[MI160] Niente pancakes per gli sconosciuti
Posted: Sun Dec 12, 2021 8:32 pm
Traccia di mezzogiorno.
«Non sai cosa mi è capitato stamattina. Stavo al bar a fare colazione, e a un certo punto è entrato un tizio.»
«Be'? Che c'è di strano? Continua.»
«Sì, scusa. Sono ancora scosso, in verità. Dunque, entra questo tizio. Lurido, con una pancia enorme. Non ti dico la puzza.»
«Ah ah ah! Ma dove stavi? In missione a Tor Bella Monaca?»
«Non dire idiozie. Al solito bar di via Piave, sotto l'ufficio. Quello col padrone fissato con gli uccelli. Pensa che ha aggiunto pure un airone impagliato all'ingresso: il becco fa da portacappelli, un orrore. Ma ti interessa o no quello che sto dicendo? Guarda che smetto.»
«Ma sì, dai, stavo scherzando. Allora, facevi colazione al bar dell'airone impagliato e arriva un tizio grasso e puzzolente. Prosegui.»
«Dunque, entra quest'uomo e si mette a sedere in un tavolino accanto a una signora che leggeva il giornale. Quella si alza, chiude il giornale, paga ed esce.»
«Embè? Sarà andata a lavorare.»
«Può darsi. L'uomo si sposta al tavolino accanto, dove due ragazzi chiacchieravano. Appena si siede, quelli si alzano e se ne vanno. Allora il barista si avvicina al tizio e gli chiede se desidera qualcosa. "Fare colazione con qualcuno" – dice quello – "come nei film, con le frittelle rotonde ricoperte di sciroppo e frutta, quelle poggiate una sull'altra, a colonnina. Si può fare?" Intendeva i pancakes, capito? Quelli americani.»
«Sì, certo, ho capito, i pancakes. E allora?»
«"Non le facciamo quelle frittelle" gli dice il barista. "Vada al bar all'angolo, lì le trova di sicuro. Venga, l'accompagno alla porta." Ma il tizio risponde che arrivava proprio dal quel bar, dove gli avevano detto di venire qui. Allora il barista lo lascia perdere e torna al bancone.»
«E poi?»
«E poi io dico al barista: "Porti per piacere caffellatte e cornetto a quel signore. Pago io". Sai che mi ha risposto?»
«No, non lo so, ma posso immaginare. Dimmi, comunque.»
«Mi fa: "Non è un 'signore' ma un barbone di merda, un cialtrone ubriaco che puzza come una fogna. Tornasse sotto i ponti e ci facesse lavorare in pace." Allora io vado dalla cassiera e pago un caffellatte con cornetto.»
«Ma veramente era già ubriaco?»
«No, macché. Non ancora, almeno. Ritorno al bancone, mi faccio preparare le cose ordinate dal barista che mi guarda di traverso e le porto al tizio, che intanto era rimasto seduto, in silenzio.»
«Scusa, ma non dovevi andare in ufficio? Perché ti sei messo a perdere tempo con quello lì?»
«Sì, dovevo, certo, ma ero un po' in anticipo. E poi avrei recuperato la sera, se avessi fatto ritardo. Ma non è questo il punto. Dio, ti soffermi su inezie e non guardi alla cosa importante.»
«E quale sarebbe la cosa importante? Scusami, sarò scemo, ma non capisco.»
«La cosa importante che speravo avessi compreso è che non è vero che siamo tutti uguali, come ci vorrebbe far credere la Costituzione. Hai presente quel punto in cui si dice che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale"? L'ho letto ieri, aiutando Alessio a fare i compiti. Sta nell'articolo tre, mi pare.»
«Ma figurati se mi ricordo gli articoli della Costituzione! Non so manco bene cos'è, la Costituzione. Vuoi venire al punto? Dai, tra poco arriva Clara e devo andare. Siamo a cena dai Visaldi, ti ricordi? Aurelio Visaldi, l'architetto proprietario dello studio dove lavora Clara. Una brava persona, non se la tira per niente. Anche la moglie è nel giro, ha lavorato pure con Calatrava, figurati. Ho comprato un Moët & Chandon, dici che faccio una bella figura?»
«Sì, sicuramente. Anche se non me ne intendo.»
