[MI184] Mare d'inverno

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Traccia  n° 1: La verità di un sogno

Commento: Bonus ad Terram una tantum

Mare d’Inverno

Aveva un bell’ostinarsi, gli anni erano passati anche se Ignazio se li portava bene. Come quasi ogni giorno andava a sedersi su una panchina di ferro consumata, nel lungomare davanti al suo paese. Preferiva l’inverno, restare in silenzio sotto il cielo grigio, vedere le onde nere che riversavano sulla spiaggia la paglia marina respirando il suo forte odore di salsedine. Rimuginava guardandosi intorno, lo sguardo come offeso e sospettoso, ma non c’era nessuno. L’orizzonte non era mai cambiato dai tempi della sua infanzia, perfettamente piatto da qui all’eternità, e dove il mare si univa al cielo le nuvole aprivano uno squarcio di luce, un passaggio che prometteva di andare lontano, oltre. Lo aveva sempre visto questo passaggio che poi si chiudeva, si confondeva con le nuvole e il cielo. Oggi c’era più luce all’orizzonte, le nuvole si stavano aprendo solennemente: che volessero dirgli qualcosa? Ignazio sorrise appena, annuendo, come a ringraziare.
Sentì il profumo fresco e delicato del suo dopobarba preferito,  quello al mentolo, lo stesso che usava suo padre. Quel giorno si era rasato. Ah già: era domenica.

Da ragazzo amava l’estate. Fino a quell’estate di tanti anni fa che da un po’ di tempo rivedeva nei suoi sogni, non come era stata, ma come avrebbe dovuto essere, come avrebbe voluto che fosse.
Nel sogno si rivedeva ragazzino in quella spiaggia davanti a lui: i genitori, le zie, i compagni di giochi, la gente. Ma lui vedeva solo Jubannedda che gli parlava, gli sorrideva come allora. Lei che correva felice a tuffarsi in mare, i capelli neri e lunghi fino alla schiena che poi, tornata in spiaggia,  si asciugava con lente e sensuali movenze in un asciugamano colore della porpora, come una principessa libanese nel suo giardino, consapevole della sua bellezza, attorniata da sua madre e dalle zie vestite di nero, le più anziane con la testa sotto l’ombrellone e con i piedi e le gambe sepolti nella sabbia bollente per alleviare la loro artrite.
Ignazio, con altri ragazzi, si tuffava con pericolose capriole dagli scogli poco distanti, sperando che Jubannedda lo notasse. Ma lei non guardava mai quando si tuffava e lui, riemergendo dall’acqua profonda e guardando la riva se ne accorgeva e piangeva per la rabbia e delusione. Poteva piangere, nessuno lo avrebbe mai saputo se non lui: l’acqua di mare è uguale alle lacrime.
Nel sogno Jubannedda era ferma sulla riva, un cielo magnifico sopra di lei, sgombro di nubi,  un azzurro così intenso che faceva male agli occhi a guardarlo fisso. Ignazio era ancora immerso nell’acqua e la guardava incredulo, lei gli sorrideva, gli faceva cenno di avvicinarsi con le mani alzate, le sue gambe bianche come il marmo appena lambite dal mare. Era fiduciosa, felice e il suo sguardo appariva profondissimo.
Ignazio nuotava verso di lei con il cuore che scoppiava di gioia ma il sogno finiva sempre prima che giungesse alla riva. Così tutte le volte.
Questo sogno ricorrente addolorava Ignazio, avrebbe avuto tante cose da dirle; chiederle di perdonarlo per quella volta che non era venuto al mare. Si era arrabbiato perché lei  aveva sorriso a un altro ragazzo e Ignazio vedendola le aveva voltato le spalle, non l’aveva più considerata e se n’era tornato a casa per farle un dispetto. Si era seduto vicino a Moschino, il segugio da caccia di suo padre, che lo guardava comprensivo. Dalla spiaggia vicina si sentivano le voci festose dei bagnanti che l’assordante frinire dei grilli intorno non riusciva a coprire. Poi Moschino aveva drizzato le orecchie in direzione della spiaggia emettendo un lungo  mugolio doloroso, la testa rivolta in alto. Le voci allegre si erano trasformate in urla. Qualcosa doveva essere successo. Ignazio aveva avuto un tuffo in gola, si era messo a correre verso la spiaggia con Moschino che gli veniva dietro.

Appena un po’ oltre la battigia un gran numero di persone stavano raggruppate in silenzio. Nessuno parlava. Ignazio si era avvicinato e oltre quella barriera di uomini e donne  aveva sentito le zie che intonavano alti lamenti, cantilene dolorose. E il nome di Jubannedda. A spintoni oltrepassò le persone, malgrado qualche uomo cercasse di fermarlo.
La madre di Jubannedda, le zie, stavano inginocchiate a terra altalenando il corpo avanti e indietro lentamente.  Piangevano, sollevavano la testa e le mani al cielo, come a chiedere, si abbassavano congiungendo i palmi, li rialzavano come a presentare qualcuno. In mezzo a loro, distesa sopra asciugamani colorati  c’era Jubannedda, bianchissima, i capelli sciolti come raggi di sole, gli occhi chiusi, le mani incrociate sull’esile petto, le labbra sottili in atteggiamento severo, dignitoso. Gocce d’acqua le imperlavano la fronte come una corona. Era annegata senza che nessuno se ne fosse accorto se non quando era stato troppo tardi. La stavano piangendo e la stavano presentando al Signore. All’orizzonte uno squarcio di nubi sembrava chiudersi con riluttanza.

