Terza traccia - Non è così che doveva andare
L'indomani doveva essere il primo giorno. Sperava da tempo in una chiamata che finalmente era arrivata: classe 5C, scuola elementare Duca D'Aosta.
Era stato fortunato: una supplenza che sarebbe proseguita per tutto l'anno scolastico. Conosceva la scuola ed era vicina alla sua abitazione: dieci minuti in bicicletta o mezz'ora a piedi.
Era il suo primo incarico, mai fatto esperienze come insegnante, poi con i bambini...
Aveva una grande ansia, una paura che potesse succedere qualcosa, una responsabilità enorme conoscendo i genitori di oggi. Aveva sentito dire che per un voto basso, una mamma aveva mandato alla scuola una lettera dall'avvocato. Altri che facevano una tragedia per un graffio.
Carlo provava a non farsi travolgere troppo dalle emozioni, ma la paura di non riuscire a gestire la classe lo portò, quella sera, a prendere dei tranquillanti.
Alla mattina, quando fece ingresso nella classe, tutti gli alunni, con sua sorpresa, erano compostamente seduti ai loro posti. Tirò un sospiro di sollievo: “Non sembra poi così una tragedia fare il maestro” pensò.
La classe era composta più o meno a metà tra maschi e femmine. Aveva notato qualche viso orientale, altri di provenienza africana, altri ancora con splendidi tratti indecifrabili, frutto di più combinazioni da varie parti del mondo. L'occhio però gli era caduto su uno splendido visino bianco latte, con occhi verde-azzurro. Al suo fianco una ragazza esordì: “Piacere Grazia, sono l'insegnante di sostegno di Gabriele”.
Il bambino si era accorto del nuovo maestro e fecce un dolce sorriso, prima di sbattere ripetutamente la testa contro il banco, urlando. Si alzò di scatto e iniziò a saltellare per la classe, prima piangendo e poi ridendo quasi in contemporanea.
“Andiamo Gabi” gli si rivolse l'insegnante. Lo prese a braccetto e tranquillamente uscirono dall'aula per andare in una stanza a lui dedicata, multisensoriale, con strati di gommapiuma alle pareti per evitare che si facesse male. “Scusi, dev'essere l'emozione di vedere una figura nuova” concluse Grazia.
Carlo rimase immobile anche dopo il loro congedo. “Maestro!” partì una voce dal fondo.
“Eh... sì”.
“Ci accompagna lei al museo dei dinosauri domani?”
“Dinosauri?” rispose come se cascasse dalle nuvole.
“Sì, è da mesi che l'abbiamo programmata”.
Carlo guardò l'agenda sul registro elettronico e suo malgrado trovò conferma alla visita al Museo di Storia Naturale.
“Certo, chiedo conferma in segreteria”.
La conferma arrivò, e avrebbe avuto il supporto dell'insegnante di sostegno con il suo Gabriele al seguito. Non sapeva se la cosa rassicurava o peggiorava il suo stato d'animo.
Nel pomeriggio rientrò a casa come se avesse vissuto un'esperienza indefinibile. Da quando era uscito di casa sembrava che fosse passata una settimana. Ma la sua preoccupazione principale fu quella su come potesse superare indenne l'uscita mattutina del giorno dopo.
Studiò il tragitto metro per metro, dall'uscita di scuola al museo e viceversa.
Dopo dieci metri un primo attraversamento pedonale scandito da un semaforo. Poi, altre due strade da attraversare su strisce pedonali prima di arrivare alla sosta del bus 12. Quattro fermate e il museo si sarebbe trovato di fronte. Tutto molto semplice.
Fece una ricerca su come si potesse muovere un gruppo di 21 bambini per le strade pubbliche. Risultò che fino alle scuole materne con qualche eccezione per le prime classi delle elementari, si mettevano in fila indiana a coppie tenendosi per mano. Ma per una quinta non sarebbe stato il caso.
“Basta che il gruppo rimanga compatto” pensò. Ma lui doveva stare all'inizio o alla fine del gruppo?
L'ideale sarebbe stato che uno stesse all'inizio e l'altro chiudesse alla fine. E così, la mattina prima dell'ingresso, lo propose a Grazia che lo rassicurò: “Io posso chiudere con Gabriele, nelle uscite all'esterno è bravissimo, segue gli altri e non ha mai creato problemi”.
Tutto era pronto. Il ritrovo era nel cortile alle 8,30. Il maestro Carlo, cordialmente, salutò i genitori, che vide per la prima volta, presentandosi. Fece una buona figura anche se era vestito come se stesse andando a un matrimonio.
“Che eleganza!” disse Grazia.
“Forse ho esagerato”.
“Per niente, stai benissimo”.
“Pronti ragazzi? Andiamo!”
Il maestro diede la carica e, alla testa del gruppo, si incamminarono. Fra duecento metri prenderemo il bus 12, rimaniamo uniti.
Procedettero tranquilli, attraversarono la strada con il verde e proseguirono sul marciapiede lungo una siepe finché non partì un urlo: “Un ragno tigre! Sta mangiando una cavalletta!”
Il gruppo si bloccò di colpo tutti alla ricerca del ragno “Che brutto!” esclamò qualcuno. Gabriele per nulla intimorito voleva prenderlo con le mani ma fu subito stoppato. Intanto avevano bloccato il passaggio sul marciapiede al punto che un signore anziano iniziò a lamentarsi.
“Basta! Rimettiamoci in fila!” disse con tono severo Carlo e con sua sorpresa lo ascoltarono. Questo aiutò molto la sua autostima. La gita stava procedendo per il meglio.
“Guardate, un Buldozzer!” partì un'altra voce dal gruppo.
“Ah! Ah! Ma quale Buldozzer. È un Bulldog” rispose un altro.
“Ma che ne sai tu. Si dice Buldozzer!”
“Ma sei uno scemo!”
“Tu un cretino!” ribadì mentre stava per tirargli un calcio. L'altro si difese e poi gli saltò addosso.
“Basta! Ma siete matti! Insomma. Siamo qui per divertirci e voi litigate?”
Marco! Non si prende in giro un compagno, lo sai che è straniero e può scappare qualche distorsione di parole. E poi nella sua patria c'è una brutta situazione. Dobbiamo dare l'esempio.”
“Scusi maestro”. Marco si avvicinò al compagno in segno di pace e si diedero la mano.
“Non ti preoccupare Yuri: è vero, si dice Bulldog, ma tu sei bravissimo, considerando che sei in Italia da poco” concluse il maestro.
“Riusciamo a proseguiamo tranquilli?”
“Sì” risposero in coro.
“Complimenti” commentò Grazia. Sei molto in gamba per essere al primo incarico. Io, poi, sono solo da un anno prima a di te. Siamo due novellini”.
Arrivati finalmente alla fermata del 12, aspettarono solo pochi minuti.
Dopo aver dato le ultime raccomandazioni, salirono sul bus. Era semivuoto.
Prima fermata: salirono in due, non scese nessuno.
“Bene così” penso Carlo.
Seconda fermata: salirono altre due persone, un uomo e una donna, da due porte diverse. Tirarono fuori un cartellino e lo attaccarono al petto: “Signori, controlliamo i biglietti per favore, grazie” disse l'uomo. Scavalcarono i bambini, esenti dal pagamento e proseguirono. L'uomo si fermò di fronte a una ragazza cinese alla quale chiese di mostrare il biglietto. Questa tirò fuori lo smartphone e lo mostrò al controllore.
“Scusi, è scritto tutto in cinese, non si capisce.”
La ragazza borbottò qualcosa di incomprensibile.
“Scuuuusiiii cooon coosaaa haaa paaagaatooo il biglieeettto? Con la caard?” domandò a voce alta strascicando le parole e mostrando un bancomat.
La ragazza tirò fuori una carta simile tutta in cinese. Intanto l'autista aveva chiuso le porte, come di consuetudine, per la verifica dei biglietti, in modo che nessuno potesse scappare prima.
“Queeestaaa non è validaaa in Itaaaaliaaa” continuò ad alto volume.
A quel punto intervenne Carlo: “Scusi, non vorrei essere invadente, ma se non conosce l'italiano anche se urla non credo che capisca. Provi con l'inglese.”
“Ma quale inglese. Queste le conosco. Salgono tutti i giorni sempre diverse. Vanno a Chinatown, al capolinea, sono tutte fabbriche di tessuti.”
La ragazza continuava a parlare in cinese con tono lamentoso senza che nessuno capisse cosa stesse dicendo.
“Documents, please” disse il controllore cercando di mimarlo con le mani.
La ragazza tirò fuori la sua carta d'identità cinese, continuando sempre a lamentarsi.
“E mò, dove gliela mando la multa?”
“Maestro.” partì una voce sussurrata.
“Dimmi Toshi”
“So cosa sta dicendo la ragazza” rispose l'alunno che era di origine cinese.
“Dimmi, cosa?”
“Un sacco di parolacce”.
“Eeeh! Cosa sta dicendo? Parolacce? Ho capito bene? Che cosa esattamente, che la denuncio” disse il controllore, che aveva sentito la conversazione.
“Beh... non proprio parolacce” ritrattò il bambino.
“Avanti, sentiamo”.
“Senta, non può rivolgersi così a un bambino” lo interruppe il maestro.
“In realtà le ultime parole sono state Mangia spaghetti, pizza e mandolino”.
“Ah sììì. Intanto i nostri spaghetti non hanno nulla a che vedere con quelle matasse di vermicelli appiccicosi che avete voi” disse arrabbiato.
“Senta, possiamo scendere, proseguiamo a piedi” disse Carlo “Abbiamo un appuntamento al Museo di Storia Naturale.
“Certo, scendete pure”.
Si aprirono le porte e nella confusione si aggregò al gruppo la ragazza cinese. Prese un'altra strada e salutò agitando la mano lasciandosi sfuggire anche un “Ciao”.
“Ok, non manca molto, sempre dritto e arriviamo. Forza!” incitò tutti Carlo.
Anche se erano un po' in ritardo sulla tabella di marcia, avevano ancora tutto il tempo per visitare il museo.
“Maestro Carlo?”
“Dimmi, sei Giulio giusto?”
“Sì”
“Cosa c'è?”
“Mi scappa la pipì”.
“Fra poco saremo arrivati e la potrai fare nel bagno del museo.”
“È molto urgente, la sto per fare addosso”
“Ok, fermo!” Intervenne Grazia “Facciamo così. Mettetevi intorno come a formare una barriera in modo che nessuno lo veda. E fai presto Giulio.”
“Certo, la sto già facendo”.
Vedendo la scena, anche Gabriele fu preso dalla minzione e si mise a urinare, ma alla luce del sole, di fianco a un'auto nuova di zecca.
“Ma cosa fai Gabi!” Grazia lo aiutò a ricomporsi e terminati tutti l'operazione proseguirono.
“Maestro”.
“No! Silenzio!” rispose, senza nemmeno aver capito chi fosse intervenuto.
Neanche il tempo di fare due passi che appena svoltato l'angolo della strada che dovevamo percorrere si sentiva chiaramente cantare con voce solenne, anche se non proprio intonata, l'inno di Mameli. Un signore attempato con la mano sul petto, interpretava il famoso canto. L'unico problema era che si trovava in piedi su una balaustra, al secondo piano di un antico palazzo.
Sotto avevano predisposto un grande telo circolare tenuto ai lembi da un diversi vigili del fuoco.
La strada era sbarrata.
“Dobbiamo tornare indietro e aggirare il palazzo” disse il maestro mentre accompagnava i bambini nel dietrofront per non fargli vedere la scena.
“Nooo. Non possiamo rimanere qui a vedere cosa succede?” rispose uno del gruppo.
“Non è uno spettacolo. Andiamo”.
Allungarono ancora la strada mentre l'orario stava scorrendo sempre più velocemente.
“Forza, ancora qualche centinaio di metri e saremo arrivati” concluse Carlo tutto sudato.
“Scusate ma Chiara?” disse una sua compagna.
“Eh! Come Chiara?” rispose il maestro sbiancato nel volto.
“Era qui poco fa” prosegui l'insegnante di sostegno.
“Torniamo subito di corsa indietro”.
Carlo sembrava aver perso dieci anni di vita.
Ritornarono al punto dal quale si intravvedeva il signore in piedi sulla balaustra e trovarono Chiara lì, ferma, immobile che guardava verso l'alto.
“Mio Dio Chiara! Cosa ci fai qui? Ci hai fatto venire un colpo”.
“Io lo conosco” rispose la bambina molto colpita dalla scena che aveva di fronte agli occhi.
“Vieni, andiamo” proseguì il maestro.
“Veniva sempre a casa e mi portava dei dolci e dei giochi” continuò la bambina.
“Ok, ne parliamo dopo, riuniamoci e proseguiamo. Forza, dobbiamo arrivare alla meta. Costi quel che costi” disse Carlo con le braccia al cielo.
“Sììì” rispose in coro la classe.
Arrivarono senza più grosse sorprese davanti l'ingresso del museo. C'era un giardino antistante con delle riproduzioni a grandezza naturale di alcuni dinosauri.
“Guardate il T-Rex che denti!”
“E il Triceratopo. Che corna!”
All'improvviso, dal nulla, sbucarono diverse persone in calzamaglie nere con addosso un passamontagna. Facevano dei movimenti ginnici con grande agilità. Dopo una breve coreografia, ognuno dei componenti salì con lestezza sulla testa dei grandi rettili e srotolò un manifesto su cui c'era scritto:
SE CONTINUIAMO A MALTRATTARE IL PIANETA
FAREMO TUTTI LA STESSA FINE
Chi era rimasto a terra, aprì delle scatolette con varie zuppe e ne lanciò il contenuto sui corpi dei dinosauri. Altri distribuivano volantini.
Giunsero immediatamente le guardie di sicurezza che chiusero l'entrata del museo e chiamarono la polizia.
Nel frattempo Gabriele era sgattaiolato e con le mani raccattava manciate di minestra depositate nelle parti più concave dei corpi, portandosele alla bocca.
“Mannaggia a te!” gli corse dietro Grazia.
“Ragazzi, direi che il museo lo abbiamo in parte visto. Torneremo un'altra volta per approfondire la visita. Visto il successo dell'impresa. Offro a tutti un gelato. Che ne dite?” disse Carlo.
“Sììì” risposero tutti in coro
“Fantastico!” si accodò Grazia.
Re: [MI178] Gita al museo
2Kasimiro ha scritto: una mamma aveva mandato alla scuola una lettera dall'avvocatoRefuso: dell'avvocato
Kasimiro ha scritto: maestro e fecceRefuso: fece
Kasimiro ha scritto: “Sì, è da mesi che l'abbiamo programmata”.Se l'hanno programmata da mesi vuol dire che il maestro è arrivato ad anno scolastico già avanzato, pertanto, quando prima affermi che la supplenza era per tutto l'anno devi rettificare e dire che la supplenza sarebbe durata fino a conclusione dell'anno scolastico (o qualcosa di simile)
E sì, non doveva affatto andare così. Traccia centrata in pieno.
Racconto molto carino e molto realistico.
Bravo, mi sei piaciuto!
Re: [MI178] Gita al museo
3Kasimiro ha scritto: Fra duecento metri prenderemo il bus 12, rimaniamo uniti.Da virgolettare il discorso diretto.
Kasimiro ha scritto: Il gruppo si bloccò di colpo due punti tutti alla ricerca del ragnomanca il punto finale.
Kasimiro ha scritto: Gabriele virgola per nulla intimorito virgola voleva prenderlo con le mani maper fare l'inciso
Kasimiro ha scritto: “Complimenti” commentò Grazia. Sei molto in gamba per essere al primo incarico. Io, poi, sono solo da un anno prima a di te. Siamo due novellini”.Devi riaprire le virgolette dopo "Grazia".
Kasimiro ha scritto: “Bene così” penso Carlo.refuso per però
Kasimiro ha scritto: Neanche il tempo di fare due passi che virgola appena svoltato l'angolo della strada che dovevamo dovevano percorrere virgola si sentiva chiaramente cantare con voce solenne, anche se non proprio intonata, l'inno di Mameli.
Kasimiro ha scritto: Visto il successo dell'impresa. Offro a tutti un gelato. Che ne dite?” disse Carlo.Ti suggerisco di legare le prime due frasi sopra:
“Sììì” risposero tutti in coro.
“Fantastico!” si accodò Grazia.
Visto il successo dell'impresa, offro a tutti un gelato.
Grazie di questo racconto carinissimo, @Kasimiro e delicato come tutti i tuoi testi. In linea con la traccia, in senso ironico.
Grazie di esserci!
Re: [MI178] Gita al museo
4Ciao, @Kasimiro.
Del racconto ho apprezzato la simpatia con cui riesci a rendere le situazioni. La concatenazione di casi sfortunati e contrattempi, fino alla protesta finale, in un lasso di tempo così breve, non mi è suonata però molto realistica. Anche perché rischi di non dare spazio adeguato a nessuna delle comparse. Ho avuto il dubbio, ad esempio, che il signore in procinto di buttarsi fosse babbo natale, ma non lo saprò mai
Del racconto ho apprezzato la simpatia con cui riesci a rendere le situazioni. La concatenazione di casi sfortunati e contrattempi, fino alla protesta finale, in un lasso di tempo così breve, non mi è suonata però molto realistica. Anche perché rischi di non dare spazio adeguato a nessuna delle comparse. Ho avuto il dubbio, ad esempio, che il signore in procinto di buttarsi fosse babbo natale, ma non lo saprò mai
Scrittore maledetto due volte
Re: [MI178] Gita al museo
6Grazie @Adel J. Pellitteri, @Poeta Zaza per le vostre note e per l'apprezzamento. L'ho scritto all'ultimo e non ho avuto modo di rileggerlo per bene.
Grazie @Edu la traccia prevedeva che succedessero degli imprevisti ed è un attimo farli uscire dalla realtà. Sul signore sulla balaustra ho volutamente mantenere un po' di mistero.
La cosa alla quale avrei voluto dedicare più attenzione è il finale. Perché mi piacciono i finali. Possono riscattare una storia appannata, far pensare, reinterpretare. Ammetto che nel mio caso è un po' frettoloso, anche se ci può stare. Stava per scoccare l'ora. Lo ho già cambiato.
Grazie @Edu la traccia prevedeva che succedessero degli imprevisti ed è un attimo farli uscire dalla realtà. Sul signore sulla balaustra ho volutamente mantenere un po' di mistero.
La cosa alla quale avrei voluto dedicare più attenzione è il finale. Perché mi piacciono i finali. Possono riscattare una storia appannata, far pensare, reinterpretare. Ammetto che nel mio caso è un po' frettoloso, anche se ci può stare. Stava per scoccare l'ora. Lo ho già cambiato.
Re: [MI178] Gita al museo
7Ciao @Kasimiro
lettura simpatica, fa sorridere e percepire l'ansia del povero maestro.
Ti segnalo
Forse "terminate tutte le operazioni" ?
Ti hanno già scritto del mancato seguito sul vecchietto che voleva buttarsi.
Io ho immaginato un nonno che aveva litigato con la famiglia e non poteva più vedere i nipoti.
L'inserimento del personaggio con il ricordo della bambina secondo me andavano portati a conclusione.
Comunque bravo.
lettura simpatica, fa sorridere e percepire l'ansia del povero maestro.
Ti segnalo
Kasimiro ha scritto: Riusciamo a proseguiamo tranquilli"Proseguire"
Kasimiro ha scritto: Grazia lo aiutò a ricomporsi e terminati tutti l'operazione proseguirono
Forse "terminate tutte le operazioni" ?
Ti hanno già scritto del mancato seguito sul vecchietto che voleva buttarsi.
Io ho immaginato un nonno che aveva litigato con la famiglia e non poteva più vedere i nipoti.
L'inserimento del personaggio con il ricordo della bambina secondo me andavano portati a conclusione.
Comunque bravo.