Un deserto da colorare

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 Sergio spalanca gli occhi, guarda l’orologio: ore cinque e cinquanta, dieci minuti alle sei. I piedi cercano le ciabatte che puntualmente sono assenti, dimenticate chissà dove. Dopo un attimo di esitazione appoggia il piede sinistro e poi anche il destro affronta il pavimento freddo: d’inverno non è cosa semplice, una imprecazione forse può aiutare, così ad ogni passo c’è un’invocazione diversa dall’altra, perché tutto si può dire, ma non che Sergio manchi di fantasia. Dopo quarantacinque anni di fabbrica è un animale  condizionato, anche ora che da anni non ha più il bisogno di alzarsi  spalanca gli occhi, guarda l’orologio e poi, dopo aver maledetto almeno trecento volte la fabbrica, prova a riaddormentarsi.
Quando si alza non accende mai la luce, anche questa è una vecchia abitudine che aveva per non svegliare sua moglie Clara: così procedendo a tentoni l’alluce del piede sinistro incontra qualcosa di duro che fa alzare il volume delle imprecazioni, zoppicando  arriva nel soggiorno dove a momenti cade per colpa di Zue la cagnetta che sentendolo in piedi gli è corsa tra le gambe.
“Maledette pantofole e maledizione anche a te Zue che diamine  vuoi? E’ mai possibile che non possa fare un passo senza averti addosso?”
 Zue lo guarda con occhi languidi come fa un bambino verso la sua mamma, ma a quest’ora anche il cuore pare voler stare sotto le coperte e poi senza occhiali Sergio vede solo ombre; fuori c’è ancora un buio fitto, ma a Sergio basta schiacciare un bottone e in attimo si è fatto giorno in piena notte. Prima cosa da fare è trovare gli occhiali: i soliti posti danno risultato uguale a zero, Sergio bofonchia qualcosa tra i denti di poco comprensibile, è un dialogo interno che esce a metà tra una cantilena e una bestemmia.
Si siede e Zue gli si avvicina, scodinzola come se volesse giocare. Sergio sospira poi gli viene in mente che non ha ancora ispezionato il bagno: si alza e percorre i pochi metri che lo separano dal bagno mentre Zue, intuendo dove vuole andare, lo precede.
“Stai ferma maledetta” ringhia Sergio.
Zue si mette in piedi su due zampe come se si aspettasse di ricevere una carezza. Sergio la oltrepassa, controlla il piccolo bagno ed eccoli finalmente. Inforcati gli occhiali tutto appare nei giusti contorni e la piccola ispezione visiva lo mette a disagio: lo specchio è da pulire, cosi come la piccola doccia, troppe cose appoggiate e non messe a posto, quel posto sa più di magazzino che di casa. Sergio sospira: da domani niente scuse, comincerà proprio dal bagno, ne sembra convinto e il pensiero pare messo a memoria, ma lui stesso non metterebbe la mano sul fuoco su quello che pensa sul momento e quello che farà domani. Zue rimane sulla porta ad attenderlo e quando Sergio esce dal bagno si sposta.
“Dovrei aver le ali, cosa ne pensi Zue? Sarebbe comodo essere senza peso, senza questo ginocchio che mi fa male, pensa, potrei prendere a calci nel sedere un po’ di persone.”  
 Si mette una sigaretta in bocca, non fuma più, lo ha giurato, ma gli piace assaporarne il peso sulle labbra. “Lo sai Zue che ho messo quella impicciona della portinaia, la cara signora Rosa, al numero due nel mio quaderno rosso?  Non mi chiedi perchè? Ovvio lo so benissimo che non puoi parlare, allora ascoltami. Ieri passando davanti alla guardiola ha detto a bassa voce a quella del terzo piano: - Passa il vedovo allegro. La megera credeva che non la sentissi, mi ha preso per uno di quei vecchi rimbambiti piagnucolosi , quelli che camminano ormai inclinati verso terra, che si perdono persino al supermercato e si fanno ripetere le cose dieci volte.”
Sergio posa la sigaretta e fa quasi una smorfia.
