Titolo: Cjan e Paron
Autore: Paola Taliana
Casa Editrice: Scatole Parlanti
ISBN: 978-88-3281-892-5
Prezzo: 15,00 Euro
Link all'acquisto: Scatole Parlanti
Cjan è un cane randagio, Paron un uomo disilluso e avvinazzato. È l’incontro di due destini: insieme condividono tutto inciampando nella vita di ogni giorno. Un mosaico di storie che odorano di Friuli e umanità, un mondo visto con gli occhi di un cane sincero e ironico, una favola sgangherata capace di far ridere e commuovere.
Estratto: Cjan sommelier
Cjan è un cane.
Paron no.
La Vecjate è la vicina di casa di Paron.
Ucraina è la badante della Vecjate.
Il Bill è un frequentatore dello stesso bar di Paron e di Cjan.
Mi piacerebbe tu ascoltassi “One more cup of coffee”, dei The White Stripes
L’altro giorno Paron si è fumato un sigaro che teneva da parte da anni per un’occasione speciale. Aveva finito le sigarette e non aveva più voglia di uscire.
«Cjan, ecco rivade le ocasion speciâl».
- Cjan, ecco che è arrivata l’occasione speciale.
Annusavo quel rivolo di fumo che saliva verso l’alto: legno secco e umido.
«Tu sês bon dome di nasà. Tu âs di imparà a fa alc; no dîs di lavà i plas, ma amancul alc sì! Dai, dami la çate, dami la çate».
- Tu sei capace solo di annusare. Devi imparare a fare qualcosa; non dico di lavare i piatti, ma almeno qualcosa sì! Dai, dammi la zampa, dammi la zampa.
Ma cosa deve fare della zampa?
La mattina dopo andiamo alla Coop. No, lui va alla Coop, io aspetto fuori, vicino all’ingresso. Da una parte io, dall’altra Mahmud, il nigeriano. Riscuoto più successo io, infatti rimedio un pezzo di pane, Mahmud niente.
Esce Paron con una scatola in mano.
«Cjan, ti ai comprât dai biscots. Cumò o nin a cjase a imparà a fa alc».
- Cjan, ti ho comprato dei biscotti. Adesso andiamo a casa a imparare a fare qualcosa.
Arrivati a casa, apre quella scatola; contiene rotelline fantastiche, buonissime, saporitissime: una rotellina a me, una a Paron.
«O vin di dividisi dut, dome lis feminis… ognun si ten li sôs, clâr».
- Ci dobbiamo dividere tutto, solo le donne… ognuno si tiene le sue, chiaro.
Mi informa di aver visto una trasmissione dove un cane saltava dentro un cerchio di fuoco e tutto questo… in cambio di un paio di biscottini.
Ora, a me i biscottini fanno impazzire, ma ho paura del fuoco. Non salto proprio da nessuna parte, io.
Paron prende una scopa e la appoggia di traverso su due sedie.
«Salte!» dice.
- Salta!
Lo guardo, abbasso la testa, giù la coda, giù anche le orecchie e passo sotto al bastone soddisfatto.
«No ai dit limbo, o ai dit salte!»
- Non ho detto limbo, ho detto salta!
Limbo? Mi abbasso ancora di più. Questa volta quasi striscio, passo sotto il manico della scopa e guardo Paron.
Lui si alza di scatto.
«Cumò ti fâs viodi jo».
- Adesso ti faccio vedere io.
E salta il bastone. Inciampa sul manico, cade la scopa, cade la sedia, Paron barcolla, va a sbattere sul tavolo, bestemmia, si butta sul divano massaggiandosi la gamba.
«Ustie, ce colp ta venis».
- Urca, che colpo nelle vene.
Per oggi l’allenamento è finito. Niente biscottino. Mi accuccio ai suoi piedi e mi addormento fino a quando Paron non si alza dicendo:
«Cjan, le atletiche no fâs par no. O vin di dedicasi a qualchi cjosse che o cognosin ben: il vin!»
- Cjan, l’atletica non fa per noi. Dobbiamo dedicarci a qualcosa che conosciamo bene: il vino!
Prende due bicchieri. Uno lo riempie di vino e un altro… di vino.
Me li fa annusare:
«Qual isâl il rôs?»
- Quale è il rosso?
Lo guardo perplesso e gli lecco una mano a caso.
«No tu sês un cjan inteligjent. Tu sês rot! Dai, torne prove».
- Non sei un cane intelligente. Sei rotto! Dai, riprova.
Annuso ancora dai bicchieri: niente, sbaglio di nuovo. Li appoggia; però si è accorto che lecco sempre la mano che muove per ultima e gli viene un’idea.
Mi si siede di fronte: lo guardo fisso. Muove leggermente un dito e io lecco quella mano.
Riprende i bicchieri.
«Mostrimi il rôs».
- Mostrami il rosso.
Muove un dito, gli lecco la mano. Ride. Biscotto: uno a me e uno a lui. Usciamo.
Solito bar:
«Oreso viodi che Cjan al sa ricognosi i vins?»
- Volete vedere che Cjan sa riconoscere i vini?
«Impusibil» risponde il Bill, un cliente.
- Impossibile
«Marie! Puarte un Cabernet e un Merlot».
- Maria! Porta un Cabernet e un Merlot.
E Marie porta un Cabernet e un Merlot. Sento la tensione, Paron è nervoso. Non devo sbagliare. Mi fa annusare il vino da un bicchiere, poi dall’altro.
«Cjan, cual isâl il Cabernet?»
- Cjan, qual è il Cabernet?
Lo guardo. Paron è seduto immobile, i bicchieri appoggiati sulle ginocchia. Uno di qua, uno di là. Lo fisso. Gli guardo le mani. Muove leggermente un dito, scatto in piedi, scodinzolo e con la zampa sfioro quel ginocchio.
Trionfo.
Gli amici del bar applaudono. Qualcuno mi fa una carezza, si avvicinano altre persone, anche loro vogliono vedere. Offrono un altro giro, qualcun altro propone una nuova sfida: Sauvignon e Chardonnay.
Per quello non ho bisogno di gesti, l’odore di pipi di gatto del Sauvignon lo riconoscerei tra mille vini, ma Paron risponde:
«No, Cjan sui blancs no l’è preparât. O vin studiât dome i rôs».
- No, Cjan sui bianchi non è preparato. Abbiamo studiato solo i rossi.
«Va bene, però voglio cambiare vino, non voglio imbrogli» dice uno che si crede il più furbo di tutti.
«Maria, un Franconia e un Refosco».
E Maria porta un Franconia e un Refosco.
Mi siedo di fronte a Paron. Mi fa annusare. Guardo le sue mani.
«Segnimi il… Franconia!»
- Indicami il… Franconia!
Muove leggermente un dito. Lo tocco con la zampa. Il Franconia è quello!
Altri bicchieri, altri trionfi.
Siamo tutti ubriachi alla fine, anche io.
È tardi quando torniamo a casa.
«Ven ca, Cjan. No tu ses tant stupit. Ti vuei ben, satu?»
- Vieni qua, Cjan. Non sei tanto stupido. Ti voglio bene, sai?
Mangiamo i miei biscotti, lui mi accarezza la coda e io gli lecco un piede. Ci addormentiamo felici sul divano.