di laura con quel gruppo di ricerca.
Il prof si fermò in cima alla galleria di risalita. «Questo è un problema», disse.
«Che succede?» Chiese la dottoranda.
«Abbiamo sbagliato strada».
«Com'è possibile?» La mia domanda rimbombò stupida. «Voglio dire, mi ricordo la via: le pozze d'acqua, il bivio. Non possiamo esserci sbagliati.»
«Lo so», rispose lui, secco, «ma è un vicolo cieco». Non avevamo una mappa e i cellulari non prendevano. Avevamo veramente sbagliato strada, o un qualche evento singolare aveva eretto quella parete liscia e regolare?
Un buon inizio, mi piace, entra subito nel vivo della storia. Sono rimasto un po' stupito dal fatto che abbiano sbagliato strada; un professore che chissà quante volte è entrato in quella caverna. Ma se mettiamo in atto il mistero, allora diventa intrigante; stimola la voglia di proseguire.
Mina ha scritto: Tornammo indietro fino al bivio. «La strada è questa», constatò il prof, «non abbiamo sbagliato».
Infatti...
Mina ha scritto: «C'è un'altra uscita?» Chiesi.
La dottoranda scosse la testa. «Conosciamo a fondo questa grotta, e l'ingresso è uno. Scendendo, torniamo ai siti con le salamandre e poco oltre il soffitto si abbassa fino a non poter avanzare neanche da sdraiati. La strada qui a destra invece si interrompe tra una ventina di metri.» Intercettai un'occhiata preoccupata tra lei e il prof e per la prima volta mi sentii in pericolo: non sapevano cosa fare.
Rendi molto bene la claustrofobia della situazione, molto realistica. Bravo.
Mina ha scritto: Lasciammo le torce sulla luce rossa, a consumo minimo. Le pareti vermiglie e umide giocarono un brutto tiro alla mia mente stanca e mi sembrò che fossero ricoperte di sangue. Prendemmo la strada a destra, ma si interrompeva normalmente
Non mi convince del tutto quel pienamente, forse lo toglierei o cercherei un'alternativa.
Mina ha scritto: Imboccai la strettoia. «Forza», esclamai, «usciamo da qui». Avanzai in testa. La luce rossa illuminava in modo spettrale il pertugio. Presto dovetti mettermi a strisciare sdraiato nel fango, tanto il soffitto era basso. Non credo avrei avuto le forze se avessimo dovuto risalire, ma avevo una fiducia inspiegata che mi spingeva ad andare avanti.
Buona scelta stilistica: mantieni alta la tensione e l'incubo dando una uno spiraglio di ottimismo.  


Il racconto prosegue in modo appassionante, con una buona dose di inquietudine e horror. E il rosso di certo contribuisce.
La parte dei segni mi sembra interessante, stimola la voglia di approfondire ma si esaurisce sul nascere lasciando il lettore con la curiosità. Non so, forse era anche il tuo intento, però in fase di revisione potrebbe nascere qualcosa di più ampio e interessante.
Mina ha scritto: Invece, non so ancora come, riuscii a mettere un passo dietro l’altro e percorrere quei cunicoli piene di segni e bassorilievi indescrivibili.
pieni
Mina ha scritto: «Che cos’era quella cosa?» Chiesi, guardando la dottoranda, ma nei suoi occhi illuminati di rosso vidi che anche lei come me era a un passo dalla follia.
Non c'è tregua: un susseguirsi continuo di eventi inspiegabili. Immagino che volevi evidenziare le paure irrazionali che sono dentro di noi.
Mina ha scritto: Non mi rispose. «C’è del vento», disse invece, indicando avanti a noi. L’uscita non doveva essere troppo lontana.
Ottima risposta! Mi sembra che ci sia un'alternanza di passaggi completamente incomprensibili ad altri in cui ce ancora un po' di razionalità.
Mina ha scritto: Mi permisi di fare una piccola sosta per bere un sorso d’acqua, e nel farlo poggiai una mano alla parete. La ritrassi subito: invece della roccia, avevo toccato qualcosa di caldo e molliccio.
Pazzesco! Poco prima sembrava essere tornata una parete normale e rugosa.

