[H23] La strega

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Percorso: Traccia del mistero
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consapevole che i commenti non sono lungherrimi ne metto tre
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La strega

Michela poggia l’ultimo scatolone di vestiti sul pavimento dell’ingresso e si asciuga la fronte con la mano. La canotta nera è ormai zuppa. Le va troppo larga, quando alza le braccia, dai lati, le scopre i seni. Lei non se ne cura e liquida ogni mia rimostranza: già è tanto che mi aiuta in questo trasloco, il terzo dell’anno, capitato d’estate dunque il peggiore, non posso permettermi certe stupide gelosie.
Le cingo i fianchi. Sono sudato a mia volta. È fatta, la roba è dentro. Con calma sistemeremo. Poi. Per intanto la abbraccio. Lei mi spinge indietro. «Dai, sono sudata», dice. Ma appena insisto un po’ si lascia andare e ride. «Vuoi andare a letto prima di averne uno?».
La sera è scesa. Le pareti della nuova casa sono tutte vuote: sembra ancora più notte, sembra che l’aria della sera abbia più spazio per entrare all’interno. Adesso il letto ce lo abbiamo, abbiamo montato giusto quello e il tavolo della cucina.
Mi dispiace per la vita che le faccio fare. Mai in un posto per più di tre o quattro mesi, mai il tempo di piantare radici, di affezionarsi alle persone e alle cose, alle abitazioni. Michela mi ripete che a lei sta bene, che ha scelto così perché questa vita le piace, che non si sente forzata, e dunque io non mi devo sentire in colpa.
«Questa è la nuova casa». Lo diciamo tanto spesso quanto si potrebbe dire: «Questo è il nuovo romanzo che sto leggendo». Anzi, io che leggo poco cambio più case che libri.
Michela invece legge molto, e scrive recensioni che talvolta pubblica su riviste. Ogni tanto la pagano, ma non lo fa per quello; lo fa piuttosto per passione e per tenersi impegnata, dal momento che, decidendo di seguire me, non è più riuscita a trovarsi un lavoro vero e proprio.
A me dispiace anche questo. Per me è importante che ciascuno, in una coppia, abbia la sua autonomia. Ma lei non ne soffre, sembra quasi essere un problema mio.
Io, di mestiere, scatto le foto per Google. Scatto foto alla strada con un obiettivo di 360 gradi posto sulla mia automobile. Ogni strada, ogni viuzza, ogni anfratto percorribile di una determinata area. Mi stabilisco in un posto sinché rincasare dal luogo da repertare non diviene una questione di centinaia di chilometri. Allora mi sposto e ricomincio ad allontanarmi, giorno dopo giorno, dall’epicentro della mia nuova dimora pro tempore. E poi ancora.
Capita che quando ho terminato di mappare l’area assegnatami siano passati anni dalle prime foto, e che mi rimandino a farne di nuove da capo dal punto di partenza. Non siamo in molti a fare questo lavoro, copriamo da soli grandi aree.
Stavolta, però, siamo in un posto dove non ero mai stato.
Ora lei dorme, e io, steso accanto a pensare, la guardo. La luce dell’abat-jour combatte l’invasione della notte, le carezza le gambe e sparge una patina d’ambra sulla sua pelle. Quando capita così, quando la vedo assopirsi e respirare piano, serena dopo le fatiche, piango perché ringrazio il cielo.
*****
Michela, ancora in T-shirt e mutandine, si affaccia all’uscio della villetta per fiutare l’aria. «Bella giornata!», fa, mentre io la tiro dentro per la maglia.
Lo fa apposta, sa che mi da fastidio che si mostri seminuda. È una sfacciata. Lei ride e mi guarda maliziosa, alludendo all’amore di ieri pomeriggio, ancora sudati. Io allora la perdono, perché so che lei è solo per me.
Non riprenderò a lavorare che dopodomani. Decidiamo di dedicare la mattinata a sistemare i mobili e a disfare gli scatoloni, il pomeriggio ce ne andremo in giro a curiosare.
Monte Dolce è un centro minuscolo, situato in un punto strategico per raggiungere i quattro angoli di universo che devo documentare. Milleseicentoventiquattro anime, secondo i dati dell’anno scorso. Quindi metto in conto qualcuno in meno. Perlopiù vecchi. È situato alle pendici dell’omonima montagna. Per un crudele gioco di ombre, vede il sole soltanto da mezzogiorno alle quattordici, quando è estate come adesso. Quando è inverno non oso pensare, magari dall'estremo opposto il sole spunta di notte.
Ad ogni modo, in quel paio d’ore, complice il fiume Roscio che evapora dalla valle, il paese diventa incandescente, stufandosi di un afa che toglie il respiro.
Dopo aver montato la libreria, decidiamo di andare in cerca di un bar.
A quanto pare, nel paese, di bar c’è n’è uno solo, ma è di quelli che piacciono a noi, con i vecchietti che giocano a carte all’esterno, bestemmiando e bevendo vino nonostante la calura, e con una grassa e autoctona signora al bancone. Io vorrei solo qualcosa di fresco, ma Michela, quando c’è un cambiamento, è sovreccitata e le spuntano le corna da diavoletta sulla testa. Insiste che tra due giorni riprenderò il lavoro, e che fino ad allora ci dobbiamo divertire. Prendiamo una Peroni grande in due. Poi un‘altra. Poi vodka.
I vecchietti sono socievoli. E curiosi. Ci chiedono da dove veniamo, come mai siamo finiti in quel buco di culo, fanno facce ammiccanti verso Michela. Noi rispondiamo a tutto, anche agli ammiccamenti, le lingue sciolte dall’alcol, tanto non abbiamo niente da nascondere.
Ci invitano a giocare. Giochi di carte che non conosciamo: “Diavolo rosso”, “Scappa la Marianna”, “Giallo con giallone”. Provano a spiegarci le regole ma non c’è niente da fare. Poco male, intanto che ridiamo, gli uni e gli altri.
Ci ritiriamo molto brilli ma molti rilassati. Ho fatto bene a farmi tentare dalla mia diavolessa. La signora al bancone, tuttavia, nel salutarci, mi lancia uno sguardo che non riesco a decifrare, e che non mi piace.
*****
Il cielo si è coperto. Sembra prepararsi un acquazzone estivo, ma non decide a sfogarsi. Sono metereopatico, quand’è così mi sento pervaso da scosse elettriche e ho le vertigini, tanto più che ho dormito male. L’alcol bevuto ieri fa il resto.
Michela invece è bella attiva, sta legando le corde che tengono su gli scaffali portatili della cucina, costruiti da lei stessa secondo un arguta intuizione.
Sento il bisogno di prendere aria. Le dico che esco due minuti a sgranchirmi le gambe.
La villetta è circondata da quello che avrebbe forse potuto essere un piccolo orto, ma che, nell’incuria, è uno spiazzo di erba polverosa, o di polvere in cui cresce l’erba. Al di là dello steccato vi è un reticolo di stradine, asfaltate da poco, si direbbe. Le lingue nere di catrame sembrano interventi alieni sull’antico terreno dominato dal monte. Ai lati dei reticoli asfaltati, sorgono altre villette simili alla nostra.
Per distrarre l’attenzione dalle vertigini e i disagi del corpo, faccio una cosa che il mio lavoro mi ha insegnato a fare: osservo. Osservo le case, le differenti sfumature di verde che il sole ha impresso sulle facciate, le cose lasciate nei recinti - utensili di lavoro, sedie, poltrone, più raramente giochi di bambini -, le piante sui davanzali, le auto parcheggiate.
Ovviamente osservo anche le persone. Nessuna si mostra espansiva, a differenza dei vecchi al bar. Sembrano piuttosto provare diffidenza per il nuovo venuto. Nessuno mi fa un cenno di saluto. Presso le case del reticolato ci sono più che altro donne. Forse i mariti sono al lavoro, e in loro assenza  non sta bene che le mogli diano confidenza a chi che sia. In fin dei conti è un piccolo paese. Questione di mentalità. Deve essere così.
Le donne: tutte piuttosto pingui, tutte piuttosto flemmatiche nell’intercedere, tutte vestite di grembiuli a quadri o a fiori. Ho provato un disagio finisco che non sono ben riuscito a spiegarmi, se non con i miei disturbi dovuti al tempo e agli stravizi del giorno addietro. Nausea. Nausea per i quadri di stoffa contenenti quei corpi molli. Molli e modellati in serie, come polli di batteria.
Ritornando, passo accanto al più fatiscente degli edifici. Da lì ricevo un saluto, inaspettato: una donna minuta, vestita di nero, diversa dalle altre, agita la mano al mio passaggio. Ne sono felice, ricambio il saluto e rientro a casa.
Michela ha finito di sistemare tutto. Ha anche preparato il pranzo.
Quando tento di giustificare il mio ritardo mi zittisce, mi bacia, e mi conduce a tavola. Dopo facciamo l’amore.
Di nuovo è stesa accanto a me, stavolta alla luce del giorno, e di nuovo me ne commuovo.
Nel pomeriggio sono io che resto a casa, e lei esce a fare due passi per il circondario.
Inizio a preparare il lavoro per l’indomani. La maggior parte della gente mette il navigatore di Google, ma per il lavoro che devo fare domani Google sono io. Un lavoro da poco, in verità, almeno per questi posti in via di spopolamento. È improbabile che la mappa del territorio sia destinata ad allargarsi.
Quando Michela rientra è contenta. Ha chiacchierato con le vicine, si sono dimostrate molto carine e accoglienti. Forse avevo ragione io, forse il problema è rivolgere la parola agli uomini.
Poi Michela mi chiede una cosa strana. Mi chiede se ho fatto qualcosa di ostile nei loro confronti. Rispondo di no, ovviamente. Lei allora si fa seria e mi dice che le hanno descritto un forestiero, mai visto prima, aggirarsi in quelle strade. Le hanno raccomandato di evitarlo assolutamente, perché quell’uomo è pericoloso.
A sentire la descrizione, è l’immagine esatta di me.
*****
Dopo una notte pressoché insonne, oggi non sono partito con la Google-car. Mi fermo ancora un giorno a Monte Dolce.
«Cosa vuol dire “di atteggiamento ostile”», torno a chiedere a Michela.
«Non sapevano dirlo di preciso. L’ho chiesto, ti giuro, con insistenza. Ripetevano che “l’uomo” aveva uno sguardo “preoccupante”. Nient’altro».
Dunque, per le donne del paese, ho uno sguardo preoccupante. Io che non ho mai fatto mai male a una mosca. Hanno descritto a Michela il mio giaccone grigio con il colletto piumato di rosso, i miei capelli biondi a spazzola, i miei occhiali tondi, persino il piccolo tatuaggio del pesciolino sul dorso della mano destra. Sono io senza ombra di dubbio. E le hanno raccomandato di evitarmi.
Michela ne ride. Quale che sia il motivo, mi dice, non c’è ragione di farsene un cruccio. Tanto resteremo poco, come al solito, e in quel poco io sarò fuori, in giro in macchina. L’importante è che siano gentili con lei, così terrà il gioco, e magari parlerà male di me sentendosi accolta.
Perché le persone mi vedono male?
Esco a fare due passi e mi dirigo soprappensiero verso la casa fatiscente della donnina vestita di nero. È vero, finché soggiorneremo qui io sarò per lo più in giro in automobile, ma è proprio perché ho pochi contatti umani che desidero siano decenti.