Ma Ignazio nel sogno la vedeva ancora viva e felice che gli diceva di venirle incontro.
Quanto avrebbe voluto farlo, ma non ci riusciva mai! Non l’avrebbe lasciata più sola, l’avrebbe difesa, non avrebbe permesso che morisse in quel mare che tanto amava, in quel mare così crudele che gliela aveva tolta senza dargli il tempo di dirle che…
─ … che eri innamorato di me, vero Nanziu?
Ignazio si riscosse. Forse si era addormentato. Davanti a lui vide Jubannedda. Adesso non poteva essere un sogno: era davvero davanti a lui, sorridente, i capelli lunghi, coperta da una lunga veste azzurra.
Ignazio respirava a fatica. Sorrise. Le nuvole all’orizzonte finirono di spalancarsi del tutto inondando il mare di un corridoio di luce. Non si sentiva più il freddo dell’inverno.
─ Jubannedda! Perdonami! Perdonami se mi sono arrabbiato con te e non sono venuto al mare quella volta che… Non sarebbe successo. Perdonami. Io…
─ Lo so. Non devi dirlo. Lo so.
─ Io… Jubannedda… io…
Jubannedda tese la sua mano, Ignazio tese la sua, ma vedendola raggrinzita per l’età e tremante la ritrasse  piangendo, mentre Jubannedda continuava a tendere la sua, aspettando sorridente, fiduciosa.
─ Perché sei tornata Jubannedda? Non ho mai passato un giorno della mia vita senza pensarti! Non ho mai voluto nessun’altra se non te! Ma ora sono vecchio. Perché sei tornata… Jubannedda mia! Perché?
─ Sono venuta per portarti con me. Se vuoi.
─ Ma io… vedi come sono?
─ Se vuoi venire con me tutto sarà come prima. Più bello di prima.
─ Io… ho tanto bisogno di te, ma… Oh! Come? Oh, cielo!
─ Il cielo vuole. Vuoi fidarti di me?
Ignazio piangeva. ─ Sì ─ disse. ─ Sì. ─ E le tese la mano.

Si sentiva leggero. Camminavano lungo la spiaggia della loro ultima estate. Si accorse che il suo corpo era cambiato: era un ragazzo. La sua mano poteva stringere la mano di Jubannedda, sentire il suo calore, la sua gioia.  C’era tanta gente del paese seduta vicino al mare, Ignazio li riconobbe, non erano più nel mondo, se n’erano andati da tanto tempo, eppure erano tutti lì, sorridenti, sereni, intenti alle loro faccende; le vecchie con le  lunghe gonne nere picchiettate di puntini bianchi e le gambe  sepolte nella sabbia, gli uomini che discutevano fra loro sotto capanne di frasche e ombrelloni. Gli scesero le lacrime quando vide suo padre e sua madre, ancora giovanili e pieni di vita che lo guardavano sorridenti.
Si voltò verso Jubannedda che gli lasciò la mano facendogli segno di si con la testa.
Ignazio si avvicinò a sua madre e a suo padre, inginocchiandosi davanti a loro e chinando il capo. Senza che gli parlassero gli fecero sentire tutto il loro amore e lo benedissero.
Vide i genitori di Jubannedda poco discosti che guardavano e sorridevano.
─ Dobbiamo andare ─ disse Jubannedda prendendo di nuovo la mano di Ignazio.
Si diressero verso il mare. Ignazio era timoroso.
─ Non avere paura. Sei con me. Non ti lascerò ─ disse Jubannedda. ─ Vedi l’orizzonte, le nuvole che si aprono? È per noi. È  il nostro passaggio.
─ Dove andiamo?
Jubannedda sorrise. ─ In un altro mondo.

In tarda mattinata trovarono un vecchio riverso su una panchina, sembrava dormire davanti a quel mare d’inverno. Una luce accecante si chiudeva lenta e maestosa dietro le nubi all’orizzonte.






Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Alberto Tosciri wrote: Da ragazzo amava l’estate. Fino a quell’estate di tanti anni fa prima che da un po’ di
Mi sembra più adatto per tempi lunghi.
Alberto Tosciri wrote: Ignazio era ancora immerso nell’acqua e la guardava incredulo, lei gli sorrideva, gli faceva cenno di avvicinarsi con le
Ti suggerisco il punto e virgola dopo "incredulo".
Alberto Tosciri wrote: Appena un po’ oltre la battigia virgola  un gran numero di persone stavano raggruppate in silenzio
Alberto Tosciri wrote: Ignazio tese la sua, ma virgola vedendola raggrinzita per l’età e tremante virgola  la ritrasse  piangendo, mentre Jubannedda continuava a tendere la sua, aspettando sorridente, fiduciosa.
per l'inciso
Alberto Tosciri wrote: In tarda mattinata trovarono un vecchio riverso su una panchina, sembrava dormire davanti a quel mare d’inverno. Una luce accecante si chiudeva lenta e maestosa dietro le nubi all’orizzonte.
Che bel racconto d'amore, @Alberto Tosciri   :)

Certo, non c'è la classica evoluzione di una storia amorosa; anzi, come la coppia si ritrova, è perché lei, morta da giovane e da qualche tempo  dimorante nei sogni di Ignazio, viene a prendere l'amato per portarlo con sé nell'altro mondo.