 Caspita! Un finale imprevedibile, almeno per me. Mi ha spiazzato un po' come tutto il racconto. Quindi il professore ha fatto una brutta fine?

Un racconto in cui lasci molta immaginazione al lettore, credo, nell'interpretazione dei vari passaggi. Ad ogni modo mi ha appassionato molto e l'ho letto d'un fiato. Mi sembra scritto molto bene e lascia alcune curiosità in bocca al lettore, ma potrebbe essere proprio questo il suo bello.
Complimenti! 
A rileggerti

Re: [MI156] La discesa rossa

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@M.T. @bestseller2020 @Loscrittoreincolore @Kasimiro vi ringrazio tantissimo per i vostri commenti e per le correzioni, davvero grazie di cuore  :love:
M.T. ha scritto: che vuol dire?
In effetti non ho controllato se la vista che va assieme sia un modo di dire regionale o cosa, interessante... Vuol dire che la vista si offusca e si vedono gli oggetti sdoppiati / sovrapposti, come poco prima di svenire

M.T. ha scritto: Il finale mi ha un po' ricordato quello di L'armata delle tenebre, ma non ufficiale, quello alternativo, dove Ash sbaglia a bere le gocce dategli e si risveglia in un tempo futuro dove tutto è distrutto.
Figata! Grazie della citazione :D

bestseller2020 ha scritto: ciao @Mina. Ti faccio un commento per postare il mio piccolo racconto...

Mi avevi confessato che ti piace cimentarti nell'horror e io ti avevo risposto che io l'horror lo odiavo. Mi assale una specie di nervosismo quando cerco di leggere il genere, però, in questo tuo pezzo, non ho provato questo fastidio.
Ciao e grazie mille del passaggio^^ apprezzo molto che questa lettura non ti abbia dato il fastidio da horror di cui mi parlavi :)

bestseller2020 ha scritto: ho qualche dubbio per le salamandre: queste abitano nelle zone umide dei boschi e non all'interno delle grotte... comunque va bene lo stesso...
Sono contentissimo me l'abbia chiesto!  :love3:
Allora, in Italia abbiamo tre gruppi diversi di salamandre che si trovano in grotta. La salamandra pezzata, Salamandra salamandra, depone larve acquatiche in ruscelli, sorgenti e, spesso, anche in acque sotterranee. Al confine con la Slovenia abbiamo poi il "piccolo drago" Proteus anguinus, endemico del Carso. Abbiamo infine otto specie di geotritoni, Speleomantes spp., anch'esse endemiche. E questo solo in Italia :D e per la mia tesi ho proprio lavorato sulla salamandra pezzata in sorgente. Ho la discussione dopodomani, e infatti ho avuto solo tre ore per scrivere il racconto, ma potevo mica perdermi la traccia di  @Joyopi:P
bestseller2020 ha scritto: Il tuo finale è buono nel complesso ma non tanto attinente a quanto avviene nella caverna.
Osservazione giustissima, ti ringrazio, ne terrò senz'altro conto in revisione^^

Loscrittoreincolore ha scritto: Può essere davvero interessante un qualcosa del genere con una tua visione, perché scrivi bene e lo leggerei con piacere!
Grazie mille, sempre troppo gentile  :love:

Kasimiro ha scritto: La parte dei segni mi sembra interessante, stimola la voglia di approfondire ma si esaurisce sul nascere lasciando il lettore con la curiosità. Non so, forse era anche il tuo intento, però in fase di revisione potrebbe nascere qualcosa di più ampio e interessante.
Osservazione giustissima, e ti ringrazio molto. Era una mezza citazione, ma personalmente sono della filosofia che tutto ciò che serve per capire un testo debba essere al suo interno, quindi questo commento mi fa riflettere. In revisione amplierò questo passaggio :D

