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by bestseller2020
Ellen faceva a piedi il tratto di strada per arrivare all’ingresso della metropolitana per Manhattan.
Da ben quarant’anni era un percorso quotidiano. Quella mattina, camminò con un passo cautelato, guardingo, lungo la quasi deserta Piazza Zuccotti.
Erano passati oltre dodici anni da quando la polizia aveva sgomberato, con l’uso della forza, l’accampamento dei dimostranti di Occupy Wall Street. Non era ancora riuscita a scrollarsi di dosso i ricordi dei giorni in cui il caos si era impadronito della piazza e lei faceva fatica a oltrepassare la marea umana che si contrapponeva ai suoi ferrei orari di lavoro. “Chissà che fine avranno fatto i ragazzi! Ken, Robert, Mary e gli altri”: si erano accampati a margine del lastricato pedonale che lei percorreva per raggiungere l’ufficio.
“Non siate complici del sistema! Opponetevi alla speculazione a danno del nostro futuro! Noi siamo il novantanove per cento! Dite basta ai vostri padroni, servi del Dio denaro!”
Lei sorrideva sempre, in risposta.
“Che silenzio insopportabile”. Tutto era stato inghiottito come dalle sabbie mobili: gli improvvisati bivacchi, i dimostranti con i loro ideali, i megafoni, il palco su cui si avvicendavano a parlare. L’unico rimorso: non avere mai avuto il coraggio di fermarsi a discutere con loro. Lei che lavorava presso la holding Stars prime, sapeva che era inopportuno lasciarsi coinvolgere dalle proteste. Sapeva che sarebbe finita in un nulla di fatto, l’improvviso risveglio dei giovani dopo la sbornia alcolica a base di consumismo e libertà.
Ellen entrò nell’atrio della reception, dove Orazio la salutò, porgendole il plico dei quotidiani: “buongiorno a te”, rispose con un leggero sorriso e prendendo la direzione degli ascensori. Lui la osservò, immobile e assente, mentre aspettava. “Povera donna”, pensò, immaginando la sua infelice vita, dopo la morte del marito, e a distanza di anni, di quella del figlio.
Se lo domandava anche lei, ogni sera, al ritorno a casa dal lavoro: ”perché Ted?”. Il vuoto era divenuto l’inquilino con cui confrontarsi. Ted si era gettato dal terrazzo di un hotel dalla disperazione. La crisi del duemilaotto aveva polverizzato interi portafogli azionari e lui, da broker, aveva fatto scelte azzardate. “A tutto si rimedia”, invano aveva cercato di farlo ragionare: inutilmente. Il tragico volo lo aveva ucciso: ma ancor prima, fu la vergogna.
“I soldi facili”. Qui, non aveva dubbi a riguardo della morte del figlio ventiseienne, Stanton.
Una carriera uguale a quella del padre nell’alta finanza, finita male tra alcool e droghe di ogni genere. La bella vita lo aveva sedotto e spinto a provare emozioni sempre più forti. L’ultima era stata fatale: overdose. “La fine di tuo padre non ti ha insegnato niente?” Non aveva fatto in tempo a dirglielo quando era in vita. Glielo sussurrò tra le lacrime, quando lo ritrovò disteso e rigido sul tavolo dell’obitorio. Non era stato possibile alienare il passato, anzi. I ricordi erano diventati macigni da trasportare ogni giorno.
Appena sbarcò al suo piano, la musica la investì. Il quarantenne, Oliver Milterhein, erede del vecchio Joseph, l’aspettava ascoltando un pezzo di Rachmaninoff. Ellen scrollò le spalle: anche lui, come il padre, ostentava apparire colto e raffinato: “tutta una messinscena”, per lei.
“Che notizie mi porta?” Esordì lui.
“Niente che lei già non sappia”.
“Cosa dovrei già sapere?”
“La sorprenderebbe se le dicessi che i russi hanno invaso l’Ucraina?”
“Penso di no! Ma era nell’aria, d’altronde”.
“Nell’aria o nelle vostre previsioni?”
“Che intende dire, Ellen? Che strano tono ha oggi!”
“Forse mi sono stancata di darle brutte notizie e vedere che in realtà per lei sono buone”.
Oliver sembrò colpito: “le guerre chiamano i soldi e noi siamo qui per questo!”, disse.
“Già! I soldi...sono sempre accompagnati dalla morte, però!”, rispose Ellen che si fermò a ricordare: “Quando la grande tromba suonerà per riunire le genti ai quattro angoli della terra, il giorno dovremo prendere dei drastici provvedimenti”.
Erano parole dell’Apocalisse che il vecchio Joseph ripeteva spesso e che lei ne aveva interpretato il significato attribuendolo alla nascita dei social media: il mezzo che avrebbe facilitato l’aggregazione dei popoli di tutto il mondo con un solo clic. E lei, che ebbe il compito di leggere tutti i giornali e riferirli al vecchio, fu testimone di quella era.
Ricorda che quelli di Occupy Wall Street divennero l’occhio del ciclone, su cui si concentrarono le accuse contro la nuova economia globalizzata, quella che avrebbe reso il mondo migliore- secondo loro- e dato ai paesi poveri, la possibilità di crescere. Lo smartphone come simbolo di benessere e libertà per cinesi, indiani, pachistani, e così via. E la depredazione delle loro risorse, dell’ambiente, il prezzo da pagare. E la responsabilità dei danni? La tragedia di Bhopal, in cui era rimasta coinvolta la Union Carbide, fece che le multinazionali si facessero più furbe con contratti ad hoc con i governi. Nel paese del fiume sacro, la crescita delle industrie chimiche per gli antibiotici era stata vertiginosa e avvelenato terra e fiumi: storia recente. Nella terra del nirvana le antenne paraboliche erano sorte come funghi sui tetti delle povere capanne. Per un pugno di riso, un televisore, uno smartphone, si squagliano i circuiti elettrici per ricavare metalli preziosi, attraverso l’uso di acidi inquinanti.
Ricorda che a dare manforte a quelli di Occupy Wall Street si erano aggiunti quelli di Adbuster, movimento canadese anti-consumista: “basta con sperperare le risorse! Vogliamo la decrescita felice!” E poi, il giorno fatidico della notizia del tunisino Mohamed Bouazizi: trascinava il carretto delle verdure da vendere al mercato di Sidi Bouzid. I poliziotti gli chiedono il pizzo. Lui è stanco di pagare: si rifiuta. Il sequestro di tutto e lui che si dà fuoco, accendendo l’ira della gente e la primavera araba.
“La vedo distratta e pensierosa, Ellen”, scandì con fare dubbioso.
“Mi domando quale strategia userete questa volta per domare i ribelli”, rispose, interrompendo quel percorso mentale sugli eventi.
“Si spieghi meglio, già che c’è”.
“Cosa non capisce, Oliver? Sa bene chi sono. A distanza di dodici anni, dei nuovi, vengono a disturbare i vostri piani.”
“Di quale genere di piani parla?”
“Siete riusciti a far fallire le rivendicazioni dei popoli. Avete scatenato il caos nei paesi arabi che si stavano organizzando per un fronte comune, e oggi si ritrovano tutti in guerra civile: fine della primavera. E i nostri ragazzi che protestarono a piazza Zuccotti? Beh! Con questi è bastato lo spray al peperoncino! D’altronde, a detta di suo padre Ioseph, erano un branco di nullafacenti. Ma sì! Basta qualche mito di Hollywood, un rapper tatuato e tanta cocaina e li mettiamo fuori gioco.”
“Perché sta facendo discorsi simili? Noi cosa c’entriamo con questo?”.
“C’entrate, eccome. Voi siete un blocco compatto che si muove in simbiosi. Corrompete i politici per avere leggi che vi fanno comodo. Con una semplice telefonata eliminate chi vi si oppone. Cosa ho ascoltato in tutti questi anni? Quanti orrendi discorsi sulla gente, e sui paesi dove i vostri clienti hanno impiantato le fabbriche. Li chiamavate -branco di ignoranti e morti di fame- a cui basta dare quattro dollari al giorno e un cellulare, con cui trasmettere l’illusione del benessere occidentale”.
“Tutto qui? La indispone che vogliano assomigliarci? Le sta a cuore la sorte di questi! Se loro hanno sostituito Buddha con un cellulare per stare su internet e vedere com’è bello il nostro mondo, affari loro. Non vedo perché dovrebbero privarsi dei loro nuovi divi. Li seguono e sono felici di vivere sotto la loro ombra. Meglio un like che riti e candele. Più comodo di lunghe code ai santuari. Poi, ci arriveranno anche loro, un giorno, ad avere un comodo alloggio in un quartiere con le fogne funzionanti, un mezzo di trasporto che non sia un somaro, un governo di politici corrotti a cui affidarsi, i centri commerciali alla moda. Tutto questo deve essere conquistato col tempo”.
“Ma il tempo non lo stabilite voi? Come anche cos’è la cosa migliore per loro? Con quale autorità?Adesso le cose sono diverse: molti hanno capito. Contro i nuovi ribelli non potrete usare la shock economy tanto cara a voi: questa sta funzionando bene in Europa e nei paesi latini. Senza sovranità monetaria, si stanno indebitando con le banche per qualsiasi esigenza interna: che stupidi”.
“Ah Ah Ah! Adesso ho capito! La Russia e la guerra per procura; la storia sui BRICS... Mai faranno a meno dei nostri dollari: poveri illusi!” Oliver apparve beffardo e ridere di lei.
Ellen strinse i pugni per la rabbia: ma non reagì. Lui continuò risoluto: “capisco che dopo quarant’anni passati tra noi, questo lavoro le sia diventato stretto. Sarebbe il caso che raccolga le sue cose e liberi la scrivania”.
“Ci ho già pensato. Le ho portato la lettera di dimissioni”.
Ellen la posò sul tavolo aggiungendo: “Non avevo dubbi di che pasta fosse! L’ho vista nascere e crescere per diventare come suo padre! Vede, la gente si è risvegliata e si riorganizza. Un’altra tromba prenderà a suonare così forte che non riuscirete a sovrastarla con i vostri messaggi ingannatori. Questa volta non vi verrà facile. Adesso il moto è “Occupiamo il mondo”. A proposito! Giusto per partecipare alla giusta causa. Ho dato alcune dritte sul vostro piano di scalata alla S&P e di come siete esposti finanziariamente. Tra qualche giorno lei sarà un fallito e i suoi amici la faranno a pezzi. Quanto a me, mi denunci pure per Insider trading, che m’importa: non ho tanto da vivere. Magari verrà a galla anche il vostro marciume. Spero solo che Wall Street ritorni a essere quel muro fatto di tronchi di legno dove pascolavano i porci”.
Ellen pensò per un attimo a Ted e Stanton. Poi si voltò e andò via. Lui prese con calma il telefono e compose un numero. Una voce rispose dopo qualche squillo e lui disse: “c’è un problema da risolvere”
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio