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Re: [H23] L’amo da morire

Stramaledettissima Medea,
(ti assegno questo nomignolo per assonanza. Ti piace il terribile accostamento?)
non siamo lontani dal diritto di saltar fuori, come non-morti, dalla fossa comune dei racconti di questo contest, nella quale comunque scarico il tuo esperimento.

La frammentazione dei pensieri, rappresentata in modo coerente dalla brevità dei periodi, non mi è per nulla dispiaciuta.
Il vagare di luogo in luogo, di tempo in tempo, come vivendo un incubo mai vissuto prima e che solo a tratti è riconoscibile, è un'altra cosa giusta e potente, da usare per rappresentare la situazione della protagonista.
La consapevolezza del mondo, mi piace. E approvo anche, maledizione, il fatto che non ti ci soffermi troppo: meglio lasciare un po' di mistero sull'argomento e permettere che il lettore, se vuole, ci mediti da sé.

La razionalità con cui la trapassata pensa, invece, mi pare una desolante semplificazione della scribacchina che, per sfortuna, non è ancora nella condizione del personaggio, e non sa come meglio rappresentare il suo sentire. E non prova nemmeno a inventare qualcosa che possa sconvolgere il lettore. Hai usato la via più breve e confortevole. Ma brava! Butterei anche te, assiame al tuo racconto.
Il finale, così consolatorio, mi ha semplicemente disgusatato: un horror con una chiusura così è come un buon piatto - che so? una deliziosa trippa di coccodrillo - che hai cucinato e che poi butti via prima del banchetto, scellerata!

Hai avuto una buona idea per rappresentare la tua carta, hai usato strumenti giusti, ma li hai usati molto male, volendo spiegarmi troppo e facendomi sentire poco.

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