[Lab1] Quarta parete
Inviato: sab mag 14, 2022 12:34 am
Scusi, dico a lei, sì proprio a lei che sta scorrendo queste righe, immagino sia al corrente dei rischi a cui si espone se prosegue. Ma certo che li conosce, è un lettore esperto…No? Davvero non gliene hanno mai parlato?
Ora si sta dicendo che leggere arricchisce, apre la mente, dove sarebbe il rischio?
L’ha pensato, magari non proprio con queste parole, ma il concetto era quello. Lo so perché da questa parte della pagina anche i pensieri hanno un suono. A volte persino colore e odore.
Tuttavia la sua perplessità è giustificata, Umberto Eco l’ha spiegato benissimo: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando …” Come dargli torto? Ma io parlavo del rischio, quello che si annida nella convinzione che tutta la faccenda abbia un inizio e una fine e che a deciderli sia lei.
Lei, che chiude il libro o il tablet e torna alla sua vita, al più portandosi dentro una specie di vibrazione che presto va ad accucciarsi da qualche parte, mentre se ne torna a fare le sue cose, quelle vere.
Ecco, è proprio il concetto di ‘Vero’ che — Arriva al dunque. — E dai, fallo finire, maleducato. — Stavo dicendo che è proprio il concetto di ‘Vero’ il nodo della la faccenda — Ma c’è un rinfresco dopo? — Piantala, non siamo venuti per mangiare. — No, non voglio tirare in ballo caverne o veli di Maya, qualcosa di molto più semplice, diciamo pure grossolano — Perché quando dice ‘grossolano’ guarda noi? — Perché si è accorto che siamo arrivati. — Beh, era per oggi, no? — Le parole che lei sta leggendo in questo momento e quelle voci, che si sovrappongono, che disturbano, stanno insinuando dubbi e domande — Ma dobbiamo proprio? Fargli scoppiare il cervello, intendo. In fondo è una brava persona. — No, non lo è. Nessuno lo è. È solo una questione di prezzo. — Sei squallido, Guildenstern, te lo hanno mai detto? – Eppure è così che funziona. Il fatto che siamo qui ne è la prova. E, in ogni caso, abbiamo dato la nostra parola. Non torniamoci sopra ogni volta, è esasperante. — Eh no! Tanto per cominciare essere qui non è un ‘fatto’ . Potremmo andarcene in qualsiasi momento e la cosa non cambierebbe. Prima o poi quel cervello, combinato com’è, smetterebbe di esistere. È una questione di Tempo, semmai, non di prezzo. — Mi correggo. Non sei squallido, sei contorto. — Stai esagerando, Guildenstein. Mi viene voglia di farlo a te, il servizio. — Farmi saltare il cervello? Sai che non è possibile. — E questo è decisamente un peccato. — Ora lei si sta chiedendo “Ma che roba è, Molly Bloom e i prodromi della demenza? E chi sono quei due che straparlano, che vogliono?” Ed ecco che sale l’irritazione per la serqua di banalità che finge di essere intelligente, scritta da cani oltretutto, con punteggiatura, virgolette e corsivi a vanvera, e allora pensa “Perché sto qui a perdere tempo?”
Ebbene, ha ragione, ha assolutamente ragione. Ma non è questo il punto.
Tra tante domande ne manca una: ‘dove’ sta accadendo tutto questo? Nella mia mente? Nella sua? Ma soprattutto, sta accadendo veramente? — No, la menata sulla realtà immaginata proprio non la reggo. Dai, facciamola finita e andiamo a sbronzarci. — Sei orribile. Riusciresti a rendere volgare un mazzolino di violette. — Sai una cosa, Rosencrantz? È un po’ che volevo dirtelo: questo lavoro non fa per te. — Non è un lavoro. — Ah certo, glielo abbiamo promesso. — Infatti, è una questione di correttezza. Le cose devono succedere e gli amici fanno così, anche a costo di impiccarsi per il rimorso. — Sta accadendo, lo sente? È un carosello di concetti, memorie, immagini che lei sta cercando di tenere a margine perché non c’entrano niente, perché non hanno senso. Se ne stavano da qualche parte nella sua testa e invece adesso si accalcano e fanno rumore, adesso, mentre cerca di decidere se continuare o smettere.
Sta accadendo, è un fatto.
E ora le dico Rosso. Rosso scarlatto.
Nemmeno questo ha senso, ma c’è.
Sta accadendo ancora. È un fatto.
Ed è proprio questo il nodo della faccenda. Realtà o rappresentazione?
Lei sta cercando uno straccio di piano narrativo, di logica che giustifichi il fastidio.
Realtà o rappresentazione? Non è una domanda è una scelta. Pillola rossa o pillola blu? Perché lo sa, si sente meglio ogni volta che riesce a tenerle separate, la Realtà che è vera, dalla Rappresentazione che invece è finta. E che sollievo vedere la Ragione trionfare — Allora, che stai aspettando? — Ora parla del Caos. Mi piace quella parte, fammela sentire. — Perché la Ragione ci rassicura e ci difende dai demoni del Caos, che invece sono così infidi e…primordiali — Ne ho abbastanza. Diamoci un taglio. — No, non voglio.— Cosa significa non voglio?E perché stai tremando? — Non sto tremando!— Oh sì, invece!Vigliacco, lo sapevo! Vuoi tirarti indietro! — Non posso, non posso! In ogni caso non posso!— E l’impegno, la correttezza?— L’onore, Guildenstern! L’abbiamo perduto il momento stesso che abbiamo accettato. Qualsiasi cosa noi si faccia o non si faccia, saremo per sempre immondi. È l’inferno, lo capisci? — La mente, archivio di esperienze, laboratorio della conoscenza, cantiere dove si montano e smontano scenari, rappresentazioni e modelli mentali. La nave con cui solchiamo l’oceano della nostre vite, l’Immaginario. — Ma che fa? Sta tirando fuori un fucile! — “I miei eccelsi e buoni amici, mi fiderei di loro come farei con un serpente velenoso” — Ce lo sta puntando addosso! — Non sono vicini alla mia coscienza — Sta prendendo la mira! — La loro rovina scaturisce dalla loro stessa perfida condotta.— Ha sparato! — Calma, Rosencrantz. Non può farci niente. — Eppure questo è sangue, sto sanguinando! — Lo vedo, ma stai calmo, lo sai che non è possibile.
— Il signor Guildenstein ha ragione. Quello non è sangue.
— Lei è pazzo. E questo è un buco! Mi ha sparato, se ne rende conto?
— Non l’ho fatto. Ho solo pensato di farlo, il che moralmente è lo stesso, ma tecnicamente no. E dunque, ne converrà, buco e sangue sono solo idee.
— Vedi, Rosencrantz? È come ti dicevo, non c’è da preoccuparsi.
— Fai presto a parlare, tanto ha colpito me. E lei, perché lo ha fatto?
— A scopo dimostrativo. L’ho presa in pieno, ma non è ferito.
— Eravamo noi a doverlo fare! Diglielo, Guildenstein!
— Ha ragione, era noi che si doveva … e creda, non a cuor leggero.
— Ma sì, sì. Prenda questo dannato fucile, pesa un accidenti e non ho più le braccia di una volta.
— Quindi restiamo come si era detto?
— Certo. Fatelo dunque, cosa aspettate?
— È che… non che ci si voglia tirare indietro, ma…
— Ma cosa?
— Lo scusi. Il mio amico ha le idee un po’… aggrovigliate.
— Buon per lui. Vuol dire che sono molte. Con un pensiero o due si fa presto a trovar loro un posto.
— Ci chiedevamo se, dopotutto, noi si debba onorare la promessa proprio fino in fondo oppure…
— Uccidermi, certo. Non è poi così crudele come sembra. O c’è dell’altro?
— No, una questione da niente, uno di quei pensieri che arrivano all’improvviso.
— Dica pure, ma in fretta. Abbiamo già abusato della pazienza del lettore.
— Pensavo…
— Il mio amico si preoccupa per il seguito. Insomma, una volta che lei, che noi…
— Si preoccupa che una volta io fossi tolto di mezzo, anche voi facciate la stessa fine. È questo?
— Beh, sì.
— Quesito interessante. Non nuovo, ma interessante. Coinvolge il Qui dove evidentemente, essendo voi frutto della mia immaginazione, non avreste più motivo di restare.
— Accidenti, lo sapevo!
— Ma non è detto che altrove questo motivo non possa ricrearsi. Nella mente del lettore, ad esempio. Certo voi non siete memorabili, diciamocelo, e dunque non ci sono garanzie.
— Ma ci sono ancora un mucchio di fili sospesi: l’origine, la forma e la sostanza della promessa, il senso di tutto, insomma. Non è cosa da poco!
— Se vi basta…
— Oh sì che ci basta, l’importante è continuare ad esistere, non è vero, Guildenstern?
— Ma sì, l’importante è esistere… in un modo o nell’altro. E poi, abbiamo forse alternative?
— In effetti no. Bene, vogliamo procedere?
— Fucile o pugnale?
Ora si sta dicendo che leggere arricchisce, apre la mente, dove sarebbe il rischio?
L’ha pensato, magari non proprio con queste parole, ma il concetto era quello. Lo so perché da questa parte della pagina anche i pensieri hanno un suono. A volte persino colore e odore.
Tuttavia la sua perplessità è giustificata, Umberto Eco l’ha spiegato benissimo: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando …” Come dargli torto? Ma io parlavo del rischio, quello che si annida nella convinzione che tutta la faccenda abbia un inizio e una fine e che a deciderli sia lei.
Lei, che chiude il libro o il tablet e torna alla sua vita, al più portandosi dentro una specie di vibrazione che presto va ad accucciarsi da qualche parte, mentre se ne torna a fare le sue cose, quelle vere.
Ecco, è proprio il concetto di ‘Vero’ che — Arriva al dunque. — E dai, fallo finire, maleducato. — Stavo dicendo che è proprio il concetto di ‘Vero’ il nodo della la faccenda — Ma c’è un rinfresco dopo? — Piantala, non siamo venuti per mangiare. — No, non voglio tirare in ballo caverne o veli di Maya, qualcosa di molto più semplice, diciamo pure grossolano — Perché quando dice ‘grossolano’ guarda noi? — Perché si è accorto che siamo arrivati. — Beh, era per oggi, no? — Le parole che lei sta leggendo in questo momento e quelle voci, che si sovrappongono, che disturbano, stanno insinuando dubbi e domande — Ma dobbiamo proprio? Fargli scoppiare il cervello, intendo. In fondo è una brava persona. — No, non lo è. Nessuno lo è. È solo una questione di prezzo. — Sei squallido, Guildenstern, te lo hanno mai detto? – Eppure è così che funziona. Il fatto che siamo qui ne è la prova. E, in ogni caso, abbiamo dato la nostra parola. Non torniamoci sopra ogni volta, è esasperante. — Eh no! Tanto per cominciare essere qui non è un ‘fatto’ . Potremmo andarcene in qualsiasi momento e la cosa non cambierebbe. Prima o poi quel cervello, combinato com’è, smetterebbe di esistere. È una questione di Tempo, semmai, non di prezzo. — Mi correggo. Non sei squallido, sei contorto. — Stai esagerando, Guildenstein. Mi viene voglia di farlo a te, il servizio. — Farmi saltare il cervello? Sai che non è possibile. — E questo è decisamente un peccato. — Ora lei si sta chiedendo “Ma che roba è, Molly Bloom e i prodromi della demenza? E chi sono quei due che straparlano, che vogliono?” Ed ecco che sale l’irritazione per la serqua di banalità che finge di essere intelligente, scritta da cani oltretutto, con punteggiatura, virgolette e corsivi a vanvera, e allora pensa “Perché sto qui a perdere tempo?”
Ebbene, ha ragione, ha assolutamente ragione. Ma non è questo il punto.
Tra tante domande ne manca una: ‘dove’ sta accadendo tutto questo? Nella mia mente? Nella sua? Ma soprattutto, sta accadendo veramente? — No, la menata sulla realtà immaginata proprio non la reggo. Dai, facciamola finita e andiamo a sbronzarci. — Sei orribile. Riusciresti a rendere volgare un mazzolino di violette. — Sai una cosa, Rosencrantz? È un po’ che volevo dirtelo: questo lavoro non fa per te. — Non è un lavoro. — Ah certo, glielo abbiamo promesso. — Infatti, è una questione di correttezza. Le cose devono succedere e gli amici fanno così, anche a costo di impiccarsi per il rimorso. — Sta accadendo, lo sente? È un carosello di concetti, memorie, immagini che lei sta cercando di tenere a margine perché non c’entrano niente, perché non hanno senso. Se ne stavano da qualche parte nella sua testa e invece adesso si accalcano e fanno rumore, adesso, mentre cerca di decidere se continuare o smettere.
Sta accadendo, è un fatto.
E ora le dico Rosso. Rosso scarlatto.
Nemmeno questo ha senso, ma c’è.
Sta accadendo ancora. È un fatto.
Ed è proprio questo il nodo della faccenda. Realtà o rappresentazione?
Lei sta cercando uno straccio di piano narrativo, di logica che giustifichi il fastidio.
Realtà o rappresentazione? Non è una domanda è una scelta. Pillola rossa o pillola blu? Perché lo sa, si sente meglio ogni volta che riesce a tenerle separate, la Realtà che è vera, dalla Rappresentazione che invece è finta. E che sollievo vedere la Ragione trionfare — Allora, che stai aspettando? — Ora parla del Caos. Mi piace quella parte, fammela sentire. — Perché la Ragione ci rassicura e ci difende dai demoni del Caos, che invece sono così infidi e…primordiali — Ne ho abbastanza. Diamoci un taglio. — No, non voglio.— Cosa significa non voglio?E perché stai tremando? — Non sto tremando!— Oh sì, invece!Vigliacco, lo sapevo! Vuoi tirarti indietro! — Non posso, non posso! In ogni caso non posso!— E l’impegno, la correttezza?— L’onore, Guildenstern! L’abbiamo perduto il momento stesso che abbiamo accettato. Qualsiasi cosa noi si faccia o non si faccia, saremo per sempre immondi. È l’inferno, lo capisci? — La mente, archivio di esperienze, laboratorio della conoscenza, cantiere dove si montano e smontano scenari, rappresentazioni e modelli mentali. La nave con cui solchiamo l’oceano della nostre vite, l’Immaginario. — Ma che fa? Sta tirando fuori un fucile! — “I miei eccelsi e buoni amici, mi fiderei di loro come farei con un serpente velenoso” — Ce lo sta puntando addosso! — Non sono vicini alla mia coscienza — Sta prendendo la mira! — La loro rovina scaturisce dalla loro stessa perfida condotta.— Ha sparato! — Calma, Rosencrantz. Non può farci niente. — Eppure questo è sangue, sto sanguinando! — Lo vedo, ma stai calmo, lo sai che non è possibile.
— Il signor Guildenstein ha ragione. Quello non è sangue.
— Lei è pazzo. E questo è un buco! Mi ha sparato, se ne rende conto?
— Non l’ho fatto. Ho solo pensato di farlo, il che moralmente è lo stesso, ma tecnicamente no. E dunque, ne converrà, buco e sangue sono solo idee.
— Vedi, Rosencrantz? È come ti dicevo, non c’è da preoccuparsi.
— Fai presto a parlare, tanto ha colpito me. E lei, perché lo ha fatto?
— A scopo dimostrativo. L’ho presa in pieno, ma non è ferito.
— Eravamo noi a doverlo fare! Diglielo, Guildenstein!
— Ha ragione, era noi che si doveva … e creda, non a cuor leggero.
— Ma sì, sì. Prenda questo dannato fucile, pesa un accidenti e non ho più le braccia di una volta.
— Quindi restiamo come si era detto?
— Certo. Fatelo dunque, cosa aspettate?
— È che… non che ci si voglia tirare indietro, ma…
— Ma cosa?
— Lo scusi. Il mio amico ha le idee un po’… aggrovigliate.
— Buon per lui. Vuol dire che sono molte. Con un pensiero o due si fa presto a trovar loro un posto.
— Ci chiedevamo se, dopotutto, noi si debba onorare la promessa proprio fino in fondo oppure…
— Uccidermi, certo. Non è poi così crudele come sembra. O c’è dell’altro?
— No, una questione da niente, uno di quei pensieri che arrivano all’improvviso.
— Dica pure, ma in fretta. Abbiamo già abusato della pazienza del lettore.
— Pensavo…
— Il mio amico si preoccupa per il seguito. Insomma, una volta che lei, che noi…
— Si preoccupa che una volta io fossi tolto di mezzo, anche voi facciate la stessa fine. È questo?
— Beh, sì.
— Quesito interessante. Non nuovo, ma interessante. Coinvolge il Qui dove evidentemente, essendo voi frutto della mia immaginazione, non avreste più motivo di restare.
— Accidenti, lo sapevo!
— Ma non è detto che altrove questo motivo non possa ricrearsi. Nella mente del lettore, ad esempio. Certo voi non siete memorabili, diciamocelo, e dunque non ci sono garanzie.
— Ma ci sono ancora un mucchio di fili sospesi: l’origine, la forma e la sostanza della promessa, il senso di tutto, insomma. Non è cosa da poco!
— Se vi basta…
— Oh sì che ci basta, l’importante è continuare ad esistere, non è vero, Guildenstern?
— Ma sì, l’importante è esistere… in un modo o nell’altro. E poi, abbiamo forse alternative?
— In effetti no. Bene, vogliamo procedere?
— Fucile o pugnale?