Lo snifter per il bourbon?
Vabbé: Chris può fare quello che vuole...

(Oh, prima nota del mio primo commento su questo forum ed è nota da cazzeggio. Ma lo sai: come te sono incorreggibile

)
Quando Tania arrivò al tavolo con la crema al whisky, ad attenderla c'era la figura di Chris, nitida:
Fino a questo punto il narratore esterno ha focalizzato su Chris.
Credo che non dovresti scriverla così questa frase (che è sostanzialmente a focalizzazione esterna). O addirittura è focalizzata su Tania.
Anzi (rileggo per la terza volta) e mi sembra addirittura confusa: arriva Tania, ad attenderla c'è la figura di Chris nitida (ciò che percepisce lei?) E poi descrivi le labbra (zero, ma con un tratto che è più di percezione di lui). Oppure (me lo suggeriscono i due punti, che legano il proseguimento della frase alla figura nitida di Chris), i lineamenti morbidi e aggraziati sono quelli di lui? Non mi torna nulla...
Suggerisco:
Quando Tania arrivò al tavolo con la crema al whisky, Chris decise di farle trovare la propria figura nitida.
e poi passi alla descizione del viso di lei e delle sue labbra, come percepiti da lui (abbastanza obiettivamente, per il senso della storia e per la "posizione" della voce narrante).
«Senti, Tania, che ne diresti se venissi con te quando stacchi? Non ti potrei mai lasciare senza ombrello. Poi è il tuo…»
Cosa ne penseresti se ti proponessi di rendere lui più esplicito a fargli dire:
«Senti, Tania, che ne diresti se invece io aspettassi qui e venissi con te quando stacchi? Non ti potrei mai lasciare senza ombrello. Poi è il tuo…»
I passi veloci sulla pedana di linoleum risuonarono ostili e strazianti.
Non so, ma hai appena descritto "l'altro lui". Lo chiarisci subito dopo che la percezione è di Chris, ma lì per lì mi confondi un po' (forse il fatto è dovuto anche all'aver fatto un po' di confusione con le focalizzazioni: pare quasi che Tania sia ostile all'uomo elegante presentatosi per prenderla.
Suggerisco:
I passi veloci sulla pedana di linoleum, nella mente di Chris risuonarono ostili e strazianti.
"Chris tornò a sedersi. Bevve ancora due negroni.
Sotto la luce del lampadario si poteva notare come la sua sagoma stesse perdendo progressivamente di chiarezza.
La porta del locale si aprì."
Qui c'è un'accelerazione, che si "arresta" repentinamente sul presente all'apertura della porta.
troverei più che opportuna questa forma:
Chris tornò a sedersi. Bevve ancora due negroni.
Sotto la luce del lampadario si poteva notare come la sua sagoma stesse perdendo progressivamente di chiarezza.
A un certo punto la porta del locale si aprì.
Mentre si voltava verso Chris, disse ad alta voce: «Allora prendilo pure. Me lo puoi lasciare davanti alla porta.»
Quando il suo sguardo si fermò sul tavolino nell'angolo, vide una sagoma scura con la testa un po’ china maneggiare una scatoletta.
I due se ne andarono.
Anche qua: cambio di focalizzazione che ti raccomando di evitare! Trova il modo di rappresentare Chris dal proprio punto di vista (o, visto il finale) passa alla focalizzazione esterna:
Mentre si voltava verso Chris, disse ad alta voce: «Allora prendilo pure. Me lo puoi lasciare davanti alla porta.»
Al tavolino nell'angolo, vi era solo più una sagoma scura con la testa un po’ china. Maneggiava una piccola confezione di farmaci. ("scatoletta" mi pare di tonno

).
Gran finale, davvero.
Suggerirei un'immagine più statica (che, a mio gusto, troverei molto espressiva):
Ci fu un colpo di vento e l'omrello prese il volo. Quando ricadde a terra, rimbalzò e rotolò ancora un poco, poi rimase immobile sul viale deserto.
Forse è un racconto che tarda un po' a decollare, le descrizioni iniziali le ho trovate troppo lucide e razionali. Certo: hai bisogno di far comprendere al lettore l'antefatto. Però così mi pare anche un po' troppo spiegone.
Le soluzioni, a mio parere, potrebbero essere due:
Far passare tutte quelle razionalizzazioni come brevi immagini, nei quali mostri episodi (proporio in forma di flashback improvvisi) degli episodi che possano dare come risultato la sensazione che resta a Chris.
Oppure:
Rendere più esplicito (mi dirai che lo hai già fatto, ma io proverei a lavorarci su un po' di più) che quello è un attimo di lucidità di Chris, lucidità di cui lui è ancora frammentariamente capace, ma dalla quale fugge grazie all'alcol opportunamente mixato con sostanze dagli effetti collaterali psicotropi.
Complessivamente, in prima lettura, ho l'impressione che questo sarebbe un gran racconto completamente prosciugato, reso essenziale e minimale nelle parti iniziale e centrale (inquesto senso la parte finale è già a un buon livello di essenzialità).
Certo, devo riconoscere che molte descrizioni iniziali sono importanti per far capire chi è e cosa sta vivendo Chris.
Ma il cambio vero e proprio di stile (razionale e ricco di dettagli e riflessioni della prima parte, contro le scarne e quasi desolanti descrizioni della seconda parte nel bar e del finale) mi pare cozzino un po' fra loro.
Rileggendo sento, tuttavia, davvero necessario l'aver ben chiaro chi è Chris e quali sono le sue tenui aspirazioni residue, per apprezzare il finale.
Quindi non so cosa dirti, in realtà: sfrondare o mantenere? («E grazie dell'aiuto, – dirai tu. – Utile solo a sommarsi ai dubbi che già ho da me...»

)
Aggiungo una cosa: troverei eccezionale far perdere a lui di consistenza, fino a dissolversi, in modo più graduale. Troppo presto si fa ombra e troppo permane (nel tempo del racconto) in quella condizione. Secondo me dovresti trovare almeno altre due condizioni intermedie tra il lui a pezzi e il lui dissolto, da usare nella prima parte del racconto (ombra dovrebbe esserlo solo prima di uscire dal locale).
Diciamo che "figura", "sagoma", "macchia" (nell'ordine, ma non pretendo di aver esaurito i termini adatti, cercane tu altri, se possibile!) potrebbero prestarsi.
Un'ultimissima nota: "Ci fu un ansimo" è un incipit adeguato, ma non memorabile.
A rileggerti.