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[MI186] Finisterre

Posted: Mon Mar 24, 2025 8:24 pm
by Poeta Zaza
Traccia 2. - In crociera

[MI186] Finisterre

La partenza era stata uno spettacolo, sia per chi partiva sia per chi restava.
Dal molo, gli spettatori alzavano lo sguardo sulla vertiginosa altezza di settanta metri dell'ultimo esemplare tra le navi-città da crociera, tutta impavesata di bandierine colorate e di passeggeri entusiasti.
Dalla nave, le migliaia di imbarcati non sembravano far pendere in avanti la struttura: la stabilità era garantita all'origine. 
Il nome della nave, Finisterre, aveva una doppia lettura: di sfida o di inquietudine, a sentire i mormorii degli astanti. Era stato messo per l’auspicio di una navigazione senza limiti, questa la risposta dell’armatore ai media.
"Ho paura. Quello steward mi ha detto che non possono essere sicuri che le persone che scendono siano le stesse che risalgono a ogni scalo. Sai cosa ti dico, Alberto? Se noi due scendiamo e ci perdiamo nei luoghi, qualcuno ci può dare un colpo in testa e risalire col nostro pass sulla nave. Coi nostri documenti, nella nostra cabina. Noi morti o senza memoria, in un posto estraneo e remoto da casa nostra!"
"Voleva fare lo spiritoso e fare colpo su di te, tutto qui. Ha detto una sciocchezza, ne sono sicuro. E poi, che ne sarebbe della sostanza di questo premio, Lucia? Abbiamo vinto questa crociera, noi che non abbiamo mai toccato una terra diversa dalla nostra, e vuoi che solchiamo i mari più profondi senza mai toccare terra?"
"Sai che le escursioni guidate non sono comprese, caro mio. E sai che non possiamo permettercele. E scendere per girare in un porto che sa di pericolo no, ti prego. C'è un paese a bordo da visitare e da vivere. Ed è ancora meglio farlo, non dico soli, ma con un migliaio di persone invece che con dieci volte tanto."
Ecco che la giovane coppia, fortunata a poter fare questa mega crociera sull'ultimo grido di nave-città varata al mondo, si entusiasma a visitare il "moderno galeone" come lo chiamano tra di loro. 
Sono ragazzi sani e felici, sposi da qualche anno: queste ferie sono le prime che godono dell'effetto sorpresa.
Per il cibo e le bevande, non si abbuffano ai buffet gratuiti; prediligono le piscine e le passeggiate sull'ultimo ponte, col giro ellittico della pista sul ponte panoramico, ciascuno cronometrando l'altro: sia a nave in movimento, sia a nave ferma. Il momento più bello è la passeggiata mano nella mano, al tramonto.
I posti in avvicinamento hanno un che di accogliente, di familiare, salvo per i deserti sconfinati all'orizzonte, che si alternano a panorami diversi e mozzafiato.
Alla quarta tappa, Alberto dice:
"Ho cambiato idea. Cosa ne dici Lucia se qui scendiamo? Facciamo un giro nelle vicinanze e risaliamo tranquilli quando ci va?"
" Va bene, caro. Non è neppure un posto di quelli col tipico odore di porto che te li fa riconoscere a naso...
Ok. Scendiamo. Prepariamoci a riuscire a toccare terra tra due ore, con la coda che c'è." ride Lucia col marito.

Il giro portuale non dà soverchia soddisfazione alla coppia, comunque appagata di procedere insieme, stretti uno all'altra. 
Prima di risalire, si fanno scattare una foto davanti alla prora della gigantesca nave sullo sfondo.
Soltanto tornati a bordo, la esaminano con attenzione: c'è una "cosa" che sporge dalla sommità della prua.

La polena

Non mi ero ancora accorta di essere diventata io a indicare la rotta alla nave, ma sento che è la mia ora: l'ingranaggio è partito e niente e nessuno lo fermerà.. Ero un pezzo di legno, pregiato sin che vuoi, ma inerte, che serviva un galeone di secoli fa. La mia fibra, alterata, è stata montata e adattata sul punto più alto della prora esterna della nave più grande del mondo di questo secolo.
Dal basso, sono sempre sembrata un cono d'ombra. Quello che non ci si aspetta di vedere non si vede, non c'è, si giustifica diversamente.
Mentre era caratteristica di velieri antichi, dove si armonizzavano, le mie pari, con le strutture agili e armoniose. Va a sapere perché, il costruttore di questa città galleggiante ha voluto inserirmi nella trama di questo enorme galeone, e per di più col braccio destro e l'indice teso a indicare la meta. Sempre dritto.
Sono così minuscola in rapporto all'enormità della nave che nessuno mi vede, neppure quando i crocieristi risalgono. 
Però quei due giovani si sono fatti scattare la foto "giusta" per immortalarmi in chiaro con loro.
Bene, fa piacere anche a me avere questo reciproco ricordo.


