Fraudolente wrote: I casi sono due: o sono un pessimo studente, oppure il rispetto della "norma" non è fondamentale.
Purtroppo non ho letto Falcones. Trovo però interessante il discorso, perché di recente ho letto un romanzo di Andrea Frediani (autore con parecchi libri all'attivo e conosciuto per i romanzi storici) che, tra gli altri difetti, in una manciata di occasioni cambiava il pov all'interno di uno stesso capitolo. Il narratore non era onnisciente, ma una terza persona limitata, quindi cambiare pov da una riga all'altra per inserirci quello di un altro personaggio risultava del tutto spiazzante per il lettore.
Dal momento che avevo già letto un romanzo di Frediani, che mi era piaciuto, ne ho dedotto che il nuovo romanzo fosse stato scritto molto in fretta, e senza un editing decente.
Un altro dei difetti che dicevo sono i classici "spiegoni" nei dialoghi, che risultano innaturali, pieni di informazioni destinate con tutta evidenza al lettore, perché sono cose che gli interlocutori sanno già (e che sapevo già anch'io, avendo studiato il periodo, quindi doppiamente fastidiose).
Leggendo anche le altre risposte, mi risulta chiaro che il rispetto delle norme è sì fondamentale, ma solo per gli autori sconosciuti. Quelli famosi possono permettersi di trasgredirle senza che nessuno abbia da ridire (a parte i lettori).
Se il risultato è comunque buono, come nel caso di Falcones, poco male. Ma se il risultato è pesante e fastidioso, allora forse le regole servivano.
Il pov è una cosa che va mantenuta, non può saltare in giro a piacere. Anche con un narratore onnisciente dev'essere ben chiaro che si è passati al pensiero di qualcun altro.
Gli spiegoni invece risultano sempre fastidiosi, nei dialoghi in modo particolare (perché appiattiscono la voce dei personaggi). Non è mai facile capire quali informazioni servano davvero al lettore, tantomeno come inserirle in modo discreto, ma tollero di più un errore del genere da parte di un esordiente, non da un autore famoso.
Marcello wrote: Concordo in buona parte per gli avverbi (a meno che tu non mi usi quattro avverbi in -mente nella stessa frase), solo in parte per lo "show, don't tell" (che ritengo utilissimo, finché non diventa una religione come accade per qualche critico e per troppi editor), quasi per nulla per il PoV (perché se con la terza persona limitata mi sposti la famosa telecamera dall'uno all'altro dei personaggi, io lettore mi perdo e non riesco più a capire da che parte devo osservare la scena).
Esatto. Le regole non devono diventare un'ossessione, ma bisogna conoscerle e "infrangerle con consapevolezza". Io sto molto attenta agli avverbi, specie, quelli in -mente, non li uso mai quando posso sostituirli con un verbo più specifico o altro, ma uno (uno solo) dei miei personaggi ha come caratteristica di usarli spesso. L'editor di turno ovviamente (

) me ne ha eliminati parecchi...
Sullo
show don't tell ho ricevuto critiche solo al quinto romanzo, perché aveva l'esigenza narrativa di più parti raccontate (è il racconto di una vita, in prima persona, quindi
mostrare tutto sarebbe stato impossibile, oltre che inutile).
Sul Pov invece non discuto: può cambiare nella stessa scena solo se si usa un narratore onnisciente, e anche in quel caso va fatto con grande attenzione (infatti consiglio il narratore onnisciente solo a chi ha già qualche esperienza, perché è più complesso di quanto sembri).
In generale, non amo le regole. Le conosco solo perché leggo molto, ma non ci penso mai mentre scrivo. Mi preoccupo solo di essere più chiara possibile, in modo che chi legge capisca senza difficoltà