[MI185] Il giusto
Posted: Sun Dec 08, 2024 9:40 pm
Traccia di mezzogiorno - Un ritorno inatteso
Lo aveva lasciato nel vicolo che sembrava morto, mentre le sirene delle volanti si avvicinavano sempre di più. Prese il malloppo e scappò. Via, lontano, senza voltarsi indietro nemmeno una volta.
Corse fino ai binari dello scalo merci, ne trovò uno col portellone aperto, ci saltò dentro, si acquattò dietro un mucchio di scatoloni o quello che erano e aspettò.
La spalla faceva un male cane. Pinuccio Malacarne ci sapeva fare col coltello, ma anche lui e adesso quello se ne stava per terra con le budella in mano, che ci pensassero bene un’altra volta prima di cercare di fotterli. Gli dispiaceva solo per Tanino, ché mollarlo così era da bastardi. Ma era morto. Sicuro che era morto. Quando ti esce il sangue dalla bocca non c’è tanto da girarci intorno.
Non doveva finire così. L’avevano studiata per mesi. Roba facile. Non ci si fosse messo di mezzo Pinuccio e quegli altri stronzi, adesso lui e Tanino se ne starebbero a bere e scopare in grazia di dio.
E invece sangue. Che non gli era mai piaciuto, che gli veniva da vomitare solo a pensarci, e pure da piangere. Meglio la pistola. Coi soldi adesso se la poteva comparare.
Sangue. Sui calzoni, sulla camicia. Soprattutto sulla spalla, che bruciava e pulsava, ma a tenerla stretta con la mano un po’ meno. Sangue. Chissà quanto ne aveva perso. Magari sarebbe morto pure lui. Dissanguato come un coglione.
Invece si addormentò.
Venne risvegliato dal rumore del portellone che si apriva. Era giorno da un pezzo e la luce lo ferì come una lama.
Tirarono giù metà del carico e lasciarono aperto.
Doveva fare in fretta, prima che tornassero a prendersi il resto.
Scese senza che nessuno lo vedesse. E cominciò a camminare, non sapeva nemmeno lui verso dove. L’importante era arrivarci.
Allora aveva vent’anni. Adesso ne ha cinquanta. Un emporio che vende di tutto, una villetta col giardino, una moglie e due figlie belle come il sole.
La più giovane tra un mese si sposa con un ragazzo, amico di amici, cretino ma buono. Con quella faccia non ti puoi permettere di essere stronzo.
«Ma sei ancora così?» Rosa, già tutta in ghingheri, ma con le ciabatte, nervosa come una biscia per l’arrivo del suocero, che vive in America, ch’è vedovo, pover’uomo, facciamogli almeno sentire il calore della famiglia.
«Così come?»
«La cravatta, la giacca, hai deciso di farci fare la figura dei pezzenti?»
«Ma sono a casa mia, ti pare che metto la giacca?»
Rosa aggrotta la fronte, apre la bocca, ma il campanello, che Dio lo benedica, chiude la discussione e lei vola di sotto.
Rumori, minuetti di Prego, si accomodi, Che bella casa, Ma che bei fiori, non doveva.
E poi il ruggito: «Antonio!»
«Arrivo.»
La conosce bene quella rampa, chissà perché adesso gli sembra più ripida, coi gradini più alti. Più pericolosa.
Strana cosa i presentimenti. Qualcuno gli ha detto che è una specie di terzo occhio che vede oltre. Cazzate.
Invece no.
Perché una volta giunto in salotto, il cuore comincia a martellare impazzito. Perché quello che ha davanti, il suocero americano, è l’ultima persona al mondo che si aspettava di vedere.
Tanino. Che gli porge la mano sorridendo.
«Buonasera» dice. «Complimenti, ha una moglie incantevole.»
Lui non sa che dire. Ti credevo morto non pare il caso. Farfuglia qualcosa, mentre Rosa li spinge verso la sala da pranzo.
«Ho preparato una cena che la consolerà del lungo viaggio» cinguetta.
Vanno si siedono, mangiano, conversano. Lei trilla ad ogni battuta di Tanino.
Lui mastica, mugugna, annuisce, rimugina.
In ogni caso, prima che finisca la serata dovranno parlarsi. Chiarire.
E infatti.
«Vado in cucina» fa Rosa alla fine. «Voi uomini avrete un mucchio di cose da dirvi.»
Non immagina nemmeno quante.
Lui prende due bicchieri e una bottiglia.
