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Re: I pensieri dei personaggi

dyskolos ha scritto: Si dice che chi ben comincia è già a metà dell'opera. Nel tuo caso, secondo me, parti male. Dovresti pensare che l'impresa è semplice e non c'è nulla di cui aver paura. In fondo, sono solo parole messe in fila su di una pagina bianca: fossero questi i problemi della vita! :)
Ti diverti a scrivere? Se la riposta è sì, allora sei sulla strada giusta. Se è no, allora stai abusando :)

In sostanza, uno scrittore non ha la sfera di cristallo e dunque non può sapere in anticipo come andranno le cose. Ma di sicuro non può pretendere che il lettore non si annoi a leggere se lui stesso, in prima persona, si annoia a scrivere :)
@dyskolos grazie per l'incoraggiamento. Diciamo che mi diverte sperimentare, ma allo stesso tempo, volente o nolente, mi lascio coinvolgere al punto che la scrittura diventa impegno serio, costante, esigenza martellante. Almeno, in questo momento è così. Per questa storia è così. Intimamente so che questo esperimento mi riesce naturale, la scrittura è fluida, certi giorni le pagine si riempiono quasi da sole, e paradossalmente è proprio questa la cosa che mi dona consapevolezza. E più mi sento consapevole, più divento rigorosa con me stessa. Questo è! 😊

Re: I pensieri dei personaggi

Marcello ha scritto: Il tuo è un caso particolare, perché ci ha costruito sopra il romanzo... Con lo stare attenti a non abusarne io mi riferivo a una situazione più tradizionale.
Speravo di leggere questo. Essendo alle prime armi, e cimentandomi in un esercizio complicato di stile, mi attanagliano molti dubbi pur essendo consapevole che la mia storia non è "tradizionale", come hai scritto tu. Mi conforta!  <3
Marcello ha scritto: Nel tuo caso però, se ho ben capito, siamo in tutt'altra situazione: non si tratta di vivacizzare una scena troppo lenta, ma della struttura narrativa stessa del romanzo; complicata per di più dall'uso della seconda persona, di gran lunga la più difficile da gestire. È una scelta molto coraggiosa, quasi temeraria: ne può scaturire un romanzo di grande intensità, ma mentirei se non ti dicessi che il rischio di produrre un'opera artificiosa ed esageratamente introspettiva è dietro l'angolo. 
Tutto sta nella tematica e, soprattutto, nello stile con cui la svilupperai.
Non ci sono consigli, solo un grosso in bocca al lupo.
Mentirei anch'io se non ti rispondessi che scrivo, scrivo, e poi rileggo e rileggo... proprio perché voglio evitare che i brani risultino artificiosi e troppo introspettivi, che poi è come ammettere che risultino pesanti, ammorbanti! Mi sono imbarcata in questa cosa non so nemmeno io perché, ma adesso che comincia a prendere forma ci ho preso gusto, è una sfida ormai per me. Ti ringrazio tanto per le specifiche, lo ripeto, mi confortano. Grazie anche per l' in bocca al lupo, ne ho davvero bisogno perché non voglio arrendermi. La tematica si presta, (rapporti interpersonali, vite irrisolte), quindi spero tanto di saper gestire l'emotività dei personaggi, e soprattutto la mia. 

Grazie ancora, Marcello! :)

Re: I pensieri dei personaggi

Marcello ha scritto: La tua passione per gli aperitivi al Barracuda, il bar della piazza, ti sarà fatale. Il loggiato è buio, quando scopriranno il tuo cadavere sarò già lontano.
Cosa c'è che non va? 
"Il bar della piazza": John sa perfettamente che il Barracuda si trova nella piazza, non penserebbe mai quell'inciso. Se l'autore deve far sapere al lettore che il bar si trova lì dovrà ricorrere all'indiretto:
Buongiorno @Marcello,

