[lab9] Il terrore corre sul filo della normalità cap 3 di 3
Posted: Sat Aug 19, 2023 6:45 pm
Capitolo terzo
Come fosse in preda ai demoni, il signore oggetto del saluto vagava con lo sguardo perso, stremato, sudato. Sembrava uno zombie.
L'occasione per invertire lo sconforto in cui era sprofondato, sembrava offrirgliela la visione di un noto personaggio.
“Ma quello lo conosco, è Antony Maresca” disse fra sé rincuorato. Si trattava del noto attore della sua fiction preferita: Fantasmi dalle paludi. Una sorta di poliziesco condito di elementi soprannaturali, ambientato tra le valli di Comacchio. Antony, bell'imbusto con una testa di ariete tatuata sul collo, interpretava un investigatore privato ingaggiato da vecchietti che avevano vissuto l'ultima guerra. Traumatizzati nell'infanzia, erano ancora perseguitati dai loro fantasmi: pesci siluro, fenicotteri, rospi corrazzati, rievocavano assonanze con i mostri del passato. Maresca doveva fare i conti con loro, oltre che con strane mutazioni genetiche che si sospettava fossero il frutto di esperimenti messi a punto in segreti laboratori sottomarini. Le missioni di Antony, dopo rocambolesche avventure e inseguimenti, finivano spesso in una lotta impari contro zanzare grandi come locuste e tafani che erano insopportabili anche alla loro grandezza naturale.
Quando se lo trovò davanti, gli andò incontro senza trattenere le parole: “Signor Antony, l'ammiro così tanto. È il mio idolo”.
“Piacere mio, signor...”
“Michele. Scusi, ma cosa ci fa in un posto come questo?”
“Direi la spesa. So cosa vuole dire... si aspettava che andassi nella bottega sotto casa per incentivare i piccoli produttori artigianali di agricoltura biologica a km zero e non in un centro commerciale, dove l'unico scopo è quello di far spendere con offerte 3x2 e sconti famiglia, prodotti industriali e di bassa qualità. Inoltre, ressa alle casse, giovani sbandati, annoiati, che si ritrovano in bande a chattare di fronte ai fast food coi loro smartphone scintillanti. Ma, vede, questo posto ha qualcosa di magico e ho avuto l'onore di inaugurarlo la settimana scorsa. E poi, ora abito a duecento metri da qui”.
“Veramente, non intendevo questo. È che qui mi sembrano tutti...”
“Tutti?”
“Non so come dire... diversi”.
“Ahahaha! Ha proprio ragione! Pensi se fossimo stati tutti uguali, chi avrebbe potuto riconoscerla?”
“Ma non intendevo diverso in quel senso, ma un diverso tendente al mostruoso”.
“Mm... forse siamo invasi dagli alieni, come nella puntata numero 6, quando i rettiliani assunsero forme umane”.
Nel nuovo sfavillante centro commerciale le autorità locali avevano ideato un progetto di integrazione con persone con disagio psico fisico, riscuotendo un enorme successo. Volontari, tirocinanti, borse lavoro, davano una nuova luce a un luogo verso il quale l'indifferenza era spesso la norma. Comuni cittadini si trovarono di fronte persone delle quali, in molti casi, ne ignoravano l'esistenza. Lo sguardo di tenerezza con il quale soprattutto gli anziani osservavano questi ragazzi, spesso accompagnato dal commento: “Poverini” lasciava spazio alle loro riflessioni su come sfortunato poteva essere il destino.
Michele, nel bene o nel male, non rimase indifferente a questa nuova visione. Le sue emozioni, seppur negative, furono messe a soqquadro conducendolo a un comportamento atipico. Nonostante la sua irruenza, non aveva sfiorato con le mani nessuno. Le sue minacce rimanevano nella sfera verbale, sintomo di un disagio e dell'intenzione di far valere la sua apparente autorità, di cittadino (modello) della comunità.
“Signor Antony, ci fa un autografo?” partì una voce da lontano.
“Certo”.
“Ecco, le tengo il foglio”.
Michele rimase impressionato dalla scena che gli si presentò: “Non pensavo che gli mancasse una mano. Dallo schermo non sembrava” si rivolse al suo idolo.
“Infatti me ne mancano due!” rispose sorridente alzando gli avambracci. “I vantaggi della tecnologia. Nel prossimo episodio si sarebbe scoperto: il famoso alligatore smeraldino delle valli. Ma mi raccomando, questo è ancora un segreto”. La notizia era invece trapelata sui social quella mattina. Lui che era un anti social in tutti i sensi non era aggiornato. E poi non aveva letto neanche il giornale.
Michele rimase di stucco. Solo dall'attenta visione della mano che impugnava la biro si era accorto della protesi. Ben congegnata, con la carnagione studiata e un ottimo movimento delle falangi.
Antony era riservatissimo sulla sua vita privata; non aveva mai voluto parlare del suo incidente con una sega circolare mentre tagliava legna. E come se non bastasse, poco tempo dopo un masso gli schiacciò anche l'altra mano. Un duro colpo per chiunque. Ma Antony aveva la tempra dell'uomo selvatico, del combattente abituato a soffrire e arrangiarsi in ogni situazione. Un giorno un noto regista, passeggiando per i boschi, lo notò e ne rimase impressionato. Trasportava un grosso tronco sorretto sulle spalle, a torso nudo, mettendo in evidenza le protesi agganciate ai polsi.
Da tempo aveva in mente una serie avventurosa e alla vista di Antony si illuminò. Gli venne in mente la bizzarra idea di proporre al futuro attore di tenere nascoste le amputazioni, e di renderle note dopo l'episodio in cui sarebbe stato vittima di un incidente (quello con l'alligatore), in un mix di fiction e realtà che tanto poteva attrarre il grande pubblico. Antony, mattatore di natura, eclettico, con la tendenza a mettersi sempre in gioco, accettò la proposta e fece bene, visto il grande successo che ne seguì.
Il destino aveva giocato a suo favore. Nonostante i tragici eventi gli avrebbe riservato anche due splendidi gemelli, ora dodicenni, che sembravano discendenti del Dio Thor, con le loro chiare chiome fluenti. Splendida lo era anche la madre, che però da tempo non condivideva più lo stesso tetto con il padre.
Michele, senza parole, rimase con lo sguardo perso, riflessivo. Si trovò in seria difficoltà di fronte a tutti quelli che aveva incontrato quella mattina. Si godevano la vita come a lui non era mai successo, neanche per un breve momento.
Antony, vedendo Michele con l'espressione concentrata sulle estremità mancanti gli si rivolse: “Ma a lei, non le manca niente?”
Rimase fermo a pensare. La risposta immediata sarebbe stata di no. Ma aveva superato quell'attimo e si prese una pausa. Poi, si allontanò senza dire nulla.
“Me lo dice la prossima volta. Mi trova sempre qui!” rispose Antony Maresca.
Tornato a casa, Michele si spogliò e si mise di fronte allo specchio a figura intera a osservare il suo fisico per niente atletico. Dei rotoli gli pendevano dai fianchi e dalla pancia. Aveva un bozzo sulla scapola del quale non si era mai accorto. La spalla destra era più bassa della sinistra e avrà avuto almeno una cinquantina di nei più una strana macchia sul pettorale sinistro (che poi non era un pettorale secondo i canoni greci, ma assomigliava più un palloncino sgonfiato).
Un occhio era più chiuso dell'altro e il suo sorriso mostrava i denti anneriti dal fumo.
Fronte stempiata, alcune dita della mano deformate e unghie mangiate.
Virilità ridotta ai minimi termini.
Dei suoi suoi 55 anni, gli stessi del suo attore preferito, ne mostrava almeno una decina in più. Viceversa, Antony, gli stessi di meno.
Si guardò intorno e notò che la casa aveva le pareti scrostate dall'umidità, mobili vecchi, polvere depositata su ogni ripiano, posa ceneri straripanti insieme a un cestino, ai piedi del letto, ricolmo di kleenex accartocciati.
Si rese conto di essere solo da tanti anni, frustrato, con un lavoro che poco lo soddisfaceva, anzi per nulla.
Rimase davanti allo specchio, immobile, per un tempo indefinito, fino a quando il freddo cominciò a entrargli nelle ossa.
Pensò a quell'invito a ballare ricevuto da quei ragazzi che si stavano divertendo. Non aveva mai ricevuto un invito di qualsiasi genere.
Si rivestì in fretta e si precipitò di corsa verso quella pista da ballo, sperando di ritrovare anche quella dolce fanciulla dal vestito bianco, per scusarsi.
Come fosse in preda ai demoni, il signore oggetto del saluto vagava con lo sguardo perso, stremato, sudato. Sembrava uno zombie.
L'occasione per invertire lo sconforto in cui era sprofondato, sembrava offrirgliela la visione di un noto personaggio.
“Ma quello lo conosco, è Antony Maresca” disse fra sé rincuorato. Si trattava del noto attore della sua fiction preferita: Fantasmi dalle paludi. Una sorta di poliziesco condito di elementi soprannaturali, ambientato tra le valli di Comacchio. Antony, bell'imbusto con una testa di ariete tatuata sul collo, interpretava un investigatore privato ingaggiato da vecchietti che avevano vissuto l'ultima guerra. Traumatizzati nell'infanzia, erano ancora perseguitati dai loro fantasmi: pesci siluro, fenicotteri, rospi corrazzati, rievocavano assonanze con i mostri del passato. Maresca doveva fare i conti con loro, oltre che con strane mutazioni genetiche che si sospettava fossero il frutto di esperimenti messi a punto in segreti laboratori sottomarini. Le missioni di Antony, dopo rocambolesche avventure e inseguimenti, finivano spesso in una lotta impari contro zanzare grandi come locuste e tafani che erano insopportabili anche alla loro grandezza naturale.
Quando se lo trovò davanti, gli andò incontro senza trattenere le parole: “Signor Antony, l'ammiro così tanto. È il mio idolo”.
“Piacere mio, signor...”
“Michele. Scusi, ma cosa ci fa in un posto come questo?”
“Direi la spesa. So cosa vuole dire... si aspettava che andassi nella bottega sotto casa per incentivare i piccoli produttori artigianali di agricoltura biologica a km zero e non in un centro commerciale, dove l'unico scopo è quello di far spendere con offerte 3x2 e sconti famiglia, prodotti industriali e di bassa qualità. Inoltre, ressa alle casse, giovani sbandati, annoiati, che si ritrovano in bande a chattare di fronte ai fast food coi loro smartphone scintillanti. Ma, vede, questo posto ha qualcosa di magico e ho avuto l'onore di inaugurarlo la settimana scorsa. E poi, ora abito a duecento metri da qui”.
“Veramente, non intendevo questo. È che qui mi sembrano tutti...”
“Tutti?”
“Non so come dire... diversi”.
“Ahahaha! Ha proprio ragione! Pensi se fossimo stati tutti uguali, chi avrebbe potuto riconoscerla?”
“Ma non intendevo diverso in quel senso, ma un diverso tendente al mostruoso”.
“Mm... forse siamo invasi dagli alieni, come nella puntata numero 6, quando i rettiliani assunsero forme umane”.
Nel nuovo sfavillante centro commerciale le autorità locali avevano ideato un progetto di integrazione con persone con disagio psico fisico, riscuotendo un enorme successo. Volontari, tirocinanti, borse lavoro, davano una nuova luce a un luogo verso il quale l'indifferenza era spesso la norma. Comuni cittadini si trovarono di fronte persone delle quali, in molti casi, ne ignoravano l'esistenza. Lo sguardo di tenerezza con il quale soprattutto gli anziani osservavano questi ragazzi, spesso accompagnato dal commento: “Poverini” lasciava spazio alle loro riflessioni su come sfortunato poteva essere il destino.
Michele, nel bene o nel male, non rimase indifferente a questa nuova visione. Le sue emozioni, seppur negative, furono messe a soqquadro conducendolo a un comportamento atipico. Nonostante la sua irruenza, non aveva sfiorato con le mani nessuno. Le sue minacce rimanevano nella sfera verbale, sintomo di un disagio e dell'intenzione di far valere la sua apparente autorità, di cittadino (modello) della comunità.
“Signor Antony, ci fa un autografo?” partì una voce da lontano.
“Certo”.
“Ecco, le tengo il foglio”.
Michele rimase impressionato dalla scena che gli si presentò: “Non pensavo che gli mancasse una mano. Dallo schermo non sembrava” si rivolse al suo idolo.
“Infatti me ne mancano due!” rispose sorridente alzando gli avambracci. “I vantaggi della tecnologia. Nel prossimo episodio si sarebbe scoperto: il famoso alligatore smeraldino delle valli. Ma mi raccomando, questo è ancora un segreto”. La notizia era invece trapelata sui social quella mattina. Lui che era un anti social in tutti i sensi non era aggiornato. E poi non aveva letto neanche il giornale.
Michele rimase di stucco. Solo dall'attenta visione della mano che impugnava la biro si era accorto della protesi. Ben congegnata, con la carnagione studiata e un ottimo movimento delle falangi.
Antony era riservatissimo sulla sua vita privata; non aveva mai voluto parlare del suo incidente con una sega circolare mentre tagliava legna. E come se non bastasse, poco tempo dopo un masso gli schiacciò anche l'altra mano. Un duro colpo per chiunque. Ma Antony aveva la tempra dell'uomo selvatico, del combattente abituato a soffrire e arrangiarsi in ogni situazione. Un giorno un noto regista, passeggiando per i boschi, lo notò e ne rimase impressionato. Trasportava un grosso tronco sorretto sulle spalle, a torso nudo, mettendo in evidenza le protesi agganciate ai polsi.
Da tempo aveva in mente una serie avventurosa e alla vista di Antony si illuminò. Gli venne in mente la bizzarra idea di proporre al futuro attore di tenere nascoste le amputazioni, e di renderle note dopo l'episodio in cui sarebbe stato vittima di un incidente (quello con l'alligatore), in un mix di fiction e realtà che tanto poteva attrarre il grande pubblico. Antony, mattatore di natura, eclettico, con la tendenza a mettersi sempre in gioco, accettò la proposta e fece bene, visto il grande successo che ne seguì.
Il destino aveva giocato a suo favore. Nonostante i tragici eventi gli avrebbe riservato anche due splendidi gemelli, ora dodicenni, che sembravano discendenti del Dio Thor, con le loro chiare chiome fluenti. Splendida lo era anche la madre, che però da tempo non condivideva più lo stesso tetto con il padre.
Michele, senza parole, rimase con lo sguardo perso, riflessivo. Si trovò in seria difficoltà di fronte a tutti quelli che aveva incontrato quella mattina. Si godevano la vita come a lui non era mai successo, neanche per un breve momento.
Antony, vedendo Michele con l'espressione concentrata sulle estremità mancanti gli si rivolse: “Ma a lei, non le manca niente?”
Rimase fermo a pensare. La risposta immediata sarebbe stata di no. Ma aveva superato quell'attimo e si prese una pausa. Poi, si allontanò senza dire nulla.
“Me lo dice la prossima volta. Mi trova sempre qui!” rispose Antony Maresca.
Tornato a casa, Michele si spogliò e si mise di fronte allo specchio a figura intera a osservare il suo fisico per niente atletico. Dei rotoli gli pendevano dai fianchi e dalla pancia. Aveva un bozzo sulla scapola del quale non si era mai accorto. La spalla destra era più bassa della sinistra e avrà avuto almeno una cinquantina di nei più una strana macchia sul pettorale sinistro (che poi non era un pettorale secondo i canoni greci, ma assomigliava più un palloncino sgonfiato).
Un occhio era più chiuso dell'altro e il suo sorriso mostrava i denti anneriti dal fumo.
Fronte stempiata, alcune dita della mano deformate e unghie mangiate.
Virilità ridotta ai minimi termini.
Dei suoi suoi 55 anni, gli stessi del suo attore preferito, ne mostrava almeno una decina in più. Viceversa, Antony, gli stessi di meno.
Si guardò intorno e notò che la casa aveva le pareti scrostate dall'umidità, mobili vecchi, polvere depositata su ogni ripiano, posa ceneri straripanti insieme a un cestino, ai piedi del letto, ricolmo di kleenex accartocciati.
Si rese conto di essere solo da tanti anni, frustrato, con un lavoro che poco lo soddisfaceva, anzi per nulla.
Rimase davanti allo specchio, immobile, per un tempo indefinito, fino a quando il freddo cominciò a entrargli nelle ossa.
Pensò a quell'invito a ballare ricevuto da quei ragazzi che si stavano divertendo. Non aveva mai ricevuto un invito di qualsiasi genere.
Si rivestì in fretta e si precipitò di corsa verso quella pista da ballo, sperando di ritrovare anche quella dolce fanciulla dal vestito bianco, per scusarsi.