Intanto, hai dimostrato un modo semplicissimo per "domare" l'ostica traccia di @L'illusoillusore : veramente bravo!
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Alberto Tosciri wrote: Piangevano, sollevavano la testa e le mani al cielo, come a chiedere, si abbassavano congiungendo i palmi, li rialzavano come a presentare qualcuno. In mezzo a loro, distesa sopra asciugamani colorati  c’era Jubannedda, bianchissima, i capelli sciolti come raggi di sole, gli occhi chiusi, le mani incrociate sull’esile petto, le labbra sottili in atteggiamento severo, dignitoso. Gocce d’acqua le imperlavano la fronte come una corona. Era annegata senza che nessuno se ne fosse accorto se non quando era stato troppo tardi. La stavano piangendo e la stavano presentando al Signore. All’orizzonte uno squarcio di nubi sembrava chiudersi con riluttanza.
Molto bello questo passaggio
Alberto Tosciri wrote: Jubannedda tese la sua mano, Ignazio tese la sua, ma vedendola raggrinzita per l’età e tremante la ritrasse  piangendo, mentre Jubannedda continuava a tendere la sua, aspettando sorridente, fiduciosa.
Bella anche questa immagine
Alberto Tosciri wrote: si
manca l'accento
Alberto Tosciri wrote: In tarda mattinata trovarono un vecchio riverso su una panchina, sembrava dormire davanti a quel mare d’inverno. Una luce accecante si chiudeva lenta e maestosa dietro le nubi all’orizzonte.
Ottima chiusura

Che dire? Il racconto è ricco di belle immagini, mi è piaciuta molto la tua storia. Bello l'alternarsi delle descrizioni della spiaggia e dei presenti/parenti con le riflessioni interiori; hai saputo mantenere un buon equilibrio narrativo. Sciogliere un nodo che ci ha attenagliato per tutta la vita, credo sia il modo migliore per andarsene. 
Personalmente, quando vedo il volto "sereno" di un morto, penso sempre a qualcosa del genere.  
La scrittura ha un buon ritmo, si confà con la storia, è lento ma non noioso:In conclusione, il testo è pieno di sentimento e suggerisce una vera rinascita, sebbene in un altro mondo. Una bella interpretazione della traccia, la fusione tra sogno ( Jubanedda che gli tende la mano) e realtà (il sopraggiungere della morte fisica).
Bravo.

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Grazie del commento e dell'apprezzamento @Poeta Zaza
Pensavo non piacesse a nessuno. Talvolta riesco a muovermi anche nelle tracce all'apparenza più ostiche.
Ma niente è difficile. Basta guardare oltre il giardino.

Grazie @Adel J. Pellitteri
Adel J. Pellitteri wrote: Fri Oct 18, 2024 7:54 amIn conclusione, il testo è pieno di sentimento e suggerisce una vera rinascita, sebbene in un altro mondo. Una bella interpretazione della traccia, la fusione tra sogno ( Jubanedda che gli tende la mano) e realtà (il sopraggiungere della morte fisica).
Amo pensare che possa essere così. Non  vedo giustizia nel far scontare a un uomo che ha vissuto per ottanta, novanta anni di  vita terrestre, nel bene e nel male, un'eternità assoluta di inferno o paradiso a seconda di come abbia vissuto. Amo pensare che possa avere innumerevoli altre possibilità. In altri mondi. 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Dovessi  accorgermi di morire, vorrei fare un sogno che risollevasse certi aspetti ormai ampiamente corrotti della mia vita. 
Ma so che non sarebbe una consolazione. 
La vita, quella vissuta, resta intatta e io certe cose che mi hanno fatto soffrire vorrei dimenticarle.
Il tuo protagonista, troverà la pace in un altro mondo, con la sua amata. Sai come farci piangere @Alberto Tosciri 
La trama è semplice ma conoscendo in anticipo la traccia ho capito troppo presto come sarebbe andata a finire, la cosa mi ha tolgo il gusto della lettura. Peccato.

Due pulci:
Alberto Tosciri wrote: Sentì il profumo fresco e delicato del suo dopobarba preferito,  quello al mentolo, lo stesso che usava suo padre. Quel giorno si era rasato. Ah già: era domenica.
Questa frase non aggiunge nulla e mi distoglie dalla scena che stavo immaginando, non è una semina perché in seguito non fai mai più riferimento a quel profumo. La toglierei.
Alberto Tosciri wrote: Fino a quell’estate di tanti anni fa che da un po’ di tempo rivedeva nei suoi sogni, non come era stata, ma come avrebbe dovuto essere, come avrebbe voluto che fosse.
Nel sogno si rivedeva ragazzino in quella spiaggia davanti a lui: i genitori, le zie, i compagni di giochi, la gente. Ma lui vedeva solo Jubannedda che gli parlava, gli sorrideva come allora. Lei che correva felice a tuffarsi in mare, i capelli neri e lunghi fino alla schiena che poi, tornata in spiaggia,  si asciugava con lente e sensuali movenze in un asciugamano colore della porpora, come una principessa libanese nel suo giardino, consapevole della sua bellezza, attorniata da sua madre e dalle zie vestite di nero, le più anziane con la testa sotto l’ombrellone e con i piedi e le gambe sepolti nella sabbia bollente per alleviare la loro artrite.
Ignazio, con altri ragazzi, si tuffava con pericolose capriole dagli scogli poco distanti, sperando che Jubannedda lo notasse.
Bella immagine! 
Alberto Tosciri wrote: Appena un po’ oltre la battigia un gran numero di persone stavano raggruppate, in silenzio  sembravano agitate
Nella riga successiva dici che le donne piangono e si lamentano.  Io immagino che lui le sentisse.
Alberto Tosciri wrote: coperta da una lunga veste azzurra.
Non mi piace il richiamo al velo della Madonna. Un vestitino dell'epoca, quelli da spiaggia senza maniche, mi avrebbe dato, di più, la sensazione della realtà parallela che sta vivendo Ignazio.
Alberto Tosciri wrote: C’era tanta gente del paese seduta vicino al mare, Ignazio li riconobbe, non erano più nel mondo, se n’erano andati da tanto tempo, eppure erano tutti lì, sorridenti, sereni, intenti alle loro faccende; le vecchie con le  lunghe gonne nere picchiettate di puntini bianchi e le gambe  sepolte nella sabbia, gli uomini che discutevano fra loro sotto capanne di frasche e ombrelloni. Gli scesero le lacrime quando vide suo padre e sua madre, ancora giovanili e pieni di vita che lo guardavano sorridenti.
Si voltò verso Jubannedda che gli lasciò la mano facendogli segno di si con la testa.
Ignazio si avvicinò a sua madre e a suo padre, inginocchiandosi davanti a loro e chinando il capo. Senza che gli parlassero gli fecero sentire tutto il loro amore e lo benedissero.
 Li avrei fatti passare subito dall'altra parte, questa parte colloca i morti in un altro posto diverso da quello che accoglierà la coppia, perché?
Il passaggio è solo il loro? Perché, invece, i genitori restano sulla spiaggia?
Domande sciocche, lo so.
Anche il tuo protagonista è un neomorto. Come la protagonista del racconto di @Poeta Zaza  che sogna il più bel sogno dopo la morte.
Traccia rispettatissima
Racconto molto suggestivo (y)