ti ringrazio per aver segnalato quali rischi si corrano nell'utilizzare la forma diretta, e il tuo esempio è lampante da questo punto di vista. 
L'argomento, per me, è di grande interesse in questo momento, perché sto scrivendo una storia utilizzando questa forma: l'alternanza tra il narrato dell'autore e i pensieri diretti, quasi a "disturbare" il flusso della narrazione, dei personaggi. L'impresa è ardua, per ovvie ragioni. Ho paura di moltissime cose; fra tutte, temo di ingenerare confusione nel lettore, ma al tempo stesso mi piace molto l'idea, mi convince, nel caso della mia storia, il fatto che i personaggi irrompano, coi loro pensieri, nel racconto. Loro partecipano emotivamente alla narrazione, che peraltro è al presente, pertanto questi pensieri in forma diretta sono l'espressione di istanze intime estemporanee. Ecco perché mi piacciono queste "irruzioni", perché sono istintive. La riflessione a cui sto giungendo è che forse, la scelta fra pensieri indiretti o diretti, dipende molto dal tipo di storia che si vuole raccontare, e qui nasce una domanda: come faccio ad accorgermi di star abusando del pensiero diretto? La struttura narrativa è tutta impostata così; tra narratore che eviscera fatti e circostanze, e personaggi che coi loro pensieri a volte contraddicono persino i fatti descritti. Se riducessi la forma diretta trasformandola in forma indiretta, perderei proprio questo "scambio" fra narratore e personaggi. Non soltanto. Ho scelto la narrazione in seconda persona. Sì, lo so. In narrativa è raro, ma oramai son partita così, e mi piace il rapporto che si è instaurato tra il narratore e i suoi personaggi. Ed è anche alla luce di questo che prende senso la forma diretta dei loro pensieri. Non so se sono riuscita a spiegare le mie intenzioni, e mi rivolgo a te per un parere, data la tua esperienza e competenza, e ovviamente sono aperta a qualunque ulteriore commento o parere degli altri membri del forum.
P.S.
Prima o dopo, avrò necessità di avvalermi di un editor, quando l'avrò completata. Help!!!  :s

Re: I pensieri dei personaggi

Nik3004 ha scritto: Buonasera e buona pasqua,
domanda tecnica: ma voi con i pensieri dei personaggi come vi comportate? Nel senso, preferite scrivere/leggere un pensiero indiretto(es: Marco pensò che Lucia forse non era la ragazza per lui) o diretto? E, nel secondo caso, che gestite la punteggiatura? 
Ciao @Nik3004
ottima domanda e tema interessante per me. 
Dunque, se si sceglie la narrazione in terza persona, usare il pensiero indiretto o diretto, fa tutta la differenza, a mio parere; nel senso che può avere un impatto stilistico non indifferente nel lettore, e suscitare anche maggiore capacità di immedesimazione. 
Per esempio: 
"Barbara, al lavoro, era sempre distratta. C'era un pensiero fisso a tormentarle l'anima: forse l'aveva ucciso lei." 

Ecco, ora qui mi aspetto la "descrizione" approfondita del pensiero del personaggio. Ho due strade:

1) Era probabile che dopo lo spintone per toglierselo di dosso, avesse picchiato in terra la testa e fosse morto sul colpo. No. Non era possibile, perché una volta steso sul pavimento respirava ancora, pensava.

Oppure.

2) Io l'ho spinto. Cazzo se l'ho spinto! E allora ha battuto la testa sul cemento, che quello è duro, altroché se è duro. Sì, deve aver battuto così forte la testa che... magari respirava ancora, ok, però quel rantolo era l'ultimo flebile accenno di vita. Lo so, ne sono sicura. Oddio! Sono un'assassina!

Col pensiero diretto, contraddistinto dal corsivo, posso non avere limiti, e posso descrivere, senza rischiare di annoiare il lettore, anche la personalità della protagonista. 
Io preferisco che i pensieri irrompano nella narrazione, come fulmini a ciel sereno!  :asd:

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