“Su di me non lo deve neanche pensare, lo sai mia cara quanti piegamenti faccio? Sono arrivato a venticinque, ma posso senza troppo faticare arrivare a trenta. Ho chiesto a Carlo, il ventenne del terzo piano, quanti ne fa e lui mi ha detto cinquanta, non sono cosi lontano, devo solo allenarmi di più. Che ore sono? E’ proprio vero che i vecchi dormono poco e male.”  
 Zue nel frattempo scodinzola afferra una pallina e la porta a Sergio che la rimette a posto, a quest’ora al massimo si dorme non è tempo di giocare. Lei lo scruta con occhi attenti.
“Mia cara se qualcuno mi vedesse che a quest’ora sono seduto a parlare con un cane mi internerebbe e io stesso non gli darei torto. Comunque visto che ho solo te ascoltami che c’è da ridere: sono tornato a casa tre ore dopo la messa in ricordo del povero Giulio. Sono rimasto fuori dalla chiesa, per una ragione di coerenza: Giulio la pensava come me poi all’ultimo si è convertito e questo non l’ho mai capito, ma era un buon amico. Torniamo a noi: appena giunto nell’androne di casa Rosa è uscita dalla guardiola e con il suo solito fare mellifluo  mi ha detto: - Ha sentito che rumore ieri sera al secondo piano? Urlavano è impossibile che non li abbia sentiti,  sembrava di essere allo zoo, sembravano una coppia tranquilla e invece chissà che giochi fanno. E poi dicono male di me, se parlo con un uomo apriti cielo, ma con lei sto tranquilla anche se certo è proprio un bell’uomo.
Cara Zue l’ho guardata sdegnato e poi le ho risposto annoiato e distante la prima cosa che mi è passata per la testa.
- Signora io appena posso esco la sera e torno a casa tardi e se qualcuno urla non lo sento. E sai cosa mi ha detto quella spudorata guardandomi con quel fare da donna vissuta?
 - Dove va di bello, non ci sarà mica di mezzo qualche donna? Guardi che sono gelosa.  
Hai capito la maliarda, voleva sapere cosa faccio, se ho qualche donna, e pensare che ne ha di problemi la cara vedova, ma si vede che le fa gola la mia casa ormai ho capito come ragiona, ha già fatto i suoi calcoli pensando questo vecchio è al capolinea, con due moine me lo compro, mi prendo la casa e mi ci metto con mio figlio e mia nuora. Stavolta ha sbagliato bersaglio lo sai cosa le ho risposto?
- Signora la informo che ho amato solo mia moglie che è morta purtroppo da dieci anni  e poi non sono mai solo ho le mie pistole che mi fanno compagnia, spero sempre d’incontrare qualche ficcanaso per mostrargliele.”
Zue guarda Sergio che intanto la spazzola: meglio cento volte un cane che un impostore in casa, quella megera non ha rispetto per Clara mia moglie, certo mai la tradirei con una come lei. L’esperienza mi ha fatto capire che certi vasi restano vuoti anche se li riempi, dunque prima o poi dovrò rimetterla al suo posto. Zue sembra aver perso interesse al racconto di Sergio, si avvicina alla porta del balcone e comincia a guaire.
Sergio la guarda: “Non mi dirai che devi fare i tuoi bisogni, te lo scordi che a quest’ora ti porto fuori, fa troppo freddo e poi non si sa chi si può incontrare.”  
Zue lancia un piccolo abbaio, Sergio seccato si avvicina.
“Non abbaiare che in questo condominio ogni foglia che cade diventa un terremoto nella bocca di chi si lamenta.”  
Sergio apre il balcone: Zue attende un attimo ad uscire, il freddo è pungente anche per lei, poi prende coraggio ed esce, annusa l’aria, fa tre giri su se stessa e si accovaccia. Sergio ha già preso la paletta e attende di fare il lavoro ingrato di tirar su i suoi escrementi: appena Zue rientra lui esce per raccoglierli piegandosi con fatica. Una volta in piedi guarda fuori: il cielo pare un oceano capovolto, in basso invece i pochi alberi spogli hanno rami nudi che si allungano verso l’alto, intorno c’è un silenzio da film senza il volume con qualche luce di macchine che passano illuminando per poco il muro del buio. La mano destra che sostiene la paletta ha uno scatto, un gesto secco e gli escrementi volano via, Sergio li vede fare una parabola e poi precipitare verso la porta d’ingresso del palazzo.
“Domani mia cara scrivo una lettera di reclamo all’amministratore: la strada va pulita o per Dio non pago più le spese.”  
 Il freddo, per quanto coperto, gli è entrato anche sotto il pigiama invernale. La notte che resta passa lenta come un treno regionale: qualche fermata al bagno, qualche sosta su qualche pensiero da scacciare.  
Ore 8: Sergio è in piedi, un po’ di musica per dimenticare il silenzio della notte, qualche informazione sul mondo, un po’ di latte, cinque biscotti, tre noci e Sergio è pronto ad uscire. Prima fa i soliti venti piegamenti con le gambe, lo fa con la disciplina di un militare , ma soffrendo, perché da tempo il ginocchio sinistro dolora, così ad ogni piegamento Sergio parla come se il ginocchio lo potesse udire. 
“Maledetto ginocchio non mi ostacolare, lo faccio anche per te, ricordati che comando io, se ti dico scendi   tu ubbidisci.”  
La mattina passa con i soliti riti quotidiani : una piccola spesa al supermercato e intanto lesto mette due, anzi tre generi alimentari in tasca, poi calmo, con nonchalance fa un altro giro e si avvicina alla cassa. Conosce la cassiera, abitava nel suo palazzo, riesce anche a fare due battute e a salutare la guardia che placido lo ricambia.
“Anche questa è fatta  mia cara Zue , questi affamatori usano la legge del cibo per farti inginocchiare a qualsiasi offerta. Vedi mia cara noi non rubiamo, ma preleviamo ricorda Zue i ladri rubano noi riequilibriamo il divario che c’è tra noi e quelli che comprano champagne e ostriche. Piuttosto hai visto che carina è diventata  la cassiera?  Mi sa che il divorzio l’ha fatta rifiorire. Oh Santa Maria Vergine, non mi guardare con quegli occhi languidi non metto nessuno avanti a te ”.
Ore 11.30: Appuntamento dall’avvocato dove dopo averlo più volte provocato con varie battute  fastidiose  riceve in cambio il solito sguardo distaccato come se stesse parlando al vento da una finestra aperta. 
“Ho capito, come sempre ho perso il mio tempo” dice Sergio “qui non si porta a casa niente di sostanzioso.”  
L’avvocato Palmiri non si scompone, si aggiusta gli occhiali: “Signor Berti, lei vuole fare cause lunghe e difficili, aggiungo, spesso anche inutili con la pretesa che si risolvano in poco tempo, ma se non si fida può andare a chiedere ad altri colleghi, anche se non credo avrà risposte differenti.”
Sergio si fa serio, perdere l’avvocato è non avere un appuntamento settimanale contro la noia, veloce  risponde: “Ormai sono affezionato alla sua incompetenza e poi siamo sinceri se devo essere fregato preferisco uno che ormai conosco a qualche  sconosciuto.”
L’avvocato lo guarda quasi con simpatia, ormai ha imparato a conoscere l’ironia caustica di quest’uomo,  ma mantiene la solita compostezza.
“Venga settimana prossima che vedremo se qualcosa si è sbloccato.”
“ Zue andiamo, ci vediamo settimana prossima” poi interloquendo con Zue a bassa voce “aspettano che muoio così gli arretrati se li spartiscono tra loro.”  
 Sergio arriva ad un parco: Zue si agita, ha visto Tommy il suo grande amore. Ormai si conoscono da tempo ed  è stato subito  un colpo di fulmine, Sergio non vuole cuccioli e la tiene, ma Zue oggi non sente ragione, l’amore trasforma le colombe in falchi e alla fine si libera dal collare. Sergio cerca di prenderla, ma lei scappa lontano, il padrone di Tommy aiuta Sergio che è in panico, ma ormai Zue sembra aver messo le ali. Dopo due ore si è radunato un gruppo: tutti cercano e aiutano Sergio, ma Zue non si vede e per quanto tutti la chiamino l’orizzonte pare vuoto. Sergio dopo ore di inutili ricerche è distrutto, ha voglia di piangere, ma ha troppa vergogna per farlo in pubblico, è stanco, pare che il sangue che circola nelle sue vene si sia trasformato in un liquido urticante che gli toglie il fiato.