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Ciao @Albascura
Albascura wrote: Dovessi  accorgermi di morire, vorrei fare un sogno che risollevasse certi aspetti ormai ampiamente corrotti della mia vita. 
Ma so che non sarebbe una consolazione. 
Chissà come sarà. Io vorrei ripetere la mia vita non una ma innumerevoli volte, non per diventare ricco, come farebbero molti,  senza grandi differenze ma con alcuni particolari, consapevolezze diverse per evitare, rimediare tanti errori commessi.
Albascura wrote: La vita, quella vissuta, resta intatta e io certe cose che mi hanno fatto soffrire vorrei dimenticarle.
Meglio esserne consapevoli. Ricominciando, sapendo cosa si è fatto prima, chi o cosa ci ha fatto soffrire prima, avendo altre possibilità da qualche parte potremmo cambiare le cose. Naturalmente dovremmo meritare questa possibilità. Una mia personale concezione di espiazione, premio o punizione. Non prenderla sul serio e fatti una sonora risata.
Albascura wrote:
Questa frase non aggiunge nulla e mi distoglie dalla scena che stavo immaginando, non è una semina perché in seguito non fai mai più riferimento a quel profumo. La toglierei.
Il profumo al mentolo è per specificare che il vecchio Ignazio si radeva solo di domenica.
Albascura wrote:
Nella riga successiva dici che le donne piangono e si lamentano.  Io immagino che lui le sentisse.
La gente intorno alle donne effettivamente è assembrata in silenzio attonito. Sono soltanto le donne al centro che si lamentano e piangono.
Albascura wrote:
Non mi piace il richiamo al velo della Madonna. Un vestitino dell'epoca, quelli da spiaggia senza maniche, mi avrebbe dato, di più, la sensazione della realtà parallela che sta vivendo Ignazio.
Sì, hai ragione. Nel mio desiderio di perfezione volevo diversificare il modo di vestire della ragazza, che veniva da un’altra concezione di vita… ma come dici tu possono andre bene i soliti vestiti.
Albascura wrote:
 Li avrei fatti passare subito dall'altra parte, questa parte colloca i morti in un altro posto diverso da quello che accoglierà la coppia, perché?
Il passaggio è solo il loro? Perché, invece, i genitori restano sulla spiaggia?
Ti confesso che non ho una risposta precisa, con una logica da dare. Nel mio rutilante immaginario di comodo oltre questa vita mi figuro infiniti altri noi stessi in infinite situazioni, all’apparenza sempre simili ma con infiniti particolari diversi che creano infiniti incroci di possibilità di vita in innumerevoli mondi.
Ignazio che lascia questo mondo può vedere, per suo esclusivo beneficio l’immagine dei suoi genitori e parenti morti mentre loro sono al contempo, in una sorta di ubiquità, in altri mondi, ognuno con le sue esperienze da rivivere, da modificare.
Lo so che  è una cosa fuori di testa, ma pensando a queste infinite possibilità da vivere, che possono essere in atto  per noi anche in questo momento, in altre dimensioni, riesco ad avere la percezione di una motivazione alla vita.
Dopo infinite vite in tutte le sue varianti subentra la perfezione.
Albascura wrote: Domande sciocche, lo so.
Assolutamente no. Non dirlo nemmeno per scherzo  :D

C’è un bellissimo film, una commedia leggera ma che fa pensare, dove recita un grande Antonio Albanese  che si intitola: “È già ieri”, dove il protagonista rivive infinite volte una sua giornata, che sarà sempre uguale ma con tutte le varianti possibili e immaginabili che possono accadere e far prendere un corso diverso all’esistenza, fino a quando capirà cosa conta davvero nella vita e allora riprenderà la vita normale, ma con una consapevolezza che prima, nella sua ristrettezza mentale non poteva avere, non poteva capire.
A volte, vedendo un film vengono poi certe idee...  :D
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Ciao @Alberto Tosciri
racconto nostalgico e melanconico che c'entra la traccia.
Alcune note:
Alberto Tosciri wrote: Aveva un bell’ostinarsi, gli anni erano passati anche se Ignazio se li portava bene. Come quasi ogni giorno andava a sedersi su una panchina
A mio parere il punto tronca una frase che si completa nella seconda, preferirei una virgola.
Alberto Tosciri wrote: Preferiva l’inverno, restare in silenzio sotto il cielo grigio, vedere le onde nere che riversavano sulla spiaggia la paglia marina respirando il suo forte odore di salsedine
Qui invece, avendo cambiato tempo verbale, avrei messo preferibilmente un punto dopo inverno, in alternativa, prima della prima declinazione all'infinito, metterei un 'per'.
Alberto Tosciri wrote: dove il mare si univa al cielo le nuvole aprivano uno squarcio di luce,
Dopo cielo credo ci vada una virgola.
Alberto Tosciri wrote: rivedeva nei suoi sogni, non come era stata, ma come avrebbe dovuto essere, come avrebbe voluto che fosse
Inizi il racconto dei sogni con questa frase, ma poi racconti come era andata realmente, con lei che non lo guardava, facendolo soffrire. Secondo me si fa un po' confusione perché passi dal sogno al ricordo e di nuovo al sogno con continuità.
Alberto Tosciri wrote: non erano più nel mondo, se n’erano andati da tanto tempo, eppure erano tutti lì, sorridenti, sereni, intenti alle loro faccende; le vecchie con le  lunghe gonne nere
Sia lui sia i genitori andando "in cielo" tornano giovani, lascia perplessi che le vecchie, non più nel mondo, siano tali.
Alberto Tosciri wrote: È per noi. È  il nostro passaggio.
─ Dove andiamo?
Jubannedda sorrise. ─ In un altro mondo
Questo lo citi successivamente, mentre prima sembrava già essere nel mondo altro, dove vede i paesani che se ne erano andati da tempo e i genitori.

Spero siano note utili
Buon contest.
<3

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Ciao @Alberto Tosciri mi dici sempre che ti faccio troppi complimenti, ma come posso non farteli?  Mi dici sempre di non essere un poeta, ma come puoi asserirlo? Questo racconto è così delicato che anche l’orrenda fine della giovane perde qualsiasi connotazione dolorosa. Sembra che la ragazza si sia preservata bella e giovane per l’appuntamento con l’amore. Un amore puro, quello per cui “lasciare padre e madre” quello che non conosce la corruzione del corpo. Bella interpretazione della traccia!

Re: [MI184] Mare d'inverno

9
Ciao @Alberto Tosciri,
[color defaultattr=]Bel racconto con qualche spazio di aggiustamento qui e là, [/color]ma soprattutto con una domanda: Jubannedda, seppur sognata, non esce dal sogno ma dall’aldilà, giusto? Tant’è vero che il protagonista alla fine “sembra dormire” (quindi é morto?) o, in alternativa, Jubannedda è tornata con lui nel sogno, inciampando sulla boa :-) 
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Re: [MI184] Mare d'inverno

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Grazie @Modea72 per il commento e le notazioni che trovo molto pertinenti. È davvero utile e bello avere un altro sguardo su quanto si scrive, ci si rende conto di ulteriori particolari che prima non si erano considerati nella dovuta maniera, che magari avrebbero potuto rendere in maniera diversa rimarcando specialmente su punti e virgole.
Modea72 wrote:
Inizi il racconto dei sogni con questa frase, ma poi racconti come era andata realmente, con lei che non lo guardava, facendolo soffrire. Secondo me si fa un po' confusione perché passi dal sogno al ricordo e di nuovo al sogno con continuità.
Volevo mischiare appositamente sogno e realtà, ma forse non mi è completamente riuscito come desideravo. A dire il vero la ragazza rideva sia nella realtà  che nel sogno; poi nella realtà cambiava umore, non considerava il ragazzo, mentre nei sogni sembrava chiamarlo, come il ragazzo avrebbe sempre voluto che fosse e che invece non era stato.
Modea72 wrote:
Sia lui sia i genitori andando "in cielo" tornano giovani, lascia perplessi che le vecchie, non più nel mondo, siano tali.
Hai ragione. Ma penso, è solo una mia libera fantasia, bada bene, nessun riferimento a religioni varie o filosofie, che andando “oltre” si sarà spiriti, per quanto dotati in qualche modo della primigenia forma materiale umana. Che non sarà una forma standard, nel senso che un vecchio, appena morto, potrà rivedere i genitori della stessa età in cui lui era più giovane o bambino, per “abituarsi” a questa nuova dimensione, oppure vederli come sempre, da anziani o in “divenire” per dirla in maniera semplicistica. Una sorta di gradualità ma ripeto: è solo una delle mie tante fantasie che adatto per storie del genere.
Come anche il vecchio protagonista non trova strano ritornare ad avere apparenze di ragazzo. È solo una forma puramente “visiva” perché si abitui alla nuova dimensione, che trascende l’esperienza  e le modalità umane.
Modea72 wrote:
Questo lo citi successivamente, mentre prima sembrava già essere nel mondo altro, dove vede i paesani che se ne erano andati da tempo e i genitori.
Il passaggio è aperto all’orizzonte, Ignazio è già morto ma prima di oltrepassare la linea, il varco fra le nubi all’orizzonte, vede comunque, essendo già in un'altra dimensione, coloro che sono morti prima di lui.
Niente risponde alla problematica e ai modi di vivere umani.
Le tue note mi sono state di grande utilità, ne terrò conto.



