«E ridi un po’, che fai sempre il broncio!»
Un brivido mi corre lungo la schiena. Non ho bisogno di voltarmi per sapere chi mi sta parlando.
«Francesco! Come stai?» Lo stringo forte.
«Che vuoi che ti dica? Da vecchietto… A te non c’è bisogno di chiederlo. Diventi ogni anno più bella.»
Non posso controllare il rossore che mi sale.
Non riusciamo a dirci altro. Ci sediamo sulla battigia come facevamo da ragazzini, con la prima brezza dell’alba a scompigliarci i capelli e lo sguardo perso nelle sfumature rosate del giorno nascente.
Francesco stava sempre zitto ma, se chiudo gli occhi, riesco ancora a sentire il calore della sua mano che stringeva forte la mia. Non riuscivo a udire altro che il battito veloce del mio cuore. Quanto avrei voluto che mi baciasse. Ma c’era sempre qualcuno che poteva vederci e quello non doveva succedere mai.
Ci eravamo conosciuti sulla spiaggia, aspettando il rientro delle barche dei pescatori. I nostri genitori arrivavano sempre quando già faceva scuro; a quell’ora gli acquirenti migliori se n’erano già andati e così in cambio del pescato si dovevano accontentare di ciò che restava: a volte un mazzo di cipolle, qualche patata, un pugno di mais, un paio di uova nel migliore casi. La farina di grano era la più richiesta e riuscivano di rado a ottenerla. Così, per noi, mangiare del pane bianco o della pasta era quasi impossibile.
Una volta sentii bussare sulla spalla: Francesco stava dietro di me. Mi voltai di scatto e lui, facendomi segno di stare zitta con l’indice puntato sulla bocca, mi offrì un pezzetto della sua razione di pane raffermo. La notte non riuscii a chiudere occhio e neppure quelle dopo.
Il mare brilla sotto i primi raggi del sole. Dopo alcuni giorni di tempesta, la distesa d’acqua sembrerebbe immobile se non fosse per le carezze intermittenti della risacca sui nostri piedi.
Ci guardiamo intorno, la spiaggia è ancora deserta. Un piccolo cenno complice e, all’unisono, gridiamo: «Ritorna! Ritorna!»
Proprio come gridava la principessa della leggenda. Tutti i giorni lei si recava sullo scoglio più lontano di Ortona guardando il mare in attesa del ritorno del suo pricipe. I pescatori che passavano con le loro barche la sentivano piangere e invocare: “Ritorna, ritorna!”.
Un giorno il mare se la portò via e lei poté raggiungere il suo amato.
Così, una volta all’anno, io Francesco c’incontriamo per chiedere al mare di restituirci i nostri padri. O almeno qualcosa di loro.
Papà si preoccupava sempre che mangiassi poco, diceva che quando sarebbe stato il momento non avrei avuto figli sani se restavo così magra.
“Non dovete uscire in mare, domani, è San Giovanni. È giorno punta di stella.”
“Tutte dicerie! Da soli potremo pescare più pesce. Gioanìna gnà stà bielle grasse!”
In certi giorni era proibito pescare, ma troppi erano i pescatori a contendersi un fazzoletto di mare e mio padre a certe usanze preferiva non dare peso:“Meno barche in acqua, più pesce nelle reti”, diceva e poi Filuccio, il signorotto del paese, aveva la moglie incinta “con la voglia di mangiare solo pesce fresco” . Era una buona occasione per guadagnare bene e fare una bella scorta di farina.
Anche il padre di Francesco, quel giorno, decise di sfidare la sorte e il mare.
Li guardammo salpare dal porticciolo fino a quando le barchette sparirono dietro l’orizzonte. Poco dopo, il cielo si addensò di nuvole che proiettarono le loro ombre scure sul mare.
Mia madre corse a prendere il barattolo del sale. Lo gettava con ampie manciate verso il cielo recitando una preghiera antica come fosse una formula magica.
“Santa Barbara benedetta nun fa calà né furmene né saetta, se proprio a da calà, falla calà in una valle oscura dove non ci sta nisciuna creatura.”
Neppure un frammento delle due barche tornò mai a riva.
Mia madre, da quel momento, restò muta. Pensai che anche la sua anima fosse stata risucchiata dalla furia delle onde.
