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Re: Non vedrà affondare il sasso

Ciao, credo sia la prima volta che leggo un tuo racconto. L'ho trovato originale, ben costruito e infine toccante.
Intanto, penso che sia un'idea non comune pensare a una coppia di gemelli siamesi che lavora in una spiaggia. Penso tu sia stato bravo nel rendere la psicologia dei protagonisti e il loro modo di reagire a quel che capita attorno a loro. Sappiamo molto bene, ahimè, come il nostro modo di vedere il mondo sia condizionato dal nostro destino individuale. Così una scena in teoria oggettivamente incantevole, come un padre e un figlio che costruiscono un castello di sabbia mentre il sole tramonta, suscita reazioni contrastanti in una coppia di persone costrette da una grave invalidità, probabilmente incapaci di assaporare questi piccoli momenti di felicità per via della loro condizione. Ho trovato interessante come tu, attraverso la tua scrittura, apra e chiuda alla speranza che queste due persone costrette in un solo corpo possano, in qualche modo, sfuggire ai loro comprensibili sentimenti di rabbia. Il racconto è interessante proprio per questa oscillazione, che sei riuscito a creare, fra l'odio e la speranza. E' un'oscillazione molto comune nell'animo umano. Se noi siamo infelici, vogliamo che tutti siano infelici. Non crediamo alla felicità degli altri. Mi ha fatto venire in mente il racconto (ma quello era una commedia) "The Worm in the Apple" di John Cheever, in cui i vicini e i conoscenti di una famiglia particolarmente baciata dalla fortuna non riescono a capacitarsi del loro successo e cercano (inutilmente) di trovare qualcosa di sbagliato nelle loro vite, perché non è possibile, appunto, che ognuno di noi non abbia "un verme nella mela," come dice l'espressione inglese. Cito il titolo a memoria, spero sia giusto. Per tornare al tuo racconto, mi sembra (ma forse è quello che voglio leggere io) che infine si apra alla speranza. Ma potrebbe essere solo un momento fugace, perché, quando Alessio riaprirà gli occhi, vedrà sempre il solito mondo condizionato dalla sua invalidità.
Ho trovato toccante la frase: "Sono tutti infelici come noi...", con cui Alessio, con poca convinzione, cerca di autoconvincersi che la loro sfortuna sia universale, comune al genere umano, per poi esprimersi in un gesto piccolo e spensierato, come gettare un sasso nel mare nella speranza che esso rimbalzi per sempre, perciò con una sorta di apertura al sogno, alla vita, e alla speranza. Mi è sembrato un bel finale, misurato e significativo.
Concludo dicendo che il racconto mi ha fatto molto riflettere sulla differenza fra la realtà in sé e come noi la percepiamo attraverso le nostre lenti di persone spesso smarrite e confuse. Grazie per la bella lettura.

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