Il volontariato ideale per uno scrittore amatoriale.
Un argomento che sento di voler condividere con voi.

Ho letto di questa iniziativa francese sul Web e mi sono detta: Come sarebbe bello se si facesse anche da noi! Magari è più facile in una grande città, in un grande ospedale o Casa di Riposo. Infatti, non solo malati terminali, ma anche persone anziane ricoverate per una gamma di diversi disagi in strutture pubbliche e private, che hanno ancora un lungo cammino davanti e la mente desta, e tanti ricordi da trasmettere ai loro cari.
Anche per chi aiuta a scrivere queste memorie su poche o tante pagine si tratta di dare e ricevere ricchezza e una impegnativa ma entusiasmante esperienza.
Metto qui in evidenza un periodo dell'estratto completo che vi ho postato, che dà la misura del successo dell'iniziativa.
Ma, ripeto, anche per anziani non a fine vita, ma con un'aspettativa scialba e prevedibile di tanti domani che precipitano nella solitudine e nell'incomunicabilità.
“Vedo malati che si trasformano quando intraprendono questo progetto – dice il medico Frédéric Duriez -. In questo modo restano vivi, continuano ad esistere anche al di fuori della cartella clinica. Le ultime settimane o mesi di vita hanno un senso”. Lasciare una testimonianza scritta, ricostruendo la propria vita perché possa essere di aiuto a chi resta, magari spiegando azioni che possono aver ferito qualcuno. La biografia ospedaliera può essere un modo per riparare il passato, per chiedere perdono, per rassicurare la famiglia che te ne vai serenamentee fissare, nero su bianco, ciò che è stato.
Dal Corriere.it - Dall'inviato a Parigi
Nei giorni in cui in Francia si torna a riflettere fine della vita in vista di uno riforma legislativaviene in primo piano la figura di “biografo ospedaliero” inventato da Valeria Milewsky: volontari che raccolgono le storie dei malati terminali, per scrivere un libro sulla loro vita insieme che verrà poi consegnato alla persona indicata dal paziente. Un modo per mitigare l’angoscia del vuoto e della mancanza di senso, per rendere ogni vita vissuta qualcosa che valga la pena di essere trasmessa. Se i grandi uomini della storia, pensando alla morte, spesso si consolavano pensando all’immortalità conquistata con la gloria, i biografi ospedalieri offrono a tutti i malati che desiderano capacità di lasciare una traccia: non c’è vita che non valga la pena di passare ai familiari.
Valéria Milewski, direttrice dell’associazione «Passeur de mots et d’histoires», linguista di formazione, ha avuto l’idea nel 2007. «Mi piacciono le persone, le storie ordinarie, e mi piace ascoltare e scrivere». Così si è messa in contatto con l’ospedale di Chartres, e dal 2010 è dipendente dell’azienda sanitaria. Scrive circa 20 biografie all’anno, da 10 a 400 pagine poi legato a mano da un artigiano di Chartres, e consegnato alla persona designata dal paziente dopo la sua scomparsa.
In tutta la Francia sono circa 25 i “biografi ospedalieri” che hanno seguito l’esempio di Valéria Milewski, dal nord al sud del Paese. Il prossimo aprile la cinquantenne francese sarà a Parigi al ministero della Salute, per partecipare a un convegno preparatorio sulla riforma della disciplina di fine vita e proporrà di istituire un titolo universitario.
«Viviamo in una società dove si dice sempre meno e dove la trasmissione tra le generazioni si indebolisce – ha detto al parigino -, ma il lutto è sempre più lungo e più complicato. La biografia ospedaliera esiste per questo scopo: permette ai vivi di essere riparati», come recita il titolo del bel romanzo di Maylis de Kerangal.
Nell’ospedale di Chartres, Valéria Milewski o uno dei biografi da lei formati offrono gratuitamente il servizio ai pazienti del reparto di emato-oncologia. “Vedo malati che si trasformano quando intraprendono questo progetto – dice il medico Frédéric Duriez -. In questo modo restano vivi, continuano ad esistere anche al di fuori della cartella clinica. Le ultime settimane o mesi di vita hanno un senso”. Lasciare una testimonianza scritta, ricostruendo la propria vita perché possa essere di aiuto a chi resta, magari spiegando azioni che possono aver ferito qualcuno. La biografia ospedaliera può essere (anche ndr) un modo per riparare il passato, per chiedere perdono, per rassicurare la famiglia che te ne vai serenamente e fissare, nero su bianco, ciò che è stato.
Può diventare un biografo ospedaliero una persona adulta e non giovanissima, che abbia esperienza nell’accompagnamento di persone in fin di vita e con capacità di scrittura e ascolto. Non si tratta di lavoro psicologico, né di accertamento di fatti, che non sono verificati. La visione ei ricordi del paziente sono tutto ciò che conta per lui.
Estratto dal web:
https://it.italy24.press/internazionale/217971.html