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Re: Sherlock Holmes ha un dubbio

@Talia Ciao, ti ringrazio per essere passata di qui. Sono contento che nel complesso il racconto ti sia piaciuto e ti ringrazio anche per le utili notazioni. Sono molto contento che tu abbia trovato la mia scrittura migliorata, infatti si spera sempre di andare a migliorare un poco! Anche se ho ricevuto altri commenti, il tuo ha messo in luce nuovi aspetti del lavoro, perciò ti ringrazio molto.

Re: Sherlock Holmes ha un dubbio

Bob66 ha scritto: @Domenico S. 

Ciao, Domenico. Mi serve un commento, quindi temo che dovrò fare oggetto il tuo racconto delle mie inutili osservazioni. 
Da "fare oggetto" in poi, la frase fa molto Sherlock Holmes, no? 
Dunque, eviterò di sottolineare i refusi che sono un po' troppi per un racconto così breve, e che senz'altro ti avranno già segnalato nei commenti precedenti. E comunque i refusi non sono un problema, nel senso che non ci vuole niente a rileggere e correggerli e sicuramente lo puoi fare anche da solo. 
Il racconto è grazioso, leggero e scorrevole, corredato di alcune battute azzeccate. Il carattere del personaggio si definisce nelle stesse frasi e situazioni che allo stesso tempo definiscono il soggetto del racconto, cioè la storia, e quindi la nostra percezione di lui si costruisce senza che nemmeno ce ne accorgiamo, il che è un pregio, anche se alla suddetta definizione contribuisce in parte una conoscenza legata alla notorietà del personaggio. Io non ho mai letto nulla in proposito (giusto il trailer del film con Robert Downey Jr che credo rivisitasse il personaggio in chiave non classica e alcune puntate del serial ambientato ai giorni nostri, quello con Lucy Liu, che in fondo faceva lo stesso) ma chi può dire di non avere una sia pur vaga idea di Sherlock Holmes?    Ciò nonostante, cioè nonostante tutti siano più o meno al corrente dello spirito acuto di Holmes, credo che tecnicamente sarebbe corretto comunque non fare completo affidamento su questo e magari spendere una o due parole, così en passant, affinché un ignaro lettore (tipo un extraterrestre o un vecchio pescatore inuit, o un aborigeno dell'Amazzonia - ce ne saranno ancora?) venga dall'autore edotto sul fatto che quando si parla della donna dicendo "lei stessa possedeva uno spirito acuto", ebbene il lettore sappia che stiamo facendo riferimento a Holmes. Non sono sicuro di essermi spiegato. Speriamo bene. La dimostrazione deduttiva è una scena classica del genere che poi è arrivata fino ai giorni nostri ed è immancabile in qualsiasi serial thriller che abbia per protagonista il classico profiler iper-empatico (per intenderci quello in grado di pensare secondo gli schemi del maniaco di turno), ma qui è un po' deboluccia perché le deduzioni di Holmes in merito al problema della donna non sembrano poi così inarrivabili, e comunque mi vengono in mente un'infinità di potenziali problemi che una vedova da cinque anni con una florida attività economica potrebbe comunque avere a prescindere che riguardino il figlio o meno.  Ora me lo chiedo anch'io, da lettore, e magari non mi veniva in mente se non me lo avessi fatto notare, ma vabbè, diciamo che il tizio confidava nella propria stazza o nella propria abilità con il coltello. Anche questa parte è un po' debole, nel senso che pare un po' improbabile che il problema del ragazzo fosse tutto lì. Diciamo che a livello narrativo ci può stare, ma avrebbe bisogno di uno svolgimento diverso, meno sbrigativo. Si fa per dire, naturalmente. Tenuto conto del contesto e della brevità, credo che il racconto raggiunga lo scopo. Dunque gli interessi di Holmes non sono poi così limitati, e la cosa non può che farci piacere. Anche se un tipo come lui immagino debba essere abbastanza geloso della propria libertà, al cuor non si comanda, dove per cuor è facile immaginare che cosa realmente si intenda :P .
Come ho detto il racconto è grazioso e si legge con piacere. Sul fatto del copyright non so e mi incuriosisce. E' possibile scrivere storie con personaggi altrui?
Grazie della lettura, Domenico. Alla prossima. :super:
Ciao @Bob66  , devo dire che mi ritrovo nel tuo commento, che sottolinea tanto i pregi che i difetti di un racconto che non amo. A mio avviso la figura del detective non è tratteggiata in modo malvagio, solo che la trama è davvero esile, ma temo di non avere le meningi di uno scrittore di gialli, che fra l'altro non leggo. Che io sappia i diritti scadono dopo settanta anni, perciò Sherlock Holmes è di pubblico dominio e si può "scrivere." O almeno spero! Grazie del passaggio.

Re: Sherlock Holmes ha un dubbio

[mention]bwv582[/mention] Ciao, sono contento tu abbia reputato il racconto carino e piacevole, anche se forse (dico io) un po' debole nella parte centrale. Lavorare con Sherlock Holmes è stato divertente, diciamo che mi sono tolto uno sfizio, ma non penso che lo farò mai più! Grazie, a presto...

Re: Sherlock Holmes ha un dubbio

@Ilaris Ciao, intanto sono lieto che il racconto ti sia piaciuto. I punti da te segnalati e i tuoi suggerimenti mi sembrano davvero utili, non devi preoccuparti di "farmi le pulci" anzi. Fra l'altro non avevo mai riflettuto che "vedersi in una nuova veste" è più un'espressione figurata, ora però mi accorgo che senz'altro hai ragione. Grazie del passaggio e a presto.

Sherlock Holmes ha un dubbio

Commento al racconto di Kasimiro "Raffaele spacca robe e il mercatino di strane cose"

Premessa: Ho utilizzato un personaggio di un altro scrittore. Credo sia libero dai diritti d'autore. Se però ho violato qualche regola interna o esterna al forum, invito i membri dello staff a eliminare pure la storia.

Sherlock Holmes lasciò la sua casa-studio di Baker Street in una brumosa mattinata londinese di metà novembre. Era diretto alla sartoria di Holborn, dalla quale si riforniva da quando aveva lasciato la tediosa vita di campagna per quella cittadina.
«Signor Holmes» disse la proprietaria, vedendolo entrare. Era una signora sulla quarantina, con una bella zazzera di capelli rossi e grandi occhi neri. Lei stessa possedeva uno spirito acuto. «Deduco che lei ha bisogno di un soprabito nuovo.»
«È tanto frusto?» chiese il consulente investigativo, lisciandosi una manica verdastra.
«Venga sul retro. Le mostro gli ultimi arrivi da Parigi.»
«Parigi? Non abbiamo niente di nazionale?»
«Si fidi di me. Farà un figurone, la prossima volta che sarà invitato dalla regina.»
Holmes aveva interessi tanto profondi, quanto limitati. Il violino. L’anatomia umana. Le qualità di tabacco da fiuto. E naturalmente, il crimine. In fatto di abiti, si era sempre fidato del gusto della signora.
«Suo figlio le dà ancora problemi?»
«Da cosa lo deduce?» chiese la donna, pretendendo una gruccia dal guardaroba.
«Ha dimenticato di abbottonare fino in fondo il colletto. Inoltre, mi perdoni, è leggermente più larga di vita rispetto al nostro ultimo incontro. Poiché so che lei è attenta all’alimentazione (lo deduco dalle riveste che legge incessantemente poco prima che le chiuda per i nostri convenevoli), deduco che si tratta di fame nervosa. Poiché è vedova da cinque anni, e la sua attività è florida, deduco che questo nervosissimo deriva da suo figlio.»
La signora sospirò, mentre aiutava Holmes a indossare il nuovo abito.
«Non ha superato l’esame per diventare barrister. Con tutti i sacrifici che ho fatto perché studiasse.»
«Lo sapevo.»
«Da cosa lo ha dedotto?»
«L’ho letto nel Times di Londra.»
«Con lei non si capisce mai quando scherza o fa sul serio.»
«Scherzo raramente» rispose Holmes, guardandosi nello specchio in quella nuova veste. Il suo pomo d’Adamo fece su e giù lungo il colletto ben inamidato della camicia. Poté vedere, dietro di lui, la signora mordersi il labbro, indecisa se confidarsi o meno.
«Signor Holmes… in tutti questi anni il nostro rapporto è stato strettamente professionale.»
«Sono i rapporti migliori, a mio parere.»
«Però…»
«Pavento il seguito di questa conversazione.»
«Mio figlio è sparito da tre giorni. La prego, lo trovi. E gli metta un po’ di sale in zucca.»
«Trovare le persone rientra fra le mie competenze. I discorsi motivazionali, no.»
«La prego. Lei è una persona autorevole. Il ragazzo è di buon cuore, ma non ha fiducia in se stesso, e, a volte, si perde dietro cattive compagnie.»
Holmes continuò a guardarsi nello specchio, vestito all’ultima moda di Parigi.

A cadenza regolare, due o tre volte ogni anno, qualcuno cercava di ucciderlo. Il detective aveva ancora i riflessi pronti, ma si chiedeva quanto poteva ancora durare. Con una mossa di jujutsu, torse il braccio dell’energumeno e levò il coltello dalla sua mano. Doveva essere uno scagnozzo di Moriarty. Si chiese perché non avesse scelto una pistola. Allora, forse, avrebbe potuto finalmente verificare le sue deduzioni sull’Aldilà.
«Tanto vale che mi uccidi» disse lo sgherro, dopo che Holmes lo ebbe scaraventato in angolo del vicolo dei docks dove si era avventurato in cerca di qualcuno che lo aiutasse col caso del ragazzo scomparso. Fortunata coincidenza.
«La morte» rispose Holmes. «Un comune passaggio di stato della materia. Sembra che gli uomini ne siano ossessionati.»
«Cosa farai di me, detective?»
«Nulla. A meno che tu non decida di tornarmi utile.»
«In che modo?»
«Dobbiamo incoraggiare una persona, e tu hai l’aspetto giusto. Immagino ti abbiano assoldato per questo, anche se i tuoi riflessi un po’ lenti e la tua scarsa intelligenza non costituivano un reale minaccia per me. Mi chiedo quando potrò incontrare Moriarty in persona. Comincio a credere che mi tema.»
Lo scagnozzo sputò per terra.
«Quindi ora lavoro per te?»

Anche senza le sue formidabili doti deduttive, a Holmes non sarebbe risultato difficile trovare il figlio della negoziante d’abiti. Frequentava un pub di Soho molto gettonata dalla scena artistica della Londra di quegli anni.
«Sherlock Holmes in persona! Non sei troppo impegnato con qualche scandalo alla corte di Boemia?» chiese il ragazzo, agitando per aria un bicchiere di liquido verde. Era seduto a un tavolo con poeti di mezza tacca e attricette discinte, sulle quale cercava di far colpo.
«Non perdonerò mai abbastanza il buon dottor Watson per avermi reso una celebrità, con gli imprecisi resoconti delle mie indagini che pubblica sui giornali.»
«Siedi a bere con noi» disse il ragazzo, continuando ad agitare il suo bicchiere. «Ci manca una persona famosa.»
Holmes non si scompose, come al solito.
«Tua madre vorrebbe rivederti. So che non torni a casa da tre giorni.»
Il ragazzo sbiancò. Cominciò a tremare.
«Sono solo una delusione per lei. Perché vorrebbe rivedermi?»
Holmes lo prese per la giacca e lo trascinò fuori dal localaccio. Appena ebbero girato l’angolo, un preciso gancio destro colpì l’investigatore alla mandibola, gettandolo per terra. L’aggressore agitò il solito coltello contro il ragazzo.
«Ora tocca a te.»
Il giovane restò immobile, troppo terrorizzato anche per scappare. Il buzzurro si lanciò contro di lui. Seguì una specie di concitazione. Ci furono degli schiaffi, degli spintoni, e infine il criminale cadde per terra, apparentemente svenuto.
«Lo hai steso» disse Holmes, riprendendo con la solita flemma.
«Io… ti ho salvato la vita?» chiese il ragazzo, indicandosi.
«A quanto pare. Sei più forte di quel che sembra» disse Holmes, dandogli una pacca sulla spalla. I discorsi motivazionali, come detto, non erano il suo forte. «Vieni, andiamo da tua madre, è in ansia.»
«E quello?»
«La strada di occuperà di lui, come ha sempre fatto.»

Tre mesi dopo, Holmes lasciò lo studio-appartamento di Baker Street per andare a comprare una cravatta di cui non aveva un estremo bisogno. Avrebbe mentito a se stesso, e lui non lo faceva mai, se avesse negato che voleva conoscere l’evoluzione del caso del figlio della negoziante d’abiti. Non un caso memorabile, non una vera e propria indagine, di quelle che il dottor Watson amava divulgare, ma la sua vita era anche fatta di quelle piccole cose. La giornata, va da sé, era grigia e piovigginosa. 
Sì, ma perché era così interessato a tornare al negozio? Mentre respirava l’aria londinese, fu preso da un dubbio.
«Signor Holmes.»
«Dalla sua ritrovata figura deduco che suo figlio sta studiando di buona lena per il prossimo esame.»
«Un po’ di coraggio. Era proprio quello che gli mancava. È qui per provare delle cravatte?»
«Immagino mi proporrà gli ultimi arrivi da Parigi» disse Holmes, storcendo il naso.
«Farà un figurone, la prossima volta che andrà dalla regina.»
«Non sono così ben accetto a corte come si può pensare.»
«Venga sul retro.»
Holmes cominciò a provare cravatte nello specchio. Non resistette a sbirciare la donna dietro di lui. Ella lo sorprese.
«Sa, dottor Holmes» disse, con un sorrisino «cominciò a credere che il suo interesse nella mia figura non sia del tutto professionale.»
Il grande detective arrossì.

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