[Lab18] 1913
Posted: Thu Nov 20, 2025 4:58 pm
Il signor Kuiper fischiettava raggiante lungo la Apollolaan.
Dopo mezz’ora di cammino, il quadro che trasportava sottobraccio cominciava a farsi pesante, ma quel giorno nulla avrebbe potuto strappargli dalla faccia quell'espressione compiaciuta.
Ottantamila euro, pensava. Da non credere!
Un’opera inestimabile, neppure nei suoi sogni a occhi aperti avrebbe immaginato un simile colpo di fortuna. Avrebbe potuto rivenderla il giorno dopo aggiungendo alla stessa cifra un paio di zeri.
Il signor Kuiper marciava a passo spedito; temeva che un acquazzone improvviso potesse rovinare la tela, che un ciclista spericolato lo centrasse in pieno o di imbattersi in uno di quei gruppetti di turisti barcollanti che infestavano le strade in ogni periodo dell’anno.
E poi non stava più nella pelle, voleva godersi la faccia di Mildred quando le avrebbe mostrato un Gorghetti originale, scovato per caso tra le cianfrusaglie di un antiquario dell’Oost.
Quello che il signor Kuiper proprio non si aspettava fu di vedere la bocca di Mildred allargarsi come un ventaglio, con gli occhi ridotti a due fessurine piene di dileggio.
“E tu saresti uno dei massimi esperti del Gorghetti? Oh, mio Dio, questa è tutta da ridere!”
Il signor Kuiper teneva il quadro rivolto verso la moglie. Non poteva ammirarlo senza sporgersi in avanti rischiando di perdere l’equilibrio. Che diavolo aveva da sbellicarsi quella maleducata?
Mildred aveva le lacrime agli occhi, sputacchiava briciole di stroopwafel sul tappeto. Kuiper sperò che si strozzasse.
“Quanto hai detto che lo hai pagato? Oh, mio Dio. Che allocco!”
Kuiper sentì le orecchie farsi bollenti. Come osava quella balena divorawafel prendersi gioco di uno dei critici d’arte più influenti d’Europa, il massimo esperto vivente del Gorghetti? Cosa stava insinuando la sua adiposa consorte?
Il signor Kuiper poggiò con delicatezza il dipinto sul tappeto e lo scrutò con attenzione. Non trovava neanche una virgola fuori posto, avrebbe potuto garantire sulla sua autenticità tra centinaia di imitazioni.
“La data, guarda la data - continuò Mildred. - 1913! Persino io so che Gorghetti è morto nel ’12! Oh, mio Dio, c’è da sganasciarsi!”
Kuiper avrebbe potuto riconoscere un puntino fuori posto in un Signac a cento metri di distanza. Un petalo caduto da un Monet in una notte senza luna. Ma alla data, in effetti, non aveva fatto caso. Per lui i numeri erano tutt’altra faccenda: andavano processati, quantificati. Non come i colori che si insinuavano liberamente tra le sinapsi solleticando sfere del cervello mai esplorate prima.
Strinse gli occhi: la firma era di Gorghetti, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Neppure un falsario professionista avrebbe potuto riprodurre quell’acca così tormentata, un fardello che si trascinava sul groppone da tutta la vita. Kuiper immaginava le dita sapienti del maestro esitare tra la G e la E; sapeva che nel profondo avrebbe preferito firmarsi Gorgetti. Quell’acca appesantiva, stonava, spezzava il ritmo.
Ma la data era sbagliata, Mildred aveva ragione. Possibile che l’artista si fosse confuso? Forse aveva posticipato l’anno per gioco, per un misterioso vezzo? Magari presagiva il fiato guasto della morte e con una pennellata aveva voluto esorcizzare i cattivi pensieri? Sì, era nello stile del Gorghetti.
Il problema era convincere i profani senza classe come Mildred; esercito bovino trincerato dietro le inequivocabili certezze della matematica. Gentaglia. Kuiper ne provava ribrezzo: come facevano a passare la vita intera senza mai sfiorare la bellezza? Peggio di essere ciechi o sordi, era come se non avessero mai realmente vissuto.
Cionondimeno, Kuiper stabilì che un colpo di telefono all’antiquario non fosse una cattiva idea.
Il ricevitore squillava a vuoto. Le orecchie gli tornarono incandescenti. Mildred lo guardava dallo specchio della credenza, facendo ballonzolare il petto generoso.
Kuiper riprese il cappotto e si diresse verso l’Oost. Mancava un’ora al tramonto: il negozio doveva essere ancora aperto. Anzi, se lo avesse trovato chiuso sarebbe stata già una risposta ai mille dubbi che cominciavano a balzargli da un orecchio all’altro come pulci ammaestrate.
