[MI183] Giù dalla valle
Posted: Sun Sep 22, 2024 7:05 pm
Traccia 1. La terza stagione
Commento
Tanto tempo fa, quando i mammut ancora vagavano per le distese solitarie della terra, gli uomini non sapevano parlare dato che non avevano niente da dirsi e da chiedersi e senza farsene un problema. Gli umani vivevano in solitudine. Tutto era lento, silenzioso, ritmato dal cambio delle stagioni. Avevano orecchi per ascoltare i rumori della natura, gli unici durante la loro vita.
*****
Uhuh e Ahah avevano lasciato la valle dove stazionavano nei mesi invernali sino alla primavera. Per sette giorni avevano camminato per raggiungere l’altipiano dove trascorrere l’estate. In questo periodo, nella valle, le estati erano torride e non rimaneva pascolo per le loro due capre. Persino gli animali da cacciare si trasferivano sull’altipiano rigoglioso, e non solo. Anche le bestie feroci seguivano la rotta della transumanza degli animali alla ricerca di cui sfamarsi.
Ahah aveva appena partorito il piccolo Enghé e lo teneva appeso infagottato dietro le spalle dentro
quello che era stato lo stomaco di un bue, lasciato ad essiccare al sole, per diventare quella borsa da viaggio.
I due trascorsero la stagione calda al riparo della verde vegetazione sino a quando, un giorno, Ahah si presentò a Uhuh con una foglia tra le mani. Lui non capì cosa lei volesse, benché tanto si dimenasse e lo strattonasse nell’intento di fargli notare cosa aveva tanto di strano quella foglia.
“Uhuh uhuh oah oah eheh ehe”
L’uomo si rese conto che lei gli stava facendo notare che la foglia era gialla e che tali stavano diventando anche quelle sugli alberi. I due si guardarono consapevoli che si stava avvicinando il tempo di ritornare a valle. Ben presto sarebbe arrivato il freddo a cui loro non potevano resistere.
La neve avrebbe ricoperto tutto.
La mattina Ahah raccolse le poche cose e caricò Enghé sulle spalle. Uhuh fece anche lui raccolta delle sue cose personali, tra cui le sue armi: la lancia di legno appuntita e la mazza di pietra.
I due si incamminarono verso valle con le due capre al seguito e la nuova capretta nata durante l’estate e che faceva fatica a stare al passo.
Entrarono nella folta vegetazione e Ahah esclamò “ ohoh uhuh ahah”
Uhuh capì immediatamente cosa volesse dire quel suo gesticolare. Erano entrati nel territorio della pantera dagli occhi di fuoco. L’uomo mise mano alla lancia e la puntò in avanti con fare guardingo.
Anche Ahah mise mano al rudimentale pugnale realizzato da una radice essiccata dalla punta acuminata e dalla impugnatura attorcigliata e solida tra le mani. Poi allungò istintivamente la mano dietro le spalle per sincerarsi del piccolo Enghè che era addormentato.
Avanzarono con cautela cercando di fare il meno rumore possibile. Ma la pantera stava lì a spiarli acquattata sopra il ramo di una grossa pianta. Appena i due passarono oltre, questa si drizzò sulle zampe e scese giù dalla pianta senza farsi notare. Prese a seguirli aspettando il momento proficuo di saltare addosso. Aveva adocchiato la piccola capretta che con difficoltà procedeva appresso ai genitori, pensando alla prima delle sue prede. Improvvisamente l’aria che era stata immobile sino allora si animò e prese a spingere dietro alla comitiva. Le due capre presero ad annusare l’aria e s’accorsero dell’odore della pantera dietro loro. Impaurite si misero a belare fortemente per richiamare l’attenzione del pericolo imminente. Uhuh e Ahah capirono cosa avevano avvertito le bestie e si girarono verso il fondo della boscaglia. La belva vistasi scoperta prese la rincorsa e saltando fuori dalla vegetazione si lanciò contro di loro.
“Ah Ah oh oh uh uh” urlò lei.
L’uomo si pose avanti a tutti per proteggere il gruppo e l’affrontò con la lancia.
Ahah prese a scappare assieme alle sue bestie cercando scampo. Le urla di disperazione di Uhuh furono avvertite dalla fuggitiva Ahah che si bloccò ansimante e turbata “Uhuh! Uhuh!”.
La pantera aveva fatto cadere a terra l’uomo rimasto senza la sua lancia, caduta al suolo durante lo scontro. Gli era saltata addosso con le fauci aperte. Uhuh cercò di lottare con lei certo che non sarebbe sopravvissuto al suo morso. La pantera dagli occhi di fuoco lo fissò negli occhi, spietata, come a volergli dire che era lei la più forte e che lo avrebbe ucciso da lì a poco.
Uhuh sentì le forze abbandonarlo e chiuse gli occhi in segno di resa: aspettò che i suoi denti si piantassero sul suo collo. La belva emise un ruggito sinistro, e poi ancora un altro, un altro ancora, sempre meno potente, a scendere, scemare. Uhuh aprì gli occhi per capire e vide la pantera togliersi di dosso e mostrare il fianco insanguinato. Quando vide Ahah con il pugnale tra le mani capì che quel sangue non era il suo ma della pantera. Capì che lei gli era venuta coraggiosamente in soccorso e senza paura aveva colpito sul fianco il felino. Con un ulteriore ruggito di dolore la pantera ferita lentamente si dileguò tra la vegetazione.
“Uhuh! Uhuh!” mormorò la donna ancora tremante per lo spavento.
Ma l’uomo si alzò in piedi, controllò le sue ferite accorgendosi che erano solo graffi.
Senza esternare nessun stato d’animo raccolse le sue cose, le armi da terra e si rimise in cammino.
Ahah rimise il pugnale tra la pelle di cui era vestita e lo seguì. A poca distanza trovarono le due capre con la piccola capretta. Erano rimaste vicino alla pianta dove Ahah aveva appeso il piccolo Enghè, che a causa del distacco piangeva. La madre lo raccolse con premura e dopo averlo calmato lo rimise a tracolla. Dopo aver passato la zona delle belve, per il gruppo furono giorni di viaggio tranquilli. Oramai a un giorno di distanza dalla loro valle, Uhuh e Ahah si fermarono per l’ultima notte del loro lungo viaggio. Uhuh si mise ad accendere il fuoco all’interno di un circolo di pietre per poi mettere a cuocere la preda che aveva catturato. Fu Ahah che si presentò agitatissima e gesticolando cercò di dirgli qualcosa. L’uomo non si mosse da quello che stava facendo e non le diede importanza. Lei prese a strattonarlo e tirarlo per il braccio come a dirgli di seguirla.
“Eh oh uff uff” esclamò infastidito lui che poi, dato la sua insistenza, si lasciò condurre. La donna si fermò ad un certo punto, dove lo sguardo dava sulla valle.
“Uhuh oooh eeeh!” fece lei puntando il dito verso il sole che stava calando all’orizzonte. Il cielo aveva mille sfumature e aveva lasciato Ahah senza parole: era la prima volta che si accorgeva della bellezza del tramonto. Gesticolando invitò l’uomo a sedersi accanto a sé per ammirare quello che le pareva come una meraviglia. Uhuh sedé accanto a lei e per la prima volta rimase coinvolto da tanta bellezza. Poi guardò con occhi diversi Ahah e dentro di lui qualcosa si sgelò. Pensò, ritornando indietro a quando stava per essere ucciso dalla pantera, a come Ahah lo aveva salvato mettendo a rischio la sua vita e quella di Enghé. Stare assieme a loro ora gli pareva diverso: perché?
D’istinto distese il braccio per metterlo sulla spalla di lei. Con un grande sorriso lei appoggiò la testa sulla sua spalla: per la prima volta.
Da quel giorno, Uhuh e Ahah, presero ad ammirare il tramonto e ad assaporare la vita in comune, nell’amore, sino all’ultimo dei loro giorni. E a distanza di millenni, ancora oggi, gli umani si fermano ad ammirare il sole mentre scende, in onore di Uhuh e Ahah. I primi innamorati sulla terra.
Commento
Tanto tempo fa, quando i mammut ancora vagavano per le distese solitarie della terra, gli uomini non sapevano parlare dato che non avevano niente da dirsi e da chiedersi e senza farsene un problema. Gli umani vivevano in solitudine. Tutto era lento, silenzioso, ritmato dal cambio delle stagioni. Avevano orecchi per ascoltare i rumori della natura, gli unici durante la loro vita.
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Uhuh e Ahah avevano lasciato la valle dove stazionavano nei mesi invernali sino alla primavera. Per sette giorni avevano camminato per raggiungere l’altipiano dove trascorrere l’estate. In questo periodo, nella valle, le estati erano torride e non rimaneva pascolo per le loro due capre. Persino gli animali da cacciare si trasferivano sull’altipiano rigoglioso, e non solo. Anche le bestie feroci seguivano la rotta della transumanza degli animali alla ricerca di cui sfamarsi.
Ahah aveva appena partorito il piccolo Enghé e lo teneva appeso infagottato dietro le spalle dentro
quello che era stato lo stomaco di un bue, lasciato ad essiccare al sole, per diventare quella borsa da viaggio.
I due trascorsero la stagione calda al riparo della verde vegetazione sino a quando, un giorno, Ahah si presentò a Uhuh con una foglia tra le mani. Lui non capì cosa lei volesse, benché tanto si dimenasse e lo strattonasse nell’intento di fargli notare cosa aveva tanto di strano quella foglia.
“Uhuh uhuh oah oah eheh ehe”
L’uomo si rese conto che lei gli stava facendo notare che la foglia era gialla e che tali stavano diventando anche quelle sugli alberi. I due si guardarono consapevoli che si stava avvicinando il tempo di ritornare a valle. Ben presto sarebbe arrivato il freddo a cui loro non potevano resistere.
La neve avrebbe ricoperto tutto.
La mattina Ahah raccolse le poche cose e caricò Enghé sulle spalle. Uhuh fece anche lui raccolta delle sue cose personali, tra cui le sue armi: la lancia di legno appuntita e la mazza di pietra.
I due si incamminarono verso valle con le due capre al seguito e la nuova capretta nata durante l’estate e che faceva fatica a stare al passo.
Entrarono nella folta vegetazione e Ahah esclamò “ ohoh uhuh ahah”
Uhuh capì immediatamente cosa volesse dire quel suo gesticolare. Erano entrati nel territorio della pantera dagli occhi di fuoco. L’uomo mise mano alla lancia e la puntò in avanti con fare guardingo.
Anche Ahah mise mano al rudimentale pugnale realizzato da una radice essiccata dalla punta acuminata e dalla impugnatura attorcigliata e solida tra le mani. Poi allungò istintivamente la mano dietro le spalle per sincerarsi del piccolo Enghè che era addormentato.
Avanzarono con cautela cercando di fare il meno rumore possibile. Ma la pantera stava lì a spiarli acquattata sopra il ramo di una grossa pianta. Appena i due passarono oltre, questa si drizzò sulle zampe e scese giù dalla pianta senza farsi notare. Prese a seguirli aspettando il momento proficuo di saltare addosso. Aveva adocchiato la piccola capretta che con difficoltà procedeva appresso ai genitori, pensando alla prima delle sue prede. Improvvisamente l’aria che era stata immobile sino allora si animò e prese a spingere dietro alla comitiva. Le due capre presero ad annusare l’aria e s’accorsero dell’odore della pantera dietro loro. Impaurite si misero a belare fortemente per richiamare l’attenzione del pericolo imminente. Uhuh e Ahah capirono cosa avevano avvertito le bestie e si girarono verso il fondo della boscaglia. La belva vistasi scoperta prese la rincorsa e saltando fuori dalla vegetazione si lanciò contro di loro.
“Ah Ah oh oh uh uh” urlò lei.
L’uomo si pose avanti a tutti per proteggere il gruppo e l’affrontò con la lancia.
Ahah prese a scappare assieme alle sue bestie cercando scampo. Le urla di disperazione di Uhuh furono avvertite dalla fuggitiva Ahah che si bloccò ansimante e turbata “Uhuh! Uhuh!”.
La pantera aveva fatto cadere a terra l’uomo rimasto senza la sua lancia, caduta al suolo durante lo scontro. Gli era saltata addosso con le fauci aperte. Uhuh cercò di lottare con lei certo che non sarebbe sopravvissuto al suo morso. La pantera dagli occhi di fuoco lo fissò negli occhi, spietata, come a volergli dire che era lei la più forte e che lo avrebbe ucciso da lì a poco.
Uhuh sentì le forze abbandonarlo e chiuse gli occhi in segno di resa: aspettò che i suoi denti si piantassero sul suo collo. La belva emise un ruggito sinistro, e poi ancora un altro, un altro ancora, sempre meno potente, a scendere, scemare. Uhuh aprì gli occhi per capire e vide la pantera togliersi di dosso e mostrare il fianco insanguinato. Quando vide Ahah con il pugnale tra le mani capì che quel sangue non era il suo ma della pantera. Capì che lei gli era venuta coraggiosamente in soccorso e senza paura aveva colpito sul fianco il felino. Con un ulteriore ruggito di dolore la pantera ferita lentamente si dileguò tra la vegetazione.
“Uhuh! Uhuh!” mormorò la donna ancora tremante per lo spavento.
Ma l’uomo si alzò in piedi, controllò le sue ferite accorgendosi che erano solo graffi.
Senza esternare nessun stato d’animo raccolse le sue cose, le armi da terra e si rimise in cammino.
Ahah rimise il pugnale tra la pelle di cui era vestita e lo seguì. A poca distanza trovarono le due capre con la piccola capretta. Erano rimaste vicino alla pianta dove Ahah aveva appeso il piccolo Enghè, che a causa del distacco piangeva. La madre lo raccolse con premura e dopo averlo calmato lo rimise a tracolla. Dopo aver passato la zona delle belve, per il gruppo furono giorni di viaggio tranquilli. Oramai a un giorno di distanza dalla loro valle, Uhuh e Ahah si fermarono per l’ultima notte del loro lungo viaggio. Uhuh si mise ad accendere il fuoco all’interno di un circolo di pietre per poi mettere a cuocere la preda che aveva catturato. Fu Ahah che si presentò agitatissima e gesticolando cercò di dirgli qualcosa. L’uomo non si mosse da quello che stava facendo e non le diede importanza. Lei prese a strattonarlo e tirarlo per il braccio come a dirgli di seguirla.
“Eh oh uff uff” esclamò infastidito lui che poi, dato la sua insistenza, si lasciò condurre. La donna si fermò ad un certo punto, dove lo sguardo dava sulla valle.
“Uhuh oooh eeeh!” fece lei puntando il dito verso il sole che stava calando all’orizzonte. Il cielo aveva mille sfumature e aveva lasciato Ahah senza parole: era la prima volta che si accorgeva della bellezza del tramonto. Gesticolando invitò l’uomo a sedersi accanto a sé per ammirare quello che le pareva come una meraviglia. Uhuh sedé accanto a lei e per la prima volta rimase coinvolto da tanta bellezza. Poi guardò con occhi diversi Ahah e dentro di lui qualcosa si sgelò. Pensò, ritornando indietro a quando stava per essere ucciso dalla pantera, a come Ahah lo aveva salvato mettendo a rischio la sua vita e quella di Enghé. Stare assieme a loro ora gli pareva diverso: perché?
D’istinto distese il braccio per metterlo sulla spalla di lei. Con un grande sorriso lei appoggiò la testa sulla sua spalla: per la prima volta.
Da quel giorno, Uhuh e Ahah, presero ad ammirare il tramonto e ad assaporare la vita in comune, nell’amore, sino all’ultimo dei loro giorni. E a distanza di millenni, ancora oggi, gli umani si fermano ad ammirare il sole mentre scende, in onore di Uhuh e Ahah. I primi innamorati sulla terra.