[MI176] Fresh Service

1
Traccia n 2
"La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci." 


«Venga. Il direttore adesso può riceverla» disse l’arcigna segretaria.
Non c’era nessun motivo per farlo aspettare quaranta minuti, ne era certo.
Ne ebbe la conferma quando restò impalato davanti all’immensa scrivania, mentre il vecchio sembrava intento a pulirsi gli occhiali con una pezzolina. Due lenti, non le vetrate di Notre Dame.
Come dio volle l’impresa giunse a compimento.
Il vecchio cominciò a scrutarlo.
Nessun cenno di saluto, nessun prego, si accomodi.
«Immagino sappia perché l’ho voluta vedere» disse cupo.
Lo sapeva, ma scosse la testa con aria innocente.
«Saprà pure che in casi del genere la questione viene risolta una denuncia e relativo processo»
Giunse le mani sul mento e chiuse gli occhi «È solo per l’amicizia che mi lega alla famiglia dei suoi suoceri che ho deciso di evitarlo» aprì gli occhi e lo fissò torvo «In queste condizioni, lei capirà, che la nostra collaborazione deve ritenersi conclusa».
«Ma io quei soldi li avrei restituiti!»
L’altro richiuse gli occhi, come a dire non voglio nemmeno vederti mentre spari queste scemenze.
«Mi sta licenziando. È così?» disse Alberto.
 «Sarebbe più opportuno che fosse lei a rassegnare le dimissioni. Per una questione di dignità, se ancora ne conosce il senso»
L’altro allargò le braccia scuotendo al testa. L’immagine dell’incredulità.
«Adesso, se vuole scusarmi» fece il vecchio.
Come per magia la porta si aprì e apparve l’arcigna con l’aria di una che all’occorrenza, l’avrebbe cacciato a pedate, e pure con una certa soddisfazione.
 
Fu così che il giovane Alberto Vallecchi, quasi avvocato, quasi dirigente e molto sposato con Anna Carla Sensini uscì dalla banca dove per sei anni aveva finto di lavorare, in attesa di coltivare la sua vera e unica passione: il poker.
Montò sull’Audi A4, innestò la retro, fracassò il muso di una Mercedes classe S e partì sgommando al grido di Fottetevi tutti, brutti stronzi.
Tutto stava andando per il verso sbagliato. E il fatto di esserselo in qualche modo cercato, non migliorava le cose.
Sfrecciò sulla Cassia, direzione Olgiata, infrangendo mezzo codice stradale, obbligò un paio di camionisti a fare illazioni sulla virtù di sua madre. Entrò nel vialetto di casa, lasciò l’auto di traverso ed entrò in casa sbattendo la porta.
Amina uscì dalla cucina con una padella e uno strofinaccio. Occhi sbarrati, lo fissava con il mento tremante.
«Allora?» ruggì Alberto.
La ragazza scappò in cucina mugolando.
Seduta in soggiorno, Anna Carla sfogliava l’ultimo numero di Vogue «Vedo che sei di buon umore» disse senza alzare lo sguardo
«Evita, che oggi non è giornata» riempì mezzo bicchiere di wodka, la buttò giù e si diresse verso la scala «Vado a farmi una doccia».
«Tra dieci minuti si cena» disse lei.
«E chissene frega».
 
Alberto si sentiva una merda. Tutto era una merda. La sua vita, la casa e Anna Carla.
Lei, che i soldi li aveva sempre avuti, che non aveva mai avuto una preoccupazione per quanto era stupida. Perché l’aveva sposata?
Famiglia di rincoglioniti, a cominciare da Filippo, undici anni e già mezza checca. A calci in culo, vedi come lo raddrizzo. Minù, sei anni, botolo di lardo senza collo. Tre me ne ha fatti fare la stronza. Tre! E dire che le era venuto bene solo il primo, poteva fermarsi lì. Invece no, me lo faceva apposta.
Solo il primo le era venuto bene.
Al pensiero si rasserenò.
Carlo. Bello, aitante e canaglia. Tutto suo padre.
 
Scese le scale, entrò in sala da pranzo e andò a sedersi a capotavola con la faccia scura.
Amina andava e veniva dalla cucina tirando su col naso.
Lui la guardò «Che ha quella?»
Anna Carla si strinse nelle spalle.
«Imparasse a cucinare, piuttosto, che sta merda manco ai maiali» disse e a braccio teso, come fosse un remo, scaraventò tutto per terra.
Anna Carla strinse le labbra. Non disse niente. Si alzò.
«Venite, bambini. Andiamo a mangiare di là».
«Posso prendere la maionese?» disse Minù.
«No»
«Perché no?»
«Perché sei grassa» disse il padre « Come un maiale» fece un paio di grugniti e scoppiò a ridere.
«Non è vero!» urlò quella piangendo mentre la madre la portava via.
In quel momento entrò Amina, vide i cocci per terra e tornò con la scopa per raccoglierli.
«Signore?»
«Che c’è?»
«Adesso che siamo soli, vorrei parlarle».
«Che vuoi?»
«Sono incinta».
«Mi fa piacere» disse con sussiego «E chi è il fortunato?»
Amina sgranò gli occhi «Come chi è? Lei, signore».
Alberto tirò un gran respiro.
Aveva un mucchio di opzioni. Dalla più razionale Puoi dimostrarlo, puttanella? alla più sanguigna Non diciamo cazzate tuttavia, sfiancato dall’incalzare degli eventi, optò per la spiazzante «Ma ti pare il momento?».
La ragazza scoppiò a piangere e corse in cucina.
 
«Non ne vuole sapere, vero?»
Amina si girò si scatto. Il ragazzo, alto e secco come una pertica, si sporgeva dalla finestra a mezzo busto, ancora qualche centimetro e avrebbe potuto poggiare i gomiti sul bordo dell’acquaio.
«Vadim, che ci fai lì?» disse tra i singhiozzi «Non è un po’ tardi per curare il giardino?»
«Vuoi raccontarmi?»
«Dopo. Adesso vattene a casa».
«Mamma si preoccupa se ti vede così».
«Non mi vedrà così. Vai, metto in ordine e arrivo».
«Allora le dico che mia sorella è felice».
«Scemo! Fatti gli affari tuoi».
«Sono affari miei» disse con la faccia da uomo, che a diciassette anni cominciava a stargli giusta.
Lo disse con un tono che stava a significare un mucchio di cose, prima fra tutte che sulle questioni di sangue e rispetto c’era una legge sola.
«Ti faccio vedere una cosa» allungò il braccio stecco.
Amina guardò la lama lucente «È un machete».
«No, è una roncola. È più pesante del machete, più robusto e va bene per togliere di mezzo quello che non serve».
Si guardarono negli occhi per un momento.
«Vai adesso» disse lei.
«Mamma ha fatto il couscous. Ci ha lavorato per ore. Se fai tardi si arrabbia».
 
 
Notte stellata. Grilli canterini e profumo di gelsomini.
Con la sua Wodka bordo piscina, Alberto Vallecchi cercava di dimenticare quella giornata di merda.
E la partita che era stata la sua rovina.
Colore servito. Nessuno avrebbe resistito. Perse tutto.
L’omino con gli occhiali d’oro si avvicinò sorridendo «Non si scoraggi. C’è sempre una soluzione».
Gli offrì quel cartoncino come fosse il numero del dentista.
Fresh Service. Discrezione Efficienza.
«Lei ha una famiglia, come dire… abbiente. Io posso aspettare. Quando avrà risolto mi farà sapere».
Una folllia, non avrebbe dovuto nemmeno pensarci. Eppure.
 
In quel momento una voce impastata dal folto degli alberi «Papà!» era Carlo. Ubriaco marcio, che barcollava verso di lui.
«Hai fatto presto stasera. Cos’è, non te l’ha data?»
«Nina tette di marmo. Mesi che le sto appresso. La da a tutti meno che a me».
«Vacca precisa. Bevi una wodka con tuo padre?»
Gli riempì il bicchiere. Carlo l’annusò.
«Se non ti piace devi buttarla giù tutta d’un fiato. Credi che i Russi avessero la cannuccia?»
Riti da maschi.
«Chi si somiglia si piglia» sentenziò Alberto.
«Nel senso?»
«Segui il ragionamento, figliolo. Le donne sono tutte stronze. Mi segui?»
Carlo non capiva, ma annuì lo stesso.
« È una legge di natura» disse Alberto «Quindi per averle tutte o almeno quelle tutte che vuoi…»
«Devo essere stronzo».
«Esatto».
«Non sembra difficile».
«Infatti» Si girò verso il ragazzo, ma quello già russava come una motosega. Beata gioventù.
 
Una decina di metri più su, dalla finestra delle loro camerette Filippo e Minù li guardavano.
Avevano la faccia seria e forse si rigiravano tra le mani qualcosa che non avrebbero dovuto. Qualcosa come un cacciavite o un coltello, che per i bambini non era certo una cosa buona.
Qualcuno avrebbe potuto farsi male.
 
 
 
Anna Carla veleggiava per la cucina in accappatoio e turbante di spugna.
«Ti cerca la banca».
Lui fece la faccia stupita, ma sapeva benissimo perché: conto in rosso come un tramonto sul Bosforo, ma molto meno romantico, carte di credito bloccate, ipoteca sulla casa che valeva meno della carta igienica.
«Per il pranzo arrangiati» cinguettò «Passo dai miei, dicono che devono parlarmi».
Di bene in meglio. Il vecchio sicuramente sapeva tutto, l’aveva detto alla strega e adesso volevano snocciolare tutti i Te l’avevamo detto, ma tu niente. Devi prendere una decisione prima che sia troppo tardi.
No, lui doveva prendere una decisione. La marea di merda stava per sommergerlo.
Tirò fuori il cartoncino dalla tasca. Fresh Service.
Decise di farci un salto. Giusto un’occhiata per rendersi conto.
 
«Posso aiutarla?»
No, non se l’aspettava così.
Un angelo. Capelli ramati, pelle d’avorio, occhi smeraldini.
«Volevo solo…»
«Qualche informazione?».
«Sì…»
«Questa è la nostra brochure. Ci sono tutti i nostri servizi. Se le interessa qualcosa, in fondo c’è il numero per contattarci».
«No, posso dire fin da ora che sono interessato».
«Molto bene. Se ha la gentilezza di accomodarsi, appena possibile il nostro addetto alle Relazioni&Contratti la riceverà».
Gli indicò un salottino verde mela. Riviste di viaggi, uno schermo con video promozionali.
Se quello era l’Inferno, non sembrava poi tanto male.
«Signor Vallecchi, prego.»
Brizzolato, atletico, età indefinibile, sorriso accattivante.
Lo fece accomodare in un separè circondato dal plexiglass.
Dopo meno di dieci minuti era in strada soddisfatto e frastornato.
C’era una grossa lista d’attesa, chi l’avrebbe detto? Avrebbe dovuto aspettare, l’avrebbero contattato appena possibile.
E così Alberto Vallecchi aspettò.
Due giorni, tre, al parco come un pensionato rincoglionito, mentre tutti credevano fosse al lavoro.
Il quarto giorno, quando ormai pure i piccioni si erano stancati di girargli intorno, eccolo: il cellulare che vibra.
Era la segretaria smeraldina.
«È ancora interessato ai nostri servizi?»
«Certo»
«Bene. Allora domani alle 19.30 al Florian. Dica solo Fresh Service. C’è un tavolo per lei».
 
Ristorante di lusso, cena imperiale, vini d’annata.
Il brizzolato atletico accattivante, volle sapere tutti i perché e i percome.
«Non mi prenda per indiscreto, ma ho bisogno di capire quanto lei sia determinato ad andare fino in fondo. Capirà, sono cose delicate. Ne va della reputazione dell’Azienda».
Al dessert, crema catalana di rara delicatezza, il tipo gli mostrò un catalogo con modi e tariffe.
Lo fece tirando fuori un album rilegato in pelle. Col gesto elegante di chi ti mostra gli ultimi modelli di sneaker.
«Ha già qualche idea?»
No, non ce l’aveva. Ed è allora che il colloquio si fece più diretto. In fondo stavano parlando di far fuori una persona e i dettagli erano decisivi.
«Veleno? Incidente? Rapina a mano armata, in quel caso però, se la signora non esce da sola, dovrebbe esserci anche lei…»
I pro e i contro. Il tipo sapeva il fatto suo.
Lui avrebbe voluto qualcosa di sobrio, che non la facesse soffrire troppo. Un po’ di umanità, che diamine.
«Allora folgorazione. Con quella si risolverebbe tutto senza problemi. Prezzo contenuto poiché non ci sono materiali extra. Dovrebbe avere solo l’accortezza di non essere in casa, lo dico per lei. Inventi qualcosa, un viaggio di lavoro, o cose così. Vuole pensarci?»
«No. Meglio di no. È il genere di cose che…»
«Certo. Capisco.» il tipo era uno che capiva «Allora facciamo per…» tirò fuori l’agenda.
«No. Se non le dispiace preferirei non saperlo».
«Certo. Capisco. Mi faccia solo sapere quando intende partire».
«D’accordo». Fece per tirare fuori la carta di credito.
La mano vellutata lo bloccò «Le auguro una buona serata». La squisitezza.
 
Viaggio di lavoro, certo.
Alberto Vallecchi aveva passato il Rubicone. A breve avrebbe risolto tutti i suo problemi ma, inutile negarlo, la cosa gli dava una certa agitazione.
Ci voleva un bagno. Candeline profumate e tv sul canale sport. Tennis. Niente come il tennis per distendere i nervi.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dall’acqua tiepida.
Poi lo strano silenzio. Lo strano rumore.
 
Nella dependance della villa, appena prima del cancello, Vadim cercava di consolare la sorella che non la smetteva di piangere.
«Non ti preoccupare, è tutto a posto».
Lei alzò gli occhi «Ti sei messo nei guai?»
Lui la guardò con la faccia che diceva senti chi parla
«Che hai fatto, Vadim? Dimmelo!»
Lui sospirò «Non ci pensare».
«Ci penso, invece. Ci manca solo che ti fai mettere dentro un’altra volta».
«Allora, visto che ti va di pensare, pensa che quello era una merda. La toccheresti tu la merda? No, ci giri intorno, stai attento a non sporcarti e tiri dritto. Questo si fa con la merda».
«E io invece non l’ho fatto!» disse e ricominciò a piangere.
«Perché sei cretina» le dolci parole della mamma.
Vadim guardava la sua roncola lucente. Le ha appena rifatto il filo e brillava come un gioiello.
 
 
Quattro e mezza. Notte stellata. Senza le luci era un vero spettacolo.
L’uomo in grigio pensò che un giorno avrebbe dovuto portarci Rosa. Senza andare troppo lontano. Sarebbe andato bene anche uno dei parchi in città, come facevano da fidanzati, sdraiati sul plaid che dopo cinque minuti si capiva che le stelle erano solo una scusa.
Dev’essere stata una di quelle sere che avevano fatto Danielina.
Mise la mano nello zaino, siamai si fosse dimenticato la radio. Sarebbe andato bene anche un fon, ma no, troppo rumore.
Aprì il cancello con il paspartout, percorse il vialetto, e vide il corpo nella piscina a faccia in giù. Non stava prendendo il fresco. E questo non andava bene.
Fece scorrere la vetrata, entrò in soggiorno. Dallo schermo al plasma, la D’urso sorrideva con le mani sul cuore. Sul divano candido la donna sembrava appisolata. Anche Rosa si appennicava con la D’Urso, però senza tutto quel sangue.
La donna non respirava. Qualcuno le aveva tagliato la gola. Nemmeno questo andava bene.
Salì le scale. Trovò la porta del bagno. Alberto Vallecchi era in ammollo. La testa troncata di netto, galleggiava con la bocca spalancata e lo sguardo vitreo. In mezzo alla schiuma, tra le ginocchia e i piedi, lo schermo di un altro televisore. La staffa che lo fissava al muro aveva ceduto. Roba elettrica sopra la vasca. Bisognava essere proprio coglioni. Ricchi e coglioni.
Ma il punto non era questo. Era tutto sbagliato. Il contratto non diceva questo.
Guardò il corpo nella vasca. Folgorato e decapitato. C’era bisogno di tutto quel putiferio?
Oppure.
Un pensiero odioso. Qui c’era passato Prezzolini. Il viscido.
E certo, quello non s’era mai saputo regolare e adesso, proprio l’ultimo giorno di servizio prima della pensione, voleva farlo passare per un vecchio così rincoglionito da sbagliare pure persona.
Volgare e pure stronzo.
Chiamò l’Agenzia.
«Lasci stare. Venga via».
«Ma la pratica…»
«Venga via. Non vorrà mica metterci un volantino con le promozioni autunno inverno».
Uomo spiritoso e intelligente. Con uno così il Prezzolini finiva in archivio. Ben gli sta.
«Piuttosto, mi raccomando domani, non si faccia aspettare».
Domani. Calici di plastica, spumantino, manate sulle spalle, Beato te che finalmente ti godi la libertà, il pacchettino con qualche cagata inutile, ma di pregio, il biglietto con le firme. Squallori aziendali.
«No, non si preoccupi» gli aveva letto nel pensiero «soltanto un saluto per ringraziarla di tanti anni di onorato servizio».
Si avviò per il corridoio. Una porta azzurrina, una sagoma di legno a forma di barca dei pirati e la scritta Filippo. Di fronte, una color ciclamino e una fatina con la scritta Minù. Le stanze dei bambini. Si affacciò. Dormivano come angioletti. Facile quando sono così piccoli, i problemi grossi arrivano dopo, lo sapeva bene con Danielina. È questa l’ora di tornare? La vita è mia. I vaffanculo dietro le porte sbattute. Non era padre da schiaffoni, ma certe volte…
 
Alle otto e mezza il caffè brontolava nella moca.
«Ma hai sentito?»
L’uomo in grigio tese la tazzina «No, sì… Che devo sapere?»
«Villa all’Olgiata, famiglia bene. Una carneficina».
L’uomo in grigio alzò le sopracciglia, mise due cucchiaini di zucchero e prese a girare il suo caffè.
«E lo sai che dicono? Che forse sono stati i figli più piccoli».
Lui scosse la testa come a dire roba da pazzi, che si deve sentire.
 
«Ciao, pà, ciao mà. Io vado». Danielina.
Lui la guardò uscire. Rossetto nero, scarpe da minatore e culo di fuori.
«Rosa, ma quella esce così?»
«E dai, è la festa di fine anno, mica la prima comunione».
«Vabbè, però…»
 
 
 
 
 
 
 
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu

Re: [MI176] Fresh Service

6
Ciao @aladicorvo avevo proprio voglia di leggere qualcosa di tuo e immaginavo che le tracce ti avrebbero ispirato un racconto nelle tua corde.
Il racconto calza come un guanto nella traccia e col tuo stile inconfondibile. Ci sono tutti gli ingredienti, i personaggi sono vivi e balzano dal foglio per presentarsi con tutte le loro storture. Anche il finale è ben congegnato e, volendo, offre un aggancio per un prosieguo della storia che potrebbe sfociare in un romanzo.

C’è solo un punto che ho dovuto rileggere e, alla fine, non credo di esserne venuta a capo. C’è un balzo temporale tra quando Vallecchi si trova immerso in una vasca con le candeline (appena passato il Rubicone) e il suo successivo ritrovamento decapitato e folgorato nella vasca di casa. Il fato ha provveduto alla folgorazione, Vadim a decapitarlo (perché poi anche la moglie?). Qualcosa mi sfugge nella tempistica e nella dinamica degli accadimenti. L’uomo in grigio è il killer che arriva a cose fatte e vuole incolpare il collega Prezzolini pensionando. Mi manca il passaggio tra quando Vallecchi esce di casa e quando ci rientra per diventare vittima.
Bravissima come sempre! Complimenti 😘
 

Re: [MI176] Fresh Service

7
Ciao @MonicaX1974 .Hai ragione: l'intreccio non è del tutto chiaro. 
In parte era previsto ma, inutile girarci intorno, il Tempo è come le patate: sempre poco. Te la prendi comoda, poi ti accorgi di aver alzato un gran polverone e di aver sforato gli 8mila caratteri (sento @Nightafter che se la ride, ormai eletto Ns Signore della Logorrea, santo subito)
E' rimasto solo un piccolo indizio, troppo esile lo so, per intuire quello che Rosa riferisce al marito nell'ultima scena:
Una decina di metri più su, dalla finestra delle loro camerette Filippo e Minù li guardavano.
Avevano la faccia seria e forse si rigiravano tra le mani qualcosa che non avrebbero dovuto. Qualcosa come un cacciavite o un coltello, che per i bambini non era certo una cosa buona.
Qualcuno avrebbe potuto farsi male.
In sostanza  voleva essere la nemesi di un mondo a rovescio. 

Carlo, gioia di papà, ubriaco da schifo affoga in piscina. Mammina cara finisce sgozzata, così impara a vietare la maionese alla piccina di casa. Mentre al nostro Alberto tocca razione doppia: Filippo, gli svita la staffa della tivù appesa sopra la vasca e lo frigge, mentre Vadim, che lo crede solo addormentato, collauda la roncola nuova di zecca per vendicare l'onore della sorella piagnona. 
Moralmente si salva solo il Killer (è lui il pensionando), grigio, affettuoso e mediamente felice.
Vabbè, sono stata punita pure io, che m'ero innamorata della storia e ci giravo dentro come in pasticceria (mi sembra di sentire Mina che canta "Ma che bontà" Devo cambiare pusher)
Grazie @MonicaX1974  riesci  sempre a mescolare critica e sostegno. Donna preziosa  <3
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu

Re: [MI176] Fresh Service

9
 aladicorvo ha scritto: Come dio volle l’impresa giunse a compimento.
Dio va sempre scritto maiuscolo.
aladicorvo ha scritto: «Saprà pure che in casi del genere la questione viene risolta una denuncia e relativo processo»
La frase manca di qualcosa.
aladicorvo ha scritto: «In queste condizioni, lei capirà, che la nostra collaborazione deve ritenersi conclusa»
aladicorvo ha scritto: con l’aria di una che virgola all’occorrenza, l’avrebbe cacciato a pedate, e pure con una certa soddisfazione.
aladicorvo ha scritto: uscì dalla banca virgola dove per sei anni aveva finto di lavorare, in attesa di coltivare mentre coltivava la sua vera e unica passione: il poker.
aladicorvo ha scritto: Fottetevi tutti, brutti stronzi.
In corsivo
aladicorvo ha scritto: E il fatto di esserselo in qualche modo cercato, non migliorava le cose.
Togli la virgola
aladicorvo ha scritto: E la partita che era stata la sua rovina.
Colore servito. Nessuno avrebbe resistito. Perse tutto. Aveva perso tutto.
aladicorvo ha scritto: L’omino con gli occhiali d’oro si avvicinò si era avvicinato sorridendo «Non si scoraggi. C’è sempre una soluzione».
Gli offrì aveva offerto quel cartoncino come fosse il numero del dentista.
Fresh Service. Discrezione Efficienza.
aladicorvo ha scritto: e adesso volevano snocciolare tutti i Te l’avevamo detto, ma tu niente. Devi prendere una decisione prima che sia troppo tardi.
Le frasi dirette in corsivo.
aladicorvo ha scritto: Il brizzolato atletico accattivante, volle sapere tutti i perché e i percome.
La virgola in mezzo non ci va, perché separa il soggetto dal verbo.
aladicorvo ha scritto: Lui la guardò con la faccia che diceva senti chi parla
tra virgolette "senti che parla"
aladicorvo ha scritto: Dev’essere stata una di quelle sere che avevano fatto Danielina.
Doveva essere stata ...
aladicorvo ha scritto: Mise la mano nello zaino, siamai si fosse dimenticato la radio
fosse mai
aladicorvo ha scritto: paspartout
passpartout


Devo dirti che ho avuto bisogno delle note e dei commenti per ricostruire la dinamica delle uccisioni.
L'unico appunto che mi stona ancora è l'arrivo dell'uomo in grigio, incaricato dall'agenzia di far fuori la moglie.
C'era stata, da parte dell'agenzia nell'incontro con il padrone di casa, la richiesta di essere informati da lui sulla data della sua partenza, perché il marito non doveva essere presente al fattaccio.
Perché mai, allora, l'uomo in grigio quel giorno è lì?

Un racconto crudo, sì, su come la violenza in famiglia generi mostri.

Lieta che tu sia qui, cara @aladicorvo  e complimenti.  :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI176] Fresh Service

10
Ci sono delle imprecisioni nel racconto, alcune delle quali giá sono state riportate, mi incuriosiva la scritta "wodka", poi sono andata a controllare e ho visto che esiste una diatriba tra la Russia (che riporta vodka) e la Polonia ( questi usano wodka) e tra chi sia ad aver inventato questo distillato. Noi, generalmente, scriviamo vodka, ma il fatto che questa sia una parola russa e ci sia oggi una certa avversione verso questo paese, mi ha fatto pensare che non ci sia già in atto una sorta di embargo pure per le parole che riconducono a un tale paese. Malattie di questi tempi. Il racconto, inizialmente, con la storia del biglietto da visita "Fresh Service", a qualcosa di più sofisticato, alla "Squid Game", invece, si trattava di una semplice agenzia per assoldare dei killer. Penso che, con alcuni aggiustamenti, si possa dare una maggiore efficacia al messaggio da trasmettere.

Re: [MI176] Fresh Service

11
@aladicorvo  
È un romanzo in miniatura, ogni personaggio al posto suo con la sua particina. Un giallo irrisolvibile al primo colpo, dove il vero cattivo antipatico finisce vittima, dove nemmeno i killer possono svolgere il loro ruolo come si deve. Dove gli assassini sono due bambini, una scelta alla Stephen King, gli unici che uccidono per un vero e genuino sentimento d'odio, mentre i giardiniere contribuisce quasi per senso del dovere, come dire: dove é sporco, si pulisce.
Non ne vuoi fare un romanzetto?

Grazie

Re: [MI176] Fresh Service

12
@Almissima cara.
Ci stavo lavorando proprio in questo senso. Poi la voglia di testarlo con tutti voi mi ha preso la mano  :arrossire: 
Le lancette dell'orologio che correvano all'impazzata, il pc che s'inchiodava ogni mezz'ora.
Stavo per gettare la spugna, poi ho sentito la voce di Totò Ma insomma, siamo uomini o caporali? 
:sss:
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu
Rispondi

Torna a “Racconti lunghi”