Francesco, per mantenere la madre e i fratelli più piccoli, dovette andare a lavorare al trabocco di Zi’ Masino e nessuno di noi due ebbe più tempo di pensare all’amore.
Sospiro. Il tempo non torna più, dice una canzone che mi piace da morire.
Francesco si alza, mi abbraccia forte e resta così per qualche istante prima di decidersi a salutarmi. Vorrei chiedergli di rimanere, ma non ho il coraggio.
Resto ancora un po’ a camminare sulla riva. Assorta nei ricordi con lo sguardo rivolto al mare, non mi accorgo dell’ostacolo davanti ai piedi. Impossibile mantenere l’equilibrio… riesco solo a evitare di finire col volto sulla sabbia. Mi guardo intorno. Nessuno deve avermi vista, per fortuna. Mi chino per raccogliere l’oggetto in cui sono inciampata: un pezzo di legno fradicio. Impreco in silenzio, ma mentre sto per lanciarlo di nuovo in acqua mi accorgo che in un lato ci sono ancora dei rimasugli di colore e qualche lettera sbiadita.
Mi siedo per osservarlo meglio. Leggo “…SA”. Una scossa mi attraversa il corpo dalla punta dell’alluce fino alla testa. Dipinta di turchese, il colore dei miei occhi, la barca di mio padre si chiamava “ROSA”, come mia madre. Respiro a fondo e deglutisco a vuoto.
Non è il sale dell’acqua di mare che mi fa bruciare gli occhi e annebbiare la vista. Con la mano sulla fronte per coprire il riverbero del sole che si è già alzato, allungo lo sguardo in cercando d’individuare in lontananza la sagoma di Francesco. Mi rendo conto che ormai è inutile chiamarlo e poi si è fatto tardi. È ora di rientrare anche per me.
Una volta chiusa la porta, mi lascio scivolare sul pavimento. Seduta, con in testa una ridda di voci e di ricordi, non riesco a credere a quanto è accaduto.
Un lamento proveniente dalla camera al piano superiore mi scuote. Tiro su col naso, mi asciugo gli occhi coi palmi e salgo gli scalini a due a due.
Apro gli scuri e scosto le tendine per far entrare un po’ di luce nella stanza.
«Mamma, sono qui. Stai tranquilla» le dico sottovoce accarezzandole la fronte.
Lei mi rivolge uno sguardo assente e si rimette a mugolare.
Mi siedo accanto a lei nel letto, sollevo un lembo della coperta, cerco il suo braccio e le prendo la mano. È fragile e leggera come un uccellino. Mi piace parlare con lei, confidarle i miei pensieri.
«Stamani ho incontrato Francesco, te lo ricordi?»
Lei continua a fissare il soffitto.
«Si è fatto vecchio pure lui, ma è sempre bello. E forte. Ha dovuto smettere di fare il pescatore, sai? Il trabocco di zi’ Masino se l’è comprato uno che vuol farci un ristorante.»
Il ritmo del suo respiro, si regolarizza. Succede sempre quando le racconto del mondo là fuori. Chissà se davvero capisce quello che le dico, non mi importa. Rispondo alle domande che immagino vorrebbe farmi.
«No, mamma, non si è sposato. Per campare adesso racconta le storie di pesca ai turisti. Lo hanno persino intervistato alla televisione!»
Sbatte le palpebre. Un raggio di luce la colpisce taglio. Mi alzo per riaccostare lo scuretto.
«Lo sai, mamma, che giorno è oggi? È San Giovanni.»
Lei sembra scuotersi. Gira piano la testa verso di me. Frugo dentro la borsa e le mostro il legno che ho raccolto.
«Guarda che ho trovato stamani sulla riva! Lo riconosci?»
Una lacrima le riga il viso.
«Patrete affucò…»
Mi chino per abbracciarla e lei mi sfiora la guancia con un’accenno di carezza.
Mamma Rosa c’è ancora. Ne sono certa.
La stringo forte prima di vederla ripiombare nel solito torpore.
Sulla spiaggia, giù al trabocco, c’è un capannello di persone. Affretto il passo, attraverso la lunga passerella di legno raggiungo la tavolata dove c’è il casottino che un tempo fungeva da rimessa degli attrezzi per la pesca. Da quel punto si allargano a ventaglio sul mare quattro lunghi pali ai quali è appesa una rete; mi è sempre sembrata una gigantesca ragnatela.
Francesco, coi calzoni a mezza gamba, la camicia con le maniche arrotolate fino al gomito e il cappello, sembra un personaggio uscito da un album di fotografie degli anni cinquanta.
Parla in dialetto, ma la gente annuisce ascoltandolo a bocca aperta.
«Questo è stato nu trabocco che ha campato tante famiglie. Prima si lavorava pe’ campà, pe’ se sfamà. Venevano i contadini da l’entroterra e facevano a cagna merce co’ lu pesce. I pescatori glie devano lu pesce e loro glie devano la farina, lu vine, robbe da mangià…»
I suoi occhi chiari, esaltati dall’abbronzatura selvaggia, scintillano al ritmo delle onde.
Mi lascio cullare dalla sua voce profonda e dall’incanto del luogo. Deve avermi notata tra la folla, s’interrompe per un attimo, non mi ero spinta fino a quassù prima di oggi.
Gli faccio un piccolo cenno con la mano. Ricambia e accelera il racconto.
Appena il gruppo di turisti si allontana, mi raggiunge.
«Gioani’, che succede?»
Apro la borsa e tiro fuori il pezzo di legno.
Francesco l’osserva con attenzione, lo sguardo rimbalza veloce dal legno a me.
«L’ho raccolto sulla riva dopo che sei andato via… Francesco, il mare ci ha risposto davvero!»
Mi sorride sornione.
È in quel momento che noto uno schizzo di vernice turchese sulla sua camicia. Lo guardo storto.
Lui, invece, mi scosta una ciocca di capelli dall’orecchio e mi sussurra:
«Non ti sembra che sia l’ora di lasciarli andare in pace e pensare un po’ a noi?»
Mi abbraccia forte.
Sento mancarmi il respiro, chiudo gli occhi e dischiudo le labbra. Non importa se non abbiamo più quindici anni, ci baciamo a lungo e le lancette girano all’indietro rincorrendo il tempo perduto.
«Ti amo, Gioani’. Ti ho sempre amata, perché non mi sposi?»
Mi stacco da lui. Il pensiero di mia madre in quello stato è come una nuvola carica di pioggia che oscura l’orizzonte.
Francesco mi legge nello sguardo. Cerca la mia la mano: «Ti aiuterò a occuparti di Rosa, tanto di figli non ne possiamo più avere, quindi che problema c’è?»
Sorrido. Ho sempre amato la sua ironia.
Il trabocco è come la nostra storia: fragile in apparenza, ma così forte da resistere alla furia del mare e del tempo.
«Sì…» È l’unica parola che riesco a dirgli prima di coprirlo di baci.
Chi l’ha detto che il tempo non torna più?
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
2@Monica wrote: «E ridi un po’, che fai sempre il broncio!»Però lui, da dietro, come faceva a vederle il broncio?
Un brivido mi corre lungo la schiena. Non ho bisogno di voltarmi per sapere chi mi sta parlando.
@Monica wrote: e così in cambio del pescato si dovevano accontentare di ciò che restava da barattare ai contadini: a volte un mazzo di cipolle, qualche patata, un pugno di mais, un paio di uova nel migliore casi. La farina di grano era la più richiesta e riuscivano di rado a ottenerla. Così, per noi, mangiare del pane bianco o della pasta era quasi impossibile.Lo precisi alla fine, ma meglio metterlo anche la prima volta che ne parli.
@Monica wrote: Dopo alcuni giorni di tempesta, la distesa d’acqua sembrerebbe immobile se non fosse per le carezze intermittenti della risacca sui nostri piedi.Questa è l'immagine che ho preferito: brava!
@Monica wrote: Papà si preoccupava sempre che mangiassi poco, diceva che quando sarebbe stato il momento non avrei avuto figli sani se restavo così magra.Mi sembra stonata quella preoccupazione del padre, visto il poco cibo che poteva fornire alla famiglia.
@Monica wrote: allungo lo sguardo in cercando d’individuare in lontananza la sagoma di Francesco. Mi rendo conto che ormai è inutile chiamarlo e poi si è fatto tardi. È ora di rientrare anche per me.da togliere
@Monica wrote: Tiro su col naso, mi asciugo gli occhi coi palmi e salgo gli scalini a due a due.Qui la protagonista non sembra avere più di quarant'anni...
Apro gli scuri e scosto le tendine per far entrare un po’ di luce nella stanza.
@Monica wrote: «Si è fatto vecchio pure lui, ma è sempre bello. E forte.Quindi? Sui cinquant'anni?
@Monica wrote: con un’accenno di carezza.un accenno
@Monica wrote: Ci guardiamo intorno, la spiaggia è ancora deserta. Un piccolo cenno complice e, all’unisono, gridiamo: «Ritorna! Ritorna!»Bella pensata l'idea del ritorno una volta all'anno e il rito del "Ritorna" della principessa della favola. Anche in tema di Contest.
Proprio come gridava la principessa della leggenda. Tutti i giorni lei si recava sullo scoglio più lontano di Ortona guardando il mare in attesa del ritorno del suo pricipe. I pescatori che passavano con le loro barche la sentivano piangere e invocare: “Ritorna, ritorna!”.
Un giorno il mare se la portò via e lei poté raggiungere il suo amato.
Così, una volta all’anno, io Francesco c’incontriamo per chiedere al mare di restituirci i nostri padri. O almeno qualcosa di loro.
@Monica wrote: uardando il mare in attesa del ritorno del suo pricipe. I pescatori che passavano con le loro barche la sentivano piangere e invocare: “Ritorna, ritorna!”.piccolo refuso
wrote:Deve avermi notata tra la folla, s’interrompe per un attimo, non mi ero spinta fino a quassù prima di oggi.Invece della punteggiatura che hai scelto, ti suggerisco:
"Deve avermi notata tra la folla, e s'interrompe per un attimo: non mi ero spinta fino a quassù prima di oggi."
@Monica wrote: Francesco mi legge nello sguardo. Cerca la mia la mano: «Ti aiuterò a occuparti di Rosa, tanto di figli non ne possiamo più avere, quindi che problema c’è?»Un bel finale per una storia d'amore d'altri tempi, quando si anteponevano alla propria felicità (con naturalezza e senso del dovere) gli impegni verso la famiglia di origine.
Sorrido. Ho sempre amato la sua ironia.
Il trabocco è come la nostra storia: fragile in apparenza, ma così forte da resistere alla furia del mare e del tempo.
«Sì…» È l’unica parola che riesco a dirgli prima di coprirlo di baci.
Chi l’ha detto che il tempo non torna più?
Belle immagini e delicatezza nello scrivere. Una bella lettura.


Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
3Grazie a te @Poeta Zaza per la lettura e le preziose correzioni 

Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
4Poeta Zaza wrote:Sono d'accordo, infatti non avevo capito bene cosa intendessi dire.
Lo precisi alla fine, ma meglio metterlo anche la prima volta che ne parli.
Non mi dilungo sugli altri accorgimenti già suggeriti da @Poeta Zaza e passo subito al commento generale sulla storia. La trama scorre in modo gradevole, volevo solo leggere l'incipit e riprendere la lettura in seguito, invece sono arrivata fino alla fine: buon segno, no? Direi ottimo. La tua è una storia che comprende tante storie, uno spaccato di vita di un antico borgo marinaro. Ho notato perfino "l'evoluzione" dal lavoro faticoso e rischioso del pescatore all'arrivo del turista al quale non resta che raccontare la storia del tempo che fu. Poi c'è la depressione della madre, tutto ben descritto con poche pennellate. E ancora la vendita del trabucco (la perdita di antichi mestieri), tutto uno scenario sul quale si muovono i tuoi personaggi. Un quadro completo e coerente, una narrazione fluida che prende il lettore per mano e lo conduce nella vita di questo luogo dove oltre che per la perdita (la morte due due padri), la malattia (la depressione della madre), il cambiamento della vita lavorativa (Francesco che diventa "un incanta turisti"), c'è posto per l'amore, quello nato molti anni prima e che la vita, con le sue prove durissime, ha reso fin troppo timido.