Ritrovo la donna. Mi saluta. Mi sorride.
Mi avvicino al recinto. Le urlo: «Buongiorno». Lei risponde: «Buongiorno». Solo allora, dalla voce, me ne rendo conto: è una bambina. Quando poi la vedo da vicino, non ho dubbi: è una bambina di non più di dieci anni.
La sua figura minuta, avvolta in un lenzuolo nero usato a mo’ di manto, mi si avvicina e ripete: «Buongiorno».
Ci guardiamo per un un lungo lasso di tempo senza parlare.
«Voi venire a mangiare con me? Ho le carote», mi dice poi.
Le chiedo dei suoi genitori, e lei mi risponde che non li ha e non li ha mai avuti.
Accetto l’invito a pranzo. Mi fa entrare nella casa cadente. È organizzata con criterio, sebbene tutto sembri stia lì lì per crollare su se stesso. Nell’ingresso sono disposte pale, vanghe e un piccolo aratro.
Il pranzo sono due carote a testa.
«Sai, io sono una strega», mi dice.
«Hai dei poteri?», le chiedo.
«No. Una strega non è mica quella. È una che le altre la evitano».
«Con chi vivi?».
«Sola. Anzi, no, con le piante», e così dicendo mi indica un orticello.
«Mangi solo questo?».
«Sì».
«Non hai dei nonni, degli zii?».
«Sì».
«E dove sono?».
«In paese».
«E perché non sei con loro».
«Perché sono una strega».
«E a scuola, ci vai?».
«No».
«Ci andavi?».
«No. Mai andata. Non voglio».
«Come si chiamano i tuoi nonni?».
«Non lo so».
Saluto la bambina, lei mi sorride ancora.
Le gambe mi tremano, mentre mi dirigo alla villetta più vicina.
Quando busso al campanello, la donna che mi riceve non apre la porta, ma la lascia socchiusa, con il gancio di sicurezza inserito, e mi parla da lì.
Le chiedo della bambina della casa vicina, lei taglia corto dicendomi di lasciar perdere. Sto per ribattere quando mi chiude la porta in faccia.
Prendo a pugni la porta. «Mi dica almeno chi sono i suoi parenti», urlo attraverso il legno. Niente.
Riprovo con le case attorno, ma non ho migliore fortuna.
Ho l’impulso di cercare una stazione di polizia. Ma mi dico che la polizia deve pur sapere di questa faccenda, è alla luce del sole. Allora com’è possibile che nessuno sia intervenuto? A meno che la bambina non mi abbia mentito per tirarmi uno scherzo. Deve essere così, i genitori rincaseranno tra poco. Non può essere altrimenti. Rimane l’inspiegabile omertà dei vicini.
*****
Tornato a casa racconto tutto a Michela. La sua reazione mi spiazza. Mi rimprovera di essere andato a disturbare il vicinato. Siamo qui da tre giorni e già recitiamo la parte dei piantagrane.
«Potrebbe esserci una bambina che vive in stato d’abbandono e per te il problema è non disturbare i vicini?», protesto.
Lei scaccia via la questione con un gesto della mano. Ho un brivido: nel suo sguardo c’è lo stesso gelo che ho trovato nello sguardo delle vicine.
Trascorsa qualche ora, esco di nuovo di casa e mi reco dalla bambina. La porta è aperta.
La trovo. Contrariamente a quanto speravo, è ancora sola, e ormai è sera.
Dorme, coperta dal suo lenzuolo. La osservo ai piedi del letto. Se volessi, potrei tranquillamente strangolarla.
Uscendo, con la coda dell’occhio, vedo la sagoma della vicina che mi spia dalla finestra. Me la lascio alle spalle e mi muovo a passo svelto verso il centro del paese.
Anche i vecchi del bar, stavolta, non sono per nulla loquaci. Qualcuno deve averli informati del mio fare domande, perché i più, vedendomi, smontano baracche e burattini e si dileguano.
La donna dietro al bancone, invece, mi guarda come con compassione.
«Lei ha lo sguardo buono», mi dice. «Questo è pericoloso».
Quando le chiedo di spiegarsi meglio mi invita a lasciar stare, anzi, a lasciare il paese. Riesco però a farmi indicare il posto di polizia più vicino.
È a Ficino, un comune a dieci minuti di tornanti. Ci vado con la Google-car. Fosse stato giorno ne avrei approfittato per fotografare il tragitto.
Una volta lì riesco a farmi ricevere da un ufficiale.
Gli spiego di aver trovato una bambina in stato di abbandono, nel comune di Monte Dolce, che vive da sola in una casa pericolante, non va a scuola e, a quanto pare, non ha alcun sostegno sociale.
Lui ascolta, scrive qualcosa, mi ringrazia e dice che posso andare.
Io non me ne vado. Chiedo cosa abbiano intenzione di fare, perché, dalla prossemica, ho tutta l’impressione che l’appuntato abbia fatto finta di scrivere giusto per darmi soddisfazione.
Lui mi risponde che la situazione è a loro ben nota ed è sotto controllo. Io gli dico che a me non sembra proprio. Al che ha una reazione violenta: batte il pugno sulla scrivania, mi dice di non pensare di venir lì a dare ordini a loro, e che è meglio che vada, se non voglio sperimentare alcuni giochi che si fanno nel sottoscala della caserma.
Riprendo l’auto e torno a Monte Dolce.
Quando rincaso, trovo Michela che dorme tranquilla. La sua tranquillità, stavolta, non mi commuove affatto, mi atterrisce.
Forse il mio sguardo, agli occhi degli altri, è sembrato pericoloso perché conserva qualcosa di umano.
Vado dalla strega. Che dorma da sola non mi lascia tranquillo, poco importa lo faccia da anni.
Entrando in casa la sveglio.
«Sei tu!», mi fa, e mi sorride ancora. «Ma non vedi che è notte?».
«Lo so. Scusami per averti svegliato», rispondo.
«Che bello che sei tu, e non uno di quegli altri uomini», dice.
Scrittore maledetto due volte

