Luce

1
In teoria dovrebbe venire a capitoli ma visto la mia scarsa capacità di proseguire in qualsiasi cosa lo inserirò nei racconti lunghi. 

Il marito e le figlie la osservavano.
Era rimasta solo la sua lettera.
«E ora tocca alla mamma!» Carlo tamburellò le mani sul tavolo. «Scarta la carta! Scarta le carta!»
Sara e Mirta si accodarono: «Scarta la carta! Scarta la carta!»
Lucia sorrise. Da quanti anni ripetevano quel rito? Afferrò la busta, tagliò un'estremità e tirò fuori il foglio di trasferimento. Fece un leggero colpo di tosse e la stanza cadde nel silenzio.
Aprì il foglio davanti a sé.

«Care Sara e Mirta, papà Carlo.» Il marito sorrise. «Anche a me, come a voi, il Presidizio della transizione mi viene a informare che...»
Abbassò gli occhi sulla lettera e si silenziò.

*Presidizio della transizione*

Gentile Signora Lucia Zaffon,
La informiamo che, in conformità al Decreto 47/8 del Codice di Bilanciamento Sociale, in rispetto dei suoi crediti lavorativi, del suo temperamento modesto e della sua fedina impeccabile, è stata selezionata per il trasferimento permanente nel Settore Deprivatista, con decorrenza immediata.

La selezione è avvenuta secondo i criteri di compatibilità emotiva, storico-familiare e rendimento civico. Il Suo profilo risulta idoneo alla transizione, e pertanto non è prevista possibilità di rinuncia.

Il trasferimento comporta la cessazione di ogni legame operativo con il Settore Arrangiatore, inclusi rapporti familiari, professionali e sociali. Eventuali comunicazioni residue saranno gestite tramite il Canale Neutro, secondo le disposizioni vigenti.

La invitiamo a presentarsi presso il Centro di Smistamento 3B entro 42 ore dalla ricezione della presente. In allegato verrà fornito il biglietto del treno EX-5 specifico per il suo viaggio. Il biglietto non è cedibile. Ulteriori istruzioni Le verranno fornite in loco.

Con osservanza, 
**Ufficio di Redistribuzione Civica** 
Divisione Transizioni 
Codice pratica: 118-z/479

Cosa? Forse aveva letto male. Lo rilesse.

Trasferimento permanente. Quarantadue ore. Biglietto del treno. Non è prevista possibilità di rinuncia.

Lucia strinse il foglio fra le mani.
Mirta sbuffò. «Mamma leggi a voce alta!»
Non sapeva cosa fare.
Il suo sguardo incrociò quello di Carlo. «Amore?»
Sentì il fiato farsi corto. Il foglio le scivolò fra le dita. La vista le si offuscò, le gambe persero forza, brividi di freddo. Poi cadde.
«Lucia!» urlò Carlo che corse nella sua direzione.

Le girava la testa. Qualcuno era vicino a lei. Carlo? Mirta? I contorni della stanza erano ancora sfumati.
Quanto tempo era passato? Era svenuta e... Si trovava distesa sul divano del soggiorno.
«Che ha la mamma?» sussurrò Sara che le stava massaggiando una gamba.
«Un calo di pressione. Non è niente. Vedi? È già sveglia. Perché non esci con Mirta a giocare con i conigli mentre la mamma si riprende tranquilla?» Anche il marito sussurrava.
«Da sole?»
«Sì, rimanete in un punto in cui posso guardarvi dalla finestra.» La bambina corse a chiamare la sorella.
«Carlo... Hai letto?»
Carlo si sedette vicino a lei. «L'ho letta. Dimmi che non è vero. Non deve accadere. Io...» Si strinse la testa fra le mani. «Perchè doveva capitare proprio a noi.»
«Fra tutta la gente che vuole andarci hanno scelto una moglie, con due figlie. Che sistema è Carlo? In che cazzo di mondo viviamo?»
Lucia si silenziò. Mirta e Sara corsero per la stanza pronte a uscire, poi si fermarono e le vennero vicino. «Mamma, va tutto bene?»
Lucia sorrise dolcemente. «Sì, sto bene. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Sara stai andando fuori con la giacca aperta?»
«Sento caldo mamma.»
«Non ho intenzione di passare un'altra nottata sveglia perché ti sei presa di nuovo la febbre. Allacciati quel giacchetto.»
«Che noia.» Sara si tirò sù la zip. «Andiamo Mirta? Voglio vedere i conigli. »  E corsero fuori.
Lucia sospirò. «Carlo... Ti ricordi quando hanno preso mio papà?»
Il marito le strinse una mano. «Me lo ricordo bene. La notizia arrivò proprio quando aspettavamo Mirta.»
Lucia si alzò barcollando leggermente e andò alla finestra. Le bambine si rincorrevano nel cortile. «Chissà se sta bene. Non sono più riuscita a vederlo da quando me l'hanno portato via.»
Carlo rimase in silenzio. Mirta corse verso di lei e gli fece una linguaccia dalla finestra. Lucia fece uno sforzo per sorriderle. «Lui è ancora là. In una casa assegnata nell'areale deprivatista.» Lucia appoggiò la testa al vetro e abbassò gli occhi.«Se andassi forse... potrei trovarlo. E creare un piano per tornare indietro insieme...»
Il marito scattò in piedi. La mani gli tremavano e sembravano non sapere dove posarsi: prima toccarono la fronte, poi sui fianchi, alla fine si strinsero in un pugno. «Non esiste Lucia. Tu non ci abbandonerai perché loro hanno deciso che deve essere così. »
«Carlo, non ci sono altre soluzioni! »
«C'è sempre un modo. Io...»
«Cosa? Vuoi fare una rivoluzione? Non c'è niente che possiamo fare Carlo. Lo sapeva anche mio padre ed è per questo che è andato via.»
Carlo allentò i pugni e si risedetta. Nascose la faccia fra le mani e oscillava convulso avanti e indietro con il corpo. Lucia andò ad abbracciarlo.
«Non voglio che te ne vai via.» Le sussurrò Carlo stringendola a sé.
«Lo so. Non siamo noi a decidere purtroppo.»
Mirta spalancò la porta, piangeva e si lanciò fra le braccia di Carlo: «Uno dei conigli mi ha morso, guarda! Sara mi ha detto che ora mi viene la febbre e che non guarirò mai più.»

Il discorso venne rimandato. Riuscirono a rimanere da soli soltanto dopo la cena, in camera da letto.


Pigiama,  album con le foto di famiglia, biancheria intima. Lucia aveva messo in valigia tutto l'occorrente.
Come stava dicendo il telegiornale nazionale, anche per quell'anno, ogni sorta di bisogno sarebbe stato compensato in loco. Lucia spense la TV e si afflosciò nel letto di fianco a Carlo. «Cosa diciamo alle bambine?»
Il marito era immobile, fissava le travi a vista del soffitto. «Nulla, perché tu non te ne andrai.»
Lucia sospirò. «Ancora, Carlo?»
Si avvicinò al suo viso, gli accarezzò i capelli brizzolati che odoravano di buono. «Mi è sempre piaciuto questo shampoo.»
Quella sarebbe stata l'ultima notte con lui? Forse. Le sembrò che un grumo di saliva le bloccasse le vie respiratorie. Non c'era tempo.
«Lucia non–»
«Non mi interessa di quello che succederà domani Carlo. Ora voglio solo stare con te.»
Quella notte non dormirono, non parlarono. Fecero l'amore. Più volte. Ogni volta più bella della precedente.