Ciao @@Monica
Grazie per le tue belle parole e per l’apprezzamento. Più vado avanti negli anni e nella trasposizione dei pensieri sulla carta, più mi rendo conto di cercare, con una certa apprensione, un desiderio di pace nei conflitti interiori dei vari personaggi che cerco di creare, con grande titubanza a dire il vero perché il primo a esserne turbato talvolta sono proprio io, che sono il primo a voler cercare questa pace dentro di me.
@Monica wrote: “lasciare padre e madre”
Bella e sofferta espressione dal sapore biblico e cristiano, comune ai nostri più grandi santi.


Ciao @L'illusoillusore
L wrote: Ciao @Alberto Tosciri,
[color defaultattr=]Bel racconto con qualche spazio di aggiustamento qui e là, [/color]ma soprattutto con una domanda: Jubannedda, seppur sognata, non esce dal sogno ma dall’aldilà, giusto? Tant’è vero che il protagonista alla fine “sembra dormire” (quindi é morto?) o, in alternativa, Jubannedda è tornata con lui nel sogno, inciampando sulla boa :-) 
Inizialmente il vecchio Ignazio, ancora vivo, ricorda sogni ricorrenti in cui vede Jubannedda che lo chiama, ma non riesce mai a raggiungerla. L’ultima volta se la vede davanti mentre lui è seduto sulla panchina, questa volta nella realtà per quanto lei sia uno spirito oltremondano, ma se la vede materialmente davanti, tanto è vero che Ignazio ha riluttanza a tenderle la  sua mano, che vede vecchia rispetto a quella giovanile di lei. Poi i due “spariscono”, ma lei non torna più nel sogno, va nell’altro mondo, portandosi dietro Ignazio.
Comunque se ho fatto sbagli sull'applicazione della boa ne faccio ammenda.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Ciao @Alberto Tosciri
Alberto Tosciri wrote: Poi i due “spariscono”, ma lei non torna più nel sogno, va nell’altro mondo, portandosi dietro Ignazio.
In effetti, lei non tornerebbe nel sogno, in quanto Ignazio non si sveglia più e non può più sognare... 
A parte i cavilli sul tema, è un buon racconto. Oggi sono sintetico.  :D
Ciao
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Alberto Tosciri wrote: Aveva un bell’ostinarsi, gli anni erano passati anche se Ignazio se li portava bene.
Un incipit di sicuro indimenticabile. Non ho mai letto un racconto iniziare così
A livello di forma ti segnalo qualche doppio spazio qua e là.

In merito al racconto: mi è piaciuto. Ho apprezzato le descrizioni del mare d'inverno, hai colto gli esatti motivi per cui lo amo così tanto (mi sento così fortunato, in questo momento, a poter essere qui a guardare il mare dell'artico). In particolare:
Alberto Tosciri wrote: L’orizzonte non era mai cambiato dai tempi della sua infanzia, perfettamente piatto da qui all’eternità, e dove il mare si univa al cielo le nuvole aprivano uno squarcio di luce, un passaggio che prometteva di andare lontano, oltre. Lo aveva sempre visto questo passaggio che poi si chiudeva, si confondeva con le nuvole e il cielo.
Molto amara la tragedia adolescenziale, posso solo immaginare i sensi di colpa con cui Ignazio ha vissuto il resto della sua vita. Quel passaggio del racconto mi è sembrato scandito da una incapacità di Ignazio di comunicare chiaramente i suoi sentimenti, paura forse, come:
Alberto Tosciri wrote: Ignazio, con altri ragazzi, si tuffava con pericolose capriole dagli scogli poco distanti, sperando che Jubannedda lo notasse. Ma lei non guardava mai quando si tuffava e lui, riemergendo dall’acqua profonda e guardando la riva se ne accorgeva e piangeva per la rabbia e delusione. Poteva piangere, nessuno lo avrebbe mai saputo se non lui: l’acqua di mare è uguale alle lacrime.
Alberto Tosciri wrote: Ignazio vedendola le aveva voltato le spalle, non l’aveva più considerata e se n’era tornato a casa per farle un dispetto
Alla fine, Ignazio era solo un ragazzo e Jubannedda solo una ragazza, non aveva modo di comprendere i suoi sentimenti, se non ascoltandolo parlarne. E d'altro canto, lui la vedeva con quello sguardo perché era innamorato, e prestava attenzione a ogni suo piccolo gesto: se fosse rimasto in spiaggia, si sarebbe accorto di lei? L'avrebbe salvata in tempo? Non si può sapere.
E, per concludere, il tema dell'ultimo orizzonte, dell'oltre definitivo, con i tempi felici dell'infanzia che arrivano a portare l'uomo con sé nell'oltretomba. In questo momento, al climax del racconto avrei accompagnato un piccolo momento di sviluppo del personaggio, per dare maggiore pathos alla scena: ad esempio, realizzare qualcosa di cui non si è mai reso conto in tutta la sua vita. Non come ultima realizzazione prima di spegnersi per sempre, ma come necessità di risolvere quello che ci si lascia alle spalle quando si raggiunge un oltre costituito da altri mondi, altri universi, altri modi di vivere; una metempsicosi dal sapore lontano dal cristianesimo più classico.
Alberto Tosciri wrote: Fri Oct 18, 2024 7:25 pmC’è un bellissimo film, una commedia leggera ma che fa pensare, dove recita un grande Antonio Albanese  che si intitola: “È già ieri”, dove il protagonista rivive infinite volte una sua giornata, che sarà sempre uguale ma con tutte le varianti possibili e immaginabili che possono accadere e far prendere un corso diverso all’esistenza, fino a quando capirà cosa conta davvero nella vita e allora riprenderà la vita normale, ma con una consapevolezza che prima, nella sua ristrettezza mentale non poteva avere, non poteva capire.
L'idea è mutuata da un film del 1993, Ricomincio da capo Il giorno della marmotta

