NOƩTOI, RITORNI Parte III

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Qualcuno s'è mai chiesto perché il denaro è tanto scarso? Si distrasse ancora Ego Wenger.
Che aveva letto Smith e Ricardo, Malthus e il Kuznets dell'ingannevole curva della crescita, Il Capitale di Marx, con la profezia della caduta tendenziale del saggio di profitto, e quello posteriore di quel professore della Sorbona di cui non ricordava mai il nome, solo per provare a entrare dentro la mente dell'imperatore. E sperava di non aver capito. Perché gli pareva assurdo che si trattasse solo di un fattore legato all'avidità umana. Che il sistema economico che governava il mondo degli uomini fosse del tutto identico a quello degli scimpanzé: io mangio tu no, io comando tu no. Orgogliosamente mosso e motivato da un paio di irrazionali sentimenti, di quelli che hanno origine nel cerebro primitivo, neanche dei più pregiati: l'avidità e l'invidia. Roba da sette peccati capitali, da sette piaghe d'Egitto e altre atrocità essenziali del Vecchio Testamento, della Torah nonché del Corano e di quel magnifico poema indiano dal nome impronunciabile. Però, a quanto gli sembrava d'aver sentito dai numerosi esegeti, il detto sistema funzionava assai bene ed esistevano un mucchio delle sue care equazioni, adoperate con perizia e diligenza dal fior fior di questi sacerdoti in giacca e cravatta, a giustificare e garantire il funzionamento di un motore tanto meraviglioso e il propagarsi dell'ordine precostituito: io ricco, voi poveri.
Nel sistema delle sfere perfette di Tolomeo niente era più puro e meritevole di attenzione e venerazione di un cerchio, di una sfera: il simbolo della perfezione dell’Essere, di Einai, ora ricordava, lo aveva visto all’anulare di Ludovico Velez.
Ma chi era quell’uomo?
«Se ho tempo le verifico queste equazioni» decise al quinto rum, un Tio Pepe filippino questa volta, mentre un altro barman barbuto lo inquadrava di traverso, forse perché non aveva usato il sottobicchiere e macchiato il finto marmo del banco con una sfera perfetta. O forse perché gli stava antipatico e basta.
I fisici sono quasi tutti uomini, come i matematici. Nessuna bella dottoressa in medicina e chirurgia a leggere relazioni: nessuna figlia di Venere a illustrare alla platea le ultime tecniche di laparoscopia ginecologica, pensò.
Si rannicchiò sulla sedia di plastica rossa col banchettino snodabile e si sforzò di ascoltare delle vicissitudini di un esperimento eseguito con l'LHC di Ginevra, che per amor di serendipità aveva aperto le porte a un'altra incredibile scoperta e svelato un'altra effimera, ipotetica, verità scientifica, pronta a essere confutata al successivo esperimento.
Odio le donne, gli venne da pensare, soprattutto quando sono a capo del CERN di Ginevra. Odio le donne, perché non riesco a farmi finanziare un esperimento decente da portare al cospetto di sua Maestà l'LHC, nonostante gli appoggi di Ludovico Velez. Odio le donne, perché mi trovano noioso e antipatico e non mi guardano neanche in faccia. Odio le donne, perché non riesco a scoparmene una senza dover pagare.
E si rassegnò a far ricorso all'ultima risorsa possibile: una fiaschetta di gin gallese che teneva di riserva nella tasca interna della giacca.
«Ego Wenger?» si fece avanti un tizio dall'accento farsi o forse pashtu, dall’aspetto afghano o forse persiano.
Fece segno di sì, e con disprezzo gli scrutò gli occhi scuri.
Ripeté dentro di sé di non nutrire esigenza alcuna di vedere una faccia barbuta e musulmana, adoratrice di un libro nevrotico, a meno di un metro dalla sua e poi si perse ancora in fantasie con congressi pieni di medici donne che lo applaudivano con l'intento di portarselo a letto.
Il tizio parlò, lo sentì ma non lo ascoltò, abbassò la testa e mormorò qualche davvero nella stessa lingua con cui il tizio gli parlava. Poi lo sconosciuto affondò la mano in una tasca e ci frugò dentro.
Dio santo, pensò. È un terrorista, e ora mi sgozza.
Ma al posto del coltello gli sembrò di vedere una pen drive.
Perché diavolo me la sventola davanti al naso? Come fosse una scimitarra affilata, pensò irritato.
E si sentì come il Salman Rushdie dei Versetti Satanici: pronto a sacrificarsi per la libertà d'espressione.
Lo sconosciuto gliela offrì.
Afferrò l’oggetto e con un sorriso gli garantì la sua futura attenzione.
Si meravigliò d'esser lasciato in pace tanto facilmente senza neanche la fatica di dover mentire un indirizzo email, e tranquillizzato si alzò per un altro salto al bar.
Aveva voglia di qualcosa di dolce adesso, e al barista antipatico ordinò uno Slivovitz, che non aveva, e poi si accanì chiedendo una Rakija che gli mancava pure. Adocchiò una bottiglia di Boroviçka mezza piena e non fu contento finché non l'ebbe svuotata, poi tirò fuori quel libro dalla borsa.
Odio quando l'autore si rivolge al lettore e magari gli strizza l'occhio. Ma questo è un racconto poi? O una storia vera? Si dice così per dare credibilità alle più incredibili stronzate, gli venne da ridere.
E per poco non eruttò le bacche di ginepro e il rum ben schakerati insieme nel calduccio dello stomaco.
Oppure è un saggio?
«Mi è successo prima che diagnosticassero un astrocitoma diffuso nell'emisfero destro. Mi guardo allo specchio e somiglio a Nicanor Parra con la barba, la prima poesia latinoamericana che ho letto è Viaje a Nueva York di Ernesto Cardenal. Ma in lingua spagnola preferisco Tigre y Paloma di Garcia Lorca, soprattutto se dopo leggo Fontamara di Ignazio Silone. Georg Simmel scriveva che chi possiede un segreto, un segreto qualsiasi, possiede un'arma. Un'arma formidabile.»
Mica scemo quel Simmel.


Quando inserì la chiavetta nel computer apparirono delle equazioni in un campo pluridimensionale.
Chissà che mi aspettavo, fu il suo unico pensiero.
Rimase immerso per ore, giorni, settimane, mesi in quell'universo simbolico e probabilistico. Non era un'ipotesi. Non era uno studio.
Era matematica che non poteva esistere sulla Terra, in questo universo, o almeno in questo tempo.
Un passero tagliò il sole di sbieco, si posò sul davanzale e alzò la testa verso di lui.
«Tu sei il diavolo, oppure Dio» ruggì.
Corse alla ricerca della sua riserva segreta: un cognac invecchiato venti anni, d'un deciso colore ambrato, dall'aroma legnoso di ciliegio, dal sapore delicato, persistente, duraturo, dal magnifico aroma di vaniglia e rovere, di ribes e pesca, ‒ anche se è perfettamente inutile spiegare cos'è il cognac a degli astemi che ignorano la meccanica quantistica.
È lui il mio bianconiglio? Quel barbuto dall'aspetto mediorientale e dall'accento di Tabriz o di Shiraz?
E sistemò sul piatto il primo coro della Passione secondo Matteo che invase la stanza con la sua perfetta architettura armonica e quell'impareggiabile consistenza melodica.
«Neanche Bach è riuscito a farmi credere in Dio» mormorò. «Ma nelle equazioni di quell'angelo barbuto l’ho trovato, quella processione armoniosa di simboli dimostra che Dio esiste e ha creato il Tutto.»
Da lontano vide Scriabin comporre il finale della sua seconda sinfonia e Jacob Gershowitz con Antonìn Dvořàk sulla Quinta Strada, incontrò Rachmaninov a San Pietroburgo e ascoltò Einaudi suonare Oltremare.
Dio ha creato la Terra per far nascere Bach, è lapalissiano in fondo. Ludovico Velez aveva ragione.
«Noi esistiamo in un orizzonte estatico.»
Ma ogni edificio teorico ha bisogno di esser provato.
Dopo aver tirato il tappo a uno Chateau Lafitte del '92 iniziò a scrivere la relazione per un esperimento all'LHC di Ginevra, nella speranza che quella maledetta donna gli dicesse di sì.
Mentre lo faceva gli sembrò di essere uno di quei magnifici bari che si possono ammirare a Forth Worth, e quella donna assunse la consistenza della Madonna del Magnificat di Botticelli.
Anzi, tutte le figure femminili adesso gli apparivano tonde e materne, dai toni forti ma non aggressivi, come quelle del Bronzino, e gli uomini avevano gli sguardi alti e severi immaginati da un Velazquez o da un Rubens.
Esiste un fil rouge nella pittura europea, da Buffalmacco Buffalmacchi a Picasso? E perché non poteva far a meno di pensare al Trionfo della Morte?
Non ricordava più quanta Moskovskaja avesse buttato giù nel tentativo di dimenticare quel volto angelico tanto simile alla Virgo Legens di Antonello da Messina.
E quel libro non era più riuscito a finirlo, dopo che il protagonista si era ammalato di gliomatosis cerebri.
Accese la televisione.


La donna di mezza età, esile, elegante, tamburellò con l'indice sul microfono per reclamare il silenzio.
Le voci in sala si sopirono e poi si spensero del tutto.
Col sorriso più largo che il suo minuscolo e proporzionato viso potesse offrire annunciò: «Heut ist der Tag» alla marea di scienziati, di giornalisti, di semplici curiosi assiepati in platea.
«Oggi ventuno maggio 2015, a Ginevra, il Zukunft Hadron Kollider ha raggiunto per la prima volta l'energia di quindicimila tera electronvolt» continuò, nel suo tedesco dall'accento bretone.
«E un rivoluzionario esperimento alle alte energie ci ha permesso una scoperta sconvolgente.»




Dalla finestra accanto alla porta lo spiai mentre sorseggiava dello Stroh dal colore verdastro.
«Gli uomini non sono ancora pronti per leggere la firma di Dio.»
E decisi di cambiare strada.

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