Traccia 1: La vita è meravigliosa
Dopo le esequie
La prova arriva
ti si para davanti
e ti chiede di farne
esperienza.
Reagisci
col tuo mondo interiore
accogliendola come un
valore.
Elvira corre con una busta in mano e il cuore che batte al ritmo di un presagio.
Deve arrivare all'albero che svetta, lassù sulla collina.
Vuole sedersi con la schiena al tronco dov'era lui la prima volta che si sono incontrati: Il "loro dove".
Aldo aveva un libro in mano e studiava per l'esame di maturità. Lei cercava la sua capretta, che le era scappata da sotto il naso e doveva essersi inerpicata lì vicino. Gli aveva chiesto se l'avesse vista. Lui l'aveva presa in giro: "Una capretta bianca, con le orecchie spalancate e la barbetta a punta?" Lei aveva battuto le mani: "Sì sì!"
"No, non l'ho vista." aveva detto lui, serio, con la base del naso arricciata.
Dalla rabbia, lei gli aveva strappato il libro dalle mani, facendolo volare lontano, scompaginato.
Lui le aveva arruffato i capelli, chiamandola: Bella scontrosa pastorella. E poi l'aveva aiutata nella sua ricerca, con successo.
La ragazzina gli aveva indicato la fattoria dei genitori, alle pendici del colle.
Dopo la maturità, Aldo si era iscritto a Lettere in una città dove aveva parenti presso cui alloggiare.
Raramente Elvira lo rivedeva in paese, ma quando accadeva si sorridevano amichevolmente e null'altro.
Poi, per la festa di laurea di lui, i due si ritrovarono a dividere lo stesso locale da lei scelto per la festa dei diciott'anni coi parenti e amici.
Aldo era rimasto a bocca aperta, quando lei lo aveva salutato e aggiunto: "Sono Elvira della capretta!"
Poi, una vita in due che scorre e rotola intorno alla collina. La grande fattoria ospita quattro gruppi familiari:
i genitori di lei e le famiglie novelle di Elvira e delle sue sorelle, tutte sposate nel giro di pochi anni.
Aldo insegna in una scuola del capoluogo. Lui l'aiuta nella cascina al pomeriggio e alla domenica riescono a ritagliarsi il tempo di una gita nei paraggi.
Passa il tempo e l'agognato figlio non arriva. Ma si vogliono bene e Elvira è contenta del suo matrimonio.
Come le diceva lui, era come se stessero scrivendo un libro in due, la storia dei loro giorni, ed ecco che accendevano gli accenti in qualche capitolo e mettevano le parentesi al posto giusto per stare da soli e fare solo immaginare, a chi leggeva, il dopo.
E quanti due punti per introdurre i memorabili discorsi diretti, con domanda e risposta in un continuo corrispondersi. E anche battibeccare, e quanti litigi! Fortificanti questi, visti in retrospettiva.
E puntini puntini, le diceva, per un diario che resterà nostro: il "nostro dove".
Una cosa particolare è l'aver riservato, a un certo punto del loro rapporto, almeno un giorno al mese esclusivo per lui e per lei. Elvira va a giocare a carte o a fare un giro nel capoluogo con le amiche, o a una cena. Cosa faccia lui non lo sa e viceversa.
Festeggiano le nozze d'argento nello stesso ristorante dei diciott'anni di lei e della laurea di lui, circondati dai parenti e dai bambini che adorano gli zii.
Poi, l'incidente. Una sera, tornando a casa dal lavoro, un'auto contromano investe e uccide Aldo.
Lei è col veterinario chiamato per la capra gravida quando viene avvisata, con una pietosa bugia, di recarsi all'ospedale civico dove il marito è stato trasportato, ferito.
La sorella maggiore l'accompagna con la sua macchina: Elvira sente i sensi dilatati e offuscati insieme. Una nebbia sottile aleggia su tutti i paraggi dei suoi pensieri. Aldo è il fulcro del suo pensiero: lui e le sue condizioni.