Il padrone di Tommy prova a rincuorarlo poi senza sentire ragioni lo accompagna fin sotto casa, ma Sergio neanche sa di averlo accanto. Davanti al portone l’uomo gli da il suo numero di telefono in caso potesse essere d’aiuto, Sergio lo fa annegare dentro il vuoto della sua tasca poi apre il piccolo portone e quando lo chiude lascia alle spalle il pudore e scoppia in una pioggia di lacrime.
 La notte la passa vestito sulla poltrona  con il telefono appoggiato sul mobiletto pronto a scattare in caso qualcuno l’abbia trovata magari leggendo l’indirizzo che ha sul collare. Passa due giorni a cercare Zue da tutte le parti senza alcun  risultato: ha messo nel parco ben cento foglietti con scritto ricompensa a chi da qualche notizia, ma nessuno chiama se non qualche maledetto per prenderlo in giro. E’ la stessa storia di Clara, l’ha persa: forse c’è ancora una piccola speranza, anche se qualcuno l’avesse presa lei saprebbe tornare verso casa, deve mettercela tutta stavolta è sola, deve tornare da lui, perché lui la conosce, ormai sa tutto di lei come Zue sa tutto di lui ed è bene che sappia che chiunque le prometta di più di quello che lui le dava è un bugiardo. 
Chi ogni giorno è capace d’inventarsi un nuovo nemico? Il libretto non mente, c’è da divertirsi: ovviamente ci sono nomi anche per lei, Sergio aveva provveduto a infilare nel libretto anche i cani che non le piacevano, a cui mostrava i denti, i nemici tengono caldo anche nell’inverno più rigido, con un nemico ci si distrae e non si è mai soli.
Si veste perché di dormire non se ne parla, ha un male che si diffonde perfino nelle ossa. Chiude la porta e sente che i suoi vicini fanno festa, ma come, non sanno che lui sta soffrendo?  Gli viene l’istinto di colpire quella porta con violenza o di infilarli di diritto nel suo libretto, ma poi ci ripensa, cosa pretende che per un cane scomparso si possa zittire la voce della vita?  Domani forse cambierà idea e li metterà nel suo libretto, ma a pensarci non sono nemici veri, per entrare nel suo libretto c’è necessità di nemici autentici, esempio  chi usa parole arzigogolate per raggirarti, i boriosi, i prepotenti.   
Quindici anni e sei mesi per l’esattezza che non usciva la sera, l’aria fredda invernale sveglia e affretta il passo, i piedi si muovono e lui li segue, senza nessun ordine, con nessuna meta in testa, solo con la voglia di mettere metri tra sé e i suoi pensieri.  Con la mente affollata si mette le mani in tasca, le dita cercano sperando di trovare qualche spicciolo e riemergono con un relitto da tempo affondato, la bozza del volantino  da portare in copisteria. Sergio la guarda, forse andava aggiunto qualcosa, legge il nome di Zue e lo ripete ad alta voce, poi appoggia il volantino su una macchina, s’aggiusta il cappello e torna verso casa: domani ha da lavorare, ha ancora tanti  volantini da appendere e un milione di cose da dire verso l’indifferenza del cielo.      

Re: Un deserto da colorare

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Sarano ha scritto: Zue virgola nel frattempo scodinzola virgola afferra una pallina e la porta a Sergio che la rimette a posto, 
  ha scritto:“Mia cara virgola se qualcuno mi vedesse che a quest’ora sono seduto a parlare con un cane mi internerebbe e io stesso non gli potrei dare darei torto. 