Re: [H23] La strega

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Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amChe bello che sei tu, e non uno di quegli altri uomini», dice.
L'orrore è tutto in questa frase, @Edu.
Ci hai fatto aspettare, abbiamo letto tutta la storia per scoprire soltanto alla fine in quale schifoso paese sono finiti i protagonisti.
Ho trovato la storia scritta molto bene, bello il rapporto fra i due, la loro intasa.
Hai seminato qua e là diversi indizi per sviarci o per farci intuire la stranezza degli abitanti, quindi un po' di tensione l'ho provata; le donne cicciottelle pettegole e rassegnate, poco femminili, il commissario che fa finta di scrivere... Ma non ho immaginato per nulla come sarebbe andata a finire.
Mi ci è voluto un po' per digerire la mancanza di un vero e proprio finale horror, e non ti ho commentato subito dopo la lettura, ho aspettato, poi ho realizzato: non c'è nessun bisogno di scomodare mostri, fantasmi, zombie ... L'orrore vero è reale, ci sfiora tutti i giorni.
Complimenti a te!  

Re: [H23] La strega

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Eccomi da te, carerrimo @Edu  :)
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amstufandosi di un afa che toglie il respiro.
femminile, quindi: un'afa.
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amdi bar c’è n’è uno solo
ce n'è
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amPoco male, intanto che ridiamo, gli uni e gli altri.
Ti suggerisco:
Poco male fintanto che ridiamo, gli uni e gli altri.
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amCi ritiriamo molto brilli ma molti molto rilassati.
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amSono metereopatico,
meteoropatico
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amun arguta intuizione.
un'arguta
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 ammogli diano confidenza a chi che sia. 
chicchessia
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amVoi Vuoi venire a mangiare con me? Ho le carote», mi dice poi.
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amQuando rincaso, trovo Michela che dorme tranquilla. La sua tranquillità, stavolta, non mi commuove affatto, mi atterrisce.
Forse il mio sguardo, agli occhi degli altri, è sembrato pericoloso perché conserva qualcosa di umano.
Vado dalla strega. Che dorma da sola non mi lascia tranquillo, poco importa lo faccia da anni.
Entrando in casa la sveglio.
«Sei tu!», mi fa, e mi sorride ancora. «Ma non vedi che è notte?».
«Lo so. Scusami per averti svegliato», rispondo.
«Che bello che sei tu, e non uno di quegli altri uomini», dice.
Mi resta, da questo finale, un brivido d'inquietudine che è peggio della lettura di un horror.
Bravo, @Edu, anche per l'originalità del lavoro del protagonista, perfettamente funzionale al racconto.
Anche il nome del paese senza sole fa la sua parte di ipocrisia.

Alla prossima!
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [H23] La strega

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@Edu  ciao!
Complimenti per il racconto, molto bello seppur “poco horror”. 
E’ vero: l’orrore è nell’ultima frase e nell’indifferenza i tutti su una situazione di abuso di minore. Cose purtroppo lette o sentite più volte!

Un unica domanda, perché a un certo punto nelle sguardo di Michela…
Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amc’è lo stesso gelo che ho trovato nello sguardo delle vicine.
?

Cosa intendi dire: che sa e si allinea? Che brutta str..nz@!!

A rileggerti!