Kasimiro ha scritto: Quindi il professore ha fatto una brutta fine?
Suppongo di sì, ma anche questo lo lascio aperto  :asd:

Vi ringrazio ancora  :arrossire: 

Re: [MI156] La discesa rossa

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Ciao @Mina ,
inizio col dire che hai proprio una bella fantasia! Complimenti, c'è molto da coltivare, qui :)
Ho visto che ti sono già stati fatti dei commenti tecnici, per cui non ripeto quanto ti è già stato fatto osservare. Se posso, però, vorrei lasciarti una considerazione, che potrei valutare, oppure cassare, a scelta. Mi piacerebbe tanto se provassi a eliminare un po' di aggettivi dalla tua scrittura. Se provassi una prosa un po' più asciutta. Mi riferisco, esemplificando, a 
Mina ha scritto: suono odioso e viscido
e simili. Ho preso solo questi, come esempio, perché, secondo me, rendono bene il concetto che voglio comunicare. Tali aggettivi, secondo me, rendono il testo ridondante, tolgono, invece di aggiungere. 
Secondo me, alleggerendo un po', la tua prosa trarrebbe giovamento.

Al di là di questo, trovo comunque un bel racconto (bella la scena della "scomparsa" del prof.), con un finale che lascia aperti molti spiragli. 
Piaciuto
Alla prossima

Re: [MI156] La discesa rossa

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@Mina intanto in bocca al lupo per la discussione della tesi! 
E poi, niente, mi hai buttata a capofitto in una delle cose che temo di più, cioè restare sepolta viva. Sono riuscita una volta sola ad andare in una grotta (al di là delle gite classiche, tipo a Frasassi), per un concerto al buio (cioè si fa un piccolo percorso dentro una grotta, si arriva in una sala un po' più grande, ci si siede, tutti spengono le luci e un musicista che è già lì fa un concerto di una ventina di minuti), bella esperienza ma il timore nascosto che potesse succedere qualcosa c'era sempre.
Di sicuro ho tirato un sospiro di sollievo enorme quando i due sopravvissuti sono riusciti a uscire. Ultima cosa, il fatto che si siano trovati in una città deserta mi ha dato la sensazione che ci fosse comunque qualcosa di strano e che stesse per arrivare un ultimo colpo di scena. Ci dovevamo aspettare che quell'entità sconosciuta tornasse in superficie? E i due personaggi riusciranno mai a ricostruire il significato di quei segni sulle pareti?
(se non si fosse capito, mi sembra che la storia possa far pensare anche a un seguito)
Ah, mi è piaciuta molto l'espressione "verso anomalo e blasfemo", mi pare che renda molto bene l'idea.  :)
Tanto la notte capirà: http://www.argentovivoedizioni.it/scheda.aspx?k=capira
"Anna, non fare come quelle band che mi parlano del loro secondo disco quando devono ancora pubblicare il primo!" (cit.)

Re: [MI156] La discesa rossa

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Ciao @Mina,
In bocca al lupo per la tua tesi!
Ora capisco perché nei tuoi racconti a volte viene fuori l'interesse naturalistico per i piccoli animali. In questo racconto si sente che c'è familiarità con le grotte e la speleologia e questo è senz'altro un punto di forza.
Si sente molto anche la presenza del colore rosso, tanto che ho pensato a un mix delle due tracce...
Comunque il racconto ha un buon ritmo e si legge con curiosità. Mi è piaciuto in particolare il finale che fa sbucare i due personaggi dalla linea rossa della metropolitana. Bella anche la scelta dell'ambientazione milanese che fa da contraltare all'atmosfera fantastica della grotta.
Forse è vero che per essere un racconto breve hai messo tanta carne al fuoco, ma ci sono molti spunti davvero interessanti.
Alla prossima!