Una storia toccante, dove l'amore è consolazione della sofferenza, più forte della sofferenza. Seppure in ritardo trova la forza per manifestarsi, perchè l'amore è così, più grande di ogni difficoltà. Molto bello anche il riferimento alla canzone (anch'io la amo moltissimo).
Bella storia, scritta bene. L'ho molto apprezzata.
Brava.
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
6Ciao @@Monica. Bel racconto. Io avrei evitato la "limonata tra i due" stante le dentiere che abbondano a quella età! <3 

Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
7@@Monica
Voglio chiedere a Poldo se in esergo a questo Labocontest può affiggere Matteo, 7,1-5:
"Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello".
Detto questo, comincio. Guardato nel suo insieme, il racconto presenta una storia in cui l'amore è ben presente: solido, pacato, sobrio, riguardoso. Tutto è sussurrato: ed è giusto che sia così, perché l'indigenza, la fatica di vivere e la morte aleggiano su ogni frase.
Durante la lettura, mi sono venuti in mente due romanzi famosi: I Promessi Sposi e I Malavoglia. Anche nel tuo racconto una sorta di 'Provvidenza' raccorda il tutto e ciò conferisce al testo un'aura d'altri tempi molto piacevole.
Quello che manca, a mio modestissimo parere, è il brivido dell'inatteso. I due, sin da piccoli, appaiono come "promessi sposi": devoti l'uno all'altra (il dono del pane raffermo), timidi riguardo ai sentimenti (nessun bacio per timore di essere visti); inoltre, l'aver cristallizzato l'evento nefasto conduce, anno dopo anno, alla cristallizzazione delle loro stesse vite: come se non avessero mai vissuto.
Un aspetto del testo che mi sento di segnalarti (sempre tenendo ben presente l'esergo di cui sopra) riguarda il ricorrere di 'luoghi comuni', quelle scorciatoie che spesso prendiamo abbandonando l'occasione di scegliere parole nuove, sfavillanti.
Mi sono permessa di elencare qui sotto quelli che ho notato. Credo che evitare i luoghi comuni sia uno degli aspetti più difficili della scrittura:

Voglio chiedere a Poldo se in esergo a questo Labocontest può affiggere Matteo, 7,1-5:
"Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello".
Detto questo, comincio. Guardato nel suo insieme, il racconto presenta una storia in cui l'amore è ben presente: solido, pacato, sobrio, riguardoso. Tutto è sussurrato: ed è giusto che sia così, perché l'indigenza, la fatica di vivere e la morte aleggiano su ogni frase.
Durante la lettura, mi sono venuti in mente due romanzi famosi: I Promessi Sposi e I Malavoglia. Anche nel tuo racconto una sorta di 'Provvidenza' raccorda il tutto e ciò conferisce al testo un'aura d'altri tempi molto piacevole.
Quello che manca, a mio modestissimo parere, è il brivido dell'inatteso. I due, sin da piccoli, appaiono come "promessi sposi": devoti l'uno all'altra (il dono del pane raffermo), timidi riguardo ai sentimenti (nessun bacio per timore di essere visti); inoltre, l'aver cristallizzato l'evento nefasto conduce, anno dopo anno, alla cristallizzazione delle loro stesse vite: come se non avessero mai vissuto.
Un aspetto del testo che mi sento di segnalarti (sempre tenendo ben presente l'esergo di cui sopra) riguarda il ricorrere di 'luoghi comuni', quelle scorciatoie che spesso prendiamo abbandonando l'occasione di scegliere parole nuove, sfavillanti.
Mi sono permessa di elencare qui sotto quelli che ho notato. Credo che evitare i luoghi comuni sia uno degli aspetti più difficili della scrittura:
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmUn brivido mi corre lungo la schiena.
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmDiventi ogni anno più bella
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmcon la prima brezza dell’alba a scompigliarci i capelli e lo sguardo perso nelle sfumature rosate del giorno nascente
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmriesco ancora a sentire il calore della sua mano che stringeva forte la mia. Non riuscivo a udire altro che il battito veloce del mio cuore. Quanto avrei voluto che mi baciasse.
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmMi voltai di scatto
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmLa notte non riuscii a chiudere occhio
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmIl mare brilla sotto i primi raggi del sole
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmÈ fragile e leggera come un uccellino.