Re: [H23] La strega

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ciao @Edu, commento articolato, dato che mi serve per postare.  :asd: 

La strega
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Iniziamo dal titolo. Non ci hai messo troppa fantasia a realizzarlo. Porta subito a identificare Michela come la strega, portando fuori strada. Forse qualcosa di più accattivante avrebbe creato più mistero.
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Michela poggia l’ultimo scatolone di vestiti sul pavimento dell’ingresso e si asciuga la fronte con la mano. La canotta nera è ormai zuppa. Le va troppo larga, quando alza le braccia, dai lati, le scopre i seni. Lei non se ne cura e liquida ogni mia rimostranza: già è tanto che mi aiuta in questo trasloco, il terzo dell’anno, capitato d’estate dunque il peggiore, non posso permettermi certe stupide gelosie.
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Il neretto porta alla conclusione che chi racconta è il protagonista. Quindi ti sei affidato alla capacità di lui di affrontare questo percorso misterioso.
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Le cingo i fianchi. Sono sudato a mia volta. È fatta, la roba è dentro. Con calma sistemeremo. Poi. Per intanto la abbraccio. Lei mi spinge indietro. «Dai, sono sudata», dice. Ma appena insisto un po’ si lascia andare e ride. «Vuoi andare a letto prima di averne uno?».
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Lui mi pare un tipo tranquillo. Racconta scene di vita quotidiana, tra sudore e impulsi sessuali: non è nuova tale rappresentazione, dell'uomo su di giri! :D
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La sera è scesa. Le pareti della nuova casa sono tutte vuote: sembra ancora più notte, sembra che l’aria della sera abbia più spazio per entrare all’interno. Adesso il letto ce lo abbiamo, abbiamo montato giusto quello e il tavolo della cucina.
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Mi dispiace per la vita che le faccio fare. Mai in un posto per più di tre o quattro mesi, mai il tempo di piantare radici, di affezionarsi alle persone e alle cose, alle abitazioni. Michela mi ripete che a lei sta bene, che ha scelto così perché questa vita le piace, che non si sente forzata, e dunque io non mi devo sentire in colpa.
«Questa è la nuova casa». Lo diciamo tanto spesso quanto si potrebbe dire: «Questo è il nuovo romanzo che sto leggendo». Anzi, io che leggo poco cambio più case che libri.
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Piccola osservazione: perché si portano i mobili appresso e non prendono una casa arredata? Spendi tanti caratteri su questa spiegazione..
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Michela invece legge molto, e scrive recensioni che talvolta pubblica su riviste.
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Anche lei pare una tipa tranquilla. Da subito mi sono domandato quando e come avrebbe manifestato la sua vera identità. Ma a fine racconto, come detto sopra, si capisce che non è lei, la strega.
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Io, di mestiere, scatto le foto per Google. Scatto foto alla strada con un obiettivo di 360 gradi posto sulla mia automobile.
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Qui ho avuto un dubbio. Le foto le fanno i satelliti, ma tu di quale utilizzo parli da parte di Google?
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Ora lei dorme, e io, steso accanto a pensare, la guardo. La luce dell’abat-jour combatte l’invasione della notte, le carezza le gambe e sparge una patina d’ambra sulla sua pelle. Quando capita così, quando la vedo assopirsi e respirare piano, serena dopo le fatiche, piango perché ringrazio il cielo.
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Fino a qui, ansia zero. Non vi è traccia di mistero.
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Michela, ancora in T-shirt e mutandine, si affaccia all’uscio della villetta per fiutare l’aria. «Bella giornata!», fa, mentre io la tiro dentro per la maglia.
Lo fa apposta, sa che mi da fastidio che si mostri seminuda. È una sfacciata. Lei ride e mi guarda maliziosa, alludendo all’amore di ieri pomeriggio, ancora sudati. Io allora la perdono, perché so che lei è solo per me.

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Questo salto temporale lo avresti evitato con un tempo verbale non a presa diretta. Per fortuna ci sono le stelline che aiutano :D
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Dopo aver montato la libreria, decidiamo di andare in cerca di un bar.
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troppo tempo dedicato a questo trasloco, a mio parere. Anche perché, poi alla fine, non è una parte avvincente.
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Ci invitano a giocare. Giochi di carte che non conosciamo: “Diavolo rosso”, “Scappa la Marianna”, “Giallo con giallone”. Provano a spiegarci le regole ma non c’è niente da fare. Poco male, intanto che ridiamo, gli uni e gli altri.
Ci ritiriamo molto brilli ma molti rilassati. Ho fatto bene a farmi tentare dalla mia diavolessa. La signora al bancone, tuttavia, nel salutarci, mi lancia uno sguardo che non riesco a decifrare, e che non mi piace.
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Altre stelline..
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La villetta è circondata da quello che avrebbe forse potuto essere un piccolo orto, ma che, nell’incuria, è uno spiazzo di erba polverosa, o di polvere in cui cresce l’erba. Al di là dello steccato vi è un reticolo di stradine, asfaltate da poco, si direbbe. Le lingue nere di catrame sembrano interventi alieni sull’antico terreno dominato dal monte. Ai lati dei reticoli asfaltati, sorgono altre villette simili alla nostra.