Questa ricerca di pace negli ultimi momenti dell'esistenza mi ha fatto venire in mente un titolo videoludico del 2011 che si chiama To the moon. Immagino tu non lo conosca, non ti vedo a giocare ad avventure grafiche, ma non si sa mai  :P è ambientato in un futuro non troppo distante in cui esiste un'agenzia, la Sigmund Agency of Life Generation, che possiede una tecnologia per manipolare i ricordi delle persone, e la utilizza su pazienti a cui resta poco tempo da vivere, in modo tale da garantire loro una morte serena e senza rimpianti, lasciandoli convinti di aver realizzato il proprio sogno. Il protagonista della storia è un uomo anziano il cui desiderio era andare sulla Luna, e questo è in qualche modo legato a sua moglie, morta qualche tempo prima. Te lo consiglio caldamente, ci sono anche video disponibili su Youtube :) 
Ciao, a presto!

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Ti ringrazio per il commento @Mina
Giuste le tue notazioni, come sempre.
Amo molto il mare, fin da bambino mi ha affascinato la linea perfettamente piatta dell’orizzonte che mi faceva venire il desiderio di andare oltre. Ma non fino alla prossima regione oltre il mare, no. Ancora di più. Oltre, senza fermarmi mai fino a trovare nuovi mondi. Sei fortunato a essere nell’Artico, non ne dubito. Peccato non poterlo sorvolare. Oltre.
In molto di quello che scrivo parlo, certo in modo ossessivo, come per tutte le cose negate e impossibili da dimostrare, di questo “oltre”, influenzato anche da successive letture e resoconti, una ad esempio quello del povero ammiraglio Byrd che asserì e scrisse di aver sorvolato davvero oltre certi confini, ma fu giudicato un eccentrico fantasioso, nonostante fosse un personaggio serio.
Ci fu anche una donna, una pilota esploratrice di cui ora mi sfugge il nome, che sorvolò oltre certi supposti confini. Entrambi fecero una misteriosa fine. Poi ci sono diari di bordo di navi del passato, anche corsare, che descrivevano rotte particolari dove rifugiarsi, al di fuori della capacità e delle comprensioni ufficialmente accettate. Ci sono flotte di sommergibili tedeschi, ma queste in Antardide, scomparse dopo la guerra e mai più ritrovate e… tante storie, fantascienza naturalmente.
Mina wrote: realizzare qualcosa di cui non si è mai reso conto in tutta la sua vita. Non come ultima realizzazione prima di spegnersi per sempre, ma come necessità di risolvere quello che ci si lascia alle spalle quando si raggiunge un oltre costituito da altri mondi, altri universi, altri modi di vivere; una metempsicosi dal sapore lontano dal cristianesimo più classico.
Indubbiamente, per quanto nei Vangeli si parli di reincarnazione di Gesù con Elia, sia pure sotto forma interrogativa.
Ma non credo nella reincarnazione, credo che un’entità, l’energia di un corpo chiamiamola così, possa sussistere contemporaneamente nel tempo e in infiniti luoghi vivendo tutte le infinite diverse possibilità della sua esistenza.
Come per il personaggio che ho inventato, che avrà altre possibilità di essere felice dopo aver sofferto, lo merita, al netto di purgatori e paradisi eterni, che pure esisteranno, io non ho la possibilità di asserirlo o di negarlo.
Amo pensare secondo un particolare concetto che sentii di straforo in Medio Oriente da un mio insegnante di arabo che parlava svariate lingue, fra cui anche il latino, il quale mi disse che il mondo, rotondo o piatto che fosse, era infinito e in espansione, a immagine di un deserto. La nostra Terra era un dinar gettato in questo deserto e intorno a questo dinar ce n’erano altri all’infinito, separati da piccole immense distanze, in teoria percorribili, da qui all’eternità.
Fantascienza.
Mina wrote:
L'idea è mutuata da un film del 1993, Ricomincio da capo Il giorno della marmotta
Sì, lo so. Il film italiano lo trovo più divertente con Albanese.


Mina wrote: videoludico del 2011 che si chiama To the moon. Immagino tu non lo conosca, non ti vedo a giocare ad avventure grafiche, ma non si sa mai 
Non conosco il videogioco To the moon infatti.
Negli anni Novanta conoscevo Hidden & Dangerous, una sorta di gioco tattico sparatutto, ma con criteri di strategia tattica da pensare, dove soldati alleati compivano missioni, anche travestiti con uniformi del nemico.
In una di queste missioni operavano in una base artica nazista circondata dai ghiacci, vestiti con tute bianche, e io amavo esplorare intorno, facendo andare in tilt il gioco che non concepiva che io non sparassi al nemico e me ne andassi a zonzo a piedi e con camion militari a dare un'occhiata…  :D

Ciao e a rileggerci.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Alberto Tosciri wrote: In molto di quello che scrivo parlo, certo in modo ossessivo, come per tutte le cose negate e impossibili da dimostrare, di questo “oltre”
Lo comprendo e di certo anche la mia esistenza ci tende, anche per questo ti rispetto
Alberto Tosciri wrote: Ci fu anche una donna, una pilota esploratrice di cui ora mi sfugge il nome, che sorvolò oltre certi supposti confini.
Ti riferisci ad Amelia Earhart?
Molti di questi episodi a cui alludi mi sono oscuri, ma mi piacerebbe approfondire. In fondo, si tratta solo di trovare la rotta giusta, al di là delle opinioni
Alberto Tosciri wrote: Indubbiamente, per quanto nei Vangeli si parli di reincarnazione di Gesù con Elia, sia pure sotto forma interrogativa.
Non lo sapevo! Ero a conoscenza solo di alcuni riferimenti negli apocrifi
Alberto Tosciri wrote: Amo pensare secondo un particolare concetto che sentii di straforo in Medio Oriente da un mio insegnante di arabo che parlava svariate lingue, fra cui anche il latino, il quale mi disse che il mondo, rotondo o piatto che fosse, era infinito e in espansione, a immagine di un deserto. La nostra Terra era un dinar gettato in questo deserto e intorno a questo dinar ce n’erano altri all’infinito, separati da piccole immense distanze, in teoria percorribili, da qui all’eternità.
Meraviglioso. Il multiverso è un concetto che incomincia a farsi strada anche nella comunità scientifica. In ogni caso, non sappiamo se sia una porta su quell'oltre di cui parlavamo
Alberto Tosciri wrote: Negli anni Novanta conoscevo Hidden & Dangerous, una sorta di gioco tattico sparatutto, ma con criteri di strategia tattica da pensare, dove soldati alleati compivano missioni, anche travestiti con uniformi del nemico.
In una di queste missioni operavano in una base artica nazista circondata dai ghiacci, vestiti con tute bianche, e io amavo esplorare intorno, facendo andare in tilt il gioco che non concepiva che io non sparassi al nemico e me ne andassi a zonzo a piedi e con camion militari a dare un'occhiata…  :D
Non gioco molto, ma quelle poche volte anche io mi diverto così, a esplorare la mappa di gioco dove gli sviluppatori non avevano programmato granché. E in fondo è forse anche come approccio questa realtà  :asd:

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Dall'incipit, fino a qui:
  wrote:Sentì il profumo fresco e delicato del suo dopobarba preferito,  quello al mentolo, lo stesso che usava suo padre. Quel giorno si era rasato. Ah già: era domenica.
Mi è inevitabile pensare che la creazione degli ambienti e delle atmosfere è il tuo forte. Sai preparare i tuoi racconti in modo davvero notevole, cercando di rapire il lettore (spesso riuscendoci).
Come in questo racconto, nel quale arrivi a mostrare come lo stesso protagonista ne sia rapito. Complimenti, davvero.

Nel ricordo iniziale di Jubbanedda, in quell'atmosfera un po' balneare, ho sentito il dolce e tristissimo eco dell'Agnese di Ivan Graziani.

Non so fosse questo il tuo intento, ma qui:
Alberto Tosciri wrote: Ma lei non guardava mai quando si tuffava e lui, riemergendo dall’acqua profonda e guardando la riva se ne accorgeva e piangeva per la rabbia e delusione. Poteva piangere, nessuno lo avrebbe mai saputo se non lui: l’acqua di mare è uguale alle lacrime.
l'immagine del mare di lacrime che mi si presenta è inevitabile e fortissima: complimenti.

Non mi esprimo sulla boa, avrei delle riserve, ma trovo il racconto riuscito così e non ho voglia di rileggerlo nell'ottica e nei vincoli del contest, anche se è quello che dovrei fare. Per fortuna non sono io a dover giudicare in merito e posso permettermi di conservare la bella e triste sensazione che mi ha dato la prima lettura.

Re: [MI184] Mare d'inverno

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Ti ringrazio per l'apprezzamento e i complimenti @queffe

Ammetto che probabilmente sulla boa sono andato un po' oltre (o forse sono rimasto indietro), ci ho anche pensato ma non sono più riuscito a cambiare il tema del racconto e chiedo scusa  a @L'illusoillusore  come autore della traccia e a @sira come arbitro.
queffe wrote: Mi è inevitabile pensare che la creazione degli ambienti e delle atmosfere è il tuo forte. Sai preparare i tuoi racconti in modo davvero notevole, cercando di rapire il lettore (spesso riuscendoci).
Gli ambienti e le atmosfere in una storia, a mio parere, rivestono un'importanza capitale e se si riesce a unirli all'introspezione, al vissuto, ai desideri, ai ricordi dei personaggi, si possono scrivere o riscrivere ulteriori versioni di capolavori sublimi. Proust era un Maestro in questo, non che io mi ritenga nemmeno lontanamente alla pari con lui.
È da tempo che sto cercando di scrivere un racconto lungo, poi diventato romanzo, non ne vedo ancora la fine, difficile, sulla giornata particolare, una giornata qualunque di un bambino di tanti anni fa, che poi ero io quel benedetto bambino, ma non riesco mai a concludere questa storia; i ricordi mi sommergono, sono troppi. I particolari, le infinite sfaccettature mi opprimono, mi schiacciano, mi fanno soffrire, mi riportano a troppi collegamenti, troppi punti di vista che avevo da piccolo e che crescendo sono riuscito solo parzialmente a comprendere e classificare.
Solo una giornata equivale davvero a un'Odissea.
queffe wrote: Nel ricordo iniziale di Jubbanedda, in quell'atmosfera un po' balneare, ho sentito il dolce e tristissimo eco dell'Agnese di Ivan Graziani.
Grande Ivan Graziani. Amo le sue canzoni, Agnese mi faceva piangere. Ce ne fossero ancora cantanti come lui.

C'è chi, per scrivere, ha bisogno di girare il mondo, ma io penso che il mondo siamo noi, è dentro di noi, danza intorno a noi, ci guarda e ci accompagna in continuazione da sempre. Basta fermarsi, osservare e ascoltare. È impegnativo perchè  quasi sempre, se si è sensibili, fa male.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

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