Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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@Marcello

Probabilmente bisogna distinguere tra narrazione lunga e narrazione breve, tra romanzo e racconto, che non funzionano allo stesso modo. Nella narrazione lunga certi elementi possono acquisire grande importanza per l'immedesimazione del lettore, nella narrazione breve invece risultano spesso degli orpelli che distolgono dalla trama o che nascondono l'inconsistenza di quest'ultima. 

Comunque è interessante che l'argomento del topic, che inizialmente era relativo alla mera questione del titolo anglofono, si sia spostato sulla questione dell'ambientazione. Questo perché effettivamente un titolo inglese può essere giustificato solo quando è parte dell' "ambientazione" stessa dell'opera. 

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Marcello ha scritto: Io così non riesco a condividere nulla di ciò che fa James, non riesco a vederlo, a sentirlo, non so cosa pensa, che emozioni prova...
Vero, l'ambientazione dovrebbe essere parte integrante di un romanzo, perché influisce sulla mentalità dei personaggi e la credibilità della trama. Non andrebbe scelta a caso. Sceglierei una città americana soltanto se la storia che voglio scrivere potesse svolgersi solo lì (per carattere, usanze, geografia specifica, norme legali, ecc.). In quel caso non ci vedo niente di male.
Non si può pensare di scrivere un poliziesco in stile americano solo perché si sono viste le serie in tv, spesso banalizzate. Se si vuole ambientare un romanzo in un quartiere di New York, bisognerebbe conoscerne la storia, la componente etnica e quella sociale, gli eventuali problemi, le abitazioni, i negozi, il cibo, la squadra di baseball che va per la maggiore, il rapporto tra abitanti e forze dell'ordine, ecc. Se non si può andarci di persona, la cosa migliore sarebbe trovare testimonianze di gente che ci vive o ci ha vissuto davvero.
Wanderer ha scritto: Se un autore italiano ambienta un suo romanzo negli USA, ma si rivolge a un pubblico italiano, la marca dei sigari diventa un elemento superfluo, che non contribuisce a formare l'ambientazione, e non ha un valore aggiunto in termini di "credibilità"
Non sono del tutto d'accordo. Non importa che il lettore italiano la conosca o no, se quella marca di sigari è comune in quell'ambiente, va a rafforzare l'ambientazione. Io leggo romanzi ambientati altrove o nel passato anche per imparare dettagli nuovi. Magari non li conoscevo, ma la prossima volta che li trovo saprò cosa sono. Se l'assassino fuma semplicemente sigari o spara con una pistola non specificata o entra da un qualunque cancello, allora potrebbe essere ovunque e da nessuna parte. Un'ambientazione diventa solida grazie a dettagli come questi. Altrimenti rischia di diventare una sorta di America (o qualunque altro posto) da fumetto, dove la gente indossa berretti da baseball, mangia hamburger e beve coca-cola.
Marcello ha scritto: ne ricordo una che diceva più o meno: «Scusate, se in un paesino degli USA va a fuoco un cinema alle dieci di sera, chi arriva per primo: la polizia o i vigili del fuoco?».
Ai giorni nostri credo che arriverebbero per primi i curiosi, per registrare la scena drammatica e metterla su TikTok :asd:
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
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Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Silverwillow ha scritto:
Non sono del tutto d'accordo. Non importa che il lettore italiano la conosca o no, se quella marca di sigari è comune in quell'ambiente, va a rafforzare l'ambientazione. Io leggo romanzi ambientati altrove o nel passato anche per imparare dettagli nuovi. Magari non li conoscevo, ma la prossima volta che li trovo saprò cosa sono. Se l'assassino fuma semplicemente sigari o spara con una pistola non specificata o entra da un qualunque cancello, allora potrebbe essere ovunque e da nessuna parte. Un'ambientazione diventa solida grazie a dettagli come questi. Altrimenti rischia di diventare una sorta di America (o qualunque altro posto) da fumetto, dove la gente indossa berretti da baseball, mangia hamburger e beve coca-cola.
Sono d'accordo solo in parte. Una cosa è un documentario, in cui è fondamentale restituire la realtà, un'altra cosa è un film, in cui si tratta sempre e comunque di fiction, e in cui è importante il verosimile (Aristotele docet) non il vero. Una cosa è un libro di storia, in cui lo scopo principale è la conoscenza di luoghi ed eventi, un'altra cosa è un fantasy o anche un romanzo storico, che è sempre e comunque fantasioso, e il cui scopo principale è l'intrattenimento. Nella fiction, pur realistica che sia, ogni elemento deve essere funzionale alla fiction, non alla realtà. In quanto al fatto che alcune cose potrebbero "essere ovunque e da nessuna parte", come detto, io lo vedo spesso come un valore aggiunto. A ben vedere, alcune tra le più celebri opere letterarie del passato si fondano proprio su questo fattore. Faccio un esempio su tutti: la fortuna di un'opera come Peter Pan è data proprio dal passaggio da un luogo definito (Londra) a un luogo dell'immaginazione, l'isola che non c'è, che potrebbe essere ovunque e da nessuna parte, per l'appunto. 

Insomma, mi sembra che si stia generalizzando prendendo in considerazione alcuni specifici generi letterari, alcune tipologie di narrativa di genere (si parla soprattutto di polizieschi), come se ciò potesse valere per la narrativa o addirittura per la letteratura in generale. 

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Silverwillow ha scritto: Vero, l'ambientazione dovrebbe essere parte integrante di un romanzo, perché influisce sulla mentalità dei personaggi e la credibilità della trama. 
(y)
Silverwillow ha scritto: Non si può pensare di scrivere un poliziesco in stile americano solo perché si sono viste le serie in tv, spesso banalizzate. 
È esattamente ciò che intendevo e il discorso vale proprio per le serie poliziesche americane a cui si ispirano i manoscritti di cui parlavo. 
«Voglio scrivere un poliziesco e non mi sono mai perso una puntata di Law & Order e di N.C.I.S.: è facile, lo ambiento negli USA, tanto so già tutto»
Silverwillow ha scritto: Un'ambientazione diventa solida grazie a dettagli come questi. Altrimenti rischia di diventare una sorta di America (o qualunque altro posto) da fumetto, dove la gente indossa berretti da baseball, mangia hamburger e beve coca-cola.
Proprio così.
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Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Al Salone di Torino ho conosciuto un gruppo di scrittrici autoedite – che vivono dei proventi delle vendite dei loro libri – che sono solite ambientare i loro romanzi, erotici, all’estero e usano titoli in inglese. La loro motivazione: perché aiuta a vendere; in Italia, soprattutto il loro target è particolarmente esterofilo, per cui l’ambientazione estera e il titolo pure, meglio se americani o inglesi, incrementano la vendita dei loro prodotti.
Quindi, per il loro caso specifico, è tutto marketing. :) 
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Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Miss Ribston ha scritto: Al Salone di Torino ho conosciuto un gruppo di scrittrici autoedite – che vivono dei proventi delle vendite dei loro libri – che sono solite ambientare i loro romanzi, erotici, all’estero e usano titoli in inglese. La loro motivazione: perché aiuta a vendere; in Italia, soprattutto il loro target è particolarmente esterofilo, per cui l’ambientazione estera e il titolo pure, meglio se americani o inglesi, incrementano la vendita dei loro prodotti.
Quindi, per il loro caso specifico, è tutto marketing. :) 
Chissà se mai si tornerà a valutare uno scritto per quello che vale, piuttosto che per quanto vende. Se anche ciò dovesse avvenire, non sarà in tempi brevi, visto l'andazzo: spero che possano beneficiarne i miei nipoti. 
Mario Izzi
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Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Miss Ribston ha scritto: La loro motivazione: perché aiuta a vendere
Hai detto niente...  :D

Infatti, come dicevo, credo sia soprattutto una questione di opportunità commerciale, più che artistica in senso stretto.
Anche perché, quando l'editore è presente, è soprattutto l'editore a farsi carico di scegliere il titolo più opportuno e di migliore impatto. 
Cheguevara ha scritto: Chissà se mai si tornerà a valutare uno scritto per quello che vale, piuttosto che per quanto vende. 
Una cosa è uno scritto, che al giorno d'oggi si può pubblicare anche in forma autonoma e sganciata da ogni logica di vendita, un'altra cosa è il prodotto-libro... se uno scritto non ha prospettive di vendita sotto forma di libro, come fa a trovare un buon editore che si faccia carico del rischio d'impresa per acquisire i diritti di sfruttamento economico dell'opera e per immettere quel libro sul mercato? Il problema non è certo la legge del mercato in sé, a cui tutti in un modo o nell'altro siamo soggetti. Piuttosto, il problema è perché vendano di più certe schifezze, rispetto a certe opere di pregio... ovvero perché si siano affermate certe tendenze di mercato rispetto ad altre. Ma sarebbe un discorso molto complesso. 

Comunque, credo che un buon libro (o un buon film, o un buon disco) riesca prima o poi sempre a trovare una sua nicchia di mercato, seppur minoritaria rispetto alle tendenze del mainstream. 

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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@Wanderer Hai ragione, il discorso è piuttosto complesso e, oltretutto, abbastanza OT. Mi piacerebbe che le vendite di un libro dipendessero dal suo valore e non che il suo valore dipenda da quanto riesce a vendere. Allo stato dei fatti, è pura utopia e me ne rendo perfettamente conto.
Mario Izzi
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Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Marcello ha scritto: mer ott 20, 2021 3:18 amromanzi, thriller e noir soprattutto, ambientati negli USA  e che potrebbero essere ambientati allo stesso modo in Italia, Norvegia o Mongolia
Ah, un giallo ambientato a Ulan Bator è il mio sogno, lo comprerei all'istante! 
Mi pare già di vederlo: l'ispettore Kublai, infallibile segugio, è alle prese con un un misterioso serial killer che terrorizza la Ulan Bator-bene (esisterà una Ulan Bator-bene? Mah, penso di sì, magari si riesce a capire con Google Maps e Street View, ora gli do uno sguardo).

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Cheguevara ha scritto: Chissà se mai si tornerà a valutare uno scritto per quello che vale, piuttosto che per quanto vende
Esistono ancora entrambe le cose, per fortuna. :)
Per il caso specifico che ho riportato, i libri di quelle autrici piacciono e per questo vendono, e loro li scrivono esattamente come sanno che piaceranno ai loro lettori, per riuscire a portare a casa la pagnotta ogni mese. Sapendo che cosa piace e cosa attira, loro scrivono di conseguenza. Tant'è che quando fanno fare le traduzioni dei romanzi, per venderli all'estero, dicono che non è raro che adattino non solo il linguaggio, ma anche personaggi e ambientazioni a ciò che piace di più al target di destinazione straniero (una di loro, per esempio, diceva che a tradurre un libro ambientato in UK per il mercato USA è preferibile spostare l'ambientazione negli USA, perché alle lettrici americane di erotici piace che tutto sia ambientato "a casa loro", esattamente il contrario rispetto al mercato Italia :asd: ).
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Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Marcello ha scritto: "James salì in macchina e guidò fino a casa ; parcheggiò di fronte al cancello, scese ed entrò"
Questi sono i riassuntini degli scrittori pigroni. Orribili. Io di solito vomito quando leggo cose del genere.  :girogiro:
Il pianeta dei Bipedi - Sabir Editore
Il genio raccomandato - Sága Edizioni
Pizze indemoniate e come mangiarle - Nero Press Edizioni

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Ngannafoddi ha scritto: Questi sono i riassuntini degli scrittori pigroni. Orribili. Io di solito vomito quando leggo cose del genere.  :girogiro:
Sapessi quanti me ne capitano...
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
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https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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@Miss Ribston Così vanno le cose, ma il rischio che si corre è quello della grande omologazione: scrittori omologati di testi omologati che, a un mese dalla pubblicazione, spariscono inghiottiti dal mare magnum della mediocrità. Che emerga qualcuno capace di dire cose nuove in un linguaggio originale è molto, molto difficile.
Mario Izzi
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Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Wanderer ha scritto: Nella fiction, pur realistica che sia, ogni elemento deve essere funzionale alla fiction, non alla realtà. In quanto al fatto che alcune cose potrebbero "essere ovunque e da nessuna parte", come detto, io lo vedo spesso come un valore aggiunto.
Ci sono storie universali (Romeo e Giulietta è stato spesso trasposto in altre ambientazioni) che possono svolgersi quasi ovunque, ma la particolarità per me non sta nella scelta dell'ambientazione, quanto nella trasformazione di un topos letterario comune in qualcosa di nuovo e originale. Le storie di base sono sempre le stesse, ciò che le distingue è il modo in cui sono trattate e l'abilità nella scrittura. Creare una storia che può svolgersi ovunque è positivo in certi casi, ma può essere banale in altri. Dipende dall'abilità dell'autore e dalla sua capacità di trovare punti di vista diversi e nuovi su qualcosa di già visto.
Miss Ribston ha scritto: Al Salone di Torino ho conosciuto un gruppo di scrittrici autoedite – che vivono dei proventi delle vendite dei loro libri – che sono solite ambientare i loro romanzi, erotici, all’estero e usano titoli in inglese. La loro motivazione: perché aiuta a vendere
Forse so anche di chi parli, perché erano nel mio stesso padiglione :P  Senza nulla togliere al loro ammirevole spirito d'iniziativa e capacità di inserirsi sul mercato (e alcune sono mie amiche), è proprio da romanzi come questi che nasce la mia antipatia per i titoli inglesi. Forse perché unita al titolo c'è spesso anche una copertina sempre uguale, salvo poche variazioni: un uomo senza volto e senza camicia, una donna che sviene tra le braccia di qualcuno... Io li vedo e ho subito una contrazione muscolare involontaria, ancora prima di leggere la trama (che di solito è adeguata).
Vendono più di me? Molto probabile. Tutto sta nel motivo per cui si scrive. Se hai qualcosa che ti pare importante da dire, se usi la scrittura per esprimerti, per fare una differenza, queste cose di puro marketing ti uccidono. Se lo scopo è solo vendere, allora devo fare a queste scrittrici i miei complimenti, perché io non riesco, ma nemmeno sforzandomi, a creare un prodotto il cui unico scopo è la vendita e non il messaggio. Sono fuori moda (e non è la prima volta che lo noto) ma preferisco vendere dieci copie a qualcuno che le apprezza che mille a chi è attratto solo dal titolo/ambientazione esotici e cerca sempre la stessa cosa in salse diverse.
Quanti di questi libri con titoli come "Touch me honey" o "Russian rebel" saranno ricordati, non dico tra cento anni, ma tra cinque? Scommetto nessuno (ma scommetto solo 5 euro, perché sono al verde :asd:  ). Probabilmente nemmeno i miei, ma almeno ci provo.
Miss Ribston ha scritto: Sapendo che cosa piace e cosa attira, loro scrivono di conseguenza. Tant'è che quando fanno fare le traduzioni dei romanzi, per venderli all'estero, dicono che non è raro che adattino non solo il linguaggio, ma anche personaggi e ambientazioni a ciò che piace di più al target di destinazione straniero (una di loro, per esempio, diceva che a tradurre un libro ambientato in UK per il mercato USA è preferibile spostare l'ambientazione negli USA, perché alle lettrici americane di erotici piace che tutto sia ambientato "a casa loro", esattamente il contrario rispetto al mercato Italia :asd: ).
Oh, cavolo, hai riassunto tutto ciò che odio in un solo paragrafo :lol:
Wanderer ha scritto: Comunque, credo che un buon libro (o un buon film, o un buon disco) riesca prima o poi sempre a trovare una sua nicchia di mercato, seppur minoritaria rispetto alle tendenze del mainstream.
Vabbè, almeno una speranza, per noi idealisti inguaribili, rimane ;)
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Silverwillow ha scritto: Ci sono storie universali (Romeo e Giulietta è stato spesso trasposto in altre ambientazioni) che possono svolgersi quasi ovunque, ma la particolarità per me non sta nella scelta dell'ambientazione, quanto nella trasformazione di un topos letterario comune in qualcosa di nuovo e originale. Le storie di base sono sempre le stesse, ciò che le distingue è il modo in cui sono trattate e l'abilità nella scrittura. Creare una storia che può svolgersi ovunque è positivo in certi casi, ma può essere banale in altri. Dipende dall'abilità dell'autore e dalla sua capacità di trovare punti di vista diversi e nuovi su qualcosa di già visto.
Si tratta sempre di un sapiente equilibrio tra il vecchio e il nuovo, tra la familiarità e l'originalità, e non ci sono regole precise per ottenere questo equilibrio. Il pubblico ama le novità ma ama anche gli stereotipi - o meglio gli archetipi - se usati in modo intelligente e non ricalcati in modo pedissequo da altre opere. Questo vale per la letteratura, come per la musica e le arti dello spettacolo. 

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Marcello ha scritto:
Sapessi quanti me ne capitano...
Sì, però non lo capisco. La frase "incriminata" è "James salì in macchina e guidò fino a casa ; parcheggiò di fronte al cancello, scese ed entrò".
Ok, ma se uno ha scritto ventordici volte chi è James, altre ventordici volte come è fatta la macchina, altre ventordici volte come è fatta la casa, ecc… c'è bisogno di scriverlo ancora? E magari non è neppure importante per la storia. Insomma, dipende… O, come diceva un mio amico di origine tedesca, "diprende".
Diprende. Io non sarei così sicuro sui "riassuntini"; ci andrei piano. Appunto, diprende…  :tze:
Jarabe De Palo ci ha pure scritto una canzone di successo sul "diprende". Da che punto guardi il mondo todo diprende, diceva, mi pare :-)

Il Sommo Misantropo

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Ok @dyskolos la prossima volta pubblico il manoscritto completo, così puoi esaminarlo a tuo piacimento....

Mi sembrava ovvio dal contesto che mi riferivo a elementi non descritti in precedenza  :bandiera:
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?

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Marcello ha scritto: Ok @dyskolos la prossima volta pubblico il manoscritto completo, così puoi esaminarlo a tuo piacimento....

Mi sembrava ovvio dal contesto che mi riferivo a elementi non descritti in precedenza  :bandiera:


Oh, scusa. Più che altro era per capire se io sbaglio. Inoltre mi immedesimo in uno che passa di qui, per il quale è bene ribadire il concetto, anche se la cosa appare ovvia :)  

Che poi magari va in giro a dire "Su CdM dicono che frasi di quel genere non si devono scrivere mai", prendendo CdM come la Bibbia della Scrittura (o la Sacra Scrittura), cosa che può anche far piacere, eh, alla fine della fiera  :)
Il Sommo Misantropo
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