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Re: [MI152] La ballata di John Gloom

@aladicorvo

Bellissimo racconto. Già da quando ho letto "Bogart" e mi sono immaginata Humphrey Bogart e un'atmosfera da età d'oro di Hollywood ho capito che mi sarebbe piaciuto. Quando hai fatto capire che Bogart è un clochard e hai affrontato l'argomento dell'alcolismo ne ho avuto la conferma. Uno stile secco e amaro come un superalcolico, che mi ha rimandato positivamente a Palahniuk e Bukowski. L'atmosfera c'è tutta, la storia è ben strutturata. Ho apprezzato particolarmente la digressione sull'importanza dei nomi che ricorda il concetto filosofico di significato e significante, soprattutto per l'ironia con la quale applichi la tua riflessione nel racconto. Il protagonista passa dal suo nome di battesimo a John Gloom per intraprendere la carriera d'attore, mentre quando diventa un senzatetto si fa chiamare Bogart, come a beffarsi del mondo del cinema che l'ha masticato e sputato via senza pietà. Complimenti. L'unica correzione la farei qua nei dintorni, perché a mio parere troppe frasi così brevi di seguito possono dare fastidio alla lettura:

"Non è vero che non ricordava niente. Avrebbe voluto. Per questo beveva. Ma non era
vero nemmeno quello. Aveva sempre bevuto. Anche quando aveva tutto. Anche
quando aveva perso tutto. Per questo era tornato a casa. Dove tutto era cominciato.
Dove tutto sarebbe finito. Certi animali lo fanno."  (Scusa, non so ancora come si fa a citare ahahaha)

In questi pezzi dove metti le frasi corte, alcune le riunirei, per esempio lo cambierei così:

"Non è vero che non ricordava niente. Avrebbe voluto. Per questo beveva. Ma non era
vero nemmeno quello. Aveva sempre bevuto, anche quando aveva tutto. Anche
quando aveva perso tutto. Per questo era tornato a casa, dove tutto era cominciato, dove tutto sarebbe finito. Certi animali lo fanno."

In ogni caso racconto molto scorrevole e incisivo, bravo/a!

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