La banalità nella trama

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Buonasera a tutti, scrivo qui per chiedere consigli.
Ho diverse trame nei miei quaderni delle idee, alcune sviluppate in modo approfondito e altre già in fase di scrittura.
Quando arriva l'idea la scrivo appena possibile, per non dimenticarla, poi inizio ad aggiungere dettagli e la trama si arricchisce.
Poi arriva il fatidico momento in cui inizio veramente a scrivere ed è qui che a volte vado in blocco: più ripenso all'intreccio e alla fabula, più questi mi sembrano banali, scontati... Qualcosa di già scritto, già raccontato e, peggio ancora, un epilogo che il lettore può comprendere dopo poche righe.
Non so se sono solo molto autocritica o mi manca veramente qualcosa per creare trame d'effetto. 
In qualunque caso chiedo a voi.
È qualcosa di comune la sensazione di non essere abbastanza originali? Succede anche a voi?
Esiste un metodo per capire se il mio intreccio è banale? 
Ho pensato anche di cercare un beta rendere, ma prima vorrei concludere le mie storie. Perché appena inizio a pensare alla banalità mi blocco e resto ferma per mesi.

Re: La banalità nella trama

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Ciao@Elsie_Light

Capisco il tuo scoraggiamento, ma non bisogna abbattersi.
Tieni presente che a questo mondo, dicono, sia già stato tutto scritto e non ci siano più novità da esporre. Personalmente non ci ho mai creduto. Certo: tutti gli argomenti e le trame possibili sono già stati scritti, ma c’è una cosa che non viene considerata: il numero, direi infinito, di punti di vista, le variabili di una stessa scena.
Non voglio annoiare, mi permetto di consigliarti l’utilissima lettura di un libretto di Raymod Queneau, intitolato: “Esercizi di stile”, con traduzione di Umberto Eco, scaricabile in pdf, qui il link:  https://monoskop.org/images/6/69/Quenea ... _stile.pdf
Ti fa vedere come si può scrivere la stessa scena in 99 modi diversi. Sempre la stessa scena, ma sempre diversa.
Ma anche senza questo utile compendio, che può aprire un mondo, tu pensa a una scena banale, che più banale non si può: mettiamo si voglia scrivere di una rapina in banca, una scena vista e rivista in migliaia di film e altrettanti romanzi. Quindi non ci sarebbe più nulla da dire?
Richard Stark, pseudonimo di Donald E. Westlake, che scrisse una serie di romanzi polizieschi su un rapinatore, Parker, descrisse una rapina andata male, dal punto di vista di innumerevoli personaggi: del rapinatore, dei complici, di mafiosi che scoprono che Parker si è rifugiato un  Luna Park chiuso per l’inverno (In italiano il romanzo si intitola proprio: Luna-Parker), e lo pongono sotto assedio, dal punto di vista di poliziotti corrotti… e di ognuno di loro racconta la sua vita e le sue azioni in quella determinata circostanza. Un episodio banale diventa un’Odissea. E scrisse addirittura dei sequel di quella rapina, addentrandosi nelle vicissitudini dei personaggi. Praticamente un’epopea.
Non c’è mai nulla di banale, di scontato, di ripetitivo.
Un uomo con una pistola (per rimanere nel poliziesco, ma potrebbe essere qualunque altra cosa) non si limita a quella sola azione, vista e rivista mille volte. La sua storia, come è arrivato a quel punto, sarà qualcosa di diverso da tutte le altre storie.
Se la tua storia ti sembra banale, analizzala da innumerevoli punti di vista diversi e scrivili: ti verranno in mente innumerevoli storie, varianti sullo stesso tema. Un uomo che accompagna suo figlio a scuola sembra che non abbia nulla da dire. Se durante il tragitto cambia strada, se piove, se cade, se incontra qualcuno che non vedeva da anni, se viene fermato dalla polizia per sbaglio… quella storia può diventare un’altra Odissea. Pensa all’Ulisse di J. Joyce, un romanzone e pensa che tutta la sua storia è ambientata in una sola giornata.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: La banalità nella trama

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Ciao @Elsie_Light,
in effetti può succedere, anzi succede spesso che una buona idea il giorno dopo si riveli una banalità. Si tratta, a mio modo di vedere, di puro esercizio. Non so quale sia il genere in cui ti cimenti, ma per i gialli le idee prima di diventare "buone" devono bollire parecchio in pentola, intesa come una continua revisione all'interno del cervello dell'essere pensante che le ha, appunto, ideate. Io faccio così, ci penso e ci ripenso, trovo altre vie, arricchisco la trama e i personaggi di nuove sfaccettature e nel mentre (non sempre) può capitare di avere l'illuminazione, la svolta che ti dà il finale a sorpresa o il bivio inaspettato, poi sta a te comprendere a pieno se il tutto regge, ed essere molto critici con se stessi aiuta. Se sei una buona lettrice e sei critica con ciò che leggi oltre a ciò che scrivi allora puoi stare sicura che la strada è giusta. Non è insicurezza ma serietà nel fare ciò che si fa, al meglio. Perché prima di essere scrittori bisogna essere lettori. Poi i momenti di blocco capitano a tutti, è normale. Più ti eserciti e più i meccanismi della scrittura ti aiuteranno a superarli.

Re: La banalità nella trama

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Pensa al messaggio che vuoi trasmettere. Alla visione che vuoi incarnare. L'originalità dell'intreccio passerà in secondo piano - in fondo tutti scriviamo una continua riformulazione degli stessi temi - o comunque verrà debitamente sostenuta dalla profondità della tua visione.
Pensi che possa funzionare, per te? Se ti concentri sul senso che vuoi far arrivare al lettore, riesci ad abbandonare con il pensiero l'ansia di originalità?

Se non riesci a risolvertela pensando al significato o alla visione, hai comunque bisogno di dare alla tua storia un suo motivo di degnità. Non dev'essere per forza l'intreccio, l'originalità o il suo senso. Può essere qualsiasi cosa. Ma per te, sotto quel profilo, deve essere degna. Ne hai bisogno per sostenerti nella scrittura e per non vedere il tuo scritto solo come un insieme di cose.
"Tutti ci aspettiamo che ci venga fatto del bene. È sacra questa parte di noi che si oppone al male
e che si aspetta il bene dall'altro".

"Alla fine ci resta una sola cosa: la consapevolezza della parzialità della nostra percezione."

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