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Qui comincio a vedere un po' di tensione nel suo raccontare.
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Le donne: tutte piuttosto pingui, tutte piuttosto flemmatiche nell’intercedere, tutte vestite di grembiuli a quadri o a fiori. Ho provato un disagio finisco che non sono ben riuscito a spiegarmi, se non con i miei disturbi dovuti al tempo e agli stravizi del giorno addietro. Nausea. Nausea per i quadri di stoffa contenenti quei corpi molli. Molli e modellati in serie, come polli di batteria.
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La tensione non mi piglia...
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Ritornando, passo accanto al più fatiscente degli edifici. Da lì ricevo un saluto, inaspettato: una donna minuta, vestita di nero, diversa dalle altre, agita la mano al mio passaggio. Ne sono felice, ricambio il saluto e rientro a casa.
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Vi è qualche abbozzo, qualche traccia, alone di mistero, ma è tutto veramente scarso...
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Michela ha finito di sistemare tutto. Ha anche preparato il pranzo.
Quando tento di giustificare il mio ritardo mi zittisce, mi bacia, e mi conduce a tavola. Dopo facciamo l’amore.
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E ci risiamo! :D Mi sa che dovrei provare orrore da questo suo arrapamento? Mi sa tanto di racconto erotico, in fin dei conti.
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Di nuovo è stesa accanto a me, stavolta alla luce del giorno, e di nuovo me ne commuovo.
Nel pomeriggio sono io che resto a casa, e lei esce a fare due passi per il circondario.
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Sono sempre più convinto che sia stato un errore far raccontare a lui. Qui ci voleva una terza persona..  
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 Le hanno raccomandato di evitarlo assolutamente, perché quell’uomo è pericoloso.
A sentire la descrizione, è l’immagine esatta di me.
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Qui mi sono acceso. Vuoi vedere che questo tipo tranquillo è un demonio? Poi mi sono detto, allora la strega è Michela? Sono una coppia demoniaca? Si scateneranno alla fine per massacrare gli arzilli paesani?
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Altre stelline che potevi evitare. 
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Esco a fare due passi e mi dirigo soprappensiero verso la casa fatiscente della donnina vestita di nero. È vero, finché soggiorneremo qui io sarò per lo più in giro in automobile, ma è proprio perché ho pochi contatti umani che desidero siano decenti.
Ritrovo la donna. Mi saluta. Mi sorride.

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Mi spiace, caro mio, sei troppo monotono e dispersivo.
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Il pranzo sono due carote a testa.
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Qui mi accendo nuovamente. Vuoi vedere che una delle due carote per pranzo è lui che finisce in pentola, o trasformato all'uopo?
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Saluto la bambina, lei mi sorride ancora.
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Niente di tutto questo. Comincio a perdere la speranza di vedere del sangue... :si: 
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Tornato a casa racconto tutto a Michela. La sua reazione mi spiazza. Mi rimprovera di essere andato a disturbare il vicinato. Siamo qui da tre giorni e già recitiamo la parte dei piantagrane.
«Potrebbe esserci una bambina che vive in stato d’abbandono e per te il problema è non disturbare i vicini?», protesto.

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Qui addirittura arriviamo alla storia da libro cuore... @Edu mi stai facendo incazzare...
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Quando rincaso, trovo Michela che dorme tranquilla. La sua tranquillità, stavolta, non mi commuove affatto, mi atterrisce.
Forse il mio sguardo, agli occhi degli altri, è sembrato pericoloso perché conserva qualcosa di umano.
Vado dalla strega. Che dorma da sola non mi lascia tranquillo, poco importa lo faccia da anni.
Entrando in casa la sveglio.
«Sei tu!», mi fa, e mi sorride ancora. «Ma non vedi che è notte?».
«Lo so. Scusami per averti svegliato», rispondo.
«Che bello che sei tu, e non uno di quegli altri uomini», dice.
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A casa mia, lui che va a trovare la bambina di notte, poteva finire annoverato tra i pedofili! :asd:  Allora! Questo finale mi porta alla conclusione che non hai centrato l'obbiettivo. Visto che la tua coppia è tranquilla, priva di stress emotivi, senza un passato misterioso, ripeto che avresti dovuto mettere in mano a una voce narrante esterna, aggiungendo però, anche una trama più rispettosa del tema horror. Un po' di cattiveria in più sarebbe tornata utile. Ciao simpaticone! 
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [H23] La strega

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Tralasciando l'aspettativa di un racconto horror, leggo la normale storia di una coppia che per motivi lavorativi non ha un luogo suo. Leggo le insicurezze di un uomo, insicurezze che probabilmente saranno il germe della crisi di coppia futura. Leggo di una lei rilassata, contenta della propria vita, orse un po' provocatrice, una lei innamorata che decide di ignorare i minimi accenni di difetto di lui.
La lettura scorre, come sempre nei tuoi racconti, sostenuta dalle belle descrizioni, dalla particolare professione del protagonista, dai personaggi secondari che alle volte sono rappresentati come un coro con alcuni solisti che spiccano. Anzi due cori ben contrapposti: gli uomini giocatori di carte e le donne dietro sulle soglie di casa. Come previsto dalle regole le donne accolgono la donna mettendola in guardia, i maschi accolgono l'uomo che peró non é conforme alle aspettative.

Da qui l'atmosfera malata si é fatta palpabile. C'é forse un segreto legato alla casa dove vive la coppia? La bambina é serva di una strega che attira gli uomini? La bambina stessa é la strega che assume forma innocente per catturare la vittima ingenua?
Complice anche il carabiniere la cui reazione puó essere sia frutto della paura che anche del desiderio di insabbiare tutto per mantenere lo status quo, fino alla fine non si capisce la terribile e sorpredente piega che prende l'orrore.