Lo vede per l'ultima volta ed è come se le si strappasse il cuore. Si ritrova di colpo a terra, rannicchiata in posizione fetale, in bocca due parole che non riescono a farsi sentire: noooooooo... Aldooooo...
Inghiotte muco e lacrime.
Nulla sarà più come prima, nella sua vita.
Ma anche nel suo mondo, quello di lui:
Manchi alla Terra, tu, e manchi al Sole, perché i suoi raggi non ti trovano più.
Aldo ha scritto la parola fine sul loro diario, seguita dall'ultimo punto fermo.
Lei perde quasi la voglia di vivere: si impone di mettere la sveglia, di lavarsi, vestirsi, mangiare in compagnia, di svolgere le mansioni necessarie nel quotidiano. Avere animali da accudire ogni giorno e frutta e verdura da seguire le sono di grande aiuto per sopravvivere. Anche se non rincorre più le caprette che si perdono.
I nipoti e le sorelle le sono costantemente vicini.
A distanza di quindici giorni dalla morte del coniuge, Elvira viene convocata dal notaio del paese per comunicazioni che la riguardano. Lei si arrovella tutta la notte sul possibile contenuto delle ultime volontà del coniuge. Oltretutto, aveva solo cinquant'anni! A che età l'aveva scritto? E perché?
"Si accomodi signora. Suo marito mi ha consegnato questa busta un anno fa.
Non si tratta di un testamento classico. Nemmeno io so il contenuto. Anche se ancora giovane e in forma, in caso di premorte, voleva comunicarle una sua volontà subordinata al suo giudizio. Io sono un semplice latore autorizzato. Devo anche riferirle che lui desiderava che aprisse questa busta, mi ha detto queste parole: - dal nostro albero -."
Schiena al tronco, le mani che tremano, la donna apre la busta e legge il primo foglio:
Amatissima Elvira,
pensami vicino a te, sotto il nostro albero, seduti abbracciati contro il tronco, nel "nostro dove".
Ti devo confessare un tradimento, l'unico, che non avrebbe avuto che conseguenze minori e che, ne sono certo, ti avrei un giorno confessato con vergogna, e che tu avresti perdonato.
Ma c'è stata una conseguenza che non avevo cercato, né previsto in quella circostanza: ho un figlio che oggi ha due anni, Enrico.
La madre l'ha abbandonato di pochi mesi in un convento e si è resa irreperibile, lasciando un foglio con indicata la data del parto e il modo per rintracciare il padre.
Capirai che sono io, quello, appena lo vedrai. La madre è (o era) di origine rumena. Non mi aveva messo al corrente della sua gravidanza e io l'ho frequentata pochissimo tempo per accorgermene. Ex drogata, non sto a dirti quell'unica circostanza che ci ha uniti e nemmeno ricordo bene il perché. Mi vergogno profondamente. Mi pento anche in prospettiva, perché, se mi leggi, non ho mai trovato il coraggio di presentarvi uno all'altra. L'ho iscritto a un istituto religioso, scappo da lui appena posso, e almeno un giorno al mese lo passo con lui.
Se mi stai leggendo, Enrico, che ho riconosciuto, adesso è solo. Come sai, ho un fratello che vive a New York e nessun altro. Ti allego il suo certificato di nascita e le indicazioni di come raggiungerlo.
Ecco quello che ti dico:
ti ho amato con tutto me stesso da quando ci siamo messi insieme. L'altra persona che amo di un amore totalizzante è mio figlio. Per amor tuo, non vi ho presentato l'uno all'altra. Forse ho sbagliato: non volendo ferirti, ti ho negato il privilegio di crescerlo con me, e a lui il privilegio di avere una famiglia.
Ora sei tu a decidere da sola.
So che farai la scelta giusta.
Dal "mio dove", spero di vedervi insieme. Magari sotto il nostro albero, per un picnic. Perché la vita è meravigliosa.
Aldo
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- Argomento: [MI179] Dopo le esequie
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- mer ott 18, 2023 11:04 am
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