[CN23-2] Con l’inganno e con il trucco
Posted: Thu Jan 04, 2024 3:32 pm
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Sequel del racconto L’ultimo Natale
Genere: umoristico
Sequel del racconto L’ultimo Natale
Genere: umoristico
Il commissario Corbelli si china verso il buco della serratura. Prende dalla tasca dell'impermeabile un’enorme lente d’ingrandimento ed esamina con cura la maniglia sotto lo sguardo attento dell’agente Frescone. La signora Scozzafava, portinaia dell’elegante palazzina, è stata chiara: dalla porta del dottor Pietro Ardente esala una tremenda puzza di uovo marcio che da qualche giorno appesta lo stabile e lei non ne può più delle proteste dei condomini.
«Signora, sa dirci dove possiamo trovare il dottore?»
«L’ambulatorio è chiuso per le festività, commissario. Se vuole posso darle il numero della guardia medica.»
Corbelli alza gli occhi al cielo.
«Il dottor Ardente, intendo.»
«Sta male il presidente?»
L’agente corre in soccorso del capo. «Il commissario vuol sapere dove si trova l’inquilino che abita qui» dice scandendo bene le parole.
La portinaia fa spallucce. «E chi lo sa? Non lo vedo da quando ha ammazzato la moglie. Povera Annamaria! Era tanto gentile, sa?»
Corbelli sgrana gli occhi «Ardente è un latitante?»
«Che ne so se c’ha un’amante. Quando era sposato di sicuro... anche due o tre alla volta, il maiale. Ma pure la moglie però si dava il suo bel daffare…»
Frescone dice: «È tutto chiaro. Lei lo tradiva e lui l’ha fatta fuori. Il caso è chiuso.»
«Perché non l’avete arrestato?»
«Che le devo dire, sono delitti che vanno di moda. Non si può mica mettere tutti in galera! Troppo facile avere vitto e alloggio gratis… ci vuole qualcosa di più grave, le pare?» Il commissario prende dalla tasca interna il blocco notes. «Dunque, mi diceva che non vede il dottore da parecchio tempo.»
«Sì, però guardo sempre un medico in famig…»
Il poliziotto le mostra il revolver nella fondina e la donna fa un passo indietro. «Ora ricordo… è stato prima che iniziasse a ricevere certe lettere. Il postino le dava a me perché Ardente non gli rispondeva, ma lui non è mai venuto a ritirarle.»
«Posso vederle?»
«C’è la privality dovrebbe saperlo, commissario.»
«E io l’arresto per intralcio all’indagine sul delitto.»
«E io non gliele do neppure se paga l’affitto.»
«Ascolti bene, lei ora mi consegna quelle lettere o sono guai.»
«Non ce l’ho più.»
«Capo, la signora le ha buttate. Sono sparite, andate, volatizzate…puff!»
La donna annuisce.
Lo sguardo del commissario passa dall’uno all’altra con la velocità di una pallina lanciata da Ma Long. Il colore del volto vira dal rosso al blu, le narici si dilatano. Sta sul punto di saltare al collo del collega quando la portinaia si mette in mezzo ai due.
«Comunque, so cosa c’era scritto.»
Il poliziotto si ferma appena in tempo.
«Le ha lette? Guardi che lei… lei ha violato la legge!»
«Che fa, mi arresta o vuol sapere che dicevano?»
«Parli.»
«“Ci rivedremo agli scippi”.»
«Sicura sicura?»
«Certo, l’ho imparato a mente.»
«Commissario, vuol vedere che invece di un assassino dobbiamo cercare un ladro?»
Corbelli lo zittisce pestandogli un piede.
«Signora, non è che, forse, c’era scritto “ci rivedremo a Filippi?”»
«Sì, è proprio quello che ho detto io.»
Il collega si gratta la testa: «Lei è il capo e non discuto, ma che c’entra questo Filippi?»
«Per caso hai frequentato il professionale, Frescone?»
«No, il liceo.»
«L’ambulatorio è chiuso per le festività, commissario. Se vuole posso darle il numero della guardia medica.»
Corbelli alza gli occhi al cielo.
«Il dottor Ardente, intendo.»
«Sta male il presidente?»
L’agente corre in soccorso del capo. «Il commissario vuol sapere dove si trova l’inquilino che abita qui» dice scandendo bene le parole.
La portinaia fa spallucce. «E chi lo sa? Non lo vedo da quando ha ammazzato la moglie. Povera Annamaria! Era tanto gentile, sa?»
Corbelli sgrana gli occhi «Ardente è un latitante?»
«Che ne so se c’ha un’amante. Quando era sposato di sicuro... anche due o tre alla volta, il maiale. Ma pure la moglie però si dava il suo bel daffare…»
Frescone dice: «È tutto chiaro. Lei lo tradiva e lui l’ha fatta fuori. Il caso è chiuso.»
«Perché non l’avete arrestato?»
«Che le devo dire, sono delitti che vanno di moda. Non si può mica mettere tutti in galera! Troppo facile avere vitto e alloggio gratis… ci vuole qualcosa di più grave, le pare?» Il commissario prende dalla tasca interna il blocco notes. «Dunque, mi diceva che non vede il dottore da parecchio tempo.»
«Sì, però guardo sempre un medico in famig…»
Il poliziotto le mostra il revolver nella fondina e la donna fa un passo indietro. «Ora ricordo… è stato prima che iniziasse a ricevere certe lettere. Il postino le dava a me perché Ardente non gli rispondeva, ma lui non è mai venuto a ritirarle.»
«Posso vederle?»
«C’è la privality dovrebbe saperlo, commissario.»
«E io l’arresto per intralcio all’indagine sul delitto.»
«E io non gliele do neppure se paga l’affitto.»
«Ascolti bene, lei ora mi consegna quelle lettere o sono guai.»
«Non ce l’ho più.»
«Capo, la signora le ha buttate. Sono sparite, andate, volatizzate…puff!»
La donna annuisce.
Lo sguardo del commissario passa dall’uno all’altra con la velocità di una pallina lanciata da Ma Long. Il colore del volto vira dal rosso al blu, le narici si dilatano. Sta sul punto di saltare al collo del collega quando la portinaia si mette in mezzo ai due.
«Comunque, so cosa c’era scritto.»
Il poliziotto si ferma appena in tempo.
«Le ha lette? Guardi che lei… lei ha violato la legge!»
«Che fa, mi arresta o vuol sapere che dicevano?»
«Parli.»
«“Ci rivedremo agli scippi”.»
«Sicura sicura?»
«Certo, l’ho imparato a mente.»
«Commissario, vuol vedere che invece di un assassino dobbiamo cercare un ladro?»
Corbelli lo zittisce pestandogli un piede.
«Signora, non è che, forse, c’era scritto “ci rivedremo a Filippi?”»
«Sì, è proprio quello che ho detto io.»
Il collega si gratta la testa: «Lei è il capo e non discuto, ma che c’entra questo Filippi?»
«Per caso hai frequentato il professionale, Frescone?»
«No, il liceo.»
«Ah, ora capisco…» Corbelli tormenta i baffi, si blocca un istante e chiede a bruciapelo: «Signora, si ricorda da dove arrivavano quelle buste?»
«No, ma mi faccia guardare nel cassetto.»
«Ma non le aveva gettate via?»
«C’era un bel francobollo. Non me la sono sentita di buttarle.»
Il poliziotto scuote la testa. «Me le fa vedere?»
Si tratta di tre buste anonime con francobolli della regina Elisabetta senza alcun timbro postale.
«Sento puzza di ricatto, commissario.»
«A me sembra più puzza di morto… Scozzafava, ce l’ha la chiave dell’appartamento?»
«Sì e no.»
I poliziotti le mostrano le manette.
«Sì, ce l’ho. No, non ce l’ho perché me l’ha chiesta la signora.»
«Scusi, ma l’Ardente non è vedovo?»
«Sicuro. Dicevo che l’ho data alla Irma come mi ha detto il dottore. “Alla Irma puoi dare le chiavi di casa mia anche se non ci sono.”»
«Chiami subito quella donna e se la faccia restituire o dobbiamo sfondare la porta.»
La portinaia ciabatta fino all’appartamento di fianco. Suona il campanello. Il commissario tende le orecchie. Si odono prima dei passi incerti, poi il clangore di un grosso chiavistello. Apre la porta una vecchia brutta come la morte e così incurvata che pare possa discorrere solo coi propri piedi.
«Irma, puoi restituirmi la chiave di casa del dottor Ardente?»
L’anziana, senza alzare la testa, fruga nella tasca e consegna la chiave alla portinaia che la pulisce bene con un fazzoletto di carta prima di darla al poliziotto.
Il cadavere del fu Pietro Ardente è ancora seduto. La tavola è apparecchiata per due, ma i piatti e i bicchieri sono puliti.
«Commissario, credo che quest’uomo abbia bisogno di una camera… ardente.»
«Ti sembra il momento di fare battute?»
La portinaia entra gridando come se fosse posseduta: «Certa gente ha tutte le fortune! Questo qui ammazza la moglie e invece di marcire in carcere gli tocca di marcire con comodo a casa propria! Vi pare giusto?»
«Ma cosa dice? Quest’uomo è morto solo e infartuato.»
«Infatuato o no adesso lei lo fa levare di qui, perché non se ne può più di questo fetore.»
«Commissario, lei dice che è morto naturale?»
«Naturale che è morto, Frescone!»
«Chiedevo se lei è proprio sicuro che sia trapassato per via dell’infatuazione.»
«L’amore è la morte. È cosa nota, collega.»
L’agente lo fissa stralunato.
«Non ci arrivi? Compra una consonante.»
«Chiedo l’aiuto a casa.»
«La lettera “T”»
«E che me ne faccio?»
«La metti in mezzo alla parola amore e quella diventa l’amor...Te. Chiaro adesso?»
Frescone allarga le braccia.
«Forse si è suicidato per il rimorso, poveretto.» I due poliziotti si voltano di scatto verso la portinaia. La donna ha appena raccolto un biglietto caduto ai piedi del defunto.
«Non deve toccare le prove!»
«E chi si muove?»
Corbelli le strappa il foglietto di mano e lo legge a voce alta: «Ci rivedremo a Filippi.»
Il cartoncino, scritto al computer, ha una piccola macchia marroncina sul retro.
Il commissario la esamina prima con l’enorme lente, poi chiede a Frescone di annusarlo.
«Sangue secco?»
«No.»
«Sugo?»
«No, no.»
«Rossetto?»
«Neppure.»
«Ma dov’è finita la Scassaminchia?»
L’agente si affaccia sul pianerottolo per chiamarla. La porta dell’appartamento di fianco è aperta. La portinaia ne esce poco dopo rossa in viso. «Dovevo… ehm… dovevo annaffiare delle piantine.»
In quel momento, Corbelli irrompe sulla scena sventolando il bigliettino come avesse vinto al Superenalotto. «Lo sapevo, lo sapevo! È una macchia di cerone! Ha lo stesso odore che aveva la mia ex fidanzata.»
«Chi, quella sempre tutta impiastricciata che diceva di avere venticinque anni e invece ne aveva quarantaquattro?»
«In fila per sei e col resto di due… sei il solito esagerato. Ne aveva quarantatré… e otto mesi per essere precisi.»
«Davvero?»
«Sì, sì. Le ho chiesto i documenti.»
«E che c’entra col biglietto? Lo sappiamo che l’Ardente ardeva per qualcuno. Non era da solo quando si è infatuato. Il caso è già chiuso.»
«Eh no, caro collega, le cose non sono così semplici come appaiono, giusto signora Scozzafava? Oppure la posso chiamare per nome, signora Annamaria?»
Frescone lo fissa interdetto. «Che coincidenza! Si chiama come la defunta moglie del cadavere.»
«Lei È la “defunta” moglie del morto. La vittima è una, ma le assassine sono due.»
«Qui l’unica pittima sono io!» reagisce la portinaia.
«Essere pittima fa parte del suo mestiere, non faccia tanto la spiritosa» dice Corbelli e con uno scatto fulmineo le rovista nella tasca del grembiule.
«Ahahaaaah! Questo fazzoletto di carta è la prova che v’inchioderà tutt’e due! La vede questa macchia marrone? È la stessa che ho trovato nel biglietto ai piedi del cadavere. Cerone! Trucco che lei ha ripulito dalla chiave quando Irma, la finta vecchia, gliel’ha consegnata. “Ci rivedremo a Filippi”… dovevo capirlo subito. È una tipica storia di vendetta: due donne tradite che diventano complici. Povero dottore! Fatto fuori con l’inganno e con il trucco: la moglie gli aveva fatto credere di essere deceduta all’estero, ma ogni tanto gli parlava attraverso la parete dell’abitazione confinante come se fosse un fantasma; l’amante, si è presentata a casa sua per la cena di Natale vestita e truccata da… “nera signora con la falce”, vero Irma?
«No, ma mi faccia guardare nel cassetto.»
«Ma non le aveva gettate via?»
«C’era un bel francobollo. Non me la sono sentita di buttarle.»
Il poliziotto scuote la testa. «Me le fa vedere?»
Si tratta di tre buste anonime con francobolli della regina Elisabetta senza alcun timbro postale.
«Sento puzza di ricatto, commissario.»
«A me sembra più puzza di morto… Scozzafava, ce l’ha la chiave dell’appartamento?»
«Sì e no.»
I poliziotti le mostrano le manette.
«Sì, ce l’ho. No, non ce l’ho perché me l’ha chiesta la signora.»
«Scusi, ma l’Ardente non è vedovo?»
«Sicuro. Dicevo che l’ho data alla Irma come mi ha detto il dottore. “Alla Irma puoi dare le chiavi di casa mia anche se non ci sono.”»
«Chiami subito quella donna e se la faccia restituire o dobbiamo sfondare la porta.»
La portinaia ciabatta fino all’appartamento di fianco. Suona il campanello. Il commissario tende le orecchie. Si odono prima dei passi incerti, poi il clangore di un grosso chiavistello. Apre la porta una vecchia brutta come la morte e così incurvata che pare possa discorrere solo coi propri piedi.
«Irma, puoi restituirmi la chiave di casa del dottor Ardente?»
L’anziana, senza alzare la testa, fruga nella tasca e consegna la chiave alla portinaia che la pulisce bene con un fazzoletto di carta prima di darla al poliziotto.
Il cadavere del fu Pietro Ardente è ancora seduto. La tavola è apparecchiata per due, ma i piatti e i bicchieri sono puliti.
«Commissario, credo che quest’uomo abbia bisogno di una camera… ardente.»
«Ti sembra il momento di fare battute?»
La portinaia entra gridando come se fosse posseduta: «Certa gente ha tutte le fortune! Questo qui ammazza la moglie e invece di marcire in carcere gli tocca di marcire con comodo a casa propria! Vi pare giusto?»
«Ma cosa dice? Quest’uomo è morto solo e infartuato.»
«Infatuato o no adesso lei lo fa levare di qui, perché non se ne può più di questo fetore.»
«Commissario, lei dice che è morto naturale?»
«Naturale che è morto, Frescone!»
«Chiedevo se lei è proprio sicuro che sia trapassato per via dell’infatuazione.»
«L’amore è la morte. È cosa nota, collega.»
L’agente lo fissa stralunato.
«Non ci arrivi? Compra una consonante.»
«Chiedo l’aiuto a casa.»
«La lettera “T”»
«E che me ne faccio?»
«La metti in mezzo alla parola amore e quella diventa l’amor...Te. Chiaro adesso?»
Frescone allarga le braccia.
«Forse si è suicidato per il rimorso, poveretto.» I due poliziotti si voltano di scatto verso la portinaia. La donna ha appena raccolto un biglietto caduto ai piedi del defunto.
«Non deve toccare le prove!»
«E chi si muove?»
Corbelli le strappa il foglietto di mano e lo legge a voce alta: «Ci rivedremo a Filippi.»
Il cartoncino, scritto al computer, ha una piccola macchia marroncina sul retro.
Il commissario la esamina prima con l’enorme lente, poi chiede a Frescone di annusarlo.
«Sangue secco?»
«No.»
«Sugo?»
«No, no.»
«Rossetto?»
«Neppure.»
«Ma dov’è finita la Scassaminchia?»
L’agente si affaccia sul pianerottolo per chiamarla. La porta dell’appartamento di fianco è aperta. La portinaia ne esce poco dopo rossa in viso. «Dovevo… ehm… dovevo annaffiare delle piantine.»
In quel momento, Corbelli irrompe sulla scena sventolando il bigliettino come avesse vinto al Superenalotto. «Lo sapevo, lo sapevo! È una macchia di cerone! Ha lo stesso odore che aveva la mia ex fidanzata.»
«Chi, quella sempre tutta impiastricciata che diceva di avere venticinque anni e invece ne aveva quarantaquattro?»
«In fila per sei e col resto di due… sei il solito esagerato. Ne aveva quarantatré… e otto mesi per essere precisi.»
«Davvero?»
«Sì, sì. Le ho chiesto i documenti.»
«E che c’entra col biglietto? Lo sappiamo che l’Ardente ardeva per qualcuno. Non era da solo quando si è infatuato. Il caso è già chiuso.»
«Eh no, caro collega, le cose non sono così semplici come appaiono, giusto signora Scozzafava? Oppure la posso chiamare per nome, signora Annamaria?»
Frescone lo fissa interdetto. «Che coincidenza! Si chiama come la defunta moglie del cadavere.»
«Lei È la “defunta” moglie del morto. La vittima è una, ma le assassine sono due.»
«Qui l’unica pittima sono io!» reagisce la portinaia.
«Essere pittima fa parte del suo mestiere, non faccia tanto la spiritosa» dice Corbelli e con uno scatto fulmineo le rovista nella tasca del grembiule.
«Ahahaaaah! Questo fazzoletto di carta è la prova che v’inchioderà tutt’e due! La vede questa macchia marrone? È la stessa che ho trovato nel biglietto ai piedi del cadavere. Cerone! Trucco che lei ha ripulito dalla chiave quando Irma, la finta vecchia, gliel’ha consegnata. “Ci rivedremo a Filippi”… dovevo capirlo subito. È una tipica storia di vendetta: due donne tradite che diventano complici. Povero dottore! Fatto fuori con l’inganno e con il trucco: la moglie gli aveva fatto credere di essere deceduta all’estero, ma ogni tanto gli parlava attraverso la parete dell’abitazione confinante come se fosse un fantasma; l’amante, si è presentata a casa sua per la cena di Natale vestita e truccata da… “nera signora con la falce”, vero Irma?
Una pertica bionda alta un metro e ottanta esce dall’appartamento adiacente.
Frescone si porta la mano alla fronte. «Che schianto! Quello ci è rimasto secco di sicuro a vederla combinata così! Dunque, a uccidere Pietro Ardente è stata proprio l’amorTe… come diceva lei, capo. Il caso è chiuso.»
«Una morte soprannaturale, direi!»
«Eh no, vi sbagliate di grosso! Mio marito è morto d’infarto!» dice la portinaia porgendo loro un foglio tutto stropicciato «leggete i risultati delle sue analisi: polistirolo a cinquecento, pressione a duecentocinquanta fissa, glicerina a mille, alberina nell’urina, biribantina, trementina e diecimila di cretinina… ma quale morte soprannaturale. Noi siamo innocenti!»
Frescone, impietrito, chiede al commissario: «E ora, che ne facciamo di queste due?»
«Le portiamo al fresco, mi sembra ovvio!»
«Ma se non sono colpevoli…»
«Suvvia, collega, chi metterebbe mai in galera degli assassini veri al giorno d’oggi? Sono rischi che non si possono correre con le carceri così affollate. Sai che succederebbe se qualcuno desse di matto con tutte le armi che circolano lì dentro? Una carneficina! E poi, fra un paio di mesi al massimo le sbatteranno fuori, loro pubblicheranno un bel romanzo, saranno ospitate in tv… insomma, faranno soldi a palate!»
«Commissario, parleranno anche di noi nel loro libro, vero?»
«Ci mancherebbe! Altrimenti chi glielo trova il colpevole?»
«Giusto!»
«E comunque, se non ci garantiscono la visibilità che ci spetta, non le arrestiamo più e così non avranno un centesimo.»
«Siamo state noi, lo confessiamo! E ora perché non facciamo un selfie tutti insieme e lo postiamo?»
Corbelli strizza l’occhio al collega: «Adesso sì, che il caso è chiuso.»
Frescone si porta la mano alla fronte. «Che schianto! Quello ci è rimasto secco di sicuro a vederla combinata così! Dunque, a uccidere Pietro Ardente è stata proprio l’amorTe… come diceva lei, capo. Il caso è chiuso.»
«Una morte soprannaturale, direi!»
«Eh no, vi sbagliate di grosso! Mio marito è morto d’infarto!» dice la portinaia porgendo loro un foglio tutto stropicciato «leggete i risultati delle sue analisi: polistirolo a cinquecento, pressione a duecentocinquanta fissa, glicerina a mille, alberina nell’urina, biribantina, trementina e diecimila di cretinina… ma quale morte soprannaturale. Noi siamo innocenti!»
Frescone, impietrito, chiede al commissario: «E ora, che ne facciamo di queste due?»
«Le portiamo al fresco, mi sembra ovvio!»
«Ma se non sono colpevoli…»
«Suvvia, collega, chi metterebbe mai in galera degli assassini veri al giorno d’oggi? Sono rischi che non si possono correre con le carceri così affollate. Sai che succederebbe se qualcuno desse di matto con tutte le armi che circolano lì dentro? Una carneficina! E poi, fra un paio di mesi al massimo le sbatteranno fuori, loro pubblicheranno un bel romanzo, saranno ospitate in tv… insomma, faranno soldi a palate!»
«Commissario, parleranno anche di noi nel loro libro, vero?»
«Ci mancherebbe! Altrimenti chi glielo trova il colpevole?»
«Giusto!»
«E comunque, se non ci garantiscono la visibilità che ci spetta, non le arrestiamo più e così non avranno un centesimo.»
«Siamo state noi, lo confessiamo! E ora perché non facciamo un selfie tutti insieme e lo postiamo?»
Corbelli strizza l’occhio al collega: «Adesso sì, che il caso è chiuso.»