Sarano ha scritto: Torniamo a noi: appena giunto nell’androne di casa virgola Rosa è uscita dalla guardiola e con il suo solito fare mellifluo  mi ha detto: - 
Sarano ha scritto: - Signora virgola io appena posso 
Sarano ha scritto: ma si vede che le fa gola la mia casa due punti ormai ho capito come ragiona, ha già fatto i suoi calcoli pensando che questo vecchio è al capolinea, con due moine me lo compro
Sarano ha scritto: e poi non sono mai solo due punti ho le mie pistole che mi fanno compagnia
Sarano ha scritto: “Non abbaiare che in questo condominio ogni foglia che cade diventa un terremoto nella bocca di chi si lamenta.”  
Divertente, sì. 
Sarano ha scritto: se ti dico scendi   tu ubbidisci.”  
Nota gli spazi lasciati dopo "scendi"
Sarano ha scritto: una piccola spesa al supermercato e intanto lesto mette due, anzi tre generi alimentari in tasca, poi calmo, con nonchalance fa un altro giro e si avvicina alla cassa. Conosce la cassiera, abitava nel suo palazzo, riesce anche a fare due battute e a salutare la guardia che placido lo ricambia.
Mi sembra strano che non sia suonato l'allarme all'uscita: i prodotti che non vengono passati allo scanner del cassiere fanno attivare l'allarme.
Sarano ha scritto: Vedi mia cara noi non rubiamo, ma preleviamo ricorda Zue i ladri rubano noi riequilibriamo il divario che c’è tra noi e quelli che comprano champagne e ostriche
Questa frase sopra, che non ti correggo, è indicativa del tuo ignorare la punteggiatura per fare un discorso filato. Per me non è corretto.
Sarano ha scritto: Appuntamento dall’avvocato dove dopo averlo più volte provocato con varie battute  fastidiose  riceve in cambio il solito sguardo distaccato come se stesse parlando al vento da una finestra aperta. 
Idem come sopra.
Sarano ha scritto: l’uomo gli da il suo numero 

Sarano ha scritto: con scritto ricompensa a chi da qualche notizia, 
Sarano ha scritto: Chi ogni giorno è capace d’inventarsi un nuovo nemico? Il libretto non mente, c’è da divertirsi: ovviamente ci sono nomi anche per lei, Sergio aveva provveduto a infilare nel libretto anche i cani che non le piacevano, a cui mostrava i denti, i nemici tengono caldo anche nell’inverno più rigido, con un nemico ci si distrae e non si è mai soli.
Una buona considerazione, originale.

Un racconto sulla giornata in cui un vedovo pensionato, che vive solo con la sua cagnetta, la perde e si dispera. Fa di tutto per ritrovarla e cerca nel frattempo di non perdersi d'animo. Scritta con lo stile giusto, senza fronzoli. Ho gradito la lettura.  :libro:

:ciaociao:  @Sarano 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Un deserto da colorare

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Ciao @Sarano è la prima volta che leggo qualcosa di tuo. Mi ha incuriosita il titolo: l’ho trovato piuttosto poetico e mi ha creato una certa aspettativa sul racconto. Alla fine, trovo che questo titolo sia azzeccato.
Per quanto riguarda la storia, una storia di solitudine molto verosimile, ci sono alcuni aspetti sui quali, secondo me, puoi la orare ancora. 
Il racconto inizia con una lunga premessa e la storia tarda a partire. È una sequenza di azioni condite con una buona dose d’ironia ma che alla lunga annoiano.
La storia parte dal momento in cui l’anziano vedovo perde la cagnetta Zue e appena inizia… finisce e pure male. (ma quello ci può stare considerato il tenore del racconto). Ci sono tante ripetizioni, e anche la formattazione presenta degli errori (ad esempio E’ anziché È )  Da rivedere anche la punteggiatura non sempre appropriata. Con un bel lavoro di rilettura e “asciugatura” il testo può guadagnare in fluidità. 
Il personaggio è ben caratterizzato, la portinaia è un po’ troppo “macchietta”. Il finale è affrettato e non rende un buon servizio alla storia.
Sarano ha scritto: Sergio spalanca gli occhi, guarda l’orologio: ore cinque e cinquanta, dieci minuti alle sei.
informazione ridondante, puoi tagliarla.