Re: [MI156] La discesa rossa

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Moooolto Lovecraftiano il tuo racconto, Minuccio, sia nei temi che nello stile denso di aggettivi! Bello, bello. Mi ha ricordato Crouch End di Stephen King (se non lo conosci, su YouTube trovi un bellissimo audiolibro, ascoltalo!) Aderenza alla traccia perfetta. Il finale l'ho apprezzato tantissimo, aperto ma allo stesso tempo chiaro e molto visivo. Bravo e auguri per...
Mina ha scritto: la tesi di laura
:lol:

Re: [MI156] La discesa rossa

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Vi ringrazio del passaggio e dei suggerimenti preziosi @m.q.s. @Poldo @pale star @ivalibri @Joyopi  :love3:
Poldo ha scritto: anche la trama risulta un po' eccessiva
Ti ringrazio molto per l'osservazione^^ mi spiace la storia non ti sia piaciuta, lo capisco. Potrei poi per favore chiederti, quando hai tempo, se potresti segnalarmi se ci sono problemi di coerenza interna della storia? Mi faresti un grosso favore, così potrei migliorare, grazie :)
pale star ha scritto: Sono riuscita una volta sola ad andare in una grotta (al di là delle gite classiche, tipo a Frasassi), per un concerto al buio (cioè si fa un piccolo percorso dentro una grotta, si arriva in una sala un po' più grande, ci si siede, tutti spengono le luci e un musicista che è già lì fa un concerto di una ventina di minuti), bella esperienza ma il timore nascosto che potesse succedere qualcosa c'era sempre.
Sembra molto bello  :o 
pale star ha scritto: Ci dovevamo aspettare che quell'entità sconosciuta tornasse in superficie?
Mi sto mangiando le mani per non averlo scritto, ma in revisione penso che una bella chiusa sarebbe un ultimo urlo proveniente dalla cattedrale  :asd:
pale star ha scritto: Ah, mi è piaciuta molto l'espressione "verso anomalo e blasfemo", mi pare che renda molto bene l'idea.  :)
A onor del vero, sono aggettivi rubati a
Joyopi ha scritto: Lovecraft
:asd: però grazie^^
ivalibri ha scritto: Ora capisco perché nei tuoi racconti a volte viene fuori l'interesse naturalistico per i piccoli animali. In questo racconto si sente che c'è familiarità con le grotte e la speleologia e questo è senz'altro un punto di forza.
Ti ringrazio  :love:
ivalibri ha scritto: Si sente molto anche la presenza del colore rosso, tanto che ho pensato a un mix delle due tracce...
Era nei miei intenti infatti :D
Joyopi ha scritto: Mi ha ricordato Crouch End di Stephen King (se non lo conosci, su YouTube trovi un bellissimo audiolibro, ascoltalo!)
Grazie mille del consiglio :D
pale star ha scritto: @Mina intanto in bocca al lupo per la discussione della tesi! 
ivalibri ha scritto: In bocca al lupo per la tua tesi!
Joyopi ha scritto: Bravo e auguri per... :lol:
Vi ringrazio tantissimo  :arrossire:

Re: [MI156] La discesa rossa

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Mina ha scritto: Sobbalzammo dal terrore quando sentimmo un urlo rimbombare davanti a noi. Era un verso anomalo e blasfemo, appartenente a chissà quale animale senza nome. Restammo immobili finché gli echi non si estinsero.
Eccomi.
Fino a questo punto il racconto filava via liscio. Qui invece compare improvvisamente questo aspetto perturbante che immediatamente definisci "anomalo e blasfemo", dando un indicazione troppo esplicita al lettore.
Il termine "blasfemo" per un verso animalesco potrei accettarlo solo in un contesto alla Lovecraft, che può permettersi un termine del genere solo perché ha costruito prima tutta una sua mitologia.
Mina ha scritto: Mi avvicinai e quello che vidi per poco non mi fece impazzire. Si trattava di un complesso sistema di segni che sembravano proto-alfabetici, in gruppi di punti e linee che seguivano una geometria triangolare e che mi dettero la sensazione di non appartenere al mondo naturale
Se il contesto è quello di un gruppo di persone che cercano disperatamente di trovare una via di uscita da quella grotta, mi sembra inverosimile che a colpo d'occhio il protagonista possa riconoscere segni protoalfabetici, per di più con la scarsa illuminazione.
Mina ha scritto: Del prof c’era solo il casco a terra, la luce ancora accesa, con una striscia di qualcosa di rosso sopra ...
Qualcosa di rosso? Ha riconosciuto i simboli protoalfabetici e non distingue quella cosa rossa?

