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Re: Treccani

Cheguevara ha scritto: Le feci rilevare che sul forum era di norma darsi del tu: rispose che, essendo persona bene educata - di conseguenza noi eravamo tutti buzzurri - non intendeva dare del tu agli sconosciuti. 
Nei forum si usa così, a scuola no. Ma chi di voi dava del tu ai suoi insegnanti (maestre delle elementari a parte)? 

Re: Treccani

dyskolos ha scritto: La qualità del nostro insegnamento è cosa diversa dal livello di autorità che riusciamo a mantenere, a mio parere. Se io insegno bene e i miei allievi mi seguono interessati, il "tu" e il "lei" non contano. Io dico: "chiamatemi per nome, se ci riuscite", perché alcuni proprio non ci riescono a evitare il "professore". E allora vanno bene il "lei" e il "professore"/"prof". Altri riescono, talvolta a fatica, a evitare il "professore". Qualcuno oscilla e mi chiama un po' "prof", un po' Franco. Lo capisco e infatti non forzo nessuno.
Magari tu sei un insegnante super affascinante e autorevole (che è diverso da autoritario) ma io sono una prof normale (anzi, pure piccolina di statura e timida) e mi trovo bene a mantenere un po' le distanze e le formalità, non siamo tutti uguali. Con gli anni ho imparato un approccio con i ragazzi che funziona bene per come sono fatta io. Ma se dovessi dare un consiglio a chi non ha mai insegnato direi di mantenere le distanze e di rendere chiaro agli allievi che non si è sul loro stesso piano. Poi chiaramente ognuno fa come ritiene e come si sente.

Re: Treccani

Anch'io sono del popolo, assolutamente, ma a scuola è una questione di sopravvivenza, te lo posso assicurare. 
Per curiosità, visto che parli dei tuoi allievi, in che tipo di scuola insegni? Posso capire le situazioni particolari, come quella descritta da Marcello, o magari la tua (se avrai voglia di raccontarmi) ma in genere farsi dare del tu a scuola (una scuola normale come quella in cui lavoro io che è un istituto tecnico superiore) è una pessima idea. Significa mettersi sullo stesso piano che idealmente è un principio meraviglioso ma nella pratica non è consigliabile. Il passo dal tu a prendersi altre confidenze è breve.
Stabilire una gerarchia non significa mancare di rispetto o considerarsi superiori. Io rispetto i miei alunni e imparo molto da loro ma in classe, per potere lavorare e imparare, ci deve essere una situazione chiara e ordinata. Non sono un'alunna anch’io, altrimenti che mi pagano a fare? Per fare quattro chiacchiere in libertà?

Re: Treccani

dyskolos ha scritto: perché no Sua Santità o Vostra Maestà? :-)
Ma dai! A me quelli che la pensano così fanno proprio antipatia. Penso subito a persone con la puzza sotto il naso. Io detesto essere chiamato "dottore" o "professore". Per me anche un semplice "ahòò" va benissimo e… non mi salta nessuno sulla testa: te lo assicuro :-)
Forse tutto deriva dalla mia naturale avversione verso le gerarchie.
Ma dai lo dico io!
Farsi dare del lei è proprio il minimo sindacale.
Hai davvero mai provato a farti dire "Tu! Ahò" a una classe di 30 ragazzini con gli ormoni a mille? Se ti capita, auguri!

Re: Treccani

Marcello ha scritto: Non pensi che qualcuno lo dica con il tono "ti faccio sentire importante chiamandoti ministra, ma tanto per me sei..."?
Io sono convinto che sia così. 
«Signor ministro, perché sostiene la proposta di legge di Pinco Pallino?» è una domanda formale, perfetta al di là del sesso del ministro in questione. «Signora ministra, perché sostiene la proposta di legge di Pinco Pallino?» mi fa temere, nel caso di pseudogiornalisti di quotidiani o emittenti di professata fede opposta a quella della ministra in questione, che nella mente dell'intervistatore la domanda si completi con "e non sta a casa a preparare le tagliatelle al ragù?".  
Può darsi, caro @Marcello, che qualcuno abbia quel retro-pensiero ma io in quanto donna non credo sia giusto assecondare questo tipo di mentalità. Io sono una donna, sono orgogliosa di esserlo, e mi pare corretto declinare il mio mestiere o la mia posizione al femminile. Per me nella declinazione non è insito il fatto che quel mestiere o posizione non sia adatta a me. Sono consapevole dei tanti pregiudizi in merito da parte di tante persone ma credo fermamente che non si debbano combattere dando per scontato che la maschilizzazione della professione o del ruolo apicale sia la soluzione migliore. Altrimenti avvalliamo l'idea che il maschile sia di per sé più dignitoso, meritevole, in sintesi migliore. Se fossi una ministra mi farei chiamare così e se qualcuno usasse un tono ironico o denigratorio gli farei notare che nel suo pensiero è insita l'idea che io in quanto donna valga di meno.
Comprendo la fatica di questo atteggiamento, non sempre si ha voglia di spiegare e precisare, però bisogna cominciare a farlo. Pinco Pallo ride perché una donna fa la ministra? Che rida pure, lo sciocco è lui non il ruolo al femminile. 
Faccio notare che gli uomini non si fanno questi problemi. La maggioranza di infermieri sono donne per tradizione, ma un infermiere non si sognerebbe mai di farsi chiamare al femminile. Noi donne invece ci dobbiamo porre il problema: rideranno? Mi prenderanno sul serio? Per come la vedo io sarebbe il caso di smettere di avvallare questo tipo di mentalità. 

Re: Treccani

Marcello ha scritto: . Una donna chiamata a fare il ministro non gode di maggiore fiducia se la chiami "ministra" (anzi, se fossi donna sospetterei sempre che dietro ci fosse una larvata presa per il culo nel sentirmi chiamare così).
Non sono d'accordo. Perché dovrei sentirmi da meno se mi chiamano al femminile? Perché presa per il culo? Non lo capisco proprio. 
Marcello ha scritto: le classi erano piccole e gli studenti avevano dai quindici ai diciotto anni in genere. Io frequentavo l'università e ne avevo pochi più di loro; c'era chi mi dava del lei e mi chiamava "professore" e chi mi si rivolgeva con un semplice "scusa, Marcello, qui come si fa a capire se...". Non ho mai chiesto né agli uni né agli altri di cambiare atteggiamento, ma ho sempre cercato di trattarli tutti nello stesso modo, profondamente convinto che il rispetto per la mia persona (e per l'istituzione che rappresentavo) non fosse legato al pronome con cui i ragazzi mi si rivolgevano.
Dissento del tutto anche su questo. Probabilmente questa tua esperienza è circoscritta a una situazione particolare. Io insegno nelle scuole superiori da quindici anni e non mi sognerei mai di farmi dare del tu. Mi devono dare del lei e non sono autorizzati a chiamarmi per nome. Sono d'accordo sul fatto che il rispetto non si debba limitare a questo, ma anche la forma è sostanza. È probabile che se non facessi caso a certe formalità mi ritroverei i miei alunni a saltarmi sulla testa.
Pensa che li faccio persino alzare in piedi quando entro in classe. Potrebbe sembrare un gesto autoritario e fuori moda, ma di questi tempi è meglio mantenere le distanze, e la forma, in un luogo difficile come la scuola. 

Tornando al Treccani vorrei proporre una riflessione. Il fatto che nel dizionario si metta prima la forma maschile e poi la femminile non è dovuto alla morfologia della lingua, né al suo uso o alle sue regole, ma a una convenzione.
Anch'io che insegno lingue straniere faccio memorizzare i pronomi personali nell'ordine maschile, femminile, neutro (he, she, it, ad esempio). Preciso però che si tratta di una convenzione. Trovo interessante l'inversione proposta da Treccani. Più che violentare la lingua o cedere alla moda del politicamente corretto, mette in luce quella che è la natura di una convenzione, ossia che è frutto di una scelta, di una tradizione, ma che in quanto tale si può cambiare. Altrimenti immaginiamo la lingua come un insieme di regole fisse, già date, immutabili. Con questa idea sì che violentiamo la lingua che, al contrario, per sua natura è mutevole.
Per il resto, ribadisco, il discorso è complesso. La lingua rispecchia la realtà e il modo di vedere la realtà? In parte sì e in parte no. Per questo la questione del femminile genera dubbi e perplessità. Sono d'accordo con chi dice che è più importante cambiare la società che la lingua e la percezione che noi ne abbiamo. Tuttavia la lingua e le sue convenzioni possono servire da strumenti di riflessione sulla società. Torno quindi alla domanda che ho posto più sopra: perché ministra e sindaca non vanno bene (sono parole brutte o ridicole) e invece sarta, cameriera, cuoca, commessa sì? Non notate la differenza di prestigio tra le due categorie?

Re: Treccani

Fraudolente ha scritto: Non leggo "Libero" (o forse dovrei?). La mia era solo una battutaccia da vecchio collegiale, e nulla sapevo in merito all'articolo del "simpatico" giornalista querelato. Comunque sia, ritengo la battutaccia spiritosa e inoffensiva. E in tal senso speravo fosse intesa..
Fai bene a non leggerlo! E nemmeno io lo faccio. Ho letto della polemica e l'ho riferita, tutto qui. C'è una bella differenza tra fare una battuta da collegiale su un forum e titolare un articolo di giornale con evidente intento denigratorio. Non era mia intenzione paragonarti al giornalista. 
Fraudolente ha scritto: Leggo tra le righe una vena polemica: non era mia intenzione provocare e mi spiace se così è stato. Per ora ho ripetutamente fatto ricorso alla dotta consulenza della Treccani, ma sono rimasto sconcertato dalle recenti novità. Vedremo come evolve la faccenda.
No, figurati, non mi sono sentita provocata. Se vai a recuperare la vecchia discussione sull'argomento potrai leggere come la penso. In realtà Treccani non è il primo dizionario a declinare al femminile le professioni che un tempo erano precluse alle donne, lo hanno già fatto altri dizionari prestigiosi ed era solo questione di tempo perché il glorioso Treccani si adeguasse.  Seguendo tra l'altro le indicazioni date in merito dall'Accademia della Crusca. 
La questione da un punto do vista linguistico è complessa, bisogna distinguere da un lato morfologia e semantica, ma dall'altro osservare quando hanno degli elementi in comune. Il femminile delle professioni è uno di questi casi, anche da un punto di vista storico, per la grammatica italiana.
Nei casi di resistenza (più che giustificata, sia ben chiaro, visto che l'uso non è generalizzato) invito sempre a riflettere sul fatto che storciamo il naso di fronte a sindaca e ministra, ma accettiamo tranquillamente cameriera, infermiera, sarta, cassiera, serva, ecc.
Fraudolente ha scritto: Questa storia del se stesso o sé stesso l'abbiamo già discussa, non ricordo con che esito e se qui o altrove.
Sono accettate entrambe le forme. In realtà mentre scrivevo il correttore automatico si ostinava a mettere l'accento sul se e allora l'ho lasciato così...
Buon fine settimana anche a te e a tutti!

Re: Treccani

Questa discussione riprende il tema del topic sul femminile delle professioni. Non starò a ripetere il mio pensiero. Dico solo che il simpatico giornalista che ha intitolato il suo articolo "Treccagne" (il giornale forse era Libero) è stato querelato. 
Chi invece pensa di abbandonare uno dei migliori dizionari italiani solo per questo è libero di farlo. Fa un dispetto solo a sé stesso.

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