«È un whisky invecchiato quattord…» Non fa in tempo a finire la frase perché il pugno gli arriva preciso in faccia. Scrock. Anzi, sul naso.
Non dice niente.
«Ti sei sistemato bene» fa Tanino riempiendo il bicchiere.
«Non mi posso lamentare.»
Bevono in silenzio.
Poi, alla fine: «Senti, posso spiegarti» fa lui.
«Questo dillo a tua moglie quando ti trova a letto con un’altra.»
«Ma cazzo, quelli stavano arrivando, che dovevo fare?»
«Cercarmi, per esempio. Hai avuto trent’anni di tempo.»
«L’ho fatto, credimi!»
«Non è vero.»
«Hai ragione. Però...» E pure stavolta non finisce la frase. Non è serata.
L’altro si guarda intorno: «È buffo. Tecnicamente, metà di tutto questo mi appartiene.»
Lui aggrotta la fronte. Va bene un cazzotto, ma il tono del discorso sta prendendo una piega che gli piace per niente: «Non vorrai…»
Tanino si sporge dal divano e gli mette una mano sul ginocchio. Come farebbe un amico. «Senti, facciamo così, lasciamo che i due piccioncini si godano la festa e quando sono partiti… Maldive, vero? Ti sarà costato un’occhio.»
L’altro annuisce.
«Però è un bel posto, un vero paradiso. Ci ho portato mia moglie, buon’anima, per le nozze d’argento.»
«E quando sono partiti? Non divagare, continua.»
«Beh, rimettiamo le cose a posto. Ci sediamo a un tavolo e facciamo un po’ di conti.»
«Ma io non posso darti metà di quello che possiedo. Vuoi rovinarmi?»
«Eh sì, hai ragione. I fornitori, il mutuo, l’altra figlia da sistemare. A proposito, davvero una bella ragazza…»
«Lascia stare mia figlia!»
«Ehi, non ti scaldare.»
«Non mi scaldo, ma tu dimmi che intendi fare.»
«Riavere quello che mi spetta. Mi pare giusto, non credi?»
«Ma come faccio? Io non posso…»
«Sì, non puoi, l’hai già detto. Però una soluzione ci sarebbe.»
«E quale? Tu dimmi che devo fare e io lo faccio.»
«In nome dei vecchi tempi, eh?» fa Tanino con un sorriso sornione.
«Te lo giuro! Dimmi che devo fare e io ti giuro che stavolta…»
«Toglierti di mezzo.»
«In che senso?»
«Mah, vedi te, lavora di fantasia. Per esempio, ce l’avrai pure un’assicurazione sulla vita, no? Oggi ce l’hanno tutti, è una questione di prudenza. Per tutelare la famiglia, le persone care… e io sono una persona cara. O almeno lo ero.»
«No, aspetta. Aspetta un momento! Tu vorresti che io…»
«Tranquillo, non ti agitare.»
«Ma come non ti agitare! Mi stai chiedendo di…»
«Se non te la senti, non c’è problema. Conosco delle persone fidate, dei veri professionisti. Farebbero un lavoro pulito e tu non dovresti preoccuparti di niente.»
«Ma che dici! Sei pazzo, io non voglio!»
«Eh, amico mio, non credo che tu sia nella posizione di pretendere. Perché vedi, quelle, le persone fidate, ormai si sono attivate e, come dire, non credo che la prenderebbero bene a sentire che non se ne fa più nulla. Non so se mi spiego.» Fa una pausa, beve un piccolo sorso di whisky. «Mi spiego?»
«Oh, cazzo.»
«Beh, se vuoi dirlo così…»
«Ma anche ammettendo che mia moglie riscuota i soldi dell’assicurazione. Che cambierebbe? E soprattutto, a te che cambierebbe?»
«Mi sono informato, sai? È un bel gruzzoletto. Ce n’è per tutti.»
«Va bene. E allora?.»
«E allora io ho un conto alle Cayman.»
«Ah, le Cayman. E quindi dovrei farti un versamento…»
«Vedo che cominci a capire.»
«E poi…»
«E poi tutti vissero felici e contenti… per così dire.»
Il funerale fu una cerimonia composta. Gli sposi richiamati dal paradiso, abbronzati il giusto, amici e parenti commossi il giusto, il prete ispirato e convinto il giusto.
E la vedova. Decisamente perfetta, sotto ogni punto di vista. Tubino nero, accessori, occhiali e capelli. Appena qualche cedimento, sorretta dal consuocero in gessato Armani.
«Non ha sofferto, vero?» sussurra lei poggiandogli la testa sulla spalla.
«Il giusto.»
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Lo aveva lasciato nel vicolo che sembrava morto, mentre le sirene delle volanti si avvicinavano sempre di più. Prese il malloppo e scappò. Via, lontano, senza voltarsi indietro nemmeno una volta.
Corse fino ai binari dello scalo merci, ne trovò uno col portellone aperto, ci saltò dentro, si acquattò dietro un mucchio di scatoloni o quello che erano e aspettò.
La spalla faceva un male cane. Pinuccio Malacarne ci sapeva fare col coltello, ma anche lui e adesso quello se ne stava per terra con le budella in mano, che ci pensassero bene un’altra volta prima di cercare di fotterli. Gli dispiaceva solo per Tanino, ché mollarlo così era da bastardi. Ma era morto. Sicuro che era morto. Quando ti esce il sangue dalla bocca non c’è tanto da girarci intorno.
Non doveva finire così. L’avevano studiata per mesi. Roba facile. Non ci si fosse messo di mezzo Pinuccio e quegli altri stronzi, adesso lui e Tanino se ne starebbero a bere e scopare in grazia di dio.
E invece sangue. Che non gli era mai piaciuto, che gli veniva da vomitare solo a pensarci, e pure da piangere. Meglio la pistola. Coi soldi adesso se la poteva comparare.
Sangue. Sui calzoni, sulla camicia. Soprattutto sulla spalla, che bruciava e pulsava, ma a tenerla stretta con la mano un po’ meno. Sangue. Chissà quanto ne aveva perso. Magari sarebbe morto pure lui. Dissanguato come un coglione.
Invece si addormentò.
Venne risvegliato dal rumore del portellone che si apriva. Era giorno da un pezzo e la luce lo ferì come una lama.
Tirarono giù metà del carico e lasciarono aperto.
Doveva fare in fretta, prima che tornassero a prendersi il resto.
Scese senza che nessuno lo vedesse. E cominciò a camminare, non sapeva nemmeno lui verso dove. L’importante era arrivarci.
Allora aveva vent’anni. Adesso ne ha cinquanta. Un emporio che vende di tutto, una villetta col giardino, una moglie e due figlie belle come il sole.
La più giovane tra un mese si sposa con un ragazzo, amico di amici, cretino ma buono. Con quella faccia non ti puoi permettere di essere stronzo.
«Ma sei ancora così?» Rosa, già tutta in ghingheri, ma con le ciabatte, nervosa come una biscia per l’arrivo del suocero, che vive in America, ch’è vedovo, pover’uomo, facciamogli almeno sentire il calore della famiglia.
«Così come?»
«La cravatta, la giacca, hai deciso di farci fare la figura dei pezzenti?»
«Ma sono a casa mia, ti pare che metto la giacca?»
Rosa aggrotta la fronte, apre la bocca, ma il campanello, che Dio lo benedica, chiude la discussione e lei vola di sotto.
Rumori, minuetti di Prego, si accomodi, Che bella casa, Ma che bei fiori, non doveva.
E poi il ruggito: «Antonio!»
«Arrivo.»
La conosce bene quella rampa, chissà perché adesso gli sembra più ripida, coi gradini più alti. Più pericolosa.
Strana cosa i presentimenti. Qualcuno gli ha detto che è una specie di terzo occhio che vede oltre. Cazzate.
Invece no.
Perché una volta giunto in salotto, il cuore comincia a martellare impazzito. Perché quello che ha davanti, il suocero americano, è l’ultima persona al mondo che si aspettava di vedere.
Tanino. Che gli porge la mano sorridendo.
«Buonasera» dice. «Complimenti, ha una moglie incantevole.»
Lui non sa che dire. Ti credevo morto non pare il caso. Farfuglia qualcosa, mentre Rosa li spinge verso la sala da pranzo.
«Ho preparato una cena che la consolerà del lungo viaggio» cinguetta.
Vanno si siedono, mangiano, conversano. Lei trilla ad ogni battuta di Tanino.
Lui mastica, mugugna, annuisce, rimugina.
In ogni caso, prima che finisca la serata dovranno parlarsi. Chiarire.
E infatti.
«Vado in cucina» fa Rosa alla fine. «Voi uomini avrete un mucchio di cose da dirvi.»
Non immagina nemmeno quante.
Lui prende due bicchieri e una bottiglia.
«È un whisky invecchiato quattord…» Non fa in tempo a finire la frase perché il pugno gli arriva preciso in faccia. Scrock. Anzi, sul naso.
Non dice niente.
«Ti sei sistemato bene» fa Tanino riempiendo il bicchiere.
«Non mi posso lamentare.»
Bevono in silenzio.
Poi, alla fine: «Senti, posso spiegarti» fa lui.
«Questo dillo a tua moglie quando ti trova a letto con un’altra.»
«Ma cazzo, quelli stavano arrivando, che dovevo fare?»
«Cercarmi, per esempio. Hai avuto trent’anni di tempo.»
«L’ho fatto, credimi!»
«Non è vero.»
«Hai ragione. Però...» E pure stavolta non finisce la frase. Non è serata.
L’altro si guarda intorno: «È buffo. Tecnicamente, metà di tutto questo mi appartiene.»
Lui aggrotta la fronte. Va bene un cazzotto, ma il tono del discorso sta prendendo una piega che gli piace per niente: «Non vorrai…»
Tanino si sporge dal divano e gli mette una mano sul ginocchio. Come farebbe un amico. «Senti, facciamo così, lasciamo che i due piccioncini si godano la festa e quando sono partiti… Maldive, vero? Ti sarà costato un’occhio.»
L’altro annuisce.
«Però è un bel posto, un vero paradiso. Ci ho portato mia moglie, buon’anima, per le nozze d’argento.»
«E quando sono partiti? Non divagare, continua.»
«Beh, rimettiamo le cose a posto. Ci sediamo a un tavolo e facciamo un po’ di conti.»
«Ma io non posso darti metà di quello che possiedo. Vuoi rovinarmi?»
«Eh sì, hai ragione. I fornitori, il mutuo, l’altra figlia da sistemare. A proposito, davvero una bella ragazza…»
«Lascia stare mia figlia!»
«Ehi, non ti scaldare.»
«Non mi scaldo, ma tu dimmi che intendi fare.»
«Riavere quello che mi spetta. Mi pare giusto, non credi?»
«Ma come faccio? Io non posso…»
«Sì, non puoi, l’hai già detto. Però una soluzione ci sarebbe.»
«E quale? Tu dimmi che devo fare e io lo faccio.»
«In nome dei vecchi tempi, eh?» fa Tanino con un sorriso sornione.
«Te lo giuro! Dimmi che devo fare e io ti giuro che stavolta…»
«Toglierti di mezzo.»
«In che senso?»
«Mah, vedi te, lavora di fantasia. Per esempio, ce l’avrai pure un’assicurazione sulla vita, no? Oggi ce l’hanno tutti, è una questione di prudenza. Per tutelare la famiglia, le persone care… e io sono una persona cara. O almeno lo ero.»
«No, aspetta. Aspetta un momento! Tu vorresti che io…»
«Tranquillo, non ti agitare.»
«Ma come non ti agitare! Mi stai chiedendo di…»
«Se non te la senti, non c’è problema. Conosco delle persone fidate, dei veri professionisti. Farebbero un lavoro pulito e tu non dovresti preoccuparti di niente.»
«Ma che dici! Sei pazzo, io non voglio!»
«Eh, amico mio, non credo che tu sia nella posizione di pretendere. Perché vedi, quelle, le persone fidate, ormai si sono attivate e, come dire, non credo che la prenderebbero bene a sentire che non se ne fa più nulla. Non so se mi spiego.» Fa una pausa, beve un piccolo sorso di whisky. «Mi spiego?»
«Oh, cazzo.»
«Beh, se vuoi dirlo così…»
«Ma anche ammettendo che mia moglie riscuota i soldi dell’assicurazione. Che cambierebbe? E soprattutto, a te che cambierebbe?»
«Mi sono informato, sai? È un bel gruzzoletto. Ce n’è per tutti.»
«Va bene. E allora?.»
«E allora io ho un conto alle Cayman.»
«Ah, le Cayman. E quindi dovrei farti un versamento…»
«Vedo che cominci a capire.»
«E poi…»
«E poi tutti vissero felici e contenti… per così dire.»
Il funerale fu una cerimonia composta. Gli sposi richiamati dal paradiso, abbronzati il giusto, amici e parenti commossi il giusto, il prete ispirato e convinto il giusto.
E la vedova. Decisamente perfetta, sotto ogni punto di vista. Tubino nero, accessori, occhiali e capelli. Appena qualche cedimento, sorretta dal consuocero in gessato Armani.
«Non ha sofferto, vero?» sussurra lei poggiandogli la testa sulla spalla.
«Il giusto.»
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