Non è possibile, rifletteva Kuiper. Se fosse un falso, sarebbe la più grande cantonata della mia vita. Dopo Mildred, ovviamente. Sarei costretto a cambiare mestiere, cognome e continente entro stasera.
Eppure, Kuiper era sicuro. Avrebbe scommesso altri ottantamila euro senza esitare: quello non poteva essere un falso. Era il suo pane quotidiano! Anche il simpatico vecchietto che glielo aveva venduto gli era sembrato tutto fuorché un imbroglione.
Il negozio era aperto. Buon segno.
“Qualcosa non va?” chiese l’antiquario vedendosi piombare addosso Kuiper in evidente stato d'agitazione.
“Me lo dica lei!”
L’antiquario aggrottò le foltissime sopracciglia in un candido cipiglio. L’occhio attento di Kuiper non registrò alcuna possibilità di inganno nell’atteggiamento dell’anziano. Anche per queste cose aveva un sesto senso.
“La data! La data del quadro è successiva alla morte dell’autore.”
“Beh, pensavo che lo sapesse.”
“Sapere cosa? Io, ehm… - per il signor Kuiper fu l’ammissione più difficile della vita - non ci avevo fatto caso. Sa, con i numeri…”
“E allora come si era spiegato che un Gorghetti si trovasse in questo negozietto invece che al Rijksmuseum?”
Kuiper cominciò a sentirsi in colpa, senza intuirne il motivo.
“Quindi, lei mi ha imbrogliato? Mi ha venduto un falso?”
“Lei ha tutta l’aria di essere un esperto, me lo dica lei: le sembra un falso?”
“Certo che no! Non lo avrei pagato ottantamila euro.”
“Per i soldi, non si preoccupi: sono pronto a restituirle l’assegno” così dicendo, l’antiquario estrasse dal taschino l’assegno e lo adagiò sul bancone.
“Ma se non è un falso, perché la data è posteriore alla sua morte?”
“Beh, la risposta è semplice.”
Kuiper gli lanciò un’occhiataccia, non era il momento di creare suspense.
“Nel 1912 l’artista finse la sua morte per trasferirsi in Olanda dalla sua amante. Tutto qui.”
“E lei come lo sa?”
“Ho conosciuto uno dei suoi nipoti. Fu lui a regalarmi la tela, oltre cinquanta anni fa, sostenendo che a causa della data il quadro era invendibile.”
“Ed è rimasto mezzo secolo in questo negozietto a prendere la polvere? Nessuno lo ha mai comprato?”
“Nessuno ha mai ritenuto che potesse essere un originale. Tutti guardavano solo la data e lo hanno sempre bollato come un falso. Solo lei non ci ha fatto caso.”
“Solo io?” nella voce di Kuiper fu possibile percepire un tremito.
“Solo lei.”
“In cinquant’anni?”
“Cinquantaquattro. Non sempre la gente è in grado di riconoscere l’originalità.”
“Ma qui non stiamo parlando di originalità, parliamo di autenticità.”
“In fondo è la stessa cosa…”
“Sono due concetti diversissimi.”
Il vecchietto lo guardò divertito.
“Anche se non fosse un Gorghetti - proseguì Kuiper - resterebbe l’originalità: nel 1913 nessuno aveva nemmeno mai sfiorato il dadaismo, oserei dire che questo quadro ha gettato le basi per il surrealismo.”
“Mi sta dicendo che qualcun altro, oltre al Gorghetti, sarebbe stato capace di dipingere un’opera del genere?”
“Beh, no, non credo.”
“E perché l’artista avrebbe dovuto firmarsi Gorghetti e rinunciare all’autenticità? Volendo usare le sue parole…”
“Beh, io…”
“L’esempio non calza. Piuttosto potrebbe essere stato dipinto ieri da un burlone che ha piazzato una data del secolo scorso.”
“In tal caso non sarebbe più così originale.”
“Già, l’originalità è un concetto molto relativo.”
“Quindi mi dà ragione? È l’autenticità a essere un concetto assoluto!”
“Non direi” disse l’anziano lanciando un’occhiata all’assegno.
“Esisterà un’opera non autentica ma originale…”
“Sì, ma sfoceremmo nella stravaganza. Le ripeto, tenderei a non separare i concetti.”
L’occhio di Kuiper seguì lo sguardo del vecchio.
“Ottantamila euro per un falso…”
“Se ben ricorda è stato lei a fare l’offerta, io mi sono limitato ad accettare.”
“D’altronde, sono sicuro che sia un originale: questo quadro dovrebbe valere cento volte la cifra scritta su quell’assegno.”
“Il denaro è l’aspetto più marginale della vicenda. Ho settantanove anni e non ho eredi. Non saprei cosa farmene di quei soldi. Le confido che mi era sembrato così appassionato che glielo avrei regalato.”
Kuiper si morse le labbra. Ancora non riusciva a stabilire la cifra più consona tra zero e otto milioni. Era proprio vero, i numeri non erano il suo forte.
“Insomma... questo quadro non ha valore.”
“In che senso? Parliamo di un Gorghetti, un’opera d’arte. A mio avviso uno dei suoi lavori più riusciti.”
“Però è l’unica delle sue tele a non essere esposta in un museo.”
“Beh, sì.”
“Tutto per quella stupida data.”
“Proprio così.”
“Se non esistesse il certificato di morte del Gorghetti quel dipinto varrebbe milioni di euro: quello stupido foglietto lo ha reso un falso!"
“Se vuole darne una lettura amministrativa…”
“Così si depaupera l'arte. Non c’è modo di cambiare il certificato di morte? Basterebbe sostituire un singolo numeretto…”
“Beh, Gorghetti ormai compare nei manuali di storia dell’arte, non credo sia sufficiente intrufolarsi all’anagrafe…”
“Quindi non c’è nulla da fare?”
“Non ho detto questo.”
Kuiper guardò il vecchio in obliquo. I due restarono in silenzio per venti lunghissimi secondi.
“Mi sta dicendo che dovrei cancellare la data dalla tela?”
“In verità, non ho detto niente.”
“Però cancellandola risolverei il problema.”
“Può darsi.”
“Trasformerei una patacca in un quadro dal valore inestimabile.”
“Forse.”
“Questo renderebbe il dipinto originale?”
“Guardi, convivo con questo dilemma da mezzo secolo.”
“Dovrei... dovrei falsificare un'opera per renderla originale?”
“Paradossalmente.”
Mildred si contorceva tra le lenzuola, facendo zampillare le briciole dello stroopwafel che si era portata a letto anche sul lato del marito. Erano dieci minuti buoni che non smetteva di ridere. “Oh, mio Dio, non resisto. È la cosa più divertente che abbia mai visto.”
Kuiper tentava di ignorarla. Fece due passi indietro per stabilire se il Gorghetti fosse dritto. Si intonava a meraviglia alla testiera del matrimoniale. Con la data in bella vista. 1913.
Dopo mezz’ora di cammino, il quadro che trasportava sottobraccio cominciava a farsi pesante, ma quel giorno nulla avrebbe potuto strappargli dalla faccia quell'espressione compiaciuta.
Ottantamila euro, pensava. Da non credere!
Un’opera inestimabile, neppure nei suoi sogni a occhi aperti avrebbe immaginato un simile colpo di fortuna. Avrebbe potuto rivenderla il giorno dopo aggiungendo alla stessa cifra un paio di zeri.
Il signor Kuiper marciava a passo spedito; temeva che un acquazzone improvviso potesse rovinare la tela, che un ciclista spericolato lo centrasse in pieno o di imbattersi in uno di quei gruppetti di turisti barcollanti che infestavano le strade in ogni periodo dell’anno.
E poi non stava più nella pelle, voleva godersi la faccia di Mildred quando le avrebbe mostrato un Gorghetti originale, scovato per caso tra le cianfrusaglie di un antiquario dell’Oost.
Quello che il signor Kuiper proprio non si aspettava fu di vedere la bocca di Mildred allargarsi come un ventaglio, con gli occhi ridotti a due fessurine piene di dileggio.
“E tu saresti uno dei massimi esperti del Gorghetti? Oh, mio Dio, questa è tutta da ridere!”
Il signor Kuiper teneva il quadro rivolto verso la moglie. Non poteva ammirarlo senza sporgersi in avanti rischiando di perdere l’equilibrio. Che diavolo aveva da sbellicarsi quella maleducata?
Mildred aveva le lacrime agli occhi, sputacchiava briciole di stroopwafel sul tappeto. Kuiper sperò che si strozzasse.
“Quanto hai detto che lo hai pagato? Oh, mio Dio. Che allocco!”
Kuiper sentì le orecchie farsi bollenti. Come osava quella balena divorawafel prendersi gioco di uno dei critici d’arte più influenti d’Europa, il massimo esperto vivente del Gorghetti? Cosa stava insinuando la sua adiposa consorte?
Il signor Kuiper poggiò con delicatezza il dipinto sul tappeto e lo scrutò con attenzione. Non trovava neanche una virgola fuori posto, avrebbe potuto garantire sulla sua autenticità tra centinaia di imitazioni.
“La data, guarda la data - continuò Mildred. - 1913! Persino io so che Gorghetti è morto nel ’12! Oh, mio Dio, c’è da sganasciarsi!”
Kuiper avrebbe potuto riconoscere un puntino fuori posto in un Signac a cento metri di distanza. Un petalo caduto da un Monet in una notte senza luna. Ma alla data, in effetti, non aveva fatto caso. Per lui i numeri erano tutt’altra faccenda: andavano processati, quantificati. Non come i colori che si insinuavano liberamente tra le sinapsi solleticando sfere del cervello mai esplorate prima.
Strinse gli occhi: la firma era di Gorghetti, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Neppure un falsario professionista avrebbe potuto riprodurre quell’acca così tormentata, un fardello che si trascinava sul groppone da tutta la vita. Kuiper immaginava le dita sapienti del maestro esitare tra la G e la E; sapeva che nel profondo avrebbe preferito firmarsi Gorgetti. Quell’acca appesantiva, stonava, spezzava il ritmo.
Ma la data era sbagliata, Mildred aveva ragione. Possibile che l’artista si fosse confuso? Forse aveva posticipato l’anno per gioco, per un misterioso vezzo? Magari presagiva il fiato guasto della morte e con una pennellata aveva voluto esorcizzare i cattivi pensieri? Sì, era nello stile del Gorghetti.
Il problema era convincere i profani senza classe come Mildred; esercito bovino trincerato dietro le inequivocabili certezze della matematica. Gentaglia. Kuiper ne provava ribrezzo: come facevano a passare la vita intera senza mai sfiorare la bellezza? Peggio di essere ciechi o sordi, era come se non avessero mai realmente vissuto.
Cionondimeno, Kuiper stabilì che un colpo di telefono all’antiquario non fosse una cattiva idea.
Il ricevitore squillava a vuoto. Le orecchie gli tornarono incandescenti. Mildred lo guardava dallo specchio della credenza, facendo ballonzolare il petto generoso.
Kuiper riprese il cappotto e si diresse verso l’Oost. Mancava un’ora al tramonto: il negozio doveva essere ancora aperto. Anzi, se lo avesse trovato chiuso sarebbe stata già una risposta ai mille dubbi che cominciavano a balzargli da un orecchio all’altro come pulci ammaestrate.
Non è possibile, rifletteva Kuiper. Se fosse un falso, sarebbe la più grande cantonata della mia vita. Dopo Mildred, ovviamente. Sarei costretto a cambiare mestiere, cognome e continente entro stasera.
Eppure, Kuiper era sicuro. Avrebbe scommesso altri ottantamila euro senza esitare: quello non poteva essere un falso. Era il suo pane quotidiano! Anche il simpatico vecchietto che glielo aveva venduto gli era sembrato tutto fuorché un imbroglione.
Il negozio era aperto. Buon segno.
“Qualcosa non va?” chiese l’antiquario vedendosi piombare addosso Kuiper in evidente stato d'agitazione.
“Me lo dica lei!”
L’antiquario aggrottò le foltissime sopracciglia in un candido cipiglio. L’occhio attento di Kuiper non registrò alcuna possibilità di inganno nell’atteggiamento dell’anziano. Anche per queste cose aveva un sesto senso.
“La data! La data del quadro è successiva alla morte dell’autore.”
“Beh, pensavo che lo sapesse.”
“Sapere cosa? Io, ehm… - per il signor Kuiper fu l’ammissione più difficile della vita - non ci avevo fatto caso. Sa, con i numeri…”
“E allora come si era spiegato che un Gorghetti si trovasse in questo negozietto invece che al Rijksmuseum?”
Kuiper cominciò a sentirsi in colpa, senza intuirne il motivo.
“Quindi, lei mi ha imbrogliato? Mi ha venduto un falso?”
“Lei ha tutta l’aria di essere un esperto, me lo dica lei: le sembra un falso?”
“Certo che no! Non lo avrei pagato ottantamila euro.”
“Per i soldi, non si preoccupi: sono pronto a restituirle l’assegno” così dicendo, l’antiquario estrasse dal taschino l’assegno e lo adagiò sul bancone.
“Ma se non è un falso, perché la data è posteriore alla sua morte?”
“Beh, la risposta è semplice.”
Kuiper gli lanciò un’occhiataccia, non era il momento di creare suspense.
“Nel 1912 l’artista finse la sua morte per trasferirsi in Olanda dalla sua amante. Tutto qui.”
“E lei come lo sa?”
“Ho conosciuto uno dei suoi nipoti. Fu lui a regalarmi la tela, oltre cinquanta anni fa, sostenendo che a causa della data il quadro era invendibile.”
“Ed è rimasto mezzo secolo in questo negozietto a prendere la polvere? Nessuno lo ha mai comprato?”
“Nessuno ha mai ritenuto che potesse essere un originale. Tutti guardavano solo la data e lo hanno sempre bollato come un falso. Solo lei non ci ha fatto caso.”
“Solo io?” nella voce di Kuiper fu possibile percepire un tremito.
“Solo lei.”
“In cinquant’anni?”
“Cinquantaquattro. Non sempre la gente è in grado di riconoscere l’originalità.”
“Ma qui non stiamo parlando di originalità, parliamo di autenticità.”
“In fondo è la stessa cosa…”
“Sono due concetti diversissimi.”
Il vecchietto lo guardò divertito.
“Anche se non fosse un Gorghetti - proseguì Kuiper - resterebbe l’originalità: nel 1913 nessuno aveva nemmeno mai sfiorato il dadaismo, oserei dire che questo quadro ha gettato le basi per il surrealismo.”
“Mi sta dicendo che qualcun altro, oltre al Gorghetti, sarebbe stato capace di dipingere un’opera del genere?”
“Beh, no, non credo.”
“E perché l’artista avrebbe dovuto firmarsi Gorghetti e rinunciare all’autenticità? Volendo usare le sue parole…”
“Beh, io…”
“L’esempio non calza. Piuttosto potrebbe essere stato dipinto ieri da un burlone che ha piazzato una data del secolo scorso.”
“In tal caso non sarebbe più così originale.”
“Già, l’originalità è un concetto molto relativo.”
“Quindi mi dà ragione? È l’autenticità a essere un concetto assoluto!”
“Non direi” disse l’anziano lanciando un’occhiata all’assegno.
“Esisterà un’opera non autentica ma originale…”
“Sì, ma sfoceremmo nella stravaganza. Le ripeto, tenderei a non separare i concetti.”
L’occhio di Kuiper seguì lo sguardo del vecchio.
“Ottantamila euro per un falso…”
“Se ben ricorda è stato lei a fare l’offerta, io mi sono limitato ad accettare.”
“D’altronde, sono sicuro che sia un originale: questo quadro dovrebbe valere cento volte la cifra scritta su quell’assegno.”
“Il denaro è l’aspetto più marginale della vicenda. Ho settantanove anni e non ho eredi. Non saprei cosa farmene di quei soldi. Le confido che mi era sembrato così appassionato che glielo avrei regalato.”
Kuiper si morse le labbra. Ancora non riusciva a stabilire la cifra più consona tra zero e otto milioni. Era proprio vero, i numeri non erano il suo forte.
“Insomma... questo quadro non ha valore.”
“In che senso? Parliamo di un Gorghetti, un’opera d’arte. A mio avviso uno dei suoi lavori più riusciti.”
“Però è l’unica delle sue tele a non essere esposta in un museo.”
“Beh, sì.”
“Tutto per quella stupida data.”
“Proprio così.”
“Se non esistesse il certificato di morte del Gorghetti quel dipinto varrebbe milioni di euro: quello stupido foglietto lo ha reso un falso!"
“Se vuole darne una lettura amministrativa…”
“Così si depaupera l'arte. Non c’è modo di cambiare il certificato di morte? Basterebbe sostituire un singolo numeretto…”
“Beh, Gorghetti ormai compare nei manuali di storia dell’arte, non credo sia sufficiente intrufolarsi all’anagrafe…”
“Quindi non c’è nulla da fare?”
“Non ho detto questo.”
Kuiper guardò il vecchio in obliquo. I due restarono in silenzio per venti lunghissimi secondi.
“Mi sta dicendo che dovrei cancellare la data dalla tela?”
“In verità, non ho detto niente.”
“Però cancellandola risolverei il problema.”
“Può darsi.”
“Trasformerei una patacca in un quadro dal valore inestimabile.”
“Forse.”
“Questo renderebbe il dipinto originale?”
“Guardi, convivo con questo dilemma da mezzo secolo.”
“Dovrei... dovrei falsificare un'opera per renderla originale?”
“Paradossalmente.”
Mildred si contorceva tra le lenzuola, facendo zampillare le briciole dello stroopwafel che si era portata a letto anche sul lato del marito. Erano dieci minuti buoni che non smetteva di ridere. “Oh, mio Dio, non resisto. È la cosa più divertente che abbia mai visto.”
Kuiper tentava di ignorarla. Fece due passi indietro per stabilire se il Gorghetti fosse dritto. Si intonava a meraviglia alla testiera del matrimoniale. Con la data in bella vista. 1913.