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Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

Cheguevara ha scritto: le case editrici di grandi e medie dimensioni, con cui lui stesso ha a che fare, si guardano bene dall'investire sugli autori esordienti tranne rarissimi casi,
In un altro intervento che lo stesso Franco Forte tenne, e che aveva come premessa proprio quello che racconta in questo video, disse anche che le CE big investono raramente negli esordienti. 
Il discorso è piuttosto contraddittorio, in effetti lui raccontava nello specifico le logiche di Mondadori e delle altre CE del gruppo. Diceva, innanzitutto, che se un autore arriva fino alla redazione di una Big, è per via di uno dei "Tre fattori C". In pratica, o ci arriva per *ulo, o per Conoscenze, o (solo in ultima analisi) per Capacità. Arrivare in redazione ed essere letti dal responsabile editoriale di turno, però, non significa avercela fatta. Diceva, infatti, che il responsabile editoriale, per quanto convinto di un autore, deve superare le forche caudine dell'intero Consiglio Editoriale, i così detti "piani alti", le cui uniche finalità sono vendita e fatturato. 
In pratica, il direttore editoriale (o di collana), deve presentare il romanzo che reputa interessante dimostrando che si venderà da sé, con il minimo dispendio di risorse economiche da parte della CE. E deve dare anche una stima della percentuale di incremento del fatturato, con la consapevolezza che sotto una certa percentuale il romanzo verrà scartato. 
Detto ciò, visto che il "povero direttore editoriale" deve stressarsi nell'affrontare un intero Consiglio Editoriale e non può fare tutto lui, esortava l'esordiente a scrivere una super sinossi, inattaccabile, che contenesse una sorta di slogan o idea chiave (lui lo chiamava "il dinosauro") di sicuro impatto. Fatto questo, il direttore di collana non avrebbe dovuto sforzarsi oltre, se non per dire: "Colleghi esimi, ho trovato il romanzo che contiene l'uovo di dinosauro, che farà incrementare il fatturato di almeno il 60%", e dovrebbe essere fatta.
In sostanza, quel raro romanzo d'esordio che supera le famose forche caudine e soddisfa l'unico vero requisito (economico), dovrebbe vendersi da sé, quindi perché spronare così tanto gli altri esordienti all'acquisto? Forse perché in Italia ci sono (ormai da circa 20 anni) più scrittori che lettori?
Ha tutto un senso... E al tempo stesso non ce l'ha!

La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

Gironzolando sul web, mi è capitato di imbattermi in questa riflessione di un noto editor, direttore di un'altrettanto nota collana Mondadori:



Voi cosa ne pensate? Siete in accordo o in disaccordo, con questa disamina? Quello che viene detto nel video è realmente una logica saggia, per conoscere meglio il mercato e le sue tendenze? O si tratta solo della strategia di marketing di un abile direttore editoriale, che fa leva sulle aspirazioni dei tanti, tantissimi (futuri e speranzosi), esordienti?

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