Capitolo II
Quando cagna e padrone rientrano a casa, accade un fatto curioso. Nel toglierle l'imbracatura Michele si accorge di un pezzo di stoffa seminascosto dal pelame, arrotolato alla base della maniglia rigida. Lo spiega e tasta incuriosito: cotone morbido, popelin si direbbe, strappato da una parte e con un polsino dall'altra… Ma sì, è parte di una manica di camicia! Non l'hanno certo messa lì i soci del circolo, riflette: deve averlo fatto 'Ntonio.
Rimane in piedi pensieroso. Un prof di filosofia della sua generazione conosce bene la Storia della follia...; lui ce l'ha anche in braille. Essa, dice Foucault, “è inclusa nell’universo delle interdizioni di linguaggio” e infatti 'Ntonio non parla, oppure utilizza “il linguaggio escluso – quello che contro il codice della lingua pronuncia parole senza significato” cioè si dà a furiose quanto incomprensibili invettive. E se dopo Freud la pazzia ha perso questa connotazione, divenendo malattia mentale, ed “è apparsa come una parola che si avvolge su se stessa, dicendo, al di sotto di ciò che dice, altre cose” nessuno di fatto l'ascolta e decodifica, questa parola. E tanti, dei matti liberati da Basaglia, vagano spersi, in solitaria disperazione. Lui, appena gli riesce, fa a 'Ntonio tranquilli discorsi banali e talvolta ritiene di essere ascoltato anche se il poveretto non replica mai a tono.
La stoffa è sudicia, la lascia per terra in un angolo dell’ingresso e va a lavarsi le mani. Intanto rientra Silvana con la spesa. Mentre lei ripone gli acquisti e Michele piega con cura gli involucri destinati al riciclo, ognuno racconta la sua mattinata. Anche lei è al corrente dell'incendio e, al contrario di Baroni, di cui Michele riferisce il parere, propende per l'ipotesi più semplice.
«Sarà perché non ha pagato il pizzo. Questi delinquenti prendono dovunque. Nessuno deve rimanere fuori, importa il riconoscimento: se l'esercizio è piccolo, pure cento euro al mese...»
Forse ha ragione, le tesi ovvie sono spesso giuste, pensa Michele, ma non è convinto. Racconta dello straccio, va a riprenderlo e lo mostra: «Può essere stato solo ‘Ntoni, pensi che significhi qualcosa?»
Sua moglie ci pensa un attimo e scuote la testa, i capelli gli sfiorano la guancia. Si tratta di una manica di camicia, conferma, molto sporca: la butterà nell’indifferenziato.
I giorni successivi portano notizia di indagini e ipotesi prevedibili, niente di definito. Michele cerca 'Ntonio, che è sparito; invano ne chiede notizie in piazza e al personale di alcuni negozi nelle vie adiacenti. Molti ne conoscono l'esistenza da forse vent'anni, ma alla stregua di sgradevole arredo urbano o poco più. Pochi sanno come si chiama e forse in tre o quattro gli hanno rivolto la parola. Anche Michele, che pure lo fa abitualmente, si rende conto dell'esiguità delle sue informazioni; il cognome l'ha dimenticato, anche se è sicuro di averlo sentito - ma da chi? - né ha idea di dove rintracciare il barbone.
Spera però d'incontrarlo e allarga i suoi giri con Camilla anche fuori dal centro storico, gironzola attorno all'ospedale, indugia nei pressi di Latina Fiori. Sua moglie gli ha detto di averlo incontrato talvolta proprio là, nel parcheggio interrato del centro commerciale.
E infatti dopo un paio di giorni lo annusa non molto lontano, nei giardinetti all'angolo di via Amaseno, e ne segue la traccia fino all'edicola, davanti alla scuola media Corradini. La cagna dimena la coda e lui si sente toccare la spalla.
«'Ntonio, stai bene? Dove ti eri cacciato?» Il barbone mugola una frase incomprensibile, poi prende a gesticolare con frenesia spostando l'aria.
«Non capisco, ‘Ntoni, sono cieco, te lo ricordi?»
