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Re: [CN23-2] La fuga di Carla, o il fico strangolatore: sul lasciare andare – seguito de "La cena di Natale"

@Mina. Parto subito con il scrivere che il sentimento, l'amore, nel tuo racconto, io l'ho sentito forte, entrare dentro. E questo è il bello. Banalmente inspiegabile. Ogni aggettivo per definire o paragonare qualcuno rispetto a un altro rischia di essere riduttivo. Mi verrebbe da dire di disagi (e chi non li ha?), problematiche (e chi non le ha?), diversità (e chi non lo è?). Forse potremmo definirli particolarmente fragili. Io ho coniato un termine che ho inserito nel titolo di una raccolta: Storie di uomini extra-ordinari. Che alla fine non mi dispiace. Ma entriamo nel personale. Poi ci sono tutte le accezioni di patologie mediche che sono infinite, definizioni che non entrano nell'umanità della persona.
Mi è molto piaciuto il tuo sequel anche se profondamente amaro, che sa di sconfitta. L'amore rimane un'illusione, purtroppo, perché il peso della vita passata è insormontabile. Sarebbe stato bello aver potuto dare speranza, sarebbe... ma la realtà può essere anche questa, quella che ci hai spiattellato fredda e cruda con la tua superba scrittura. Complimenti.
Una cosa bella che ho riscontrato venendo a contatto con alcune persone da diversi anni è stato il bisogno e la spontaneità con cui chiedono l'amore. Un amore puro, senza condizionamenti, rivolto con la stessa intensità a persone dello stesso sesso o diverso, giovani o meno giovani. Che non segue la ricerca per un canone di bellezza o di una pulsione sessuale.
Ci sarebbe da imparare.
Grazie anche perle tue belle parole che hai scritto sul racconto che ti ha preceduto.
A rileggerti.

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