Mina ha scritto: La strada seguiva una curva anormale, muovendosi prima leggermente in salita, poi leggermente in discesa, lungo piani di fuga impossibili che appartenevano a geometrie che Euclide e Fibonacci non avrebbero mai potuto concepire.
Oltre a Euclide e Fibonacci mi ci metto anch'io. Cosa vuol dire?


Per farla breve, la mia sensazione è di trovarmi di fronte a un testo nel quale l'autore cerca ad ogni costo la frase a effetto, mentre credo che, come gli aggettivi, vadano centellinate e usate solo a colpo sicuro. Diversamente sortiscono un effetto contrario rendendo il testo quasi grottesco.
Poi, come ho detto, esiste il gusto personale. Nella mia esperienza di Lovecraft ne ho trovato uno solo.
Se posso chiudere con un consiglio, credo sia più remunerativo allontanarsi dagli stereotipi e lavorare di più sulla creazione di una propria voce originale.
A rileggerti

Re: [MI156] La discesa rossa

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Ciao @Mina 
Mi è piaciuta questa atmosfera claustrofobica, anche se per i miei gusti erano in molti a farsi compagnia in quella grotta. La cosa che mi affascina in racconti come questi e nel tuo è osservare come all’inizio tutto sembri nella norma, in particolare gli atteggiamenti delle persone poi, come compaiono le prime misteriose e orrorifiche difficoltà,  come le cose non siano più come apparivano o ci si aspettava che fossero,  come le persone, le loro menti cambino fino a diventare altro, al limite della follia.
Questo mi affascina, mi interessa e mi spaventa allo stesso tempo perché ho avuto esperienze del genere, non in grotte ma in luoghi comunque particolari, isolatissimi e con pochi uomini, provenienti da esperienze diverse. Io non avevo un particolare addestramento, e nemmeno gli altri ma notavo come, con il passare dei giorni in situazioni estreme, alcuni quasi impazzivano al pensiero di non poter avere la certezza del cibo e dell’acqua, cose primarie, l’acqua in particolare. Ma non si trattava solo di quello. Alcuni uomini  insospettabili hanno in sé  la forza di stare in una fossa per giorni con una bottiglia d’acqua e niente altro, altri uomini impazziscono alla sola idea… anche il dover passare giorni in assoluto silenzio, osservando intorno, seguendo il cammino del sole e della luna, la fila delle formiche, la tela dei ragni… Per me questo non era un problema, per me l’assoluto silenzio, la solitudine in mezzo alla natura non lo sono mai stati, ma ho dovuto aiutare molti a non diventare pazzi perché erano stati privati delle loro abitudini e delle loro comodità per un tempo indeterminato prima di essere prelevati da squadre di recupero.
Ok scusa per questa mia digressione personale che apre uno squarcio non richiesto su di me, ma era per dirti che ho trovato il tuo racconto molto bello, anche con gli accenni al fantasy, ma ci stanno; in natura a volte le pareti delle grotte profonde che trasudano umidità sembrano davvero venate di sangue e di rame.
Mi ha interessato quel breve accenno alla scrittura proto-alfabetica, quasi  una sinistra premonizione o avvertimento della presenza di un’entità in quella grotta e poi per me un colpo magistrale, anche se magari non proprio originalissimo, ma tanto in scrittura c'è rimasto poco da scoprire ancora: quello di sbucare in una metropolitana, in una città dove di sicuro era calata l’apocalisse. Il vecchio mondo distrutto e uno nuovo da sorgere. Speriamo migliore. Ma l’uomo non impara mai e  quei pochi che hanno imparato sono sempre  stati messi da parte per non insegnare agli altri.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI156] La discesa rossa

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Mina ha scritto: dom ott 17, 2021 6:17 pmIl prof si fermò in cima alla galleria di risalita. «Questo è un problema», disse.
«Che succede?» Chiese la dottoranda.
«Abbiamo sbagliato strada»
Terrore! 
Mina ha scritto: dom ott 17, 2021 6:17 pmLa dottoranda scosse la testa. «Conosciamo a fondo questa grotta, e l'ingresso è uno. Scendendo, torniamo ai siti con le salamandre
C'è un po' di alternanza di tempi verbali. Qui, in particolare, ti suggerirei di sciogliere il gerundio presente, ad esempio così: "Provammo a scendere di nuovo ai siti con le salamandre...".
Mina ha scritto: dom ott 17, 2021 6:17 pme poco oltre il soffitto si abbassa fino a non poter avanzare neanche da sdraiati
Oddio, terrore puro. Una cosa sola mi schianta più della speleologia: la speleologia subacquea.
Mina ha scritto: dom ott 17, 2021 6:17 pmL’istinto mi suggeriva di un terrore antico e blasfemo che col tempo l’uomo aveva dimenticato
Il Balrog di Morgoth!
Mina ha scritto: dom ott 17, 2021 6:17 pmLa strada seguiva una curva anormale, muovendosi prima leggermente in salita, poi leggermente in discesa, lungo piani di fuga impossibili che appartenevano a geometrie che Euclide e Fibonacci non avrebbero mai potuto concepire
Ma Escher sì!
Mina ha scritto: dom ott 17, 2021 6:17 pmNon mi rispose. «C’è del vento», disse invece, indicando avanti a noi
Bello questo passaggio.
Mina ha scritto: dom ott 17, 2021 6:17 pmIl cielo era grigio, il sole brillava rosso pallido, e l’aria puzzava di cenere. Il vento fischiava forte tra le strade deserte, spirava tra le auto abbandonate, faceva roteare la polvere nella piazza vuota e soffiava tra le vetrate rotte e le guglie del duomo
Mamma mia, che film! 
Sempre bravo e pieno d'idee, @Mina.
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Re: [MI156] La discesa rossa

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Mina ha scritto: La dottoranda scosse la testa. «Conosciamo a fondo questa grotta, e l'ingresso è uno. Scendendo, torniamo ai siti con le salamandre e poco oltre il soffitto si abbassa fino a non poter avanzare neanche da sdraiati. La strada qui a destra invece si interrompe tra una ventina di metri.» Intercettai un'occhiata preoccupata tra lei e il prof e per la prima volta mi sentii in pericolo: non sapevano cosa fare.
Carissimo, mi scuso con te perché mi sono resa conto, per caso, di aver preso un abbaglio: nonostante abbia letto due volte il racconto, mi sono sfuggite le virgolette caporali e non avevo inteso che il discorso sopra è tutto pronunciato dalla dottoranda. Pertanto, non tener conto del mio consiglio: il gerundio va benissimo.
Grazie, @Mina, e scusami ancora.
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Re: [MI156] La discesa rossa

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@Ippolita ciao e grazie mille :love: 
Ippolita ha scritto: Una cosa sola mi schianta più della speleologia: la speleologia subacquea.
Pericolosissima, tra l'altro, è classificata come sport estremo  :o 
Ippolita ha scritto: Il Balrog di Morgoth!
Fantastico :D
Ippolita ha scritto: Ma Escher sì!
Lo amo infatti~
Ippolita ha scritto: Carissimo, mi scuso con te perché mi sono resa conto, per caso, di aver preso un abbaglio
Non preoccuparti, ci mancherebbe :D
Ippolita ha scritto: Mamma mia, che film! 
Sempre bravo e pieno d'idee, @Mina.
Grazie ancora!~
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