L’altro gli prende il braccio e glielo muove come se volesse fargli toccare qualcosa, poi lo molla spazientito e riprende a fare dei gesti. Michele non può interpretare il linguaggio corporeo, però ci prova: gli mette le mani sulle braccia e cerca di seguirne i movimenti. Ecco, 'Ntonio le alza davanti a sé, come tenesse tra le mani un oggetto piuttosto grande, poi si china verso terra e di nuovo solleva in alto le braccia, infine gli afferra la manica del giubbotto e tira con energia. A Michele torna in mente il pezzo di camicia.
«L'hai messa tu quella manica strappata addosso a Cami? - 'Ntonio si blocca - Sì, una manica di camicia, l’ho trovata...» - Il barbone caccia un grido, non si capisce se d'ira o paura, e se ne va di corsa.
Ha fatto così anche nel porticato, la mattina dell'incendio, e proprio da allora ha cambiato comportamento. Potrebbe esserci un nesso, riflette Michele, magari ha visto qualcosa e... Ma sì, la manica magari è un indizio, da consegnare alla polizia!
A casa però il pezzo di stoffa non si trova. Silvana ripete di non averlo più visto in giro, così si è dimenticata di buttarlo, e lo cerca in vari luoghi, anche improbabili.
«Chiedi a Camilla, è uscita sul balcone» suggerisce lui. I cani sono notoriamente miopi, per cui è sembrato subito strano a entrambi che il passatempo preferito di Camilla sia l’apparente osservazione degli uccelli che beccuzzano briciole nel giardino sottostante. Silvana l’ha osservata più volte: «È incuriosita dal picchiettio del mattonato quando le prendono e credo possa seguirne lo svolazzare» è stata la sua opinione.
La cagna rientra a malincuore, si degna di recuperare la manica nella sua cuccia e la depone ai piedi del padrone. Molto di rado, lei così educata, ritorna a quel che i cuccioli fanno spesso: prende uno straccio della polvere o un tovagliolo caduto a terra e se lo porta via. Quella manica dopo tutto è sua, riconosce Michele, e non la rimprovera.
Si è fatto tardi, andrà in questura domattina.
Quando si sveglia sua moglie è già sulla porta, diretta al mercato del martedì, un appuntamento abituale. L'enorme spiegamento di “panni americani”- tale era un tempo la provenienza degli abiti usati- ha reso famosa la piazza di Latina anche fuori provincia; Silvana si è sempre divertita a frugare sulle bancarelle, esibendo con orgoglio qualche acquisto fortunato. Ma negli ultimi anni la qualità è peggiorata e capita di rado.
La saluta con un bacio, augurandole buona caccia.
Si ritiene fortunato. Attraente e sagace, Silvana lo ha voluto con sé fin dai tempi dell’università, azzerando una a una le difficoltà che le prospettava, ed è riuscita a rimetterlo in sesto nelle varie occasioni in cui dubitava di poter superare il suo handicap. Hanno fatto, grazie a lei, una vita quasi normale: studio, lavoro, amicizie e viaggi. Compreso il volo in mongolfiera, una sorpresa di compleanno davvero inaspettata; non ricordava neppure di averle confidato, ancora fidanzati, di avere in mente quell’esperienza fin da ragazzino, quando vedeva ancora qualcosa. Ha scelto la zona del lago di Bolsena, in cui lui andava con i genitori, e descritto nei particolari quel che trascorreva di sotto.
Mentre provvede alla toilette quotidiana, Michele accende la radio su un stazione locale, che dopo parecchia pubblicità e cattiva musica, trasmette il primo notiziario della giornata.
La notizia d’apertura è che tal Antonio Sibilio è stato trovato morto nei pressi dello stadio comunale, colpito alla testa con una mazza o altro oggetto pesante. Mancano i particolari, rinviati alle edizioni successive.
«Non sarà mica 'Ntonio?» si chiede ad alta voce, sbalordito: Sibilio, ne è quasi sicuro, è proprio il cognome che non riusciva a ricordare.
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[Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.2 di 3)
1" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
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