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmI suoi occhi chiari, esaltati dall’abbronzatura selvaggia, scintillano al ritmo delle onde.
Mi lascio cullare dalla sua voce profonda e dall’incanto del luogo
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmSento mancarmi il respiroQui sotto sono rimasta ferma un bel po', in quanto non riuscivo proprio a capire perché si nominassero uova e farina. Ho capito solo alla fine, quando citi i contadini. Lo anticiperei, in un modo o nell'altro.
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmI nostri genitori arrivavano sempre quando già faceva scuro; a quell’ora gli acquirenti migliori se n’erano già andatiManca la n:
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmdel suo pricipe.Qui sotto spazio dopo i due punti:
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmdare peso:“MenoLa virgola andrebbe non prima, ma dopo "diceva":
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmreti”, diceva e poi Filuccio,Splendida!
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmuna preghiera antica come fosse una formula magica.Uniformare: poco sopra la z è maiuscola.
“Santa Barbara benedetta nun fa calà né furmene né saetta, se proprio a da calà, falla calà in una valle oscura dove non ci sta nisciuna creatura.”
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmzi’ MasinoQui sotto la virgola non ci vuole, perché separa il soggetto dal verbo:
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmIl ritmo del suo respiro, si regolarizzaManca "di":
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmUn raggio di luce la colpisce taglio."un" senza apostrofo:
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmcon un’accenno di carezzaBisognerebbe scrivere "anni Cinquanta", con la maiuscola:
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pmdegli anni cinquantaLa frase seguente è bella: semplice e diretta.
@Monica wrote: Mon Jun 10, 2024 2:42 pm«Ti amo, Gioani’. Ti ho sempre amata, perché non mi sposi?»Grazie per la lettura e un caro saluto.
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
8Grazie @bestseller2020 del passaggio
e grazie @Ippolita del commento approfondito 
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
9Ciao @@Monica una storia molto malinconica, la definirei blu oltremare più che rosa.
A parte gli scherzi mi è piaciuta molto la scrittura, come sempre, e la tua capacità nel rendere immersiva una storia. Quello che non ho compreso appieno è il legame tra Francesco e Gioanì (Giovannina?) nell'arco temporale.
Il racconto inizia con l'incontro dei due da non più giovani. Sembra un incontro fortuito, come se non si vedono da tempo. Ma mi sembra che non abbiano abbandonato il loro paese sul mare. Può succedere, ci sono vicini di casa che non si sono mai visti per una vita intera. Gioanì si è dedicata alla cura della mamma mentre Francesco si è riadattato a vivere nel luogo natio reinventandosi un lavoro.
@Monica wrote: Apro la borsa e tiro fuori il pezzo di legno.Questo passaggio rende più chiare le mie perplessità. Francesco ha voluto dare il segnale che aspettavano da tanto tempo? Ha visto che la sua amata si era chiusa in una forma di stato depressiva con la mamma e ha trovato questo stratagemma come unico modo per cercare di riavere le sue attenzioni?
Francesco l’osserva con attenzione, lo sguardo rimbalza veloce dal legno a me.
«L’ho raccolto sulla riva dopo che sei andato via… Francesco, il mare ci ha risposto davvero!»
Mi sorride sornione.
È in quel momento che noto uno schizzo di vernice turchese sulla sua camicia. Lo guardo storto.
Lui, invece, mi scosta una ciocca di capelli dall’orecchio e mi sussurra:
«Non ti sembra che sia l’ora di lasciarli andare in pace e pensare un po’ a noi?»
Mi abbraccia forte.
Una bella trovata con una previsione azzeccata.
Piaciuta.
Alla prossima
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
10Grazie @Kasimiro
Kasimiro wrote: Il racconto inizia con l'incontro dei due da non più giovani. Sembra un incontro fortuito, come se non si vedono da tempo. Ma mi sembra che non abbiano abbandonato il loro paese sul mare. Può succedere, ci sono vicini di casa che non si sono mai visti per una vita intera. Gioanì si è dedicata alla cura della mamma mentre Francesco si è riadattato a vivere nel luogo natio reinventandosi un lavoro.Non si tratta di un incontro casuale, i due si trovano ogni anno per San Giovanni sulla “spiaggia della Ritorna” per chiedere al mare di restituirgli qualcosa dei loro genitori. Francesco usa lo stratagemma del legno dipinto per trasformare (finalmente) quell’appuntamento annuale in una storia che duri per la vita.