«Neppure io, lo sai. Ho comprato quello più costoso. Scusa, ti ho interrotto. Stavi parlando della Costituzione, mi pare.»
«Della dignità sociale, sì. Ecco, proprio non mi è sembrato che quel tizio del bar avesse pari dignità rispetto a tutti gli altri. Ci sono rimasto molto male. Per questo gli ho portato caffellatte e cornetto e mi sono seduto con lui.»
«Ah, ti sei seduto con lui? Nonostante la puzza?»
«Già, nonostante la puzza. Dopo qualche minuto non si sentiva più.»
«Qualche minuto? Ma allora ci sei rimasto a parlare. Racconta, che ti ha detto? Glielo hai chiesto se è sempre stato un barbone o se prima era come noi?»
«Si teneva la testa con le mani e aveva gli occhi chiusi. Gli ho detto di bere il caffellatte finché era caldo e lui lo ha preso e l'ha bevuto d'un fiato. Senza mai aprire gli occhi.»
«Accidenti. Si sarà ustionato le tonsille. Ma gli occhi non li ha aperti mai, neppure dopo?»
«Mai. Anche il cornetto ha mangiato a occhi chiusi. Ma sorrideva. Mi sono fermato a guardarlo. Ho pensato a quando era bambino. Avrà avuto un padre e una madre che lo carezzavano, gli davano da mangiare. Almeno lo spero.»
«Come sei profondo. Ecco, vedi perché mi piace stare con te? Mi fai sentire migliore, sin dai tempi della scuola. E poi cosa è successo?»
«Niente, ma mentre stavo seduto lì ho riflettuto molto. È sufficiente andare in giro vestiti male, con la barba lunga e il fiato pestifero che la "pari dignità sociale" va a farsi benedire.»
«Ma la dignità consiste anche nel vestirsi in modo appropriato e nel lavarsi. Non sei d'accordo? Forse questo tizio del bar non aveva voglia di lavorare, lo hanno licenziato ed è diventato un barbone. Magari è pure un delinquente.»
«Forse. Ma quell'uomo era entrato nel bar per mangiare i pancakes con qualcuno, non si è mica presentato con una pistola in mano.»
«Sii serio! A chi va di fare colazione con un povero disgraziato? La gente cerca le cose belle, le persone pulite e sorridenti. Ancora meglio se coi soldi.»
«Non è giusto che ci sia chi vive così. Non lo trovo giusto. Non mi piace.»
«Oh, sveglia! Pare che sei nato oggi. Scusa, ma non lavori in una multinazionale? Non porti a casa a fine mese uno stipendio niente male, e mandi i figli a scuola privata, e fai la settimana bianca tutti gli anni? A Natale hai addirittura regalato un solitario a Liana: cosa credi, che Clara non se n'è accorta? Allora, cosa sono tutti questi discorsi su "è giusto, non è giusto"? Certo che è giusto. È giustissimo!»
«Mentre stavo di fronte a quel tizio grasso, pensavo che un giorno saremo tutti in una bara, sottoterra. Noi con una lapide sopra, e magari qualche fiore. Lui sotto una croce con su scritto "sconosciuto".»
«Brrr... tiè, corna! Ma che pensieri fai? Mi sa che sei depresso. Hai problemi al lavoro, o a casa, di cui non mi hai mai parlato? Forse è meglio se fai un salto dal medico. Come ti è venuta in mente questa storia della scritta "sconosciuto"?»
«La scorsa settimana ho accompagnato Liana al cimitero: mentre lei sistemava i fiori mi sono fatto un giretto, e accanto alle tombe di marmo ho visto un sacco di croci sulla terra nuda con su scritto "sconosciuto". Non un fiore, e neppure un nome. È giustizia questa, secondo te?»
«Eh? Scusami, Clara mi chiama, devo andare. Tu per favore smetti di pensare così tanto, ok? Fa male alla salute. Mercoledì prossimo organizzo per il calcetto: non provare a non esserci, capito? Saluta Liana, ti chiamo presto.»
«Sì, ciao, buona cena. Aspetta: tu preferiresti essere seppellito in terra, dentro un loculo, oppure essere cremato? A me piace la terra. Voglio anche cominciare a pensare a cosa scrivere sulla lapide, accanto al mio nome.»
«Non sai cosa mi è capitato stamattina. Stavo al bar a fare colazione, e a un certo punto è entrato un tizio.»
«Be'? Che c'è di strano? Continua.»
«Sì, scusa. Sono ancora scosso, in verità. Dunque, entra questo tizio. Lurido, con una pancia enorme. Non ti dico la puzza.»
«Ah ah ah! Ma dove stavi? In missione a Tor Bella Monaca?»
«Non dire idiozie. Al solito bar di via Piave, sotto l'ufficio. Quello col padrone fissato con gli uccelli. Pensa che ha aggiunto pure un airone impagliato all'ingresso: il becco fa da portacappelli, un orrore. Ma ti interessa o no quello che sto dicendo? Guarda che smetto.»
«Ma sì, dai, stavo scherzando. Allora, facevi colazione al bar dell'airone impagliato e arriva un tizio grasso e puzzolente. Prosegui.»
«Dunque, entra quest'uomo e si mette a sedere in un tavolino accanto a una signora che leggeva il giornale. Quella si alza, chiude il giornale, paga ed esce.»
«Embè? Sarà andata a lavorare.»
«Può darsi. L'uomo si sposta al tavolino accanto, dove due ragazzi chiacchieravano. Appena si siede, quelli si alzano e se ne vanno. Allora il barista si avvicina al tizio e gli chiede se desidera qualcosa. "Fare colazione con qualcuno" – dice quello – "come nei film, con le frittelle rotonde ricoperte di sciroppo e frutta, quelle poggiate una sull'altra, a colonnina. Si può fare?" Intendeva i pancakes, capito? Quelli americani.»
«Sì, certo, ho capito, i pancakes. E allora?»
«"Non le facciamo quelle frittelle" gli dice il barista. "Vada al bar all'angolo, lì le trova di sicuro. Venga, l'accompagno alla porta." Ma il tizio risponde che arrivava proprio dal quel bar, dove gli avevano detto di venire qui. Allora il barista lo lascia perdere e torna al bancone.»
«E poi?»
«E poi io dico al barista: "Porti per piacere caffellatte e cornetto a quel signore. Pago io". Sai che mi ha risposto?»
«No, non lo so, ma posso immaginare. Dimmi, comunque.»
«Mi fa: "Non è un 'signore' ma un barbone di merda, un cialtrone ubriaco che puzza come una fogna. Tornasse sotto i ponti e ci facesse lavorare in pace." Allora io vado dalla cassiera e pago un caffellatte con cornetto.»
«Ma veramente era già ubriaco?»
«No, macché. Non ancora, almeno. Ritorno al bancone, mi faccio preparare le cose ordinate dal barista che mi guarda di traverso e le porto al tizio, che intanto era rimasto seduto, in silenzio.»
«Scusa, ma non dovevi andare in ufficio? Perché ti sei messo a perdere tempo con quello lì?»
«Sì, dovevo, certo, ma ero un po' in anticipo. E poi avrei recuperato la sera, se avessi fatto ritardo. Ma non è questo il punto. Dio, ti soffermi su inezie e non guardi alla cosa importante.»
«E quale sarebbe la cosa importante? Scusami, sarò scemo, ma non capisco.»
«La cosa importante che speravo avessi compreso è che non è vero che siamo tutti uguali, come ci vorrebbe far credere la Costituzione. Hai presente quel punto in cui si dice che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale"? L'ho letto ieri, aiutando Alessio a fare i compiti. Sta nell'articolo tre, mi pare.»
«Ma figurati se mi ricordo gli articoli della Costituzione! Non so manco bene cos'è, la Costituzione. Vuoi venire al punto? Dai, tra poco arriva Clara e devo andare. Siamo a cena dai Visaldi, ti ricordi? Aurelio Visaldi, l'architetto proprietario dello studio dove lavora Clara. Una brava persona, non se la tira per niente. Anche la moglie è nel giro, ha lavorato pure con Calatrava, figurati. Ho comprato un Moët & Chandon, dici che faccio una bella figura?»
«Sì, sicuramente. Anche se non me ne intendo.»
«Neppure io, lo sai. Ho comprato quello più costoso. Scusa, ti ho interrotto. Stavi parlando della Costituzione, mi pare.»
«Della dignità sociale, sì. Ecco, proprio non mi è sembrato che quel tizio del bar avesse pari dignità rispetto a tutti gli altri. Ci sono rimasto molto male. Per questo gli ho portato caffellatte e cornetto e mi sono seduto con lui.»
«Ah, ti sei seduto con lui? Nonostante la puzza?»
«Già, nonostante la puzza. Dopo qualche minuto non si sentiva più.»
«Qualche minuto? Ma allora ci sei rimasto a parlare. Racconta, che ti ha detto? Glielo hai chiesto se è sempre stato un barbone o se prima era come noi?»
«Si teneva la testa con le mani e aveva gli occhi chiusi. Gli ho detto di bere il caffellatte finché era caldo e lui lo ha preso e l'ha bevuto d'un fiato. Senza mai aprire gli occhi.»
«Accidenti. Si sarà ustionato le tonsille. Ma gli occhi non li ha aperti mai, neppure dopo?»
«Mai. Anche il cornetto ha mangiato a occhi chiusi. Ma sorrideva. Mi sono fermato a guardarlo. Ho pensato a quando era bambino. Avrà avuto un padre e una madre che lo carezzavano, gli davano da mangiare. Almeno lo spero.»
«Come sei profondo. Ecco, vedi perché mi piace stare con te? Mi fai sentire migliore, sin dai tempi della scuola. E poi cosa è successo?»
«Niente, ma mentre stavo seduto lì ho riflettuto molto. È sufficiente andare in giro vestiti male, con la barba lunga e il fiato pestifero che la "pari dignità sociale" va a farsi benedire.»
«Ma la dignità consiste anche nel vestirsi in modo appropriato e nel lavarsi. Non sei d'accordo? Forse questo tizio del bar non aveva voglia di lavorare, lo hanno licenziato ed è diventato un barbone. Magari è pure un delinquente.»
«Forse. Ma quell'uomo era entrato nel bar per mangiare i pancakes con qualcuno, non si è mica presentato con una pistola in mano.»
«Sii serio! A chi va di fare colazione con un povero disgraziato? La gente cerca le cose belle, le persone pulite e sorridenti. Ancora meglio se coi soldi.»
«Non è giusto che ci sia chi vive così. Non lo trovo giusto. Non mi piace.»
«Oh, sveglia! Pare che sei nato oggi. Scusa, ma non lavori in una multinazionale? Non porti a casa a fine mese uno stipendio niente male, e mandi i figli a scuola privata, e fai la settimana bianca tutti gli anni? A Natale hai addirittura regalato un solitario a Liana: cosa credi, che Clara non se n'è accorta? Allora, cosa sono tutti questi discorsi su "è giusto, non è giusto"? Certo che è giusto. È giustissimo!»
«Mentre stavo di fronte a quel tizio grasso, pensavo che un giorno saremo tutti in una bara, sottoterra. Noi con una lapide sopra, e magari qualche fiore. Lui sotto una croce con su scritto "sconosciuto".»
«Brrr... tiè, corna! Ma che pensieri fai? Mi sa che sei depresso. Hai problemi al lavoro, o a casa, di cui non mi hai mai parlato? Forse è meglio se fai un salto dal medico. Come ti è venuta in mente questa storia della scritta "sconosciuto"?»
«La scorsa settimana ho accompagnato Liana al cimitero: mentre lei sistemava i fiori mi sono fatto un giretto, e accanto alle tombe di marmo ho visto un sacco di croci sulla terra nuda con su scritto "sconosciuto". Non un fiore, e neppure un nome. È giustizia questa, secondo te?»
«Eh? Scusami, Clara mi chiama, devo andare. Tu per favore smetti di pensare così tanto, ok? Fa male alla salute. Mercoledì prossimo organizzo per il calcetto: non provare a non esserci, capito? Saluta Liana, ti chiamo presto.»
«Sì, ciao, buona cena. Aspetta: tu preferiresti essere seppellito in terra, dentro un loculo, oppure essere cremato? A me piace la terra. Voglio anche cominciare a pensare a cosa scrivere sulla lapide, accanto al mio nome.»