L'aspetto veramente disturbante, non é solo l'accenno all'orribile abuso subito dalla bambina, ma l'omertá e la mancanza di pietá delle altre donne. Sentimento che viene assorbito immediatamente anche dalla compagna del protgonista.
L'unica che cerca di metterlo in guardia é l'ostessa che prende atto di un suo pregio, come fosse un grande difetto in quella situazione.

Quindi, il racconto mi é piaciuto moltissimo per ritmo e contenuti.
Non sono convinta della fine, mi mette a disagio che tutte queste donne lascino alla mercé di orridi maschi questa bambina. Capisco che il disagio finale é quello é quello che fa arrivare forte e chiaro il messaggio, ma da qualche parte spero che si possa virare verso una terribile strega-bambina mangiatrice di anime di maschio rimandando a casa involucri vuoti e privi di volontá, schiere di zombie, mostri bavosi ricoperti di vermi e qualsiasi altro essere in avanzato stato di decomposizione.
Qualsiasi cosa é meglio dell'indifferenza, della totale mancanza di empatia, dello sguardo piatto e vuoto di queste donne, della normalitá dell'orrore che non solo si diffonde come un virus, ma va anche difesa dalla comunitá.
Grazie per la lettura.

Re: [H23] La strega

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@Edu
che storia!
Ci stanno gli appunti che ti hanno fatto, alcuni errori grammaticali, alcuni passaggi che lasciano perplessi, ma, ti dico la verità, ero così presa dal racconto che se non avessi letto i commenti, mi sarei resa conto solo di un'infinitesima parte.
Il racconto mi è piaciuto moltissimo, carta rispettata, un crescendo di aspettativa horror con indizi devianti abilmente inseriti e poi il finale... Chapeau...
L'orrore più grande.

Complimenti, bravo bravo.
<3

Re: [H23] La strega

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Ciao! Il racconto mi è piaciuto molto: ha uno stile liscio come l'olio, molto gradevole, e malgrado la descrizione calma di un'apparente quotidianità, riesci a creare tensione e sospetto. Giochi con chi legge (io fino all'ultimo mi aspettavo un qualche colpo di scena horror-splatteresco) per poi chiudere con l'orrore della vita vera.
Il finale mi ha colpita come una sprangata in faccia  :sss:
Tanto di cappello per essere riuscito a scrivere un horror senza scomodare esseri ultraterreni!
Ma il know-how per descrivere chi opera le google car l'hai acquisito per esperienza personale/raccontata, o hai immaginato? Mi sono sempre chiesta come funzionasse! 😄

Re: [H23] La strega

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Edu ha scritto: sab nov 04, 2023 12:37 amQuindi metto in conto qualcuno in meno. Perlopiù vecchi.
La mia logica (di vecchia) invertirebbe queste due frasi (anche se la seconda non è una vera e propria frase, ma ci siamo capiti :) )
Era giusto per trovare qualcosa da dire, visto che gli un' senza apostrofo e i pochi altri refusi li ha già segnalati Zaza. Mi è piaciuto molto, davvero. Ho pensato: bello, anche se non lo si può definire horror, invece ripensandoci mi dico che per tutta la lettura e la "esplorazione" del paese da parte di lui si respira un'inquietudine perenne, più il senso di mistero degli uomini scomparsi,  della donna-bambina e del finale che sembra voler dire una cosa, ma questa cosa sarà la verità o è lui che sovrappone una spiegazione, certo tremenda, ma umana e realistica a una realtà che del tutto umana non è, perché non può accettare il sovrannaturale, o perché vittima della malia della strega?
Bello, canetto jedy, piaciuto assai!
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [H23] La strega

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Eh niente, @Edu. Poco da dire, e quel poco è quasi già stato detto tutto.

Bellissimo racconto e ben scritto.

Le "pecche", se così vogliamo chiamarle, sono proprio poche.

La prima è che in certi punti pare tu voglia forzare la mano per aumentare artificialmente la tensione: per esempio, perché la signora al bancone "lancia uno sguardo che il protagonista non riesce a decifrare, e che non gli piace"? Perché tutte le donne sono diffidenti al punto che lo definiscono addirittura "pericoloso" senza che lui abbia fatto ancora niente di male? Se erano solo preoccupate per il "segreto" della bambina (sia nel caso lo vogliano coprire sia nel caso lo ritengano un orrore), diffiderebbero di tutti i forestieri, quindi anche di Michela, che invece viene trattata amichevolmente.

La seconda riguarda alcuni elementi inseriti e non sfruttati: ci sono "promesse" non mantenute nello sviluppo. Il principale riguarda il lavoro del protagonista. Se ne parla abbastanza per tutto il testo, ma è irrilevante per la storia: poteva essersi trasferito nel paese per qualsiasi altro motivo (es. ricerca sulla fauna del luogo finanziata dall'università X), e sarebbe cambiato poco o nulla. Anche la figura di Michela è piuttosto marginale, ma è quantomeno giustificata come contrappunto al protagonista: ne fa risaltare il carattere. La Google-car, no. :)

Quanto detto non toglie nulla al tuo lavoro, probabilmente uno dei migliori testi del contest. Di gran lunga.

A rileggerti. :)

Re: [H23] La strega

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Ciao, @Edu 
Bel racconto, bell'idea, bella scrittura.
Ma, contrariamente a quanto leggo nei commenti, a me è mancato proprio il crescendo della tensione. 
Si percepisce, insieme al protagonista, che c'è qualcosa che non va, ma sguardi e diffidenze 
lasciano pensare ad ataviche chiusure piuttosto che a orrende omertà (mi è venuta in mente Pippi Calzelunghe, pensa te)
Non ce la fa nemmeno la scena finale, a mio parere troppo lieve, 
quando invece un bel pugno allo stomaco avrebbe illuminato di luce sinistra tutto il racconto. 
Forse sarebbe bastata un'azione, che so, la bimba che va ad agghindarsi per
il 'servizio', oppure che si fa trovare come la Marzella del quadro di Kirchner.
Perché l'orrore non è tanto l'uso che la comunità fa della creatura, quanto che tutti, 
lei compresa, lo trovino normale.
A rileggerti 
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu

Re: [H23] La strega

19
Modea72 ha scritto: dom nov 05, 2023 12:28 pmi stanno gli appunti che ti hanno fatto, alcuni errori grammaticali, alcuni passaggi che lasciano perplessi, ma, ti dico la verità, ero così presa dal racconto che se non avessi letto i commenti, mi sarei resa conto solo di un'infinitesima parte.
Il racconto mi è piaciuto moltissimo
Gazie @Modea72 , così si fa! Distrarsi e non accorgersi dei refusi, questo è essere vere lettrici appassionate. Non come quegli altri scassapassi  :sù:
Scrittore maledetto due volte

Re: [H23] La strega

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Ciao @Bef  Che cacchio di scherzi strani mi gioca sta piattafora, perché mo sto scrivendo qui  Bef ha scritto: lun nov 06, 2023 3:37 pmCiao @Bef 
Che cacchio di scherzi strani mi gioca sta piattafora, perché mo sto scrivendo qui  :facepalm:

Befper tutta la lettura e la "esplorazione" del paese da parte di lui si respira un'inquietudine perenne,
Oddio, mi fa piacere che lo dici, lo so che il racconto non è horror, ma volevo che fosse appunto di inquietudine strisciante.
Alla spiegazione sovrannaturale non ci ho proprio pensato, mi bastava la bestialità umana.
Scrittore maledetto due volte

Re: [H23] La strega

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Ciao @Mid , e grazie del passaggio, degli apprezzamenti e delle osservazioniMid ha scritto: lun nov 06, 2023 4:56 pmCiao @Mid , e grazie del passaggio, degli apprezzamenti e delle osservazioni



MidPerché tutte le donne sono diffidenti al punto che lo definiscono addirittura "pericoloso" senza che lui abbia fatto ancora niente di male?
Ma sì, lui è pericoloso proprio perché ha lo sguardo buono, rischia di far saltare il sistema di omertà di un intero paese, come poi si intuisce ha intenzione di fare. Dalla prospettiva delle donne, che evidentemente coprono i propri uomini, è molto pericoloso.
Mid ha scritto: lun nov 06, 2023 4:56 pmLa seconda riguarda alcuni elementi inseriti e non sfruttati: ci sono "promesse" non mantenute nello sviluppo. Il principale riguarda il lavoro del protagonista. Se ne parla abbastanza per tutto il testo, ma è irrilevante per la storia: poteva essersi trasferito nel paese per qualsiasi altro motivo
Qui invece ti do sostanzialmente ragione. Mi sono chiesto quale lavoro porta a stare in un posto per pochi mesi e poi cambiare, e quella della google car mi sembrava un'idea originale, anzi, probabilmente lo è, solo che proprio per questo fa focalizzare l'attenzione senza poi giocare un ruolo nell'economia del racconto. Dunque obiezione accolta, se lo revisiono mi invento qualcosa di più ordinaro.
Scrittore maledetto due volte

Re: [H23] La strega

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Ciao, @aladicorvo , grazie per le osservazioni.aladicorvo ha scritto: lun nov 06, 2023 5:27 pmCiao, @aladicorvo , grazie per le osservazioni.


aladicorvoForse sarebbe bastata un'azione, che so, la bimba che va ad agghindarsi per
il 'servizio', oppure che si fa trovare come la Marzella del quadro di Kirchner.
Perché l'orrore non è tanto l'uso che la comunità fa della creatura, quanto che tutti, 
lei compresa, lo trovino normale.
Sicuramente hai un immaginario più horror del mio. Nel senso proprio che ragioni sulle immagini visive, sull'impatto che possono avere. Verissimo, normalizzare ciò che accade, magari con il gesto del prepararsi, è orrorifico. Ma in fin dei conti, anche la risposta della bambina è indice di una "normalizzazione". Non dice: "mi violentano", dice solo "meno male che non sono gli altri uomini", eppure nessuno di voi ha avuto alcun dubbio rispetto a cosa si riferisse. Certo, non lo accetta di buon grado, cosa che l'agghindarsi avrebbe suggerito. Ma si sarebbe allontanata da uno scenario di verosimiglianza a cui mi sono voluto attenere.
Scrittore maledetto due volte
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