Sarano ha scritto: una imprecazione forse può aiutare, così ad ogni passo c’è un’invocazione diversa dall’altra
puoi elidere. Un’imprecazione ecc.  a ogni passo (puoi togliere l’eufonica)
Sarano ha scritto: spalanca gli occhi, guarda l’orologio e p
Lo hai già detto all’inizio. Si può asciugare.
Sarano ha scritto: Quando si alza non accende mai la luce, anche questa è una vecchia abitudine che aveva per non svegliare sua moglie Clara: così procedendo a tentoni l’alluce del piede sinistro incontra qualcosa di duro che fa alzare il volume delle imprecazioni, zoppicando  arriva nel soggiorno dove a momenti cade per colpa di Zue la cagnetta che sentendolo in piedi gli è corsa tra le gambe.
Periodo lunghissimo… si fa fatica a leggerlo. Prima di tutto che la moglie si chiamasse Clara non serve saperlo nell’economia del racconto. Puoi eliminare.
Poi la frase è contorta e si avverte la necessità della punteggiatura. Metterei almeno un punto dopo la parola imprecazioni. 
Sarano ha scritto: “Maledette pantofole e maledizione anche a te Zue che diamine  vuoi? E’ mai possibile che non possa fare un passo senza averti addosso?”
Per essere un pensiero è un po’ artificioso. Comunque anche in questo caso manca la punteggiatura. Almeno una virgola prima di Zue.
(…) maledizione anche a te, Zue. Che diamine vuoi? È mai possibile ecc.
Sarano ha scritto: Zue lo guarda con occhi languidi come fa un bambino verso la sua mamma, ma a quest’ora anche il cuore pare voler stare sotto le coperte e poi senza occhiali Sergio vede solo ombre; fuori c’è ancora un buio fitto, ma a Sergio basta schiacciare un bottone e in attimo si è fatto giorno in piena notte. Prima cosa da fare è trovare gli occhiali: i soliti posti danno risultato uguale a zero, Sergio bofonchia qualcosa tra i denti di poco comprensibile, è un dialogo interno che esce a metà tra una cantilena e una bestemmia.
Si siede e Zue gli si avvicina, scodinzola come se volesse giocare. Sergio sospira poi gli viene in mente che non ha ancora ispezionato il bagno: si alza e percorre i pochi metri che lo separano dal bagno mentre Zue, intuendo dove vuole andare, lo precede.
In questo periodo i protagonisti sono Sergio e Zue. Ripetere di continuo i nomi appesantisce la lettura. Proverei a sostituirli con dei pronomi o dei sinonimi.
Per esempio: senza occhiali Sergio vede solo ombre; fuori c’ẽ ancora buio fitto ma a lui basta schiacciare un bottone (meglio “premere un pulsante”) ecc.
Sarano ha scritto: siede e Zue gli si avvicina, scodinzola come se volesse giocare. Sergio sospira poi gli viene in mente che non ha ancora ispezionato il bagno: si alza e percorre i pochi metri che lo separano dal bagno mentre Zue, intuendo dove vuole andare, lo precede.
Periodo contorto. Anche in questo caso puoi sostituire la seconda parola bagno magari utilizzando un sinonimo tipo “stanza”. 
esempio: si alza e percorre i pochi metri che lo separano dalla stanza ecc.
Sarano ha scritto: Il freddo, per quanto coperto, gli è entrato anche sotto il pigiama invernale.
Scritto così sembra che sia il freddo a essere coperto. (Eliminerei l’inciso “per quanto coperto”)
Sarano ha scritto: “ Zue andiamo, ci vediamo settimana prossima” poi interloquendo con Zue a bassa voce ecc.
C’è uno spazio da togliere tra le virgolette ale e l’inizio della frase. Poi, successivamente utilizzi il trattino per i dialoghi. 
Quindi se è un parlato a voce alta dovresti utilizzare il trattino mentre per il “dialogo muto” col cane puoi continuare con le virgolette alte.
- Zue, (la virgola ci vuole perché ẽ un vocativo) ci vediamo la prossima settimana! 

Ci sono comunque delle buone immagini, ma il testo è da revisionare in modo approfondito per poter offrire il meglio. 
Spero di esserti stata d’aiuto.
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