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Re: Ecco, io verrò a te in una folta nuvola

Bello e intenso, cara @Ippolita  questo tuo racconto che ci narra di un rapporto tra un uomo votato a Dio e la sua crisi di fede.
Questo tema è ricorrente in diversi tuoi scritti che ho avuto il piacere di leggere, denotando una tua grande conoscenza dei testi sacri, al punto da farmi sospettare una tua formazione teologica.
L’argomento mi affascina, poiché pur dichiarandomi ateo e materialista in senso marxsiano, ho sempre avuto una forte componente mistica della mia interiorità.
Come ti sarà capitato di leggere attraverso qualche mio strampalato racconto, in gioventù, affascinato dal misticismo indiano, ho praticato a lungo lo yoga e meditazione trascendentale.
Queste discipline, hanno il pregio di insegnare al corpo come ottenere attraverso posture e respirazione, degli stati di elevazione della coscienza che ti permettono di escludere per il tempo voluto, il contatto con la realtà sensibile del corpo fisico.
In altre parole ti estranei dal mondo intorno e resti in uno stato di vigile abbandono, nel quale esiste solo la tua mente.
Queste tecniche hanno il pregio di diventare come il senso dell’equilibrio che ti consente di viaggiare in bicicletta.
Si sa che, in bicicletta, una volta che hai imparato ad andarci, puoi restare per decine di anni senza più montarci, ma quando lo fai il tuo corpo ricorda come si fa, quindi vai tranquillo.
Ero, senza modestia, assai portato per quella disciplina orientale, al punto che sognavo con la maggiore età di parire per l’India e andare a fare il monaco buddista in qualche monastero himalayano.
Poi la vita, ovviamente, mi ha condotto altrove. Ma, i primi tempi ragionavo sul fatto che anche Gautama Buddha, aveva vissuto nelle cose
del mondo per metà della sua vita, sposandosi, avendo figli, lavorando e facendo affari, infine aveva lasciato tutto per dedicarsi al raggiungimento della sua illuminazione.
Se lo aveva fatto lui, che era Buddah, avrei ben potuto farlo anch’ io che non ero nessuno.
Avevo letto che anche Sant’ Agostino (CONFESSIONI - LIBRI VII) "Dammi la castità e la continenza, ma non subito".
Diciamo che mi presi del tempo per fare qualche esperienza di vita che mi mancava, dicendomi che la mia rinuncia alla vita mondana sarebbe stata maggiormente cosciente, avrei rinunciato ai piaceri del mondo con maggior convinzione, poiché li avevo conosciuti e praticati.

Sappiamo che non sono diventato un illuminato, ho però vissuto pienamente, conoscendo il peccato e operando per riscattarmene.
So per certo che se c’è un aldilà in cui la mia anima, per la sua condotta terrena verrà processata, non sarà un dibattimento breve e semplice, se dovranno condannarmi gli toccherà sorbirsi un bel malloppo di nutriti fascicoli da mettere agli atti. Ma questa è un’altra storia.
Il tuo sacerdote è così credibile e vivo nella sua crisi vocativa ed esistenziale che ci smuove un sentimento di comprensione, pena ed empatia.
L’amore per Dio è un sentimento così assoluto da rendere chiara e presente, in chi lo avverte, la certezza della sua esistenza.
Un amore di una forza tanto travolgente, per alcuni, da votagli la propria esistenza, rinunciando in quel voto di vivere la dimensione comune alla pluralità degli uomini, avere una compagna, dei figli, vivere una vita di
semplicità e morigeratezza.
Dio è un amante che chiede per sé l’amore esclusivo del corpo e dell’anima, ma, allo stesso tempo richiede che il suo amante spenda la sua esistenza nell’ amore e l’accudimento del prossimo.
Anche i grandi amori, possono, però, nel tempo stemperarsi e perdere la loro attrattiva catalizzatrice, divenire una voce muta all’ interno dell’innamorato.
Fra un uomo e una donna i tali casi, come scelta estrema c’è il divorzio.
Divorziare da Dio non è cosa che si possa sbrigare tra legali e carta bollata. Il silenzio di Dio nell’ anima di chi lo ha amato e gli ha dedicato una intera esistenza è un silenzio lacerante e distruttivo.
Perdere la fede ti lascia lo sgomento di aver gettato la tua vita in un inutile sogno.
Nella conclusione del racconto, le visioni dell’infanzia del vecchio sacerdote, ci lascia un interrogativo sul suo risveglio: non sappiamo se quel sogno ristorato, di momenti felici della sua infanzia, sarà interpretato da lui come un segno di vitale speranza, o semplicemente come un sogno consolatorio, di quelli che l’inconscio costruisce per difendere la nostra mente da crisi di sconforto, dolorose e devastanti.

Complimenti amica mia, leggerti è sempre un piacere, ricco di suggestioni e spunti di riflessione.

Un grande abbraccio. :)

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