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Re: Notte alta

Poeta Zaza ha scritto:
Non è che volevi dire "mi chiamavano"? Perché sarebbe strano chiamare Mimì un ragazzo.
Mimì era mio padre. Anna Maria e Rosina, le mie zie, morirono con la mamma per la Spagnola, nel '18. Furono sepolte assieme, e lo sono ancora oggi. Mia nonna riposa con le bambine "tra le braccia".

@Ippolita , i poeti che preferisco sono proprio Pascoli, Leopardi e Gozzano. Sono parente del medico e amico di Pascoli, Severino Bianchini,  nato a Longiano, esule in Toscana con il poeta. La sorella di Severino, Adelaide, maestra nubile, tenne una fitta corrispondenza con il poeta.

Vorrei allegare l'unica foto esistente delle mie zie, ma non so se sono in grado. 

La foto è del 9 giugno 1918. Rosina e la bimba piccola in braccio, Anna Maria è seduta davanti, la seconda bimba da destra, mia nonna è seduta al centro con il cappello. Era la seconda moglie del mio nonno omonimo. La prima morì giovanissima di parto, e con lei il bambino. Mio nonno ebbe una terza moglie, che gli sopravvisse.

Notte alta

Il mio commento: viewtopic.php?f=9&t=4019&p=52481#p52481

Notte alta

Alta è la notte.
La casa,
Immersa nei ricordi,
Tace.
Io seggo,
Solo,
In questa grande pace.
Vado sfogliando,
Assorto ed assonnato,
Un gran libro illustrato.
Quand’ecco all’improvviso,
Viene dall’ombra della libreria
Un rattenuto riso,
Un infantile, lieve calpestio,
Un incerto, sommesso mormorio.
Levo il capo allarmato:
nell’angolo più buio si nasconde
L’ombra piccola e scura.

Chi sei tu, creatura,
Che, se leggo, mi spii
E se provo a guardarti,
Fuggi via ?

Nessuno mi risponde
E l’ombra evanescente
Silenziosa scompare.
Mi levo prontamente
Per cercare;
Tra i libri esploro
E dietro le cortine,
Ma la stanza è deserta
E tutto tace.

Riprendo la lettura
E dopo un poco
Ritorna il calpestio
Ed il sussurro
E il riso rattenuto.
Vinco l’impulso
Di levare il capo
E mi fingo in oblio,
Preso dal libro
E intento alla lettura.
Resto in attesa
Che la creatura,
Chiunque sia,
Lasciata l’ombra
Della libreria,
Venga accanto alla luce.
Soltanto allora
Proverò a guardare.
Così, senza fiatare,
Chino sui fogli,
Trepidando taccio.
Poi m’accorgo d’un tratto,
Che l’orologio, al braccio,
Vede per me,
Mostrandomi,
Un visetto giocondo,
Che sorride riflesso,
Nel cristallo convesso,
Come in un occhio tondo.
E parla:

- Non guardarmi!
Lo sguardo dei viventi ci cancella.

- Chi sei ?

- Son tua sorella
Anna Maria.
Sono una sorellina
Defunta nel diciotto
Non ancora cinquenne.
Ti ricordi di me ?
Giocavamo a rincorrerci
Tra studio e cucinotto,
Allora ti chiamavano Mimì.

- Oh, come mai sei qui ?

- Sei tu che ci hai chiamati,
Tutti, col tuo ritorno.

- E gli altri dove sono ?

- Son qui, tutti, d’ intorno.

- E tu sola ti mostri ?

- Io sola. L’innocente
Spettro d’una bambina
Non incute spavento.

- La mamma ?

- Culla sulle ginocchia
quell’altra sorellina
più piccola: Rosina.
Ci componesti
Con pietoso affetto
L’ossa fragili e scure
In uno stesso cofano
Non molto tempo fa.
Ti siamo grate
Per la tua pietà.
La mamma è giovanissima,
Oggi sembra tua figlia,
Ora non piange più.
Sapessi quanto ha pianto
Del pianto di voi quattro creature,
Che restavate sole,
Prive delle sue cure !
Ora non piange più.
Siede serena e annovera
I figli dei nipoti.

- E il babbo ?

- E’ qui anche lui.
Non lo ravviseresti.
Sano è tornato e giovane
Ed ha ripreso a ridere,
è felice.
Egli che amava i libri
E la lettura
Spesso ritorna
A queste vecchie mura
E si siede con te
Alla scrivania,
Come eravate soliti
Tanti e tanti anni fa.
Vengo con lui sovente
Che mi legge paziente
I libri delle favole.
Lo sai, io non so leggere,
Non ebbi il tempo
Per andare a scuola.
Ora ti lascerò,
La mamma è sola.

- Resta ancora un istante,
dimmi che tornerai.

- Io tornerò, sta certo,
E ti sarò daccanto
Ogni volta che tu mi penserai.

- Porta un bacio alla mamma
ed al papà.
Di’ loro che oggi il pianto
Loro lo piango io,
Di’ loro  che mi aspettino,
Di’ loro che mi aiutino
A ricondurmi in Dio,
Di’ loro che perdonino,
Di’ loro ….

…. Dal riflesso
Del cristallo convesso,
Come in un occhio tondo,
Svanisce lentamente
Il visetto giocondo.

E’ vero che ho veduto ?
Oppure l’ho sognato
Col capo abbandonato
Sul volume illustrato ?
Non so.
Nell’aria immota
Della quieta stanza
Aleggia una speranza,
Una dolcezza ignota,
Una mestizia acuta,
Un senso di rimpianto,
D’innocenza perduta.

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