Alberto si domanda cosa fare. Non si tratta di un effetto ombra, posizionato all'apice della curvatura frontale. Si tratta proprio di una polena, una di quelle che, secoli addietro, innanzi ai galeoni sembravano sfidare i marosi avversi per conto degli equipaggi.
Con Lucia, lui arriva al punto più vicino alla zona della prua, ma sono comunque decine di metri in linea d'aria. Ci vanno di notte, e vedono una luce irradiarsi dalla posizione ipotetica di una polena... Ah... potessero affacciarsi a guardare. Del resto, la nave di notte splende e irradia luci ovunque.
Far vedere la foto sul cellulare a qualcuno dell'equipaggio? "Già, magari allo stesso che mi ha preso in giro" fa Lucia, scuotendo il capo.
Aspettano il prossimo porto, per scendere e verificare di nuovo. 
Il giorno dello scalo arriva... ma c'è il  panico a bordo.
La nave non è in grado di effettuare le manovre per accostarsi al porto. Continua ad andare dritta, ma su una rotta che il comandante e tutto l'equipaggio vorrebbero modificare e non ci riescono.
L'equipaggio urla, corre in tutte le direzioni, il comandante e gli alti ufficiali sbraitano ordini tecnici all'altoparlante. 
Inframmezzati e dall'esito contrario all'intento, giungono ai passeggeri messaggi dal contenuto rassicurante, letti da voci tremanti.
Nel frattempo, troppe voci concitate e smarrite si alzano interrogative e impaurite.
Non ci vuole molto che la pressione del primo centinaio di persone travolga l'accesso al ponte di comando.
La situazione è fuori da ogni controllo: gli strumenti di navigazione non rispondono più ai comandi umani. Gli strumenti umani sono impotenti ad arginare l'effetto paura dell'ignoto che prende tutti.
Per assurdo, la nave non è allo sbando, né potrebbe esserlo, data la stazza e le dimensioni. Per certo, qualcosa la guida.
Il problema è la calca, che uccide e ferisce la massa di gente fuori di sé.
Medici e ufficiali assistono impotenti, fino a quando restano incolumi, alla tragedia in atto. Nessuno strumento di comunicazione con l'esterno, dai cellulari alla stazione radio, ai radar funziona.
Alberto e Lucia sono riusciti a chiudersi in cabina per tempo, e scrutano la foto che è rimasta fissa sullo schermo del cellulare.
Sentono la nave-città perire e soccombere senza naufragare. In centinaia, fuori di sé, dopo aver cercato inutilmente di sganciare le scialuppe di salvataggio, si lanciano in mare da queste e dal ponte più basso, con prevedibile esito letale.
Il rumore e lo spettacolo, per chi lo potesse vedere dall'alto, sarebbe quello di un campo di battaglia a strati.
Questione di poche ore ed è un'ecatombe.
Quando scende il tramonto a tema (rosso sangue), i sopravvissuti si organizzano e liberano i ponti gettando migliaia di cadaveri (o presunti morti) in mare. Comunque, nessuno è in grado di curare i feriti, che nella sera, col favore delle tenebre e degli sciacalli umani, raggiungono i più sfortunati compagni di viaggio.
Nel sopravvenuto silenzio dello sconcerto e dell'orrore, Alberto e Lucia si affacciano dalla loro cabina sul quinto ponte.
Passeggeri come fantasmi contusi e strappati dagli occhi spenti sfilano davanti a loro camminando come se non fossero su una stabile nave da crociera dalla solida e composta andatura. Non parlano che a mozziconi di frase: saliamo sull'ultimo ponte a contarci è la frase più comprensibile. Alberto capisce anche che c'è una squadra che ha cominciato a cercare con metodo i sopravvissuti dal ponte più basso, per spingerli a destinazione: la pista sul ponte panoramico, dove, in teoria, possono farsi "vedere" da eventuali mezzi aerei di passaggio, e pregare più vicini al cielo che agli abissi,
I sopravvissuti sono mille, di lingua italiana e inglese, e occupano tutto lo spazio dell'ultimo ponte. Prevalgono gli sguardi folli e il silenzio.
Alberto decide di non parlare della polena: rischierebbe la perdita o la distruzione del cellulare. Peggio ancora, di essere sopraffatto dall'orda di un branco senza più autocontrollo.
La gente è atterrita e muta per l'esasperato uso della voce.

Tutti hanno capito che una forza misteriosa si è impadronita della nave Finisterre e la dirige verso una destinazione ignota.
Alberto si stringe una piangente Lucia al petto, e dà voce al comune smarrimento con una cantilena sulla polena e sul loro andare:

Che fa la polena,
che fa della nave?
Da sola governa la prora sicura;
lei solca i marosi,
fantasma si leva
leggera e decisa,
in cerca di un mare diverso,
d'un altrove ch'è intonso ed ignoto.
Lei cerca quel varco al mistero,
alla curva più estrema del mare,
e là si dirige la nave con lei
e gli ignari e moderni pionieri
a bordo rimasti per caso. 