Il mattino si presentò con la sua solita routine: latte e cereali, poi gli zaini per la scuola. L'ombrello perché si era messo a piovere.
«Mi raccomando: non correre che la strada è bagnata.»
Mirta dondolava in piedi sul posto mentre giocava a tirarsi i lacci dell'impermeabile. «Tu non vieni mamma?»
«No amore, mi sento ancora un po' stanca da ieri.»
Sara scese le scale e si immobilizzò nel corridoio. Alzò un indice nella sua direzione. «Stai per andartene, vero? Ho visto la valigia nella camera da letto.»
Lucia si morse il labbro inferiore.«Sara mettiti l'impermeabile. Non vedi che fuori c'è il temporale?»
La figlia si appoggiò con una mano sul muro. La voce le tremava. «Non mi hai risposto. Te ne vai via? Così com'è andato il nonno? Perché c'è quella valigia nella vostra camera da letto?»
«Non dire sciocchezze. Hanno chiamato alcuni parenti di tuo padre. Tua zia non sta bene. La vado a trovare.»
«Pensi che sia una stupida?» Urlò. Gli occhi le erano diventati umidi e lucidi. Risalì le scale in corsa e tornò alla sua stanza sbattendo la porta.
Carlo spuntò dalla cucina. «Ci parlo io.»
«No. Mirta deve andare a scuola.»
La bambina le tirò l'orlo della maglietta.«Torni presto mamma?»
Lucia si accucciò di fronte alla figlia e la abbracciò.  «Certo amore, torno non appena la zia sta meglio. » La strinse forte e non l'avrebbe più voluta lasciare. La pioggia ticchettava furiosa contro la porta, ma in quel momento c'era solo il calore di sua figlia. «Mamma?» la voce sottile, angelica.
Lucia si alzò, si sfregò gli occhi con una manica e si mise le mani ai fianchi: «Bene. Si sta facendo tardi, no? Carlo, mandami un messaggio quando siete arrivati, così sto tranquilla.»
Carlo non rispose: prese, trench, cappello e il suo ombrello dal portabiti e con Mirta per la mano aprì la porta. «A dopo.» disse chiudendola dietro di sé.

Sara non voleva né andare a scuola né parlare con lei. Provò a bussare varie volte ma all'ennesimo silenzio si arrese e passò le successive ore da sola, a riflettere su tutto quello che stava per cambiare da lì a poche ore.

In serata si alzò un vento forte insieme alla pioggia.
Un treno fischiava sulle rotaie prima della sua partenza. I lampi accendevano e spegnevano i colori degli ombrelli che ondeggiavano sopra i passanti bardati di piumini e giacconi.
Carlo si teneva il cappello mentre trascinava la valigia. «Il binario per la partenza dovrebbe essere quello! Hai il biglietto che ti hanno spedito con la lettera?» Urlò davanti a Lucia che aveva Mirta per la mano e Sara al seguito.
«Sì, è nella valigia!»
Carlo svoltò, allentò la presa e una forte folata gli fece volare via il cappello.
«Papà, attento!» Mirta si divincolò da Lucia.
«Ferma!» Lucia allungò un braccio per acchiapparla ma la mancò e Mirta si intrufolò fra la folla. Carlo scattò in avanti, lasciò la valigia lì e la inseguì.

Cazzo.

Passarono dei minuti. Il vento ululava fra i soffi sfiatati dei gas di scarico dei treni e il chiacchiericcio della gente. Decine di volti di passanti sconosciuti, netturbini, polfer, controllori di biglietti. Di Carlo e di sua figlia non c'era l'ombra. Cosa doveva fare...
Sara si abbracciava fra sé e sbatteva i denti. «Mamma, dobbiamo rimanere qui? Fa freddo.»
Lucia annuì. Carlo sarebbe già tornato se l'avesse trovata.
«Andiamo a fare un annuncio per Mirta.» Sara annuì senza fare domande e la seguì.
Si avvicinarono al banco della Polfer. «...È bionda, alta più o meno un metro e trenta. Impermeabile rosa. Scarponcini. E... Scusate.»

Da un angolo poco distante comparve una signora sulla cinquantina, con i capelli raccolti a crocca, il volto calmo e attento. Al suo fianco camminavano un uomo e un ragazzo adolescente, silenziosi.
Tra loro c’era Mirta, piccola e agitata nel suo sgargiante impermeabile, che stringeva il cappello di Carlo, fradicio e ormai ridotto a uno straccio informe.

Lucia sentì il cuore saltare. «Mirta!» La voce le scoppiò in gola.
Corse verso Mirta, che si bloccò un istante, gli occhi spalancati, poi si lasciò abbracciare, le mani che tremavano contro il petto di Lucia. Sara si aggiunse subito e si strinse fra di loro.
«Non trovo più papà.» Mirta sollevò il cappello. Sara non trattenne una risata.
Lucia strinse al petto il cappello e cercò di controllare il respiro. «Come hai fatto a trovarci?» chiese, incerta.

La donna con i capelli raccolti inclinò la testa, seguendo Mirta con lo sguardo. «Eravamo al bar. La bambina è entrata e ha chiesto se qualcuno avesse visto suo padre, per restituirgli il cappello.»
Poi, con un piccolo sorriso ironico, aggiunse: «Se esistessero ancora telefoni funzionanti, avrei chiamato la polizia. Ma non siamo mica fra i deprivatisti che li possiedono e chiamano ogni volta qualsiasi operatore per qualsiasi cosa. Beati loro. Beh, da stasera ne farò parte anche io.» Sospirò leggermente. «In ogni caso, ci hanno detto che potevamo fare un annuncio, siamo venuti qui… e vi abbiamo trovate.»
Lucia inspirò a fondo, ancora incredula. «Grazie… davvero. Ma… come sa dei deprivatisti e dei telefoni, se dovevano essere tutti ritirati?»
La donna fece un gesto con la mano, la voce ferma ma calma: «Diciamo che l’ho letto da qualche parte.» Poi abbassò lo sguardo verso Mirta e Sara, con un filo di dolcezza. «Quest’anno sono stata scelta per entrare nell’élite. È un grande onore, lo sapete piccole?»
Lucia esitò. Come si poteva affrontare un distacco simile in quel modo? Non riuscì a trattenersi. «E… come fa a non essere triste?»
La donna sorrise, sicura. «Non lo sarò a lungo. Presto sia mio figlio che mio marito verranno trasferiti là.» Prese l'uomo sottobraccio e gli diede un bacio.
Il ragazzo intervenne: «Magari riusciamo a far venire anche la nonna.»
La faccia della donna si scurì all'improvviso: «E come dovremmo fare? Non siamo mica noi a decidere. A volte dici davvero delle cose stupide.»
«Mamma ma perché– »
Lucia guardò prima il ragazzo, poi la madre ma non disse niente.
«Ad ogni modo il treno partirà a breve. È stato bello conoscerti... »
La frase rimase sospesa.
«...Lucia. E loro sono Mirta e Sara»
«È stato un piacere conoscervi, anche se non in una situazione comune. Io mi chiamo Serafine.»
«Il piacere è stato ancora nostro. E ancora grazie, per aver trovato mia figlia. »
Rifletté su quello a cui aveva appena assistito: la frase del ragazzo,il cambio d'espressione della donna.
No, secondo lei quelle persone nascondevano qualcosa. C'era un modo per fottere il sistema?Cambiare l'algoritmo dei candidati, forse. Quello avrebbe cambiato tutto!
Era una luce di speranza. E se ciò era possibile, lo avrebbe scoperto.

Re: Luce

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Ciao @DaZero.

ho momentaneamente chiuso la discussione perché il commento lasciato al racconto di Aladicorvo non risulta abbastanza approfondito secondo le regole della sezione, che puoi consultare sopra la sezione stessa.

Quando avrai pubblicato un nuovo commento, puoi inviarmi il link via messaggio privato e provvederò a riaprire la discussione.

Grazie per la collaborazione e buon proseguimento!
Sira
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