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
12@Monica wrote: Non si tratta di un incontro casuale, i due si trovano ogni anno per San Giovanni sulla “spiaggia della Ritorna” per chiedere al mare di restituirgli qualcosa dei loro genitori. Francesco usa lo stratagemma del legno dipinto per trasformare (finalmente) quell’appuntamento annuale in una storia che duri per la vita.Ciao @@Monica mi è rimasto però questo tarlo (a volte ho bisogno che mi si spieghi tutto, forse perché non ci arrivo...) Perché non si incontrano con più frequenza visto che c'è un'attrazione, un legame forte, dell'amore da parte di entrambi?
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
13la domanda è più che lecita ma, per risponderti, dovrei scrivere il romanzo… Trattandosi di un racconto brevissimo non posso che appellarmi alla fantasia dei lettori @Kasimiro
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
14Che ti devo dire, @Monica ? Ormai sei una certezza.
Leggerti stavolta è stato come respirare ancora quel salmastro che ormai s'è perso in tante spiagge.
La storia dei due amanti tardivi lascia dentro dolcezza e speranza. Come i colori con cui hai dipinto il loro cielo, anno dopo anno, tra albe e tramonti. Credo che al rosa, depurato da ogni melensaggine, spetti questo.
Solo un'osservazione, lasciamela fare.
Avrei voluto un contrasto un po' più accentuato tra la durezza di queste vite e la morbidezza del loro scegliersi per sempre.
Lo so, la durezza non è nelle tue corde, è il tuo bello e la storia si regge benissimo anche così com'è.
Tuttavia una parola, un aggettivo ombroso avrebbero accentuato il chiaroscuro e quindi la tridimensionalità dei personaggi e della storia.
Quisquilie, niente che mi abbia impedito di godermi tutta la poesia di questa fiaba.
La simpatia di un principe che imbroglia per amore, la generosità della sua principessa, che regala vita e sogni a una madre sfinita dal dolore.
E il lieto fine che lascia una porta aperta alla Stagione Due (con la madre che si rasserena, si trova un toy boy e li butta fuori di casa per goderselo in santa pace... No? Vabbè, era per dire
)
Bello, piaciuto assai
Leggerti stavolta è stato come respirare ancora quel salmastro che ormai s'è perso in tante spiagge.
La storia dei due amanti tardivi lascia dentro dolcezza e speranza. Come i colori con cui hai dipinto il loro cielo, anno dopo anno, tra albe e tramonti. Credo che al rosa, depurato da ogni melensaggine, spetti questo.
Solo un'osservazione, lasciamela fare.
Avrei voluto un contrasto un po' più accentuato tra la durezza di queste vite e la morbidezza del loro scegliersi per sempre.
Lo so, la durezza non è nelle tue corde, è il tuo bello e la storia si regge benissimo anche così com'è.
Tuttavia una parola, un aggettivo ombroso avrebbero accentuato il chiaroscuro e quindi la tridimensionalità dei personaggi e della storia.
Quisquilie, niente che mi abbia impedito di godermi tutta la poesia di questa fiaba.
La simpatia di un principe che imbroglia per amore, la generosità della sua principessa, che regala vita e sogni a una madre sfinita dal dolore.
E il lieto fine che lascia una porta aperta alla Stagione Due (con la madre che si rasserena, si trova un toy boy e li butta fuori di casa per goderselo in santa pace... No? Vabbè, era per dire

Bello, piaciuto assai

Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
15aladicorvo wrote: E il lieto fine che lascia una porta aperta alla Stagione Due (con la madre che si rasserena, si trova un toy boy e li butta fuori di casa per goderselo in santa pace...@aladicorvo
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
16Ciao @@Monica
Un tipo di racconto, un modo di raccontare come mi piace; lineare, chiaro, azioni consecutive ben spiegate.
Si potrebbe scrivere un romanzo sullo stile di Verga, Capuana, Pirandello (sono di gusti un po’ datati). Oggi impazzano altre storie.
Mi piace come hai descritto piccoli gesti come quando Francesco da ragazzo offre alla ragazza un pezzo del suo pane raffermo e lei per quel gesto non riesce più a dormire e mi piace quando i due, sempre da ragazzi, stanno seduti in riva al mare senza osare baciarsi per non essere visti. Trovo ci sia una commovente epicità in questi piccoli, umili gesti d’amore, paura, desiderio, cose che oggi non esistono quasi più.
Anche la perdita dei genitori dei due ragazzi ha il sapore d’altri tempi, non paragonabili ai mari e alle peregrinazioni di oggi. Pescatori usciti in barca dal loro paese per la pesca e mai più ritornati.
È bello il particolare del ritrovamento del pezzo di barca del padre della ragazza, Gioanì, anche se c’è il forte sospetto che con il colore turchino di alcune lettere c’entri qualcosa Francesco, ma non si sa con certezza e in fondo non ha poi tutta questa importanza.
Una storia evocativa di tempi diversi, passati, che pure sono esistiti, gente ha vissuto, sofferto, amato, sperato
Una storia delicata, pulita, scritta bene.
Molto brava, complimenti.
Grazie per questa lettura.
Un tipo di racconto, un modo di raccontare come mi piace; lineare, chiaro, azioni consecutive ben spiegate.
Si potrebbe scrivere un romanzo sullo stile di Verga, Capuana, Pirandello (sono di gusti un po’ datati). Oggi impazzano altre storie.
Mi piace come hai descritto piccoli gesti come quando Francesco da ragazzo offre alla ragazza un pezzo del suo pane raffermo e lei per quel gesto non riesce più a dormire e mi piace quando i due, sempre da ragazzi, stanno seduti in riva al mare senza osare baciarsi per non essere visti. Trovo ci sia una commovente epicità in questi piccoli, umili gesti d’amore, paura, desiderio, cose che oggi non esistono quasi più.
Anche la perdita dei genitori dei due ragazzi ha il sapore d’altri tempi, non paragonabili ai mari e alle peregrinazioni di oggi. Pescatori usciti in barca dal loro paese per la pesca e mai più ritornati.
È bello il particolare del ritrovamento del pezzo di barca del padre della ragazza, Gioanì, anche se c’è il forte sospetto che con il colore turchino di alcune lettere c’entri qualcosa Francesco, ma non si sa con certezza e in fondo non ha poi tutta questa importanza.
Una storia evocativa di tempi diversi, passati, che pure sono esistiti, gente ha vissuto, sofferto, amato, sperato
Una storia delicata, pulita, scritta bene.
Molto brava, complimenti.
Grazie per questa lettura.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
(Apocalisse di S. Giovanni)
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
18Ciao @@Monica
devo ammettere che il tuo racconto è uno di quelli che mi è piaciuto di più in gara. Straripa di emozioni, e in un rosa è quel che ci vuole. Tuttavia, l'intreccio della trama non mi ha convinto a pieno. Le vicende che accadono, per come accadono, mi risultano poco realistiche. Avrei fatto incontrare i due più spesso - non mi è chiaro se si incontrano solo una volta l'anno - dato che vivono nello stesso paese; e avrei menzionato anche dei loro altri incontri nel corso dell'anno. Comprendo perché abbiano scelto di non frequentarsi dopo l'incidente, ma avrei parlato anche di loro incontri casuali. Secondo, li avrei fatti arrivare prima alla decisione a cui sono arrivati. Ci sta che passino anni, ma qui parli di vecchietti, mentre trovo più realistico questo cambio di mentalità in età adulta. Più che altro, non mi è chiaro il percorso emotivo precedente che li ha portati a questo punto; avrei mostrato un pochino chi sono nel quotidiano, al di là dell'incidente e della famiglia; oltre all'incidente, che cosa li ha tenuti lontani, tutto questo tempo? Che cosa occupava le loro menti?
Spero di aver messo a parole i miei pensieri
A presto!

Spero di aver messo a parole i miei pensieri

A presto!
Re: [Lab 14] Il tempo non torna più
19Grazie @Minahai ragione da vendere. Ci vorrebbe un romanzo per poter riempire tutti i “buchi!