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[Lab 5] La principessa

Bussarono. Alma era seduta con la poltrona girata verso l'uscio: contò fino a dieci poi andò a prendere il vassoio dietro la porta e la richiuse velocemente, come sempre.
La colazione la metteva di buon umore: scarto subito il cioccolatino con la stessa curiosità con cui si apre un regalo di Natale: crema di pistacchio, delizioso.
Sorrise e mangiò il resto guardando fuori dalla grande vetrata della torre.
Una nuvola bianchissima, che sembrava un coniglietto in piedi sulle zampe posteriori ne inseguiva un'altra a forma di mongolfiera.
Non fece in tempo a sognare in quanti luoghi avrebbe potuto viaggiare, se solo avesse posseduto una mongolfiera, che la nuvola si trasformò in un albero.
Non importava molto se non poteva volare, Alma aveva i suoi libri per vivere avventure mozzafiato, i suoi pennelli per disegnare paesaggi sconfinati e la sua musica per sognare ed emozionarsi.
Dopo colazione si preparò per la ginnastica, come le aveva raccomandato il medico:"Devi fare esercizio tutte le mattine. La tua schiena e le tue gambe ne hanno bisogno."
Mentre contava in modo automatico le ripetizioni e cercava di ignorare i dolori che il suo corpo deforme le procurava, pensava alla voce della mamma. Le mancava così tanto.
A volte di notte le sembrava di essere sfiorata sulla fronte da carezze, Alma era certa che fosse lei, anche se non era mai riuscita a svegliarsi quando aveva quelle sensazioni. Forse era il suo desiderio di rivederla che la faceva sognare, da troppo non le faceva visita quindi Alma era sicura che  ogni giorno sarebbe stato quello giusto .
Si pettino con cura il ciuffo, non voleva che la mamma la trovasse in disordine. Inclinò il collo verso la spalla in modo da farlo penzolare e ci diede dentro con la spazzola. Infine friziono l'altro lato con un unguento speciale che le rendeva morbido il cuoio capelluto. Le mani di mamma erano delicate quando le insegnavano il gesto corretto e le raccomandava di farlo tutti i giorni in modo che, dal lato glabro, la pelle non diventasse secca e formasse delle orribili scaglie.
Si guardò allo specchio: certo che mezzo cranio privo di capelli non le rendeva facile l'impresa di farsi carina, tuttavia il risultato la soddisfaceva e sorrise.
Infine si mise a fissare la porta speranzosa. Ma nulla accadde per un po'.
Un pensiero lieve come un sussurro le sovvenne: e se andassi io a cercarla?
No, lei era una ragazza dalla salute precaria, come le ripeteva il dottore e come le ricordava spesso mamma con occhi tristi "Non puoi incontrare altre persone".
Ed era per questo che usciva di notte quando la corte era chiusa nelle proprie stanze e passeggiava solo nei giardini del castello. La solitudine a volte le pesava parecchio, anche se non sapeva esattamente cosa volesse dire stare in mezzo alle persone, se lo immaginava grazie alle storie che leggeva sui libri. Purtroppo non aveva conosciuto dal vivo nessun altro essere umano.
Solo una volta dalla porta che si richiudeva aveva intravisto un bimbo che correva e una mano lo aveva afferrato per un braccio e fermato subito.
Era un bimbo piccolino che camminava a stento, con riccioli biondi e guance rosse e paffutelle. Lo aveva visto per un attimo ma la sua brama di scoprire il mondo glielo aveva fatto scolpire nella mente.
Su tutti però avrebbe tanto desiderato incontrare suo padre. Doveva pur averlo un padre, questo era certo, ma la mamma stentava sempre a parlarne. Di rado aveva spiegato che era meglio per Alma non incontrarlo. Era il re di un grande regno e un potente guerriero: tutto intorno a lui doveva essere perfetto. Alma era la principessina della mamma ma il padre non avrebbe accettato la sua malattia.
A queste parole Alma aveva provato una strana emozione, un misto di vuoto e paura, ma non era mai riuscita a dargli un nome, di fatto quando ci pensava più intensamente le girava la testa.
Sentì che stava per accadere ancora, come spesso nei giorni della luna: quello strano sfarfallio nelle orecchie ne era preludio. Si sedette vicino alla campana ma non fece in tempo a usarla. Il dolore, che iniziava dalla nuca e le avvolgeva tutto il cranio come una tenaglia di metallo, la fece scivolare nell'incoscienza.

Non riusciva a aprire gli occhi, le palpebre erano impastate con una sostanza raggrumata e sulla fronte toccò un bel bernoccolo. Con le dita puli le ciglia. Era sdraiata a terra e durante la crisi aveva sbattuto la testa contro la gamba della poltrona.
Puntò i gomiti per cercare di sollevarsi, ma era tutta dolorante e si sentiva sfinita. Riuscì solo a suonare la campana.
Il medico entrò senza bussare e si chinò su di lei.
Alma non era del tutto cosciente, ma percepiva la preoccupazione e l'agitazione dell'uomo, sentiva le mani che medicavano e la voce che chiamava:"Su, fatti un po' di forza che ti metto a letto."
"Ma la mamma dov'è?"
Silenzio.
Nel viso del dottore una strana espressione trapelo.
L'uomo le girò sibito le spalle per aggiustare i cuscini, che non erano messi comodi come faceva mamma. Era stata lei a insegnarle la giusta inclinazione per poter dormire a pancia in su, nonostante la gobba che altrimenti l'avrebbe costretta a stare solo sui fianchi per non soffocare.
Si lasciò andare alla stanchezza, ma prima di addormentarsi udi il dottore che le raccomandava:"Stasera non uscire, Alma, te lo proibisco. Ultimamente le tue crisi sono peggiorate, è meglio se ti riposi".

Che importava della volontà del dottore, Alma si sentiva molto meglio dopo la cena, il sole era ormai sotto l'orizzonte ma il cielo rosato con pochissime nubi prometteva una serata perfetta per una passeggiata. No, non se la sarebbe persa.
Scese le scale con energia e con tutta l'agilità che poteva esprimere il suo corpo asimmetrico, ma si sentiva uno schianto. Aveva indossato i suoi abiti migliori, sicura che la madre sarebbe stata nel giardino con la grande fontana ad aspettarla per farle compagnia.
Intanto scendeva il buio ma i sentieri erano illuminati da tantissime fiaccole che Alma sapeva essere state accese per lei. In fondo era una principessa, anche se non partecipava ai balli di corte, alle sfilate o non era mai stata presentata al popolo. La mamma le diceva che la principessa Alma era diversa e malata, non poteva fare quelle cose.
Eccola la bella fontana in pietra, la sua preferita. Si sedette e guardò la luna tonda tonda, stupenda nel silenzio della sua solitudine. Respirava un po' a fatica, sentiva un piccolo peso sullo sterno, ma diede colpa all'umidità dell'aria e non se ne preoccupò, anche perché improvvisamente un rumore invase la calma della notte.
Cosa si avvicinava insieme al frastuono tamberellato che aumentava ogni secondo? Alma si spaventò e portò la mano destra sul petto, quasi a voler fermare il cuore che batteva scomposto come lo scalpiccio che udiva. Infine sul sentiero apparve un imponente cavallo scuro che portava un ragazzo avvolto in un mantello.
Alma apriva e chiudeva la bocca come fosse un pesce, perché tra le milioni di parole che vorticavano in testa mescolate a altrettante emozioni vecchie e nuove, non sapeva proprio cosa scegliere.
Stava per incontrare una persona...
Il ragazzo scese con eleganza, si piantò davanti a lei, posò la mano sull'elsa della lunga spada che portava al fianco e aprì il petto.
Alma per un attimo credette che prendesse aria per poi mettersi a cantare, ma in realtà parlò e basta.
"Sono il principe del regno, mi chiamo Manfredi"
Ancora confusione e smarrimento. Principe...principe...se lui era il principe allora...Alma principessa...allora. In un attimo un pensiero, quel bimbo biondo e ricciolino di tanti anni fa...e se fosse...
"Sono qui per darti una triste notizia" proseguì il ragazzo che senza quasi prendere fiato continuò "la regina è morta."
"La re-regina?!"
"Sì. Nostra madre è venuta a mancare due settimane fa."
Alma urlò forte.
Manfredi attese che l'eco dello strillo finisse il suo giro, poi le parlò di nuovo. " Adesso che nostra madre è morta, tu hai due possibilità: rimanere per sempre chiusa nella tua torre oppure andartene perdendo i tuoi privilegi da principessa. Ma in ogni caso non potrai mai e poi mai rivendicare il trono, chiaro?"
Alma si sentiva ancora più un pesce muto, non capiva cosa quel ragazzo volesse da lei. "Ma..io e te...siamo fratello e sorella...la mamma non c'è più..."
"Ti ho detto che devi scegliere!" Il ragazzo dissimulava un tono imperioso e toccava continuamente la spada, ma Alma ne percepiva la paura. Manfredi, suo fratello, aveva paura.
"Sono sconfortata come te, mamma ci mancherà, ma ci siamo trovati, sangue dello stesso sangue, facciamoci coraggio a vicen.."
Il coltello nello stomaco le aveva bloccato le parole in gola. Di nuovo Alma muoveva la bocca senza emettere suoni. E guardava quell'uomo dalla barba bianca spuntato così all'improvviso. Lo guardava, soffriva, ma non lo temeva. Lo fissava nel viso e ci vide qualcosa di familiare.
"Padre, perché? Non ce n'era bisogno" balbettava Manfredi molto agitato.
"Non possiamo permettere che come primogenita rivendichi il trono, guardala, non ha l'aspetto di una regina!" L'uomo puntava il dito verso Alma, che sentiva le forze diminuire. Poi girò la testa verso di lei e i loro sguardi si incrociarono.
Alma rivide negli occhi del padre i suoi occhi, li vide addolcirsi in un attimo. Le lacrime cominciarono a offuscare la vista ma fece in tempo a scorgerlo allungarsi verso il pugnale e provare a estrarlo dal ventre. Aveva visto un lampo di pietà negli occhi di quell'uomo, ci aveva letto tanta impulsività ma ci aveva visto una goccia di buono e di pentimento. Forse anche un pizzico di amore. Troppo tardi arrivava quell'amore perché Alma stava morendo, ma moriva felice di aver trovato suo padre.

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