
Antonello si recò nel luogo fissato per la seduta di cartomanzia. Rimase sorpreso nel vedere la lunga fila di clienti che aspettavano il proprio turno fuori per strada. Per un attimo fu colto da irritazione, pensando al fatto che si ritrovava ad aspettare in mezzo a troppe persone, a cui non dovevano interessare i suoi problemi. Pensava in un appuntamento privato, nel più completo anonimato. Invece si ritrovava sotto gli sguardi cupi e ombrosi di chi, come lui, aspettava una sentenza. Poi la convinzione di essere nel posto giusto si fece largo, se vi era tanta gente ad aspettare voleva dire che quanto si diceva sul mago Horus fosse vero.
Dopo un’ora la fila si era notevolmente ridotta e lui trovò posto nella saletta interna. Le pareti erano spoglie di quadri o effigi, di un bianco appena rifatto; trovò la cosa fuori dalla sua immaginazione. Non era la prima volta che si recava da un cartomante, quelli che ti accolgono in casa, in una stanza dalla atmosfera esausta di aromi di candele accese, piena di oggetti in bella mostra per la divinizzazione: candelabri, amuleti, oggetti misteriosi. In quel contesto, l’idea che prendeva forma, gli parve essere quella di ritrovarsi come dal dottore di famiglia. Le persone in attesa parlavano tranquillamente dei loro problemi e di come stavano risolvendo grazie a lui.
Dopo un’altra ora di paziente e fiduciosa attesa, passata cogliendo i sentimenti e le emozioni, spesso serene ma anche preoccupate di chi usciva dalla porta del mago Horus, l’addetto gli fece cenno che era arrivato il suo turno.
Il mago Horus non lo degnò di uno sguardo quando gli fece segno di accomodarsi. Antonello lo scrutò attentamente mentre, a capo chino, mezzo nascosto da un strano turbante, teneva le mani sopra a quelle che pensò fossero delle carte: le sue.
Poi lo sguardo andò sulla parete di fronte, dove una gigantografia mostrava un occhio stilizzato che non aveva mai visto e che pareva di carattere egizio. Ai lati, le altre pareti erano bianche e spoglie, sterili. Lui abbozzò un saluto imbarazzato per rompere gli indugi. Ma il silenzio rimase intatto, Horus non rispose, ma poi sollevò lo sguardo mostrandolo nella sua enigmaticità.
“Se non ti ho chiesto ancora nulla è perché so tutto di te” disse con voce severa e suadente allo stesso tempo. “L’occhio di Horus mi ha mostrato la tua vita e mi dirà qual è la soluzione ai tuoi problemi”. “Cosa ha visto?” chiese turbato Antonello.
L’uomo sollevò delicatamente il mazzo di carte e ne mise tre sul piano scoprendole:
“Diavolo- luna- l’appeso” mormorò. Il cuore di Antonello prese a battere convulsamente, aveva qualche idea su cosa significasse.
“Qualcuno vuole la tua morte. Ti ha fatto un malefico sortilegio per farti morire. Vedo che è una persona vicino a te, una donna probabilmente, o un uomo che le sta vicino, un amante”. Antonello chiese se vedeva anche la ragione di tutto questo.
“Vedo che la donna o il suo uomo vogliono i tuoi averi” rispose. “Ma se agiamo tempestivamente riusciremo a bloccarli. Per il momento ti farò delle preghiere e farò in modo che si posi su di te l’occhio di Horus a illuminarti la via oscura. Ci rivedremo tra una settimana, quando la luna cambierà. Per il momento è tutto, puoi andare”.
Antonello si alzò col tremore sulle gambe e ringraziò. Poi lasciò la stanza dove l’uomo aveva rimesso la fronte sulle mani in segno di meditazione. Quando fu fuori, l’addetto lo invitò ad entrare nell’ufficio dove incassò il costo della seduta e degli interventi che sarebbero stati fatti.
Lui pagò gli ottocento euro chiesti in contanti e andò via.
L’addetto lo guardò andare via e quando lo vide lontano entrò nella stanza del mago Horus: “l’ultimo è andato via; mando a casa gli altri?” disse.
L’uomo rispose che per oggi avevano finito. Il mago Horus rimise le carte a posto compiaciuto della proficua giornata. L’idea di creare una platea di clienti/attori sereni e soddisfatti funzionava.
Anche Antonello fu preso da un turbinio di pensieri. Ecco perché la sua azienda stava per fallire. Tutte quelle assurde vicende che gli stavano capitando erano troppe per essere giustificate per semplice coincidenza. Ma chi era che lo voleva morto?
Quando arrivò al suo appartamento situato in una villa bifamiliare, all’interno di un elegante residence, colse lo sguardo arcigno della portinaia tra la quale non scorreva buon sangue. Pensò subito a lei come l’autrice della fattura di morte: meridionale, ignorante, e faccia da strega.
Solamente perché qualche volta aveva gettato la cicca di sigaretta per terra, lei gli stava addosso. Si diresse verso casa che ancora la guardava con sospetto e col pensiero “Se sei stata tu, te la farò pagare”.
Quando entrò in casa riconobbe la voce di Francesca che parlava a telefono con qualcuno della cerchia di amicizie. Origliò sospettoso dietro la porta per capire con chi stesse parlando, poi si presentò alla moglie. Questa, appena si accorse del marito, chiuse la telefonata frettolosamente, tanto ché lui le disse “Perché hai chiuso di fretta? Potevi continuare, io me ne stavo andando a fare una doccia”.
“Ma che dici, amore, era il corriere che mi avvertiva che passerà alle diciassette per il pacco che aspetto”.
L’uomo intuì la bugia, aveva ben avvertito che stava parlando con Diego: il suo socio. Ma fece finta di nulla e andò dritto verso il bagno.
“Quanto è fastidioso il rumoreggiare quando mastica” Notò Antonello durante la cena. Vedeva Francesca sotto una luce diversa, che mai aveva scorto prima. Mangiava a bocca semiaperta e mostrava il cibo tra i denti, quei denti che gli apparivano aguzzi come non mai, da squalo. Ebbe un momento di ribrezzo, e poi, una visione improvvisa con tanto di domanda: Francesca era una strega? É lei la donna che lo vuole morto, e Diego, il suo socio, l’amante che lo vuole togliere di mezzo? Ecco! I due sono d’accordo per farmi fuori. Mi stanno facendo cornuto e mirano al controllo dell’azienda. Ma certo! Diego è l’autore di tutti i casini aziendali inspiegabili. Sta cercando di mettermi in condizione di svendere per i debiti? Perché non ci sono arrivato prima, si domandò. Il pensiero lo angustiò durante la notte. Si alzò varie volte per sorseggiare della grappa tanto per allontanare il tarlo che gli girava nella mente.
“Occhio di Horus, illuminami! Fammi vedere la via” Sospirò mentre osservava il colore della grappa riflettere il riverbero della luce rossa che arrivava da fuori. Pian piano il liquido nel bicchiere divenne colore del sangue. “Ecco! Questa è la via, il sangue. Li devo uccidere prima io. Horus lo vuole.
La grappa stava facendo il suo effetto. Il coraggio era a mille. Antonello andò in cucina e prese un grosso coltello dal ceppo. Si diresse verso la camera dove Francesca dormiva. Si fermò sulla soglia e la vide girata di spalle: strinse saldamente il coltello. Lentamente si avvicinò, lei aveva un insolito respiro, innaturale, quasi fosse un sibilo sinistro: “Questo è il respiro della strega mentre nei sogni si accoppia col suo demonio. Gemi, maledetta!” Alzò il coltello per colpire. E poi Diego? La farà franca e con me in galera prenderà tutto? E se fosse solo lui a volermi morto? Abbassò la lama e ritornò in cucina a bere ancora: a pensare. E pensò per tutta la settimana come agire contro i due. Ma doveva aspettare anche l’esito dell’intervento del mago Horus: lui gli avrebbe detto cosa fare.
“Attraverso l’occhio di Horus vedo che la via migliore è la perseveranza. Bisogna aspettare e dare tempo che la nuova battaglia contro di Seth sia preparata per bene” spiegò il mago.
“Ma io ho poco tempo, sento che tutto sta precipitando!” esclamò Antonello.
“Bisogna aspettare e spendere” disse tra di sé mentre pagava a malincuore altri duemila euro all’addetto. Questo si presentò nella stanza del mago avvertendolo che il cliente gli era parso poco propenso a sborsare altri soldi: “La prossima seduta faremo in modo di trovargli una strada verso la rassegnazione. Gli diremo che siamo riusciti a togliere il sortilegio e che può tornare a costruire la sua vita…” spiegò il mago con una punta di ironia. “L’occhio di Horus gli indicherà la strada” ribatté l’addetto beffardo.
Ma la strada Antonello voleva trovarla al più presto. Quando tornò in ufficio si mise al pc e digitò “Occhio di Horus”. Lesse la storia di come Seth aveva rinchiuso il fratello Osiride dentro il forziere con l’inganno e lo aveva gettato nel Nilo facendolo affogare. La moglie Iside tentò invano di farlo ritornare in vita, ma grazie all’amore era nato Horus. Seth intanto fece fare in quattordici pezzi il corpo del fratello per nasconderli nel vasto Egitto. Ma la stessa Iside riuscì a trovare i pezzi del corpo e a resuscitarlo. Seth aveva cavato un occhio al nipote Horus mentre dormiva, ma alla fine Seth era stato sconfitto grazie alle capacità magiche dell’occhio che il divino Thoth aveva ricostruito. Che storia! In fin dei conti, l’idea di Seth di fare a pezzi Osiride non era stata così malvagia.
Il tarlo prese nuovamente a rodere… Francesca si era incontrata con Diego in un bar e lui li aveva visti assieme. “Sono terrorizzata. Sei l'unico amico a cui posso confidare una cosa del genere. Lui mi spia di notte mentre dormo. Si presenta al buio e rimane lì fermo. Mi è parso abbia qualcosa nella mano, forse un coltello, ma non ne sono sicura. Cosa devo fare?”
“Dici delle cose tremende. Ma non credo al coltello. Per cosa poi? Lui ti ama alla follia. Mi auguro che non sia per farsi lui stesso del male. Sicuramente è preoccupato per l’azienda, abbiamo un buco enorme. Ma la colpa non è la sua e di nessuno. Abbiamo preso alcune fregature, tutto qui. Credo che lui non voglia accettare la sconfitta. Ho saputo che stia indebitandosi con degli strozzini e che si sia rivolto a delle cartomanti.”
“Ma allora dobbiamo parlargli al più presto. Chissà che cosa gli andranno a dire quelle megere.”
“Il diavolo, la luna, l’appeso”.
Antonello aveva deciso. Il quarto bicchiere di grappa notturno gli aveva rivelato la strada attraverso il riverbero del bicchiere. L’occhio di Horus aveva illuminato il piano maligno di Francesca e Diego contro di lui. Era tutto chiaro. Andò in cucina a prendere il coltello. Entrò nella stanza al buio e, quando fu vicino a lei, ascoltò il suo maligno gemere, il respiro di strega. Alzò il coltello per prendere forza.
“No! Amore, cosa stai facendo” Francesca non dormiva e lo aspettava.
“Maledetta strega! Non m’inganni con le tue dolci parole”
“Sei impazzito!”
“Ti scanno!”
Francesca era saltata fuori dal letto e tentato inutilmente di rinchiudersi nel bagno. Antonello non si fermò dal colpire fino a quando il sangue sul pavimento fece da specchio alla luce divina. L’occhio di Horus si era manifestato in tutta la sua potenza.