Tènere carni di muschio

1
Voglio che questo giorno non sia
un inutile giorno e sono salita
sulla scala di legno quella
che uso per pulire i lampadari.

La mia visione si è allargata verso
est e verso ovest verso sud e verso
nord. Il mio capo urtava le stelle
del cielo e i capelli erano scintille
di luce.

Le mie dita toccavano a est e a
ovest i confini del mondo e le vette
più alte e i palazzi degli uomini.
Potevo sfiorarne il brivido lo sentivo
nei polpastrelli bramosi. Dita, dove
andate? Il vostro desiderio è già
colmo?

Guardai verso sud in fondo alla
scala e sentii le braccia
avvicinarsi ai miei fianchi. Fu
allora che vidi ma non so dire
quanti.

Tènere carni di muschio nel
fiume deformi corpi neonati
galleggiavano uno sull'altro
tènere carni di muschio. Giù e giù
scesero le mie mani nell'acqua
nera ma erano morti! Morti e
deformi! Nessuno di loro
ho potuto salvare.

È stato un inutile giorno.
Ho chiuso la scala l'ho messa
dietro la porta e le scintille nei
capelli le ho spente.
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Re: Tènere carni di muschio

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Avrei potuto commentare una poesia più recente ma questa mi aveva colpito <3

Questa poesia ha una contemporaneità nello stile che non è troppo il mio genere – parlando per me – e al contempo ciò che vi è di romantico come lo sforzo nello spazio che sfugge ai sensi e poi sfiorando l’infinito, viene immediatamente ritratto da immagini davvero macabre, che non risucchiano lo sforzo nella realtà, ma quasi come lo drenassero attraverso un ricordo tremendo, persino un trauma, la cui forza a malapena si riflette nella “realtà mondana” ritratta nella prima e ultima stanza, ma il suo effetto sembra più sottile e subdolo.

A livello formale l’uso del verso libero è controbilanciato dall’uso intensivo dell’enjambement, che qui è iterato quasi ossessivamente, ma si lega molto bene a livello concettuale e sembra come avere un significato diverso ad ogni strofa: nella seconda dà l’idea di ampiezza, nel momento di “realizzazione” dove il (interpretazione mia) ricordo il trauma ingannano l’io narrante come una presa da amante, nella lugubre penultima stanza dà l’idea di una caduta libera, una discesa che non è catarsi. Una cosa mi è certa: il verso sembra frammentarsi e perdersi come le percezioni dell’io lirico. Particolare anche l’uso della punteggiatura: una sola virgola quando si evoca praticamente il senso del tatto attraverso le dita, che sembrano svanite.

A livello concettuale le immagini raggiungono picchi davvero ragguardevoli, in particolare nella dissoluzione dello spazio in verticale e in orizzontale e questo è evidenziato in un bel crescendo anche delle parole usate, che travalicano la normalità iniziale con quel maestoso “ le vette / più alte e i palazzi degli uomini.”. Forse per questa vaghezza – nel senso poetico del termine – ho trovato un po’ debole la stanza che segna la caduta dell’io narrante (benché la metafora “tenere carni di muschio” sia stupenda e terribile). Forse perché la chiarezza e nitidezza con cui debutti nel verso, tende un po’ a far perdere l’effetto orrorifico.

Avrei detto altro, ma non voglio dilungarmi perché se no finisco i caratteri del messaggio. L’ho apprezzata anche se preferisco poesie più “classiche” e trovo che l’andamento da Zenit a Nadir di questa poesia sia ottimamente supportato dallo stile adottato. Infine, la chiusa che si ricollega alla situazione iniziale corona quel senso di vuoto e futilità che segue ogni momento in cui la realtà ha la meglio sull’immaginazione.

Spero il commento piaccia e di non aver toppato terribilmente!
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Re: Tènere carni di muschio

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@Max91, il tuo commento mi piace moltissimo e mi fa tanto piacere, soprattutto perché ricordo bene la tua sapienza metrica e la cura dei tuoi sonetti. Io non riesco in nessun modo a far entrare un senso compiuto negli endecasillabi: se tento di seguire la metrica, perdo la cognizione di quello che volevo esprimere. Pertanto ti ammiro davvero e ti ringrazio infinitamente. Questo testo è nato per un contest sul WD, e il mio pensiero era rivolto all'eugenetica e in particolare al ricordo dei neonati deformi gettati nel Tevere. Di nuovo grazie e un caro saluto!
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