Re: [MI186] Finisterre

Posted: Mon Mar 24, 2025 8:28 pm
by Poeta Zaza
Commento ad altrui testo per postare:

viewtopic.php?p=72758#p72758

Re: [MI186] Finisterre

Posted: Tue Mar 25, 2025 1:40 pm
by Albascura
Ciao, Mariangela.
Il tuo racconto è molto evocativo:
Poeta Zaza wrote:
Non mi ero ancora accorta di essere diventata io a indicare la rotta alla nave, ma sento che è la mia ora: l'ingranaggio è partito e niente e nessuno lo fermerà.. Ero un pezzo di legno, pregiato sin che vuoi, ma inerte, che serviva un galeone di secoli fa. La mia fibra, alterata, è stata montata e adattata sul punto più alto della prora esterna della nave più grande del mondo di questo secolo.
Dal basso, sono sempre sembrata un cono d'ombra. Quello che non ci si aspetta di vedere non si vede, non c'è, si giustifica diversamente.
Mentre era caratteristica di velieri antichi, dove si armonizzavano, le mie pari, con le strutture agili e armoniose. Va a sapere perché, il costruttore di questa città galleggiante ha voluto inserirmi nella trama di questo enorme galeone, e per di più col braccio destro e l'indice teso a indicare la meta. Sempre dritto.
Sono così minuscola in rapporto all'enormità della nave che nessuno mi vede, neppure quando i crocieristi risalgono. 
Però quei due giovani si sono fatti scattare la foto "giusta" per immortalarmi in chiaro con loro.
Bene, fa piacere anche a me avere questo reciproco ricordo.
Tutto fila liscio fino a quando il particolare non si palesa. Da qui viri verso il fantastico. L'elemento umano emerge nella nota finale, sui due giovani che immortalano l'elemento della prua, un gesto che crea un ponte tra il mondo animato e quello inanimato, sottolineando la condivisione e la memoria.

Il sovrannaturale agisce ignorato dai passeggeri ma non dai due protagonisti. 
Tutto il racconto, a questa svolta, avrebbe potuto prendere un registro più cupo. Tu descrivi morti, violenze, panico... Ma la cronaca dei fatti non rende i reali momenti di terrore. I protagonisti vivono momenti che si potrebbero mostrare in modo più convincente. Per spiegarmi ti faccio un esempio:
Poeta Zaza wrote: Con Lucia, lui arriva al punto più vicino alla zona della prua, ma sono comunque decine di metri in linea d'aria. Ci vanno di notte, e vedono una luce irradiarsi dalla posizione ipotetica di una polena... Ah... potessero affacciarsi a guardare. Del resto, la nave di notte splende e irradia luci ovunque.
Alberto e Lucia  si avvicinano al punto più vicino alla posizione della polena, sono decisi a guardare dall'alto l'artefatto di legno. È notte, in quel punto non arrivano le voci dei turisti nottambuli. Alberto rischia, supera i cartelli di accesso limitato, scavalca la ringhiera di protezione, Lucia gli fa da palo, non si vede nessuno in giro...
Oppure Il tuo personaggio potrebbe aggirare queste barriere con un pizzico di ingegno narrativo: magari convincendo un membro dell'equipaggio a permettergli l'accesso per ragioni di emergenza, o sfruttando un momento di distrazione per superare un cancelletto lasciato temporaneamente aperto. Potrebbe persino affrontare il rischio, arrampicandosi sulle ringhiere o sgattaiolando in una zona tecnica, come ho scritto prima. 
E poi...le dita stringono il corrimano freddo, Alberto si sporge sulla distesa d'acqua nera, impreca, non riesce a vedere nulla; un bagliore verde scuro lo abbaglia, ora la vede, è la polena di legno che emana un misterioso riflesso... 

La polena che d'improvviso, allo sguardo dei turisti, prende consapevolezza, potresti farla parlare di più:
Cosa l'ha resa suscettibile allo sguardo dei due? Cosa è accaduto in passato? Dove li sta portando? Quale missione incompiuta dal suo antico capitano vuole portare a termine? Quando dico che il tuo racconto è molto evocativo... Ci potresti fare un bel romanzo!
Alla fine, Mariangela, penso che hai avuto un'ottima idea. La prima persona rende e coinvolge il lettore se il punto di vista è focalizzato su uno dei personaggi, il narratore esterno, in questo caso, penalizza un po' il racconto.  Se vorrai rivederlo potresti tentare di rendere il racconto ancora più fantastico.
Complimenti e buon MI

Re: [MI186] Finisterre

Posted: Tue Mar 25, 2025 2:38 pm
by Poeta Zaza
@Albascura  Grazie del tuo commento! :flower:

Albascura wrote: Alberto e Lucia  si avvicinano al punto più vicino alla posizione della polena, sono decisi a guardare dall'alto l'artefatto di legno. È notte, in quel punto non arrivano le voci dei turisti nottambuli. Alberto rischia, supera i cartelli di accesso limitato, scavalca la ringhiera di protezione, Lucia gli fa da palo, non si vede nessuno in giro...
Sono stata su una nave da crociera e, credimi, ci sono in linea d'aria decine di metri di distanza dal bordo, metri di "stacco" in basso dal vano antecedente
che sarebbe improponibile da superare. La collaborazione dell'equipaggio? Non ce la vedo, non in questo contesto narrativo. Non troverei appoggi di "urgenza" da prospettare...
Albascura wrote: Tutto il racconto, a questa svolta, avrebbe potuto prendere un registro più cupo. Tu descrivi morti, violenze, panico... Ma la cronaca dei fatti non rende i reali momenti di terrore. I protagonisti vivono momenti che si potrebbero mostrare in modo più convincente
Hai ragione, ma non ho voluto farlo virare nell'horror, come lascio solo intuire, perché è indescrivibile la morte in quelle circostanze di migliaia di persone. Eppure, secondo me, il panico in un posto, enorme ma "piccolo" per le proporzioni che si percepiscono in chi vive il terrore in quel contesto,
a questo potrebbe portare, anche nella realtà, senza scomodare il genere "fantastico" come ho fatto io. Spero con tutto il cuore di essere sempre smentita. 
Albascura wrote: La polena che d'improvviso, allo sguardo dei turisti, prende consapevolezza, potresti farla parlare di più:
Cosa l'ha resa suscettibile allo sguardo dei due? Cosa è accaduto in passato? Dove li sta portando? Quale missione incompiuta dal suo antico capitano vuole portare a termine? Quando dico che il tuo racconto è molto evocativo... Ci potresti fare un bel romanzo!
Alla fine, Mariangela, penso che hai avuto un'ottima idea. La prima persona rende e coinvolge il lettore se il punto di vista è focalizzato su uno dei personaggi, il narratore esterno, in questo caso, penalizza un po' il racconto.  Se vorrai rivederlo potresti tentare di rendere il racconto ancora più fantastico.
Complimenti e buon MI
Potrei farne un sequel, questo sì. Ma pensa che ne ho dovuto fare, con tutti i suoi limiti, un racconto lungo, io che non ne ho quasi mai scritto!
Non volevo esagerare!

Grazie ancora, @Albascura  :hug:

Re: [MI186] Finisterre

Posted: Thu Mar 27, 2025 6:49 pm
by Alberto Tosciri
Ciao @Poeta Zaza


Interessante come hai sviluppato la traccia. Mi sono impressionato nel vedere il mio nome fra i protagonisti, poi ti spiego perché. Ho aspettato che finisse il tempo per postare i racconti prima di inserire un commento, per non influenzare eventualmente con le mie quattro chiacchiere  qualcun altro che avesse incautamente scelto la mia traccia, ma vedo che non è stato il caso, speriamo in un'altra volta.

Questa più che una traccia è un’idea, un’utopia, un sogno che compare in romanzi fantasy e taluni film, sotto forma palese o nascosta fra mille simboli.
Hai messo il panico sulla Finisterre, sui passeggeri e sull’equipaggio, un panico molto reale e ben descritto, un ignoto che più ignoto non si può.
Ma l’ignoto è tale solo se non lo si vuole conoscere.

Mi è piaciuta moltissimo l’idea della polena della Finisterre e moltissimo la poesia della polena che mi ha fatto trarre davvero un sospiro di sollievo, perché nella poesia descrivi tutto quello che avevo in mente per questo racconto: l’ignoto oltre il suo sguardo, il mistero, un varco nel mare, oltre i confini della Terra, aggiungo io.
La polena conosce il destino della nave, mentre i passeggeri e l’equipaggio, invasi dal panico, cercano soccorsi aerei, avviene un’ecatombe di morti e feriti…

Bisognava ascoltare la polena. Poteva essere già stata presente su una di quelle navi del XVII – XVIII secolo che solcavano gli oceani: marine militari, navi  mercantili, navi corsare.
Talune di queste navi, specie le navi corsare, che non avevano nulla da perdere, erano sempre alla ricerca di porti e nascondigli sicuri, oltre le mete classiche di Tortuga, Maracaibo e porti e isole dei Caraibi.
Alcune navi andarono a sud oltre la Patagonia perdendosi per sempre nei ghiacci di Antartide, ma altre non si persero e con sacrifici indicibili riuscirono a trovare dei corridoi fra i ghiacci, andando oltre, sbucando su altri oceani. Alcuni di questi equipaggi, decimati, sono tornati indietro, qualcuno ha permesso loro di farlo, ma tornati nel loro mondo qualcun altro ha impedito loro di parlare e quello che hanno detto è rimasto a livello di diceria.
Alcuni studiosi hanno parlato di diari di bordo di queste navi superstiti che raccontano di questi viaggi, di questi nuovi oceani, dell’approdo su terre sconosciute, abitate, civili. Purtroppo questi diari non sono di libero accesso. E questa è una cosa intrigante a livello romanzesco.
L’idea della mia Finisterre era che delle forze di questo mondo, a conoscenza di questi confini, avessero scelto e radunato con la scusa di una crociera premio persone di tutto il mondo per portarle oltre questi confini.
Persone scelte in grado di comprendere, sia equipaggio, consapevole perché appartenente alle terre oltre i confini, sia i passeggeri, perché sensibili a questa avventura. Sensibili.
In teoria nessuno avrebbe dovuto essere colto dal panico per l’ignoto, non dovevano esserci morti, feriti, ecatombi, ricerche di soccorsi, ma tutto può avverarsi in una simile avventura.
Non si lasciò prendere dal panico l’Ammiraglio Byrd, della Marina Militare USA negli anni Quaranta del secolo scorso, che con il suo aereo sorvolò questi confini, oltre i quali doveva esserci il nulla, solo ghiaccio. E invece lui vide altro, ne scrisse, ne parlò alla televisione in America, suoi resoconti si trovano in rete. L’Ammiraglio fu messo a tacere.

Mi ha fatto effetto vedere il mio nome fra i passeggeri, assieme a Lucia. Lo hai fatto di proposito o è un puro caso? Perché a me sarebbe piaciuto davvero esserci sulla Finisterre, senza il suo tragico epilogo però. Io avrei accettato di lasciare questa Terra, questa bellissima Terra purtroppo in mano a uomini che servono il male senza rendersene conto, convinti di fare il bene e di essere nel giusto, fingendo di non vedere la miseria e il dolore a cui hanno ridotto buona parte dell’umanità.

Ho apprezzato moltissimo la poesia della polena, tutta, te l'ho detto: è bellissima ed evocativa:

Che fa la polena,
che fa della nave?
Da sola governa la prora sicura;
lei solca i marosi,
fantasma si leva
leggera e decisa,
in cerca di un mare diverso,
d'un altrove ch'è intonso ed ignoto.
Lei cerca quel varco al mistero,
alla curva più estrema del mare,
e là si dirige la nave con lei
e gli ignari e moderni pionieri
a bordo rimasti per caso.

Questa è già la storia.
La polena è assolutamente consapevole dell’ignoto e di ciò che si cela oltre di esso, oltre il mistero, oltre la linea del mare, oltre i confini di ghiaccio di Antardide che cingono la nostra Terra.
La polena potrebbe già essere andata “oltre”, secoli prima, magari con qualche nave corsara e attraverso innumerevoli fantastiche storie, innumerevoli altre epopee, essere finita su una nave da crociera odierna.

Il solito complottista fantasy  :libro: :D :D
Ma l'ammiraglio Byrd è davvero esistito e documentato  :D

Re: [MI186] Finisterre

Posted: Thu Mar 27, 2025 7:58 pm
by Poeta Zaza
Alberto Tosciri wrote: Mi è piaciuta moltissimo l’idea della polena della Finisterre e moltissimo la poesia della polena che mi ha fatto trarre davvero un sospiro di sollievo, perché nella poesia descrivi tutto quello che avevo in mente per questo racconto: l’ignoto oltre il suo sguardo, il mistero, un varco nel mare, oltre i confini della Terra, aggiungo io.
Un po' ho intuito dove avresti voluto indirizzare chi avesse raccolto la tua traccia, e sarebbe stato interessante vedere altre soluzioni, oltre alla mia.
Alberto Tosciri wrote: Non si lasciò prendere dal panico l’Ammiraglio Byrd, della Marina Militare USA negli anni Quaranta del secolo scorso, che con il suo aereo sorvolò questi confini, oltre i quali doveva esserci il nulla, solo ghiaccio. E invece lui vide altro, ne scrisse, ne parlò alla televisione in America, suoi resoconti si trovano in rete. L’Ammiraglio fu messo a tacere.
Andrò a documentarmi su questo ammiraglio!  :si:
Alberto Tosciri wrote: Mi ha fatto effetto vedere il mio nome fra i passeggeri, assieme a Lucia. Lo hai fatto di proposito o è un puro caso? Perché a me sarebbe piaciuto davvero esserci sulla Finisterre, senza il suo tragico epilogo però. Io avrei accettato di lasciare questa Terra, questa bellissima Terra purtroppo in mano a uomini che servono il male senza rendersene conto, convinti di fare il bene e di essere nel giusto, fingendo di non vedere la miseria e il dolore a cui hanno ridotto buona parte dell’umanità.
Ho voluto dare il tuo nome al protagonista perché so che avresti voluto essere a bordo della Finisterre. E chi ha detto che finisce male (per i superstiti)?
Ho voluto lasciare la situazione sospesa, proprio perché la polena sa dove andare e i moderni "pionieri" no, ma la mia convinzione è che
non ci sarà un tragico epilogo.  :)

Grazie dei complimenti, @Alberto Tosciri  e grazie della traccia, che mi ha fatto addirittura sforare in un rarissimo (per me) racconto lungo!  :si:

Re: [MI186] Finisterre

Posted: Thu Mar 27, 2025 8:22 pm
by Alberto Tosciri
Poeta Zaza wrote: Grazie dei complimenti, @Alberto Tosciri  e grazie della traccia, che mi ha fatto addirittura sforare in un rarissimo (per me) racconto lungo!  :si:
Se andrai a fare delle ricerche, tramite  Byrd troverai del materiale  ed esploratori molto interessanti. C'è stata anche una donna aviatrice negli anni  Quaranta, ora non ricordo il nome, che anche lei vide qualcosa e che scomparve misteriosamente.

Re: [MI186] Finisterre

Posted: Fri Mar 28, 2025 10:30 am
by Simona M.
Dunque, parto dalla traccia, molto specifica e quindi ostica. Ostica perché pretendeva un certo tipo di racconto che ho pensato dovesse essere o fantastico o surreale e quindi sei stata brava a sciogliere i nodi di un percorso complicato inerpicandoti per una strada che a me è apparsa in salita. E ci sei riuscita attraverso l'espediente della Polena inserita nel dritto di prua, immagino, con quella composizione poetica che fa parlare, e vivere, la Polena stessa. Il sentiero del racconto a quel punto non ha potuto far a meno di continuare per la strada fantastica che la stessa traccia pretendeva. 
Hai scelto una struttura narrativa classica, con una voce narrante esterna e impersonale che sembra saperne più dei due protagonisti. Il susseguirsi di sequenze è abbastanza equilibrato, con una narrazione in apertura, descrizioni, riflessioni e sequenze dialogiche.  L'espediente della Polena funziona, perché riporta il tema fantastico entro il solco di un rapporto causa effetto e quindi aiuta la sospensione dell'incredulità del lettore. 
Ciò per vie generali.
Nel particolare:
Poeta Zaza wrote: di settanta metri
Io evito sempre di specificare troppo. Nei racconti meno si dice meno si sbaglia. Secondo me la costruzione dei racconti va fatta per sottrazione.
Poeta Zaza wrote: Dalla nave, le migliaia di imbarcati non sembravano far pendere in avanti la struttura: la stabilità era garantita all'origine. 
Anche qui, aggiungi informazioni che non servono ai fini del racconto. Quel che il lettore deve sapere, in definitiva, è perché la nave e i suoi passeggeri si perdono,  e non se la stabilità progettuale dell'imbarcazione è valida. 
Poeta Zaza wrote: Il nome della nave, Finisterre, aveva una doppia lettura: di sfida o di inquietudine,
 A mio avviso il nome poteva avere. Quell'avere mi pare un tantino assertivo. Il nome ha una doppia lettura. Ma perché non tripla o quadrupla? Non so se sono riuscita a spiegarmi. Capisco poi che quell'accenno all'inquietudine ti serva a costruire l'atmosfera, ma a me Finis terrae non comunica di per sé un senso di inquietudine, al più di sfida.
Poeta Zaza wrote: Era stato messo per l’auspicio di una navigazione senza limiti, questa la risposta dell’armatore ai media.
Anche qui offri al lettore un'informazione, come se servisse a rendere vero il racconto che il lettore sa già essere fantastico (e quindi non vero). Voglio dire, la verosimiglianza non sempre è efficare. Può essere funzionale, ma non efficace.  Quel corsivo su media, ormai è un termine latino che è transitato nel parlato (e nel vocabolario) italiano attraverso l'inglese. Quindi può non considerarsi straniero dopo tanti decenni di utilizzo.
Poeta Zaza wrote: "Ho paura. Quello steward mi ha detto che non possono essere sicuri che le persone che scendono siano le stesse che risalgono a ogni scalo. Sai cosa ti dico, Alberto? Se noi due scendiamo e ci perdiamo nei luoghi, qualcuno ci può dare un colpo in testa e risalire col nostro pass sulla nave. Coi nostri documenti, nella nostra cabina. Noi morti o senza memoria, in un posto estraneo e remoto da casa nostra!"
Questo passaggio introduce la sequenza dialogica tra i due sposi. Quel ci perdiamo nei luoghi. Perché luoghi? Si scende dalla nave, una nave da crociera, dunque che fa scalo in un luogo che non è il nostro, e ci si può perdere. Il lettore ha già tutte queste informazioni. Vengono evocate dal contesto stesso. Specificare nei luoghi dunque non serve.  La paura della protagonista poi. Non voglio psichiatrizzare la neosposa, ma il timore può consistere nel venir feriti, sé o il proprio partner, al limite di essere uccisi, ma poi se morti qualcuno si fa la vacanza utilizzando i propri pass non mi pare che debba preoccupare. Cioé ci si preoccupa per la propria incolumità, non perché qualcuno possa farsi una vacanza al proprio posto. Anche questa rientra tra le informazioni che, sempre secondo me, al lettore non servono.
Poeta Zaza wrote: Ecco che la giovane coppia, fortunata a poter fare questa mega crociera sull'ultimo grido di nave-città varata al mondo, si entusiasma a visitare il "moderno galeone" come lo chiamano tra di loro. 
Sono ragazzi sani e felici, sposi da qualche anno: queste ferie sono le prime che godono dell'effetto sorpresa.
Per il cibo e le bevande, non si abbuffano ai buffet gratuiti; prediligono le piscine e le passeggiate sull'ultimo ponte, col giro ellittico della pista sul ponte panoramico, ciascuno cronometrando l'altro: sia a nave in movimento, sia a nave ferma. Il momento più bello è la passeggiata mano nella mano, al tramonto.
I posti in avvicinamento hanno un che di accogliente, di familiare, salvo per i deserti sconfinati all'orizzonte, che si alternano a panorami diversi e mozzafiato.
Questa sequenza serve alla voce narrante per introdurre l'aggancio con la Polena.  Parlo del moderno galeone, e infatti le polene nascono in epoca moderna proprio con quel tipo di imbarcazione. Ben fatto.  Mostrati parca nell'uso degli aggettivi. La lingua italiana mostra sempre poca forza nell'utlilizzo dei sostantivi e cerca sempre di avvicinargli un aggettivo che qualifichi, mostri, localizzi, indirizzi. Ma in questo caso quel mega mi pare troppo. 
Poeta Zaza wrote: Alla quarta tappa, Alberto dice:
"Ho cambiato idea. Cosa ne dici Lucia se qui scendiamo? Facciamo un giro nelle vicinanze e risaliamo tranquilli quando ci va?"
Dal dialogo precedente sembrava Lucia ad esser scettica sulla possibilità di scendere dalla nave. Non possiamo permettercelo, ci uccidono e via discorrendo. Ora qui invece è Alberto, che invece aveva fatto il discorso sulla necessità di toccare terra, a essere possibilista. 
Poeta Zaza wrote:
La polena

Non mi ero ancora accorta di essere diventata io a indicare la rotta alla nave, ma sento che è la mia ora: l'ingranaggio è partito e niente e nessuno lo fermerà.. Ero un pezzo di legno, pregiato sin che vuoi, ma inerte, che serviva un galeone di secoli fa. La mia fibra, alterata, è stata montata e adattata sul punto più alto della prora esterna della nave più grande del mondo di questo secolo.
Dal basso, sono sempre sembrata un cono d'ombra. Quello che non ci si aspetta di vedere non si vede, non c'è, si giustifica diversamente.
Mentre era caratteristica di velieri antichi, dove si armonizzavano, le mie pari, con le strutture agili e armoniose. Va a sapere perché, il costruttore di questa città galleggiante ha voluto inserirmi nella trama di questo enorme galeone, e per di più col braccio destro e l'indice teso a indicare la meta. Sempre dritto.
Sono così minuscola in rapporto all'enormità della nave che nessuno mi vede, neppure quando i crocieristi risalgono. 
Però quei due giovani si sono fatti scattare la foto "giusta" per immortalarmi in chiaro con loro.
Bene, fa piacere anche a me avere questo reciproco ricordo.
La comparsa della Polena, come elemento vivo, segna il punto di svolta, la rottura dell'equilibrio del racconto. Ed è una trovata geniale. 
In questo passaggio è lei stessa a parlare, con un io narrante che la fa diventare protagonista. 
L'unico tratto a suonarmi male è quel Mentre era caratteristica...  armoniose. Sa di lezione scolastica e a mio avviso mal si adatta al registro linguistico fin qui tenuto da Polena. 
Poeta Zaza wrote: Cosa ne dici Lucia
 Ah, dimenticavo, qui manca una virgola. 
Poeta Zaza wrote: Il giorno dello scalo arriva... ma c'è il  panico a bordo.
Qui comincia la sequenza delle peripezie. Interamente narrata. E va bene. Però, secondo me, metti il carro avanti ai buoi. Introduci l'elemento panico prima ancora di spiegare il perché. La sequenza del panico a bordo a mio avviso dovrebbe esser congegnata in modo diverso. La nave dovrebbe perdersi in mare e non arrivare in porto o quasi e impedire alla gente di scendere. Che poi come lo impedisce? Richiedi al lettore di dare una mazzata alla sua sospensione dell'incredulità. Se, invece, in navigazione non si avvistasse più terra potrei quasi crederci. 
Bellissimo il finale con quella cantilena in cui sembra ricomporsi un equilibrio e Alberto pare essere posseduto da Polena. Il finale, con qualche aggiustamento potrebbe essere superlativo. 
Beh, spero di essere stata di aiuto in qualche modo. 
Bel racconto, spero di reincontrarti. 

Re: [MI186] Finisterre

Posted: Fri Mar 28, 2025 9:14 pm
by Poeta Zaza
@Simona M. :flower:

Un bel commento di cui ti ringrazio! Quasi tutte le tue osservazioni le ho trovate sensate, logiche e utili.
Simona M. wrote: Dunque, parto dalla traccia, molto specifica e quindi ostica. Ostica perché pretendeva un certo tipo di racconto che ho pensato dovesse essere o fantastico o surreale e quindi sei stata brava a sciogliere i nodi di un percorso complicato inerpicandoti per una strada che a me è apparsa in salita. E ci sei riuscita attraverso l'espediente della Polena inserita nel dritto di prua, immagino, con quella composizione poetica che fa parlare, e vivere, la Polena stessa. Il sentiero del racconto a quel punto non ha potuto far a meno di continuare per la strada fantastica che la stessa traccia pretendeva. 
Hai scelto una struttura narrativa classica, con una voce narrante esterna e impersonale che sembra saperne più dei due protagonisti. Il susseguirsi di sequenze è abbastanza equilibrato, con una narrazione in apertura, descrizioni, riflessioni e sequenze dialogiche.  L'espediente della Polena funziona, perché riporta il tema fantastico entro il solco di un rapporto causa effetto e quindi aiuta la sospensione dell'incredulità del lettore. 
Ciò per vie generali.
Ho scelto il narratore onnisciente inframmezzato dalla voce della Polena.
Simona M. wrote: A mio avviso il nome poteva avere. Quell'avere mi pare un tantino assertivo. Il nome ha una doppia lettura. Ma perché non tripla o quadrupla? Non so se sono riuscita a spiegarmi. Capisco poi che quell'accenno all'inquietudine ti serva a costruire l'atmosfera, ma a me Finis terrae non comunica di per sé un senso di inquietudine, al più di sfida.
Finisterre, nell'immaginario collettivo, almeno quello della gente anziana, ha una connotazione d'inquietudine e di mistero. Però hai ragione, bisogna considerare lettori di ogni età...  :libro:   :occhiali:
Simona M. wrote: Questa sequenza serve alla voce narrante per introdurre l'aggancio con la Polena.  Parlo del moderno galeone, e infatti le polene nascono in epoca moderna proprio con quel tipo di imbarcazione. Ben fatto.  Mostrati parca nell'uso degli aggettivi. La lingua italiana mostra sempre poca forza nell'utlilizzo dei sostantivi e cerca sempre di avvicinargli un aggettivo che qualifichi, mostri, localizzi, indirizzi. Ma in questo caso quel mega mi pare troppo. 
Hai ragione: tra l'altro quel "mega" è la prima volta che lo uso, non mi piace per niente. Bah!
Simona M. wrote: La comparsa della Polena, come elemento vivo, segna il punto di svolta, la rottura dell'equilibrio del racconto. Ed è una trovata geniale. 
In questo passaggio è lei stessa a parlare, con un io narrante che la fa diventare protagonista. 
L'unico tratto a suonarmi male è quel Mentre era caratteristica...  armoniose. Sa di lezione scolastica e a mio avviso mal si adatta al registro linguistico fin qui tenuto da Polena. 
"Mentre era caratteristica..." è terribilmente didattico...  ne convengo.  :facepalm:
Simona M. wrote: Qui comincia la sequenza delle peripezie. Interamente narrata. E va bene. Però, secondo me, metti il carro avanti ai buoi. Introduci l'elemento panico prima ancora di spiegare il perché. La sequenza del panico a bordo a mio avviso dovrebbe esser congegnata in modo diverso. La nave dovrebbe perdersi in mare e non arrivare in porto o quasi e impedire alla gente di scendere. Che poi come lo impedisce? Richiedi al lettore di dare una mazzata alla sua sospensione dell'incredulità. Se, invece, in navigazione non si avvistasse più terra potrei quasi crederci. 
Bellissimo il finale con quella cantilena in cui sembra ricomporsi un equilibrio e Alberto pare essere posseduto da Polena. Il finale, con qualche aggiustamento potrebbe essere superlativo. 
Beh, spero di essere stata di aiuto in qualche modo. 
Molto utile